CORTE COSTITUZIONALE 27 aprile – 20 maggio 2021 SENTENZA N. 103
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Casi di estinzione del reato - Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative - Possibilita', per il giudice, di determinare la misura massima dell'ammenda in considerazione delle condizioni economiche dell'imputato e della gravita' del fatto contestato - Omessa previsione - Denunciata disparita' di trattamento e violazione del principio della funzione rieducativa della pena - Inammissibilita' delle questioni. - Codice penale, art. 162-bis. - Costituzione, artt. 3 e 27, terzo comma.
(GU n.21 del 26-5-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 162-bis del
codice penale, promosso dal Tribunale ordinario di Cagliari, in
composizione monocratica, nel procedimento penale a carico di E.
L.d.S.S. e altro, con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al n.
49 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visti l'atto di costituzione di E. L.d.S.S., nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 aprile 2021 il Giudice
relatore Stefano Petitti;
uditi l'avvocato Carlo Monaldi per E. L.d.S.S. e l'avvocato dello
Stato Salvatore Faraci, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai
sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16
marzo 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 10 dicembre 2019, iscritta al n. 49 del
registro ordinanze 2020, il Tribunale ordinario di Cagliari, in
composizione monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
27, terzo comma, della Costituzione, questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 162-bis del codice penale, nella parte in
cui non prevede la possibilita' in capo al giudice di determinare la
misura dell'ammenda ai fini dell'oblazione in considerazione delle
condizioni economiche dell'imputato e della gravita' del fatto
contestato.
2.- L'ordinanza del Tribunale di Cagliari e' stata pronunciata
nel corso di un processo penale nei confronti di E. L.d.S.S. e di P.
M., imputati della contravvenzione di cui all'art. 712 cod. pen.
(Acquisto di cose di sospetta provenienza). Il difensore di uno degli
imputati ha eccepito l'illegittimita' costituzionale dell'art.
162-bis cod. pen., per violazione degli artt. 3 e 27 Cost., giacche'
tale norma, in spregio alla ratio sottesa all'art. 133-bis cod. pen.,
non consente al giudice di individualizzare il trattamento
sanzionatorio, sicche', nel caso di specie, la possibilita' di
ottenere l'effetto estintivo dell'oblazione passerebbe attraverso la
dazione di euro 5.000,00, importo uguale sia per le persone abbienti
che per quelle indigenti.
2.1.- Quanto alla rilevanza, il giudice a quo espone che gli
imputati versano entrambi in una documentata condizione di manifesta
indigenza. Osserva inoltre che, ai sensi dell'art. 162-bis cod. pen.,
l'oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative
comporta il pagamento, prima dell'apertura del dibattimento, di una
somma corrispondente alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita
per la contravvenzione commessa. Orbene, poiche', nella specie, e'
contestato il reato di cui all'art. 712 cod. pen., il quale prevede
la pena dell'arresto fino a sei mesi o dell'ammenda in misura non
inferiore a 10 euro, gli imputati per poter essere ammessi
all'oblazione dovrebbero pagare la somma di 5.000,00 euro. Infatti,
posto che l'art. 712 cod. pen. non prevede il massimo della pena
pecuniaria, tale importo va determinato ai sensi dell'art. 26 cod.
pen., che fissa appunto il limite massimo dell'ammenda nella somma di
10.000,00 euro. E, ad avviso del Tribunale, la somma di 5.000,00 euro
sarebbe inesigibile dagli imputati, date le loro comprovate modeste
condizioni economiche.
2.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza della questione, il
rimettente osserva che l'art. 162-bis cod. pen., non prevedendo
l'opportunita' per il giudice di determinare la pena tenendo in
considerazione la capacita' economica dell'imputato, violerebbe
l'art. 27, terzo comma, Cost. Il Tribunale di Cagliari ritiene
infatti che un trattamento sanzionatorio sproporzionato e
irragionevole in un caso come quello di specie, avente una modesta
offensivita', confliggerebbe con il principio della funzione
rieducativa della pena, il quale impone l'individualizzazione del
trattamento sanzionatorio, attraverso la considerazione della figura
del reo in ogni momento della dinamica punitiva.
2.3.- La norma censurata, secondo il rimettente, contrasterebbe
altresi' con l'art. 3 Cost., atteso che, per una questione meramente
economica, ed in ragione della potenziale irrogazione di una pena
decisamente sproporzionata rispetto alle loro capacita' economiche,
gli imputati non potrebbero ricorrere alla causa estintiva
dell'oblazione, ovvero, pur ricorrendovi, sentirebbero una
frustrazione tale da percepire come illegittima la pena loro
inflitta.
