Previdenza e assistenza, lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali INPS. Pubblicata la sentenza Sentenza 5 giugno 2019 n. 177: Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza – Lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell’INPS – Computo delle settimane di contribuzione ai fini della determinazione del trattamento pensionistico. – Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita’ economica) – convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 – art. 12, comma 2, lettera b).
N. 177 SENTENZA 5 giugno – 12 luglio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'INPS - Computo delle settimane di contribuzione ai fini della determinazione del trattamento pensionistico. - Decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica) - convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122 - art. 12, comma 2, lettera b). -
(GU n.29 del 17-7-2019 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giorgio LATTANZI;
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,
Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de
PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA,
Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca
ANTONINI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma
2, lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure
urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio
2010, n. 122, promosso dal Tribunale ordinario di Trento, sezione per
le controversie di lavoro, nel procedimento vertente tra G. M. e
l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), con ordinanza
del 21 giugno 2018, iscritta al n. 162 del registro ordinanze 2018 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima
serie speciale, dell'anno 2018.
Visti l'atto di costituzione dell'INPS, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 4 giugno 2019 il Giudice relatore
Giulio Prosperetti;
uditi l'avvocato Antonella Patteri per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei
ministri.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 21 giugno 2018, il Tribunale ordinario di
Trento, sezione per le controversie di lavoro, solleva, in
riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2, lettera b), del
decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di
stabilizzazione finanziaria e di competitivita' economica),
convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122,
nella parte in cui comporta l'individuazione delle 520 settimane di
cui all'art. 5, comma 1, della legge 2 agosto 1990, n. 233 (Riforma
dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), e delle 780
settimane di cui all'art. 1, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n.
335 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare),
coperte da contribuzione - cui si riferiscono i redditi da computare
per la determinazione del reddito medio annuo costituente la base di
calcolo del trattamento pensionistico - in quelle anteriori alla data
di insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione, anziche' in
quelle anteriori alla data di maturazione dei requisiti per l'accesso
al pensionamento.
La disposizione censurata stabilisce che - con riguardo ai
soggetti che maturano i requisiti a decorrere dal 1° gennaio 2011 per
l'accesso al pensionamento ai sensi dell'art. 1, comma 6, della legge
23 agosto 2004, n. 243 (Norme in materia pensionistica e deleghe al
Governo nel settore della previdenza pubblica, per il sostegno alla
previdenza complementare e all'occupazione stabile e per il riordino
degli enti di previdenza ed assistenza obbligatoria), e successive
modificazioni e integrazioni, con eta' inferiori a quelle indicate al
comma 1 del medesimo art. 12 - il diritto alla decorrenza del
trattamento pensionistico, per coloro i quali conseguono il
trattamento di pensione a carico delle gestioni per gli artigiani, i
commercianti e i coltivatori diretti nonche' della gestione separata
di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, si consegua
trascorsi diciotto mesi dalla data di maturazione dei previsti
requisiti.
1.1.- Il giudice rimettente rappresenta che il giudizio
principale e' stato istaurato a seguito del ricorso, depositato in
data 29 aprile 2014, da G. M. nei confronti dell'Istituto nazionale
per la previdenza sociale (INPS), per l'accertamento del diritto alla
pensione di anzianita' nella gestione artigiani, a decorrere dal 1°
giugno 2013, avendo maturato, alla data del 31 dicembre 2011, un
numero di contributi settimanali (n. 2086) superiore a quello (n.
2080) richiesto, per conseguire il diritto al trattamento
pensionistico, dall'art. 1, comma 6, lettera b), numero 1), della
legge n. 243 del 2004 e dall'art. 12 del d.l. n. 78 del 2010, come
convertito.
Pur concordando le parti del giudizio a quo sulla decorrenza del
trattamento pensionistico (1° giugno 2013), il giudice rimettente
riferisce che vi e' disaccordo in ordine all'entita' del trattamento:
per il ricorrente, il rateo mensile di pensione di anzianita' alla
data del 1° giugno 2013, data di insorgenza del diritto alla
decorrenza della pensione, ammonterebbe ad euro 2.703,62; secondo
l'INPS, invece, il trattamento corrisponderebbe ad euro 2.462,85.
