CORTE COSTITUZIONALE 10 febbraio – 5 marzo 2021 SENTENZA N. 30
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Reati e pene - Cause di esclusione della punibilita' - Particolare tenuita' del fatto - Possibile applicazione al caso di resistenza a un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni - Esclusione - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianza, della finalita' rieducativa della pena, nonche' del principio, anche convenzionale, di proporzionalita' - Non fondatezza delle questioni. Reati e pene - Cause di esclusione della punibilita' - Particolare tenuita' del fatto - Possibile applicazione al caso di resistenza a un pubblico ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni - Esclusione - Disposizione introdotta in sede di conversione di decreto-legge - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza, di uguaglianza, della finalita' rieducativa della pena e dei presupposti della decretazione d'urgenza - Non fondatezza delle questioni. - Codice penale, art. 131-bis, secondo comma, ultimo periodo, come modificato dall'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77. - Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, 27, primo e terzo comma, 77, secondo comma, e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, art. 49.
(GU n.10 del 10-3-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 131-bis,
secondo comma, del codice penale, come modificato dall'art. 16, comma
1, lettera b), del decreto-legge 14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni
urgenti in materia di ordine e sicurezza pubblica), convertito, con
modificazioni, nella legge 8 agosto 2019, n. 77, e dello stesso art.
16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 53 del 2019, come convertito,
promossi dal Tribunale ordinario di Torino, in composizione
monocratica, con ordinanza del 5 febbraio 2020 e dal Tribunale
ordinario di Torre Annunziata, in composizione monocratica, con
ordinanza del 16 giugno 2020, iscritte, rispettivamente, ai numeri 89
e 131 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, numeri 29 e 40, prima serie speciale,
dell'anno 2020.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 febbraio 2021 il Giudice
relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 10 febbraio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 5 febbraio 2020, iscritta al n. 89 del reg.
ord. 2020, il Tribunale ordinario di Torino, in composizione
monocratica, ha sollevato questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 131-bis, secondo comma, del codice penale, come modificato
dall'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge 14 giugno 2019,
n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e sicurezza
pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 2019,
n. 77.
Ad avviso del giudice a quo, il secondo comma dell'art. 131-bis
cod. pen., come modificato, nella parte in cui stabilisce che
l'offesa non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', agli
effetti dell'applicazione della causa di non punibilita' prevista dal
primo comma, nei casi di cui all'art. 337 cod. pen., «quando il reato
e' commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio
delle proprie funzioni», violerebbe gli artt. 3, 27, terzo comma, e
117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione
all'art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e
adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, poiche' l'astratta
esclusione dell'esimente, collegata unicamente al titolo del reato,
sarebbe «in contrasto con il principio di uguaglianza, irragionevole
e contraria al principio di proporzionalita' che deve informare le
risposte sanzionatorie».
1.1.- Il rimettente espone di dover giudicare sull'imputazione di
resistenza a pubblico ufficiale ascritta a J. L., cittadino cinese,
per avere questi, in stato di ebbrezza, usato violenza, con calci,
ginocchiate e una testata, nei confronti di due carabinieri, al fine
di opporsi a un atto del loro ufficio, segnatamente
all'identificazione del medesimo J. L., cui era stato prestato
soccorso dal personale sanitario intervenuto su richiesta degli
stessi militari.
Il giudice a quo ritiene che la concreta offensivita' del fatto
sia di particolare tenuita', per «la valutazione complessiva delle
condotte dell'imputato, del modesto turbamento derivato al regolare
funzionamento della pubblica amministrazione, l'assenza di
conseguenze lesive per gli operatori di polizia, la considerazione
del modesto livello di colpevolezza», tenuto anche conto che J. L.,
persona incensurata, ebbe ad agire in un grave e occasionale stato
d'animo, per avere appreso dell'imminente morte del padre, lontano in
Cina.