Di fronte alla commissione di un medesimo reato, la causa di
estinzione di cui all'art. 162-bis cod. pen. sarebbe allora non
accessibile a chiunque, ma solamente alle persone abbienti o che
comunque versino in discrete condizioni economiche. Il rimettente
evidenzia ancora come per un medesimo fatto commesso in concorso da
piu' persone potrebbe essere applicata una pena per nulla incisiva
per certi imputati, perche' particolarmente abbienti, ed allo stesso
tempo molto gravosa per altri, perche' indigenti. Ulteriore paradosso
ravvisato nell'ordinanza di rimessione e' che, in caso di commissione
di piu' contravvenzioni, dunque con lesione piu' intensa del bene
giuridico tutelato, il giudice, considerati gli artt. 78 e 81, terzo
comma, cod. pen., non potrebbe irrogare un'ammenda superiore ad euro
3.098,00, sicche' la domanda di oblazione presentata nell'ambito di
un procedimento instaurato per piu' fatti di incauto acquisto
potrebbe essere concessa dietro il pagamento di una somma inferiore a
quella da corrispondere nel caso di contestazione unica.
3.- E. L.d.S.S. ha depositato memoria di costituzione,
trascrivendo le deduzioni svolte nella memoria del 7 ottobre 2019
prodotta nel giudizio a quo e chiedendo di accogliere la questione di
legittimita' costituzionale come sollevata.
4.- E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o sia
comunque rigettata per la sua infondatezza.
4.1.- Ad avviso della difesa statale, l'ordinanza di rimessione
presenterebbe profili d'inammissibilita' in relazione alla
motivazione dell'effettiva rilevanza della questione per la
descrizione lacunosa del procedimento principale e della fattispecie
concreta sottoposta a giudizio. Non verrebbe specificata la fase in
cui si trova il procedimento principale ai fini della verifica del
termine per la proponibilita' delle domande di oblazione avanzate,
ne' indicata la sussistenza dei presupposti di cui al terzo ed al
quarto comma dell'art. 162-bis cod. pen. Altrettanto carente, secondo
l'Avvocatura generale, sarebbe la descrizione della fattispecie di
incauto acquisto contestata ai due imputati.
4.2.- L'atto di intervento sottolinea, peraltro, l'infondatezza
della questione, richiamando la sentenza n. 207 del 1974 di questa
Corte, che nego' l'illegittimita' costituzionale dell'art. 162 cod.
pen. in rapporto all'art. 3 Cost., rilevando come all'interesse dello
Stato a definire i procedimenti aventi ad oggetto contravvenzioni, il
cui trattamento sanzionatorio edittale non contempla l'obbligatorio
ricorso a pene detentive e che attengono tutte a condotte di
contenuta offensivita', corrisponda il vantaggio per l'imputato di
addivenire automaticamente a godere dell'estinzione del reato
commesso, diversamente da quanto avviene con il ricorso ad altri riti
speciali. E poiche' il contravventore ammesso all'oblazione gode di
una serie di effetti favorevoli ulteriori, non sarebbe irragionevole
che sia il legislatore ad individuare in modo fisso l'entita' della
sanzione da versare per la contravvenzione commessa, con l'esclusione
di qualunque concreta determinazione della pena da parte del giudice,
come della possibilita' di valutazione delle connotazioni fattuali
della condotta e delle condizioni economiche del reo. Queste ultime,
d'altro canto, sono state espunte dall'ambito edittale della pena
dopo la modifica apportata agli artt. 24 e 26 cod. pen. dall'art. 101
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
4.3.- Vengono ancora smentite le illogicita' del sistema che il
Tribunale di Cagliari allega a supporto delle proprie argomentazioni,
quanto alla diversa incidenza che l'entita' della somma richiesta per
l'oblazione potrebbe rivestire nei confronti dei concorrenti nella
medesima contravvenzione, a seconda delle capacita' economiche di
costoro, visto che le cause estintive riferiscono l'estinzione al
rapporto giuridico base della pretesa punitiva, la quale, pure
essendo unico il reato, e' invece plurima rispetto ai concorrenti. Il
principio di personalita' della causa estintiva, di cui all'art. 182
cod. pen., non puo', dunque, portare all'irragionevolezza del
meccanismo dell'oblazione per la diversa afflittivita' dell'accesso
ad esso nei confronti dei diversi autori di un medesimo reato.
Quanto alla diversa incidenza che l'entita' della somma richiesta
per l'oblazione potrebbe rivestire nei confronti dei concorrenti
nella medesima contravvenzione, a seconda delle capacita' economiche
di costoro, osserva che il principio di personalita' della causa
estintiva, di cui all'art. 182 cod. pen. non puo' portare
all'irragionevolezza del meccanismo dell'oblazione per la diversa
afflittivita' dell'accesso ad esso nei confronti dei diversi autori
di un medesimo reato.