Tale difformita' e' determinata dalla diversa individuazione ad
opera delle parti della data rispetto alla quale devono computarsi le
ultime 520 settimane coperte da contribuzione, ai fini del computo
della cosiddetta quota A del trattamento (inerente, ai sensi
dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990, alla contribuzione
versata dall'interessato alla gestione speciale per gli artigiani
fino al 31 dicembre 1992), e le ultime 780 settimane coperte da
contribuzione, ai fini del computo della cosiddetta quota B
(afferente, ai sensi dell'art. 1, comma 18, della legge n. 335 del
1995, alla contribuzione versata alla medesima gestione previdenziale
dal 1° gennaio 1993): secondo il ricorrente, tali settimane devono
essere individuate in quelle antecedenti al 30 novembre 2011, data di
maturazione dei requisiti per il pensionamento; per l'INPS, le
predette settimane vanno invece individuate in quelle antecedenti al
1º giugno 2013, data di insorgenza del diritto alla decorrenza della
pensione per effetto della disposizione censurata.
La questione e' se, ai fini dell'individuazione delle 520 e 780
settimane coperte da contribuzione (alle quali si riferiscono i
redditi da computare per la determinazione del reddito medio annuo
costituente la base di calcolo del trattamento pensionistico), debba
essere considerato o no l'intervallo di tempo tra la data di
maturazione dei requisiti per l'accesso al pensionamento e la data di
insorgenza del diritto alla decorrenza della pensione (cosiddetta
finestra mobile), introdotto dall'art. 12, comma 2, lettera b), del
d.l. n. 78 del 2010.
Il rimettente ritiene che il tenore letterale della disposizione
denunciata, in coordinato disposto con le ricordate disposizioni
dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e dell'art. 1,
comma 18, della legge n. 335 del 1995, nel fare espresso riferimento
alla «decorrenza del trattamento pensionistico», impone di accogliere
la tesi dell'INPS, ovvero di computare le predette settimane in
riferimento a quelle anteriori a tale data di decorrenza.
Tuttavia, secondo il giudice tridentino, cio' determinerebbe
conseguenze irragionevoli nell'ipotesi in cui, come nel caso di
specie, il lavoratore una volta maturati i requisiti di accesso al
pensionamento, anziche' cessare l'attivita' lavorativa, la prosegua
nei diciotto mesi previsti dalla disposizione censurata per
conseguire il diritto alla decorrenza della pensione, ma produca un
reddito che incide negativamente sull'importo del trattamento
altrimenti determinabile alla data di perfezionamento dei requisiti.
1.2.- Il rimettente, pertanto, solleva d'ufficio questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2, lettera b), del
d.l. n. 78 del 2010, nella parte in cui determinerebbe tale
irragionevole effetto, ledendo il principio di razionalita' posto
dall'art. 3, primo comma, Cost., in quanto, pur in presenza di una
ulteriore contribuzione connessa all'attivita' lavorativa prestata
nel periodo intercorrente tra la data della maturazione dei requisiti
anagrafici e contributivi per la pensione di anzianita' e la data
della sua decorrenza, il trattamento pensionistico verrebbe a
risultare inferiore a quello che sarebbe stato attribuito in mancanza
della predetta contribuzione, sulla base dei requisiti anagrafici e
contributivi maturati.
Il giudice a quo rappresenta di aver gia' sollevato nel medesimo
giudizio principale, con ordinanza del 6 ottobre 2015, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233
del 1990 e dell'art. l, comma 18, della legge n. 335 del 1995,
dichiarata «inammissibile» da questa Corte con la sentenza n. 23 del
2018, «per non corretta individuazione della norma denunciata». Cio'
perche' l'effetto lamentato dal rimettente non era determinato dalle
disposizioni allora censurate, bensi' dall'art. 12, comma 2, lettera
b), del d.l. n. 78 del 2010, poiche' e' tale disposizione a porre il
reale thema decidendum «costituito dal rilievo e dalla qualificazione
giuridica del periodo di attesa della cosiddetta "finestra",
allorche' l'assicurato prosegua l'attivita' lavorativa e quindi la
contribuzione, ai fini della determinazione dell'entita' del
trattamento pensionistico».