1.2.- Secondo il Tribunale di Torino, il divieto di qualificare
come particolarmente tenue l'offesa recata da qualunque condotta di
resistenza a pubblico ufficiale sarebbe irragionevole, perche', al
contrario delle altre preclusioni normative dell'esimente di tenuita'
(motivi abietti o futili, crudelta', sevizie, profittamento di
minorata difesa, morte o lesioni gravissime quali conseguenze non
volute), l'esclusione non e' qui determinata da particolari
connotazioni del fatto, ma soltanto dal titolo del reato; cio'
peraltro in modo distonico rispetto ad altre fattispecie delittuose,
le quali, pur offensive dei medesimi beni giuridici, restano soggette
all'applicazione della causa di non punibilita', come il rifiuto di
atti d'ufficio, l'abuso d'ufficio e le lesioni cagionate a ufficiali
e agenti di polizia giudiziaria o pubblica sicurezza nell'adempimento
delle funzioni o del servizio.
Dai lavori parlamentari di conversione del d.l. n. 53 del 2019,
nel corso dei quali e' stata introdotta la censurata preclusione
dell'esimente, non emergerebbe una precisa ratio della preclusione
stessa, ma questa vi apparirebbe soltanto come il riflesso di una
«visione sacrale dei rapporti tra cittadino e autorita'», del tutto
inidonea a giustificare la risposta penale in termini di
proporzionalita', cosi' come richiesto dagli artt. 3, 27, terzo
comma, e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art.
49, paragrafo 3, CDFUE.
1.3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non
fondate.
L'inammissibilita' deriverebbe dalla circostanza che il
rimettente non abbia chiarito le ragioni specifiche in base alle
quali sarebbe impedito al legislatore di selezionare le ipotesi di
applicazione dell'esimente di tenuita' in rapporto al titolo del
reato.
Le questioni sarebbero comunque infondate, poiche', esclusa ogni
valenza comparativa dei tertia eterogenei elencati dal rimettente,
apparterrebbe alla discrezionalita' del legislatore configurare i
limiti di applicazione della causa di non punibilita', qui
ragionevolmente preclusa dalla gravita' di un titolo di reato
ostativo al regolare adempimento dei compiti della pubblica
amministrazione, e pertanto caratterizzato da un minimo edittale non
particolarmente lieve (sei mesi di reclusione) e da un massimo
coincidente col limite generale di applicazione dell'esimente di
tenuita' (cinque anni di reclusione).
2.- Con ordinanza del 16 giugno 2020, iscritta al n. 131 del reg.
ord. 2020, il Tribunale ordinario di Torre Annunziata, in
composizione monocratica, ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 53 del
2019, come convertito, nella parte in cui, modificando l'art.
131-bis, secondo comma, cod. pen., ha previsto che l'offesa non possa
essere ritenuta di particolare tenuita' nei casi di cui all'art. 337
cod. pen., «quando il reato e' commesso nei confronti di un pubblico
ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni».
Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata violerebbe gli
artt. 3, 25, secondo comma, 27, primo e terzo comma, e 77, secondo
comma, Cost., quest'ultimo per l'estraneita' contenutistica della
norma stessa rispetto al decreto-legge ove e' inserita, gli altri per
contrarieta' ai principi di ragionevolezza, proporzionalita' e
finalismo rieducativo della pena.
2.1.- Il rimettente espone di dover giudicare sull'imputazione di
resistenza a pubblico ufficiale ascritta a B.V. F., per avere questi
minacciato e strattonato gli agenti di polizia giudiziaria
intervenuti dopo una lite tra lui e altra persona, cosi' opponendosi
al compimento degli accertamenti sull'accaduto.
Il giudice a quo ritiene che la concreta offensivita' del reato
sia di particolare tenuita', trattandosi di fatto occasionale e
connotato da una «carica intimidatoria particolarmente esigua»,
giacche' determinato principalmente dallo stato di agitazione indotto
da un pregresso alterco con terzi.
2.2.- Secondo il Tribunale di Torre Annunziata, la disposizione
censurata, introdotta in sede di conversione del d.l. n. 53 del 2019,
violerebbe l'art. 77, secondo comma, Cost., poiche' «non e' omogenea,
quanto ad oggetto e finalita', rispetto al contenuto originario del
decreto-legge nel cui corpo e' stata inserita», cosi' evidenziandosi
che «la sua introduzione non era legata ad alcuna specifica
contingenza storica e sociale tale da richiedere un urgente
intervento normativo».