Infine, quanto al paradosso ravvisato dal giudice a quo, secondo
cui la somma da versare per oblare una pluralita' di contravvenzioni
sarebbe inferiore a quella necessaria per estinguere una sola di
essa, la difesa statale sostiene che lo stesso sarebbe frutto di un
erroneo presupposto interpretativo, in quanto, secondo costante
principio giurisprudenziale, nelle ipotesi di concorso formale o di
reato continuato, la somma occorrente per addivenire all'oblazione,
ai sensi dell'art. 162-bis cod. pen., si determina senza alcun
riferimento all'art. 78 cod. pen.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Cagliari, in composizione
monocratica, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo
comma, della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 162-bis del codice penale, nella parte in cui non prevede
in capo al giudice la possibilita' di determinare la misura
dell'ammenda ai fini dell'oblazione in considerazione delle
condizioni economiche dell'imputato e della gravita' del fatto
contestato.
Il rimettente e' chiamato a decidere sulla domanda degli imputati
di oblazione ai sensi della censurata disposizione, attraverso il
pagamento di una somma pari alla meta' del massimo della pena
pecuniaria prevista per il reato contestato. E poiche', nella specie,
tale reato e' quello di cui all'art. 712 cod. pen. (Acquisto di cose
di sospetta provenienza), gli imputati dovrebbero pagare la somma di
euro 5.000,00, in considerazione del fatto che la sanzione pecuniaria
massima prevista per quel reato, alternativa a quella della pena
dell'arresto, non essendo determinata nel massimo edittale, va
quantificata in euro 10.000,00 in base all'art. 26 cod. pen.
1.1.- Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata
contrasterebbe con l'art. 27, terzo comma, Cost., poiche' il
trattamento sanzionatorio per casi come quello sottoposto al suo
esame, in quanto sproporzionato e irragionevole, confliggerebbe con
il principio della funzione rieducativa della pena. La stessa norma
contrasterebbe altresi' con l'art. 3 Cost., atteso che, in ragione
della potenziale irrogazione di una pena sproporzionata rispetto alle
rispettive capacita' economiche, gli imputati non abbienti non
potrebbero ricorrere alla causa estintiva dell'oblazione, o comunque
percepirebbero come illegittima la sanzione loro inflitta.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto in
giudizio per mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato, ha eccepito
l'inammissibilita' delle questioni in relazione alla motivazione
della rilevanza, e comunque ne ha chiesto la dichiarazione di non
fondatezza.
3.- Le questioni sono inammissibili per distinte e concorrenti
ragioni.
3.1.- E', in primo luogo, fondata l'eccezione formulata dalla
difesa statale per omessa descrizione della fattispecie concreta e
conseguente carenza di motivazione sulla rilevanza.
L'ordinanza di rimessione difetta, infatti, non solo della
descrizione del fatto contestato - essendosi il giudice a quo
limitato a riferire che gli imputati devono rispondere del reato di
cui all'art. 712 cod. pen., del quale si afferma comunque la modesta
offensivita' - ma anche di ogni indicazione circa la sussistenza
delle altre condizioni cui l'art. 162-bis cod. pen. subordina
l'ammissibilita' dell'oblazione nel caso di reati contravvenzionali
puniti alternativamente con la pena detentiva o con quella
pecuniaria.
L'art. 162-bis cod. pen., invero, dispone, al primo comma, che
«il contravventore puo' essere ammesso a pagare, prima dell'apertura
del dibattimento, ovvero prima del decreto di condanna, una somma
corrispondente alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita dalla
legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del
procedimento»; al terzo comma, che «[l']oblazione non e' ammessa
quando ricorrono i casi previsti dal terzo capoverso dell'articolo
99, dall'articolo 104 o dall'articolo 105, ne' quando permangono
conseguenze dannose o pericolose del reato eliminabili da parte del
contravventore»; e, al quarto comma, che «[i]n ogni altro caso il
giudice puo' respingere con ordinanza la domanda di oblazione, avuto
riguardo alla gravita' del fatto».
Orbene, al di la' della affermazione della modesta offensivita'
del reato contestato, il Tribunale rimettente non ha argomentato
sulla sussistenza delle altre condizioni, soggettive e oggettive,
alle quali e' subordinato l'accoglimento della domanda di oblazione.