Pertanto, il rimettente evidenzia di aver proposto una nuova
questione in riferimento all'art. 12, comma 2, lettera b), del d.l.
n. 78 del 2010 e, dunque, su una norma diversa da quelle indicate
nella precedente ordinanza di rimessione. In proposito richiama
l'orientamento della giurisprudenza costituzionale (sono citate le
sentenze n. 189 del 2001, n. 433 del 1995, n. 451 del 1989, n. 930
del 1988 e le ordinanze n. 399 del 2002 e n. 164 del 1987), secondo
cui l'art. 24, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme
sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale),
preclude la riproponibilita' della medesima questione di legittimita'
costituzionale, da parte dello stesso giudice, soltanto se la
precedente pronuncia abbia natura decisoria, di talche' non osta
all'esame nel merito della questione la declaratoria di
inammissibilita' basata su una mera lacuna della prima ordinanza di
rimessione.
Riguardo alla rilevanza della questione, il giudice a quo afferma
che il giudizio non puo' essere definito indipendentemente dalla sua
soluzione poiche', dato il ricordato tenore letterale della
disposizione censurata, la domanda proposta dal ricorrente dovrebbe
essere parzialmente rigettata.
In ordine alla non manifesta infondatezza, il rimettente
evidenzia che, qualora nei diciotto mesi tra la data di maturazione
dei requisiti per l'accesso al pensionamento e quella di decorrenza
del diritto al trattamento l'interessato non avesse svolto alcuna
attivita' lavorativa, l'INPS gli avrebbe attribuito, alla data di
decorrenza del diritto alla pensione, un rateo mensile di euro
2.703,62, anziche' quello inferiore concretamente riconosciutogli, in
quanto, nell'ipotesi in cui in detto periodo non fossero stati
versati contributi, esso sarebbe stato considerato neutro.
Alla stregua delle considerazioni svolte, il Tribunale ordinario
di Trento ritiene «contraria al principio di razionalita', insito nel
precetto ex art. 3 comma 1 Costituzione, sia nel senso di
razionalita' pratica, sia nel senso di razionalita' formale, cioe'
del principio logico di non contraddizione (in questo senso Corte
costituzionale n. 113 del 2015 e n. 172 del 1996), una norma che
determini in presenza di ulteriore contribuzione un trattamento
pensionistico inferiore a quello che sarebbe stato attribuito in
mancanza di quella stessa contribuzione».
Secondo il rimettente, il lavoratore una volta conseguiti i
requisiti per l'accesso al pensionamento non puo' subire una
riduzione del trattamento maturato a tale data se prosegue
l'attivita' lavorativa, essendo illogico che il versamento di
un'ulteriore contribuzione determini una diminuzione della
prestazione.
Aggiunge il giudice a quo che la norma censurata «comporta che la
contribuzione conseguita successivamente al momento di maturazione
dei requisiti per l'accesso al pensionamento produce un duplice e
contrastante effetto sul trattamento pensionistico». Cio' in quanto
«i redditi prodotti nel periodo dei diciotto mesi vengono considerati
sotto un duplice aspetto: quale contribuzione ai fini del computo
della pensione secondo il sistema retributivo, sia ai fini del
computo della quota D secondo il sistema contributivo». Ad avviso del
giudice a quo, «appare contraddittorio che una stessa contribuzione
venga considerata due volte ai fini della determinazione del
trattamento pensionistico e, per di piu', nel contempo, diminuisca
una quota (nel caso in esame due) e ne incrementi un'altra (senza
peraltro compensare la prima perdita)».
2.- L'INPS, nel costituirsi nel giudizio incidentale, ha chiesto
di dichiarare inammissibile o infondata la questione di legittimita'
costituzionale.