La disposizione violerebbe anche gli artt. 3, 25, secondo comma,
e 27, primo e terzo comma, Cost., poiche', avendo riguardo al titolo
del reato e non alla specificita' del fatto, a differenza delle altre
preclusioni normative dell'esimente, determinerebbe un «automatismo
sanzionatorio» per «presunzione assoluta di non particolare
tenuita'»; la soggezione alla medesima causa di non punibilita' di
fattispecie delittuose con analogo oggetto, come l'interruzione di
pubblico servizio e l'oltraggio a magistrato in udienza,
testimonierebbe la valenza «simbolica» della norma censurata, e lo
scadimento in una «strumentalizzazione del singolo per finalita' di
politica criminale».
2.3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale, che ha
chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non fondate.
Richiamati gli argomenti spesi nell'atto di intervento relativo
al giudizio iscritto nel reg. ord. n. 89 del 2020, l'Avvocatura
aggiunge che la previsione di inapplicabilita' dell'esimente di
tenuita' in caso di resistenza a pubblico ufficiale e' coerente con
l'oggetto del d.l. n. 53 del 2019, come convertito, cioe' con la
materia dell'ordine e della sicurezza pubblica; essendo il fatto di
particolare tenuita' pur sempre un fatto offensivo, la norma
troverebbe giustificazione «nella particolare tutela che il
legislatore ha inteso apprestare al diritto-dovere della pubblica
amministrazione di non subire intralci nell'assolvimento dei suoi
compiti».
L'interveniente assume inoltre che una parte delle sollevate
censure sia stata superata dall'ultima modifica della norma, in
quanto l'art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre 2020, n. 130
(Disposizioni urgenti in materia di immigrazione, protezione
internazionale e complementare, modifiche agli articoli 131-bis,
391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonche' misure in materia
di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di pubblico
trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e di
disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private
della liberta' personale), convertito, con modificazioni, nella legge
18 dicembre 2020, n. 173, per un verso, ha limitato l'esclusione
dell'esimente di tenuita' alla resistenza nei confronti - non di
qualunque pubblico ufficiale, bensi' soltanto - dell'ufficiale o
agente di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria nell'esercizio
delle proprie funzioni, e, per l'altro, ha previsto l'esclusione
medesima anche nell'ipotesi di cui all'art. 343 cod. pen., cioe'
nell'ipotesi di oltraggio a magistrato in udienza.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Torino, in composizione monocratica
(reg. ord. n. 89 del 2020), ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 131-bis, secondo comma, del codice penale,
come modificato dall'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge
14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e
sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8
agosto 2019, n. 77, nella parte in cui stabilisce che l'offesa non
puo' essere ritenuta di particolare tenuita', agli effetti
dell'applicazione della causa di non punibilita' prevista dal primo
comma del medesimo art. 131-bis, nei casi di cui all'art. 337 cod.
pen., «quando il reato e' commesso nei confronti di un pubblico
ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni».
2.- Il Tribunale ordinario di Torre Annunziata, in composizione
monocratica (reg. ord. n. 131 del 2020), ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), del
d.l. n. 53 del 2019, come convertito, nella parte in cui, modificando
l'art. 131-bis, secondo comma, cod. pen., ha stabilito che l'offesa
non puo' essere ritenuta di particolare tenuita', agli effetti
dell'applicazione della causa di non punibilita' prevista dal primo
comma del medesimo art. 131-bis, nei casi di cui all'art. 337 cod.
pen., «quando il reato e' commesso nei confronti di un pubblico
ufficiale nell'esercizio delle proprie funzioni».
3.- Entrambi i giudici a quibus sospettano che la preclusione
dell'esimente di particolare tenuita' per il reato di resistenza a
pubblico ufficiale, in quanto collegata unicamente al titolo del
reato e non alle concrete modalita' del fatto, sia irragionevole e
possa determinare l'inflizione di una pena ingiustificata.