In particolare, difetta ogni indicazione in ordine alla tempestivita'
della istanza formulata dagli imputati nel giudizio a quo, al bene
oggetto dell'incauto acquisto e alla eventuale sussistenza di
conseguenze dannose o pericolose del reato, eliminabili da parte
dell'imputato.
Proprio con riferimento ad una questione di legittimita'
costituzionale concernente l'art. 162-bis cod. pen., questa Corte ne
ha dichiarato la manifesta inammissibilita', perche' il giudice a
quo, in relazione alla descrizione della fattispecie concreta, aveva
riferito soltanto che si procedeva per la contravvenzione di guida in
stato di ebbrezza e che l'imputato aveva presentato istanza di
ammissione all'oblazione, «entrando subito dopo nel merito della non
manifesta infondatezza della questione, senza dunque in alcun modo
accennare alla sussistenza delle condizioni imprescindibili per
l'ammissibilita' all'oblazione facoltativa di cui all'art. 162-bis
cod. pen. e senza conseguentemente motivare sulla rilevanza della
questione» (ordinanza n. 183 del 2005).
In conformita' a tale precedente specifico, sussiste, quindi, una
prima ragione di inammissibilita' delle questioni sollevate dal
Tribunale di Cagliari (ex multis, ordinanze n. 210 e n. 92 del 2020,
n. 103 e n. 71 del 2019, n. 85 e n. 7 del 2018, n. 210 e n. 46 del
2017, n. 237 del 2016).
3.2.- Le questioni sono, peraltro, inammissibili anche per
l'omessa ricostruzione del contesto normativo entro il quale la
disposizione censurata e' ricompresa e per il tipo di pronuncia
richiesta, che comporterebbe, ove accolta, la necessita' di
rideterminare le coordinate dell'oblazione ex art. 162-bis cod. pen.,
fino al punto di invadere lo spazio riservato alla discrezionalita'
legislativa.
3.2.1.- Giova premettere che oggetto mediato delle censure di
sproporzione e di irragionevolezza sollevate dal Tribunale di
Cagliari sono, in realta', la mancata quantificazione della sanzione
pecuniaria massima per la contravvenzione di cui all'art. 712 cod.
pen. e l'eccessivita' della misura massima dell'ammenda, pari ad euro
10.000,00, stabilita integrativamente in base all'art. 26 cod. pen.
E' infatti con riguardo all'importo della meta' del massimo cosi'
individuato che il rimettente formula i propri dubbi di legittimita'
costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost.
Ma proprio la riferibilita' dei lamentati vulnera agli evocati
parametri, rende evidente come cio' di cui si duole il giudice a quo
non sia soltanto il meccanismo delineato dall'art. 162-bis cod. pen.,
quanto piuttosto la determinazione della somma da pagare per
l'oblazione per effetto delle richiamate disposizioni, l'una di
carattere speciale, l'altra di carattere generale.
Peraltro, questa Corte, con l'ordinanza n. 207 del 2019, non
considerata dal rimettente, ha dichiarato manifestamente infondata la
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 712 cod. pen., in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., proprio «nella
parte in cui non e' previsto il massimo edittale ovvero non e'
prevista l'ammenda non superiore a 516 euro», evidenziando come la
relativa cornice edittale permetta al giudice un'ampia modulazione
della pena da irrogare nel caso concreto.
3.2.2.- Tanto premesso, il rimettente non valuta che
l'irrilevanza delle condizioni economiche del contravventore ai fini
della indicazione della somma da pagare per beneficiare
dell'oblazione, della quale egli si duole, e' frutto, in realta',
della scelta piu' generale compiuta dal legislatore con gli artt. 100
e 101 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale). Con tale intervento normativo, infatti, le condizioni
economiche del reo, originariamente contemplate nel quadro edittale
dagli artt. 24 e 26 cod. pen. (i quali disponevano che, quando in
relazione a tali condizioni la multa o l'ammenda stabilita dalla
legge poteva presumersi inefficace, anche se applicata nel massimo,
il giudice aveva la facolta' di aumentarla sino al triplo), sono
state trasferite al momento giudiziale di determinazione della pena.
L'art. 100 della legge n. 689 del 1981, in particolare, ha
aggiunto l'art. 133-bis cod. pen., il quale include le condizioni
economiche del reo tra i criteri generali di commisurazione della
pena pecuniaria operanti gia' all'interno delle cornici edittali.