2.1.- In ordine alla inammissibilita', l'Istituto deduce che il
giudice rimettente ha «omesso di interpretare la norma scrutinata nel
quadro del diritto vivente, laddove, al contrario di quanto dal
medesimo reputato, il ridetto articolo 12 del decreto legge n. 78 del
2010 si palesa immune da ogni dubbio di illegittimita' ove letto in
coerenza con i principi affermati da codesta Corte e dalla Corte
suprema di cassazione sia in punto di neutralizzazione dei periodi
contributivi sfavorevoli, sia in punto di identificazione del momento
perfezionativo del diritto a pensione quando la decorrenza venga
fissata in regime di posticipazione normativa dell'accesso»
(cosiddetto regime delle "finestre").
In particolare, l'Istituto afferma che il Tribunale rimettente
«non ha valutato se il calcolo della pensione del lavoratore autonomo
che acceda alla pensione in base al regime delle finestre di cui
all'art. 12 del decreto-legge n. 78 del 2010 debba essere effettuato
applicando la "neutralizzazione" o "sterilizzazione" dei contributi
sfavorevoli versati successivamente al raggiungimento del requisito
anagrafico».
Cio' in riferimento alla sopravvenuta sentenza n. 173 del 2018 di
questa Corte, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e dell'art. 1,
comma 18, della legge n. 335 del 1995, nella parte in cui, ai fini
della determinazione delle rispettive quote del trattamento
pensionistico, nel caso di prosecuzione della contribuzione da parte
dell'assicurato lavoratore autonomo che abbia gia' conseguito la
prescritta anzianita' contributiva minima, non prevedono l'esclusione
dal computo della contribuzione successiva ove comporti un
trattamento pensionistico meno favorevole.
Secondo l'Istituto, l'applicazione di tale decisione rende
irrilevante la questione posta dal giudice rimettente, poiche' «il
periodo corrispondente all'attesa della finestra di uscita, in quanto
accreditato successivamente al raggiungimento del requisito
contributivo, dovrebbe essere neutralizzato, se sfavorevole». Ad
avviso dell'INPS, «non appare pertanto rilevante che nella
fattispecie si applichi lo slittamento previsto dall'art. 12, comma
2, lettera b), del decreto-legge n. 78 del 2010».
2.2.- Sotto altro profilo, l'INPS deduce la infondatezza della
ricostruzione operata dal Tribunale rimettente del regime delle
"finestre" e della sua incisivita' nel procedimento di
perfezionamento del diritto alla pensione.
L'Istituto previdenziale ritiene che le argomentazioni svolte in
proposito dal rimettente muovono dal presupposto che il diritto a
pensione sia maturato al momento del raggiungimento dei requisiti
stabiliti dall'art. 6 (recte: art. 1, comma 6) della legge n. 243 del
2004, con la conseguenza che il periodo di slittamento derivante dal
sistema delle "finestre" diventerebbe ultroneo rispetto alla
maturazione del diritto a pensione, e che la decorrenza della
pensione non rappresenterebbe il momento che fissa la data fino alla
quale la contribuzione versata deve essere considerata per ricavare
il reddito base utile ai fini del calcolo della pensione.
Tuttavia tale assunto del giudice rimettente contrasterebbe, ad
avviso dell'INPS, con i principi affermati dalla giurisprudenza di
legittimita' (viene citata, in particolare, la sentenza della Corte
di cassazione, sezione lavoro, 24 agosto 2007, n. 18041) sugli
effetti dello slittamento temporale determinato dal sistema delle
"finestre", introdotto per le pensioni di anzianita' dall'art. 1,
comma 2-bis, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384 (Misure
urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego,
nonche' disposizioni fiscali), convertito, con modificazioni, nella
legge 14 novembre 1992, n. 438, e dall'art. 1, comma 29, della legge
n. 335 del 1995.