In tal senso, il Tribunale di Torino evoca i parametri di cui
agli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 49, paragrafo 3,
della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12
dicembre 2007, e il Tribunale di Torre Annunziata i parametri di cui
agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo comma, Cost.
3.1.- Il secondo rimettente denuncia anche la violazione
dell'art. 77, secondo comma, Cost., poiche' assume che la
disposizione censurata, introdotta in sede di conversione del d.l. n.
53 del 2019, non sia omogenea rispetto al contenuto originario e alla
finalita' complessiva del decreto-legge all'interno del quale e'
stata inserita.
4.- I giudizi vanno riuniti e decisi con unica sentenza, non
soltanto per l'ampia coincidenza delle questioni e dei parametri, ma
anche perche' nel giudizio di cui al reg. ord. n. 131 del 2020 viene
sollevata una questione potenzialmente assorbente, qual e' la
denuncia di violazione dell'art. 77, secondo comma, Cost.
Infatti, riguardando lo stesso corretto esercizio della funzione
legislativa, tale questione, ove risultasse fondata, eliderebbe in
radice la norma censurata, determinando l'assorbimento delle
ulteriori questioni, riferite ad altri parametri costituzionali (ex
plurimis, sentenze n. 186 del 2020, n. 288 del 2019, n. 169 del 2017
e n. 154 del 2015).
4.1.- Ancora in via preliminare, deve constatarsi che la
sopravvenienza dell'art. 7, comma 1, del decreto-legge 21 ottobre
2020, n. 130 (Disposizioni urgenti in materia di immigrazione,
protezione internazionale e complementare, modifiche agli articoli
131-bis, 391-bis, 391-ter e 588 del codice penale, nonche' misure in
materia di divieto di accesso agli esercizi pubblici ed ai locali di
pubblico trattenimento, di contrasto all'utilizzo distorto del web e
di disciplina del Garante nazionale dei diritti delle persone private
della liberta' personale), convertito, con modificazioni, nella legge
18 dicembre 2020, n. 173, non impone la restituzione degli atti ai
rimettenti.
Per giurisprudenza costante, non ogni nuova disposizione che
modifichi, integri o comunque incida su quella oggetto del giudizio
di costituzionalita' richiede una nuova valutazione del giudice a quo
circa la perdurante sussistenza dei presupposti di rilevanza e non
manifesta infondatezza della questione, ben potendo questa Corte
ritenere essa stessa che la nuova disposizione non alteri la norma
quanto alla parte oggetto della censura, oppure che la modifichi in
aspetti marginali o in misura non significativa, sicche' permangano
attuali le valutazioni del rimettente sulla rilevanza e non manifesta
infondatezza della questione di legittimita' costituzionale (sentenza
n. 125 del 2018; ordinanza n. 185 del 2020); non impone quindi la
restituzione degli atti lo jus superveniens che incida solo
parzialmente sulla norma della cui costituzionalita' si dubita, senza
mutare i termini della questione, per come e' stata posta dal giudice
a quo (sentenza n. 203 del 2016).
Avendo limitato l'esclusione della causa di non punibilita' per
particolare tenuita' del fatto alla resistenza nei confronti dei soli
ufficiali e agenti di pubblica sicurezza o polizia giudiziaria
(anziche' di ogni pubblico ufficiale), l'art. 7, comma 1, del d.l. n.
130 del 2020, come convertito, non ha mutato i termini delle
questioni sollevate dai giudici a quibus, in quanto, per cio' che si
evince dalle ordinanze di rimessione, le condotte di resistenza
oggetto dei capi di imputazione sottoposti al loro giudizio sono
state tenute, per l'appunto, in danno di agenti di pubblica sicurezza
o polizia giudiziaria, per opporsi all'attivita' da questi intrapresa
a fini di identificazione delle persone e accertamento dei fatti.
4.2.- Non e' fondata l'eccezione di inammissibilita' formulata
dal Presidente del Consiglio dei ministri sull'assunto che i
rimettenti non avrebbero specificato le ragioni per le quali sarebbe
vietato al legislatore limitare l'applicazione dell'esimente di
tenuita' in rapporto al titolo del reato.