Tale articolo, del resto, segue una disposizione che detta i criteri,
oggettivi e soggettivi, dei quali il giudice deve fare applicazione
ai fini della valutazione della gravita' del reato, in vista della
concreta determinazione della pena all'esito dello svolgimento del
processo o dei procedimenti speciali, come disciplinati dal codice di
procedura penale. E', quindi, da ricondurre a tale opzione
sistematica la conseguenza applicativa, censurata dal rimettente, che
porta a privare di significativita' le condizioni economiche del reo
in sede di determinazione della somma, corrispondente alla terza
parte o alla meta' del massimo dell'ammenda stabilita dalla legge,
che il contravventore e' ammesso a pagare, in virtu' degli artt. 162
e 162-bis cod. pen., ai fini dell'estinzione per oblazione delle
contravvenzioni (cosi', Corte di cassazione, sezione terza penale,
sentenze 8 marzo 2011, n. 8973, e 21 ottobre 1987, n. 10998).
3.2.3.- Sotto un diverso profilo, deve rilevarsi che, come da
questa Corte gia' affermato, l'istituto dell'oblazione trova
fondamento «nell'interesse dello Stato di definire con economia di
tempo e di spese i procedimenti relativi ai reati di minore
importanza, e nell'interesse del contravventore di evitare il
procedimento penale e la condanna con tutte le conseguenze di essa»
(sentenze n. 192 del 2020, n. 530 del 1995 e n. 207 del 1974) .
Rispetto a tali esigenze, l'introduzione, come richiesto dal
rimettente, della possibilita' per il giudice di determinare la somma
da pagare a titolo di oblazione in considerazione delle condizioni
economiche dell'imputato, pur se rispondente alla diversa e
meritevole esigenza di non discriminare chi si trova in condizioni di
indigenza nell'accesso alla definizione semplificata dei procedimenti
relativi a reati contravvenzionali, sanzionati alternativamente con
la pena detentiva o con quella pecuniaria, darebbe luogo ad un
intervento additivo di carattere significativamente manipolativo.
Posto che il beneficio che consegue per l'imputato dalla
definizione del procedimento a suo carico mediante oblazione e'
l'estinzione del reato, la detta verifica richiederebbe, pur sempre,
la individuazione di una somma minima correlata all'entita' della
pena pecuniaria prevista, la cui determinazione non puo' che essere
riservata alla discrezionalita' del legislatore; nella quale rientra,
comunque, prevedere, o meno, l'estinzione per oblazione dei reati, in
relazione al disvalore ad essi assegnato (ordinanza n. 462 del 1987),
e parimenti determinare la frazione della pena pecuniaria che
l'imputato deve pagare per beneficiare dell'oblazione ai sensi
dell'art. 162-bis cod. pen. (sentenza n. 76 del 2019).
Del resto, la mera previsione della necessita' che il giudice
debba tenere conto delle condizioni economiche dell'imputato ai fini
della determinazione, in riduzione (ma, in ipotesi, anche in aumento)
rispetto alla frazione legislativamente prevista, finirebbe per
rendere l'istituto dell'oblazione altro da quello delineato e
disciplinato dal legislatore. Non puo', invero, non considerarsi che
l'effetto voluto dal rimettente potrebbe essere conseguenza di
diverse modulazioni da parte del legislatore: da quella in cui la
frazione prevista per l'oblazione sia correlata non gia' alla pena
edittale ma a quella che il giudice, in concreto, tenuto conto dei
criteri di cui agli artt. 133 e 133-bis cod. pen., ritenga adeguata
nel caso di specie, tanto piu' quando la disposizione sanzionatoria
non preveda un massimo edittale per la pena pecuniaria; a quella in
cui le condizioni economiche degli imputati potrebbero rilevare ai
fini della individuazione di una percentuale di riduzione o di
aumento rispetto alla misura ordinaria stabilita per l'oblazione.
L'integrazione sollecitata dal rimettente, quindi, da un lato
pone in discussione la struttura stessa dell'istituto dell'oblazione
di cui all'art. 162-bis cod. pen., dall'altro interferisce con le
scelte sistematiche operate discrezionalmente dal legislatore, nella
configurazione degli illeciti penali e del loro trattamento
sanzionatorio, nonche' delle cause di estinzione dei reati e, piu' in
generale, nella configurazione degli istituti processuali attraverso
i quali dette cause possono operare.
Tali aspetti determinano l'inammissibilita' delle questioni
sollevate dal rimettente, poiche' con esse si chiede a questa Corte
un intervento che assumerebbe il carattere di una "novita' di
sistema", che si pone invece al di fuori dell'area del sindacato di
legittimita' costituzionale ed e' rimesso a scelte di riforma
demandate al legislatore (sentenze n. 250 del 2018, n. 252 del 2012;
ordinanze n. 266 del 2014, n. 136 del 2013).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 162-bis del codice penale, sollevate, in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della Costituzione, dal
Tribunale ordinario di Cagliari, in composizione monocratica, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