In particolare, l'INPS evidenzia che la Corte di cassazione ha
chiarito che il momento di perfezionamento del diritto al trattamento
pensionistico diviene il momento in cui e' decorso il periodo
previsto dalla normativa, ovvero va identificato nella data di
apertura della "finestra" indicata caso per caso dalla legge. In tal
modo, il tempo diventa elemento costitutivo del diritto alla
pensione, poiche' la decorrenza del periodo stabilito dal legislatore
perfeziona il relativo diritto. Ne consegue che le ultime settimane
contributive da prendere in considerazione ai fini della
determinazione del trattamento sono quelle corrispondenti «agli
ultimi versamenti contributivi prima della cessazione dell'attivita'
lavorativa». Fermo restando che «nel computo delle ultime settimane
contributive utili, pur assunta come data di riferimento quella di
decorrenza della pensione, debbano essere neutralizzate le settimane
sfavorevoli successive al raggiungimento del requisito contributivo».
2.3.- Da ultimo, l'Istituto rileva che «non appare conferente,
ne' rilevante al fine del vaglio della questione posta, il dubbio
espresso dal Giudice remittente secondo cui "appare contraddittorio
che una stessa contribuzione venga considerata due volte ai fini
della determinazione del trattamento pensionistico e, per di piu',
nel contempo, diminuisca una quota (nel caso in esame due) e ne
incrementi un'altra (senza peraltro compensare la prima perdita)"».
Premesso che, in base al sistema pensionistico, le ultime
settimane contributive sono, generalmente, le piu' favorevoli perche'
corrispondenti ai redditi piu' alti percepiti dal lavoratore, in
quanto, normalmente, il reddito viene incrementato nel tempo rispetto
al livello iniziale, l'Istituto evidenzia che «una medesima settimana
collocata nell'ultimo periodo lavorativo viene inclusa nel computo
del reddito o retribuzione medi ai fini della liquidazione del
trattamento in regime retributivo, sia della quota A sia della quota
B. La medesima settimana dovra' poi essere valorizzata anche per
commisurare la quota finale liquidata in regime contributivo. Si
tratta, all'evidenza, di criteri di calcolo, stabiliti dal
legislatore in coerenza con la necessita' di tener conto che nel
tempo, durante il periodo assicurativo, vengono talvolta mutati i
criteri di liquidazione».
Precisa l'INPS che il periodo contributivo dal 2012 in poi,
poiche' viene valorizzato col sistema contributivo, non incrementa
una quota, ne' ne diminuisce altre, in quanto il reddito percepito in
quel periodo costituisce un elemento di calcolo che viene utilizzato
nel computo di ciascuna quota, secondo le regole particolari che
regolano ognuna di esse.
3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto chiedendo
di dichiarare inammissibile e comunque infondata la questione.
3.1.- In punto di inammissibilita', il Presidente del Consiglio
dei ministri deduce che il giudice rimettente si e' limitato a
censurare il solo art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n. 78 del
2010, mentre, secondo la sentenza di questa Corte n. 23 del 2018,
«l'effetto censurato» dal giudice a quo non scaturisce dalle «sole
disposizioni censurate» nella precedente ordinanza di rimessione,
vale a dire gli artt. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e 1,
comma 18, della legge n. 335 del 1995. Pertanto il giudice a quo non
avrebbe, ancora una volta, individuato correttamente le norme di
riferimento che costituiscono il sistema complessivamente considerato
e vigente in relazione alla sollevata questione di legittimita'
costituzionale.
3.2.- In ordine alla infondatezza, il Presidente del Consiglio
dei ministri assume che la censura di illegittimita' costituzionale
prospettata dal giudice rimettente non avrebbe pregio.
Ad avviso dell'Avvocatura generale dello Stato, il sistema della
"finestra" costituirebbe un contemperamento fra interessi del
lavoratore e contenimento della spesa pubblica, sorretto dall'art. 81
Cost. e dalla necessita' di assolvere gli obblighi scaturenti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea. Inoltre la
legittimita' della norma censurata sarebbe confermata dalla
circostanza che essa «non e' innovativa, dal momento che all'atto
dell'adozione della stessa gia' risultava vigente un regime delle
decorrenze dei trattamenti, determinato anche ai sensi della legge n.
335/1995 citata, con posticipo delle medesime rispetto alla data di
maturazione dei requisiti». Sempre secondo l'Avvocatura, la
disposizione in esame «ha, dunque, rimodulato la determinazione dei
preesistenti periodi di posticipo della decorrenza con lo scopo di
migliorare la sostenibilita' economico-finanziaria del sistema
pensionistico e della finanza pubblica».