Quale causa di inammissibilita' della questione incidentale, il
difetto di motivazione sulla non manifesta infondatezza e' la carenza
di un'adeguata e autonoma illustrazione delle ragioni per le quali la
norma censurata integrerebbe una violazione del parametro
costituzionale evocato (ex plurimis, sentenze n. 54 del 2020, n. 33
del 2019 e n. 240 del 2017).
I rimettenti hanno invece diffusamente motivato la loro
valutazione di non manifesta infondatezza delle questioni,
illustrando ampiamente la tesi secondo la quale l'esclusione della
causa di non punibilita' rapportata al solo titolo di reato ex art.
337 cod. pen. produrrebbe ingiustificate disparita' di trattamento e
osterebbe alla proporzionalita' della risposta penale.
4.3.- Inammissibile deve essere dichiarata unicamente la
questione sollevata dal Tribunale di Torino in relazione all'art. 49,
paragrafo 3, CDFUE, quale parametro interposto rispetto all'art. 117,
primo comma, Cost.
Per giurisprudenza costante di questa Corte, la CDFUE puo' essere
invocata, quale parametro interposto in un giudizio di legittimita'
costituzionale, soltanto quando la fattispecie oggetto di
legislazione interna sia disciplinata dal diritto europeo (ex
plurimis, sentenze n. 278 e n. 254 del 2020, n. 194 del 2018 e n. 63
del 2016).
Il Tribunale non ha fornito alcuna motivazione in proposito,
risultando invece che esso e' chiamato a pronunciarsi in ordine al
reato di resistenza a pubblico ufficiale, il quale, all'evidenza, non
attiene all'ambito di attuazione del diritto dell'Unione europea.
5.- Nel merito, le ulteriori questioni non sono fondate, in
riferimento ad alcuno dei parametri evocati.
5.1.- La questione sollevata dal Tribunale di Torre Annunziata in
riferimento all'art. 77 Cost. postula che la disposizione censurata
«non [sia] omogenea, quanto ad oggetto e finalita', rispetto al
contenuto originario del decreto-legge nel cui corpo e' stata
inserita».
Ad avviso del giudice a quo, l'esclusione dell'esimente di
tenuita' per il reato di resistenza a pubblico ufficiale «non era
legata ad alcuna specifica contingenza storica e sociale tale da
richiedere un urgente intervento normativo», e quindi la sua
introduzione in sede di conversione del d.l. n. 53 del 2019 sarebbe
viziata da eterogeneita' funzionale.
5.1.1.- Per giurisprudenza costante, la legge di conversione
rappresenta una legge funzionalizzata e specializzata, che non puo'
aprirsi ad oggetti eterogenei rispetto a quelli originariamente
contenuti nell'atto con forza di legge, e tuttavia un difetto di
omogeneita', rilevante come violazione dell'art. 77, secondo comma,
Cost., si determina solo quando la disposizione aggiunta in sede di
conversione sia totalmente «estranea», o addirittura «intrusa», cioe'
tale da interrompere ogni nesso di correlazione tra il decreto-legge
e la legge di conversione (ex plurimis, sentenze n. 115 del 2020, n.
247, n. 226 e n. 181 del 2019, n. 169 del 2017, n. 145 del 2015 e n.
251 del 2014; ordinanze n. 204 e n. 93 del 2020).
La coerenza delle disposizioni aggiunte in sede di conversione
rispetto alla disciplina originaria del decreto-legge puo' essere
valutata sia dal punto di vista oggettivo e materiale, sia dal punto
di vista funzionale e finalistico (ex plurimis, sentenze n. 247, n.
226 e n. 181 del 2019; ordinanze n. 204 e n. 93 del 2020).
Per i decreti-legge a contenuto plurimo, eterogeneo ab origine,
occorre considerare specificamente il profilo teleologico, cioe'
l'osservanza della ratio dominante che li ispira (ex plurimis,
sentenze n. 115 del 2020, n. 154 del 2015 e n. 32 del 2014; ordinanza
n. 34 del 2013).
5.1.2.- Sotto il titolo «Disposizioni urgenti in materia di
ordine e sicurezza pubblica», il d.l. n. 53 del 2019 evidenzia un
oggetto piuttosto eterogeneo, che spazia dal contrasto
all'immigrazione illegale (Capo I) al potenziamento dell'efficacia
dell'azione amministrativa a supporto delle politiche di sicurezza
(Capo II), fino al contrasto alla violenza occasionata da eventi
sportivi (Capo III).
Tuttavia, la ratio dominante dell'atto urgente e' chiaramente
orientata - come si evince dalle finalita' esplicitate nella sua
premessa - verso l'obiettivo di «garantire piu' efficaci livelli di
tutela della sicurezza pubblica», «rafforzare le norme a garanzia del
regolare e pacifico svolgimento di manifestazioni in luogo pubblico e
aperto al pubblico», tutto cio' «nel piu' ampio quadro delle
attivita' di prevenzione dei rischi per l'ordine e l'incolumita'
pubblica».
In quanto finalizzata ad assicurare una maggiore tutela ai
pubblici ufficiali quali tramite necessario dell'agire della pubblica
amministrazione, l'addizione operata dalla legge di conversione, che
ha escluso l'applicazione dell'esimente di tenuita' nell'ipotesi di
resistenza a pubblico ufficiale, non puo' dirsi pertanto «estranea»,
ne' tantomeno «intrusa», rispetto alla materia della pubblica
sicurezza, di cui variamente si occupa il d.l. n. 53 del 2019, ne'
rispetto alla sua prevalente ratio ispiratrice.
Reso piu' nitido dalla delimitazione soggettiva operata dall'art.
7, comma 1, del d.l. n. 130 del 2020, come convertito, nel suo
specifico riferimento ai pubblici ufficiali che esercitano funzioni
di pubblica sicurezza o polizia giudiziaria, il legame teleologico
tra l'esclusione della causa di non punibilita' e la ratio di piu'
incisiva salvaguardia dell'azione pubblica non puo' dirsi
insussistente con riguardo alla disposizione introdotta dalla legge
n. 77 del 2019 in sede di conversione del d.l. n. 53 del 2019.
5.2.- Non sono fondate neppure le questioni sollevate da entrambi
i rimettenti sulla base dei principi di ragionevolezza,
proporzionalita' e finalismo rieducativo della pena, segnatamente in
riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost. (reg. ord. n. 89
del 2020) e agli artt. 3, 25, secondo comma, e 27, primo e terzo
comma, Cost. (reg. ord. n. 131 del 2020).
Ad avviso dei giudici a quibus, il divieto di qualificare come
particolarmente tenue l'offesa recata da qualunque condotta di
resistenza a pubblico ufficiale sarebbe irragionevole, perche', al
contrario delle altre preclusioni normative dell'esimente di
tenuita', l'esclusione non sarebbe qui determinata da particolari
connotazioni del fatto, ma soltanto dal titolo del reato.
Fondata unicamente su una «visione sacrale dei rapporti tra
cittadino e autorita'», l'aprioristica esclusione dell'esimente di
tenuita' per il reato di resistenza a pubblico ufficiale potrebbe
determinare l'irrogazione di una sanzione non giustificata dalla
concreta offensivita' del fatto, e quindi inutilmente afflittiva,
oltre a ingenerare disparita' di trattamento per titoli di reato
omogenei.
5.2.1.- Inserito dall'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 16
marzo 2015, n. 28, recante «Disposizioni in materia di non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto, a norma dell'articolo
1, comma 1, lettera m), della legge 28 aprile 2014, n. 67», l'art.
131-bis cod. pen. ha previsto «una generale causa di esclusione della
punibilita' che si raccorda con l'altrettanto generale presupposto
dell'offensivita' della condotta, requisito indispensabile per la
sanzionabilita' penale di qualsiasi condotta in violazione di legge»
(sentenza n. 120 del 2019).