Considerato in diritto
1.- Con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale ordinario di Trento,
sezione per le controversie di lavoro, dubita della legittimita'
costituzionale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della
Costituzione, dell'art. 12, comma 2, lettera b), del decreto-legge 31
maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione
finanziaria e di competitivita' economica), convertito, con
modificazioni, nella legge 30 luglio 2010, n. 122, nella parte in cui
comporterebbe che il trattamento pensionistico sia determinato
facendo riferimento agli ultimi dieci anni, ovvero le 520 settimane
di cui all'art. 5, comma 1, della legge 2 agosto 1990, n. 233
(Riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), e
agli ultimi quindici anni - ovvero le 780 settimane di cui all'art.
1, comma 18, della legge 8 agosto 1995, n. 335 (Riforma del sistema
pensionistico obbligatorio e complementare), di redditi coperti da
contribuzione che precedono la data di insorgenza del diritto alla
decorrenza della pensione, anziche' quella di maturazione dei
requisiti per l'accesso al pensionamento.
In punto di fatto, il giudice riferisce che il giudizio
principale riguarda la determinazione del trattamento pensionistico
di anzianita' di un lavoratore autonomo che ha maturato i requisiti
anagrafici e contributivi il 30 novembre 2011, ma ha acquisito il
diritto alla decorrenza della pensione diciotto mesi dopo, cioe' dal
1° giugno 2013, per effetto della cosiddetta finestra mobile,
introdotta dall'art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n. 78 del
2010, come convertito.
Pur avendo proseguito l'attivita' lavorativa e la correlata
contribuzione nel predetto periodo di diciotto mesi, a seguito del
reddito prodotto, che ha inciso negativamente sulla base di computo
del trattamento come determinato ai sensi delle ricordate
disposizioni della legge n. 233 del 1990 e della legge n. 335 del
1995, il lavoratore ricorrente si e' visto calcolato dall'Istituto
nazionale per la previdenza sociale (INPS) un rateo mensile di euro
2.462,85, invece che di euro 2.703,62, quale "virtualmente"
risultante alla data di maturazione del requisito contributivo.
Il giudice a quo ritiene irragionevole, e dunque contraria
all'art. 3 Cost., una normativa in base alla quale il trattamento
pensionistico determinabile alla data del conseguimento del requisito
contributivo venga a essere ridotto, nonostante la maggiore
contribuzione versata successivamente a tale data. L'irragionevolezza
sarebbe tanto piu' evidente in quanto, se il lavoratore non avesse
lavorato durante il periodo della "finestra", si sarebbe visto
liquidare un trattamento maggiore di quello attribuibile alla data di
accesso al trattamento pensionistico, pur avendo versato una minore
contribuzione.
Il rimettente rappresenta di aver gia' sollevato nel medesimo
giudizio principale, con ordinanza del 6 ottobre 2015, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233
del 1990 e dell'art. l, comma 18, della legge n. 335 del 1995, ma
tale questione con sentenza n. 23 del 2018 era stata dichiarata
«inammissibile» «per non corretta individuazione della norma
denunciata». Cio' in quanto questa Corte aveva rilevato che l'effetto
lamentato dal rimettente non era prodotto dalle disposizioni allora
censurate, bensi' dall'art. 12, comma 2, lettera b), del d.l. n. 78
del 2010 e che era, dunque, tale disposizione a porre il reale thema
decidendum della questione sollevata, «costituito dal rilievo e dalla
qualificazione giuridica del periodo di attesa della cosiddetta
"finestra", allorche' l'assicurato prosegua l'attivita' lavorativa e
quindi la contribuzione, ai fini della determinazione dell'entita'
del trattamento pensionistico».
Pertanto, il rimettente evidenzia di aver proposto una nuova
questione in riferimento all'art. 12, comma 2, lettera b), del d.l.
n. 78 del 2010 e, dunque, su una norma diversa da quelle indicate
nella precedente ordinanza di rimessione.