Esso fissa una «soglia massima di gravita'», correlata a una pena
edittale non superiore nel massimo a cinque anni di reclusione, e
quindi, per i titoli di reato che non eccedono tale soglia,
stabilisce una «linea di demarcazione trasversale», che esclude la
punibilita' delle condotte aventi «in concreto» un tasso di
offensivita' marcatamente ridotto (ancora, sentenza n. 120 del 2019).
Infatti, il primo comma dell'art. 131-bis cod. pen. dispone che
«[n]ei reati per i quali e' prevista la pena detentiva non superiore
nel massimo a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o
congiunta alla predetta pena, la punibilita' e' esclusa quando, per
le modalita' della condotta e per l'esiguita' del danno o del
pericolo, valutate ai sensi dell'articolo 133, primo comma, l'offesa
e' di particolare tenuita' e il comportamento risulta non abituale».
Il limite applicativo correlato al massimo edittale deve essere ora
inteso alla luce della sentenza n. 156 del 2020, che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 131-bis cod. pen. «nella
parte in cui non consente l'applicazione della causa di non
punibilita' per particolare tenuita' del fatto ai reati per i quali
non e' previsto un minimo edittale di pena detentiva».
Nel testo originario, il secondo comma dell'art. 131-bis cod.
pen. conteneva un solo periodo, a tenore del quale «[l]'offesa non
puo' essere ritenuta di particolare tenuita', ai sensi del primo
comma, quando l'autore ha agito per motivi abietti o futili, o con
crudelta', anche in danno di animali, o ha adoperato sevizie o,
ancora, ha profittato delle condizioni di minorata difesa della
vittima, anche in riferimento all'eta' della stessa ovvero quando la
condotta ha cagionato o da essa sono derivate, quali conseguenze non
volute, la morte o le lesioni gravissime di una persona».
L'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 53 del 2019, nella
formulazione originaria, ha aggiunto un ulteriore periodo
(«[l]'offesa non puo' altresi' essere ritenuta di particolare
tenuita' quando si procede per delitti, puniti con una pena superiore
nel massimo a due anni e sei mesi di reclusione, commessi in
occasione o a causa di manifestazioni sportive»), che tuttavia e'
stato integrato dalla legge di conversione con l'addizione «ovvero
nei casi di cui agli articoli 336, 337 e 341-bis, quando il reato e'
commesso nei confronti di un pubblico ufficiale nell'esercizio delle
proprie funzioni».
Da ultimo, l'art. 7, comma 1, del d.l. n. 130 del 2020, come
convertito, ha stabilito che nel secondo periodo del secondo comma
dell'art. 131-bis cod. pen. le parole «di un pubblico ufficiale
nell'esercizio delle proprie funzioni» sono sostituite da quelle «di
un ufficiale o agente di pubblica sicurezza o di un ufficiale o
agente di polizia giudiziaria nell'esercizio delle proprie funzioni,
e nell'ipotesi di cui all'articolo 343».
5.2.2.- Per giurisprudenza costante, le cause di non punibilita'
costituiscono altrettante deroghe a norme penali generali, sicche' la
loro estensione comporta strutturalmente un giudizio di ponderazione
a soluzione aperta tra ragioni diverse e confliggenti, in primo luogo
quelle che sorreggono da un lato la norma generale e dall'altro la
norma derogatoria, giudizio che appartiene primariamente al
legislatore (sentenze n. 156 del 2020, n. 140 del 2009 e n. 8 del
1996).
Da tale premessa discende che le scelte del legislatore relative
all'ampiezza applicativa della causa di non punibilita' di cui
all'art. 131-bis cod. pen. sono sindacabili soltanto per
irragionevolezza manifesta (sentenze n. 156 del 2020 e n. 207 del
2017).
Del resto, il fatto particolarmente lieve cui si riferisce l'art.
131-bis cod. pen. e' pur sempre un fatto offensivo, costituente
reato, che il legislatore sceglie di non punire per riaffermare la
natura di extrema ratio della sanzione penale e deflazionare il
carico della giurisdizione (sentenza n. 156 del 2020; ordinanza n.
279 del 2017).