1.1.- L'INPS e il Presidente del Consiglio dei ministri hanno
chiesto di dichiarare inammissibile o comunque infondata la
questione.
2.- Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di
inammissibilita' sollevate dall'INPS e dal Presidente del Consiglio
dei ministri.
2.1.- L'INPS ha eccepito che il giudice rimettente avrebbe omesso
di interpretare la disposizione censurata nel quadro del diritto
vivente, ovvero alla luce della giurisprudenza della Corte di
cassazione sulla "finestra", secondo cui il decorso del relativo
periodo temporale e' elemento costitutivo del diritto a pensione,
nonche' dell'insegnamento della stessa Cassazione e di questa Corte
in ordine al principio di "neutralizzazione" dei periodi contributivi
sfavorevoli successivi alla maturazione del requisito contributivo e
anagrafico previsto per il trattamento pensionistico.
A tale ultimo riguardo l'Istituto richiama la sopravvenuta
sentenza n. 173 del 2018 di questa Corte che ha riconosciuto
applicabile anche ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni
speciali dell'INPS il predetto principio. Ad avviso dell'INPS, tale
decisione renderebbe, difatti, irrilevante l'odierna questione,
comportando la neutralizzazione delle settimane di contribuzione
sfavorevoli conseguite dal lavoratore interessato durante il periodo
della "finestra" e, dunque, successivamente al raggiungimento del
requisito contributivo per il trattamento pensionistico.
2.2.- L'eccezione va disattesa.
In disparte dalla valutazione nel merito di quanto argomentato
dall'Istituto, la dedotta omissione interpretativa non e' comunque
ravvisabile. Difatti, l'ordinanza di rimessione e' antecedente alla
sentenza n. 173 del 2018, e dunque al momento della sua proposizione
la questione in oggetto era prospettabile, stante l'ambito
applicativo del principio di neutralizzazione come all'epoca
risultava dalla giurisprudenza costituzionale che lo riconosceva
applicabile in riferimento, in via generale, alle sole gestioni
pensionistiche dei lavoratori dipendenti iscritti all'assicurazione
generale obbligatoria (a partire dalla sentenza n. 428 del 1992),
oltre che a specifiche gestioni previdenziali (sentenza n. 433 del
1999, relativa al trattamento pensionistico degli agenti di commercio
iscritti all'ENASARCO), e dunque non al trattamento previdenziale dei
lavoratori autonomi iscritti alle gestioni INPS.
2.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito la
inammissibilita' della questione per non avere il giudice rimettente
individuato correttamente le norme che assumono rilievo ai fini
dell'odierna questione, essendosi limitato a censurare l'art. 12,
comma 2, lettera b), del d.l. n. 78 del 2010, la' dove l'effetto
lamentato scaturisce, secondo quanto evidenziato dalla sentenza di
questa Corte n. 23 del 2018, anche da altre disposizioni: in
particolare, da quelle di cui all'art. 5, comma 1, della legge n. 233
del 1990 e all'art. 1, comma 18, della legge n. 335 del 1995,
relative alla individuazione delle settimane contributive utili a
determinare la base pensionabile per i lavoratori autonomi iscritti
alle gestioni speciali dell'INPS.
2.4.- L'eccezione non e' fondata.
Pur nella stringatezza dell'esposizione sul punto, dal
complessivo tenore dell'ordinanza comunque si evince che il giudice
rimettente fa derivare l'effetto lamentato dal coordinato disposto
della disposizione oggi censurata con quelle richiamate
dall'Avvocatura generale dello Stato e oggetto della questione gia'
sollevata con la precedente ordinanza dallo stesso giudice,
dichiarata inammissibile da questa Corte con la sentenza n. 23 del
2018.
3.- Nel merito la questione non e' fondata.
3.1.- Il giudice rimettente denuncia la illegittimita' della
norma censurata, la' dove a suo avviso determinerebbe l'irragionevole
effetto, come tale lesivo del principio posto dall'art. 3 Cost., che
l'ulteriore contribuzione versata dal lavoratore durante il periodo
di attesa per la decorrenza del trattamento ("finestra"), invece di
incrementare il trattamento calcolabile alla data di maturazione del
requisito contributivo, ne possa comportare una riduzione.
Tale effetto risulterebbe ancor piu' paradossale ove si consideri
che, se il lavoratore non avesse proseguito l'attivita' lavorativa,
l'importo del trattamento pensionistico sarebbe stato piu' elevato,
in quanto la base di calcolo sarebbe rimasta "cristallizzata" in
quella piu' elevata determinabile al momento del conseguimento del
requisito contributivo e anagrafico.
3.2.- La questione nei termini cosi' prospettati dal giudice a
quo avrebbe avuto una sua consistenza.
Con riferimento al sistema pensionistico dei lavoratori
subordinati, la giurisprudenza costituzionale (ex plurimis, sentenza
n. 82 del 2017) ha ripetutamente evidenziato l'irragionevolezza di un
meccanismo di determinazione della retribuzione pensionabile, che,
pur preordinato a garantire al lavoratore una piu' favorevole base di
calcolo per la liquidazione della pensione, conduceva a risultati
antitetici, in quanto correlata all'ultimo scorcio della vita
lavorativa, incidendo in senso riduttivo sulla pensione
potenzialmente gia' maturata.
Sebbene l'ordinanza tralasci di illustrare gli indirizzi
giurisprudenziali in materia e, in particolare, quelli in ordine
all'ambito applicativo del principio di "neutralizzazione", a ben
vedere il giudice rimettente ne invoca l'applicazione nella
situazione oggetto del giudizio principale, concernente il
trattamento pensionistico di un lavoratore autonomo iscritto alla
competente gestione speciale INPS.
3.3.- Senonche', la questione cosi' prospettata dal giudice
rimettente risulta oramai superata dalla sopravvenuta sentenza di
questa Corte n. 173 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e
dell'art. 1, comma 18, della legge n. 335 del 1995, «nella parte in
cui, ai fini della determinazione delle rispettive quote di
trattamento pensionistico, nel caso di prosecuzione della
contribuzione da parte dell'assicurato lavoratore autonomo che abbia
gia' conseguito la prescritta anzianita' contributiva minima, non
prevedono l'esclusione dal computo della contribuzione successiva ove
comporti un trattamento pensionistico meno favorevole».
L'intervenuto riconoscimento dell'operativita' del principio di
"neutralizzazione" anche per i lavoratori autonomi iscritti alle
gestioni speciali dell'INPS ne consente dunque l'applicazione allo
specifico caso in esame, cosi' risolvendo i dubbi di legittimita'
prospettati dal rimettente.
Difatti, in conformita' all'indirizzo espresso dalla Corte di
cassazione (ex plurimis, sezione lavoro, sentenze 24 agosto 2007, n.
18041, e 26 giugno 2017, n. 15879), il momento di perfezionamento del
diritto alla pensione e' costituito dalla decorrenza del periodo di
slittamento per l'accesso al trattamento pensionistico, come previsto
dalla disposizione denunciata. Tuttavia, applicando il principio di
"neutralizzazione", non si dovra' tener conto della contribuzione
successiva alla data di perfezionamento del prescritto requisito
contributivo, ove essa determini, per effetto del reddito conseguito
dall'interessato durante il periodo della "finestra", una riduzione
del trattamento calcolabile alla predetta data di perfezionamento del
requisito.
3.4.- Sotto tale profilo risultano dunque corrette le ricordate
considerazioni svolte dall'INPS circa l'effetto dirimente della
sentenza di questa Corte n. 173 del 2018 sulla odierna questione:
applicando il principio di "neutralizzazione", la norma censurata,
viene, difatti, a risultare immune dai dedotti profili di
illegittimita', non comportando, in combinato disposto con gli artt.
5, comma 1, della legge n. 233 del 1990 e 1, comma 18, della legge n.
335 del 1995, l'effetto pregiudizievole lamentato dal rimettente.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12, comma 2,
lettera b), del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti
in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitivita'
economica), convertito, con modificazioni, nella legge 30 luglio
2010, n. 122, sollevata dal Tribunale ordinario di Trento, sezione
per le controversie di lavoro, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2019.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2019.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