5.2.3.- La scelta legislativa di escludere dal campo di
applicazione dell'esimente di tenuita' il reato di resistenza a
pubblico ufficiale non e' manifestamente irragionevole, poiche'
viceversa corrisponde all'individuazione discrezionale di un bene
giuridico complesso, ritenuto meritevole di speciale protezione.
Gia' dopo la sentenza n. 341 del 1994, con la quale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 341 cod. pen. laddove
prevedeva il minimo edittale di sei mesi di reclusione per il reato
di oltraggio in riflesso di una «concezione autoritaria e sacrale dei
rapporti tra pubblici ufficiali e cittadini», questa Corte ha avuto
modo di evidenziare come l'elemento costitutivo della violenza o
minaccia finalizzata ad alterare il regolare funzionamento
dell'attivita' della pubblica amministrazione impediva di estendere
tale ratio decidendi sia al reato di violenza o minaccia a un
pubblico ufficiale di cui all'art. 336 cod. pen. (sentenza n. 314 del
1995), sia a quello di resistenza a pubblico ufficiale di cui
all'art. 337 cod. pen. (ordinanza n. 425 del 1996).
Successivamente, anche per il "nuovo" reato di oltraggio di cui
all'art. 341-bis cod. pen., questa Corte ha messo in luce una
dimensione offensiva ormai piu' ampia di quella della fattispecie
codicistica originaria, in quanto l'introduzione di un requisito di
stretta contestualita' tra la condotta del reo e il compimento di uno
specifico atto funzionale (requisito espresso dalla locuzione «mentre
compie un atto d'ufficio») ha configurato un «delitto offensivo anche
del buon andamento della pubblica amministrazione, sub specie di
concreto svolgimento della (legittima) attivita' del pubblico
ufficiale, non diversamente da quanto accade - per l'appunto - per il
delitto di cui all'art. 337 cod. pen.» (sentenza n. 284 del 2019).
L'esclusione del titolo di reato di cui all'art. 337 cod. pen.
dalla sfera applicativa dell'esimente di tenuita' corrisponde quindi
- secondo un apprezzamento discrezionale non manifestamente
irragionevole - alla peculiare complessita' del bene giuridico
protetto dalla norma incriminatrice, peraltro rimarcata anche dalle
sezioni unite della Corte di cassazione, laddove hanno osservato che
il normale funzionamento della pubblica amministrazione tutelato
dall'art. 337 cod. pen. va inteso «in senso ampio», poiche' include
anche «la sicurezza e la liberta' di determinazione» delle persone
fisiche che esercitano le pubbliche funzioni (sentenza 22 febbraio-24
settembre 2018, n. 40981).
In presenza di un fatto-reato intrinsecamente offensivo di un
bene giuridico di tale complessita', l'opzione legislativa di
escludere la valutazione giudiziale di particolare tenuita'
dell'offesa - oltre che non manifestamente irragionevole - non e'
neppure contrastante con i principi di proporzionalita' e finalismo
rieducativo della pena, considerato altresi' che i criteri di cui
all'art. 133, primo comma, cod. pen., richiamati dall'art. 131-bis,
primo comma, cod. pen., seppure non rilevano agli effetti
dell'applicazione della causa di non punibilita', mantengono tuttavia
la loro ordinaria funzione di dosimetria sanzionatoria, unitamente a
quelli di cui al secondo comma del medesimo art. 133.
5.2.4.- Non e' pertinente il richiamo del Tribunale di Torre
Annunziata alla giurisprudenza di questa Corte sulle presunzioni
assolute in materia penale, segnatamente concernenti l'adeguatezza
cautelare della sola custodia in carcere.
Tali presunzioni si fondano su un'illazione legislativa, la cui
rispondenza all'id quod plerumque accidit costituisce un limite
intrinseco di ragionevolezza, l'osservanza del quale deve essere
verificata in termini di congruita' della «base empirico-fattuale»
(da ultimo, sentenza n. 191 del 2020).
Nel caso in scrutinio, viceversa, il legislatore non ha compiuto
un'operazione logica di tipo presuntivo, che possa vagliarsi secondo
un parametro di regolarita' fattuale, ma, nell'esercizio della sua
discrezionalita' in materia di politica criminale, ha identificato un
bene giuridico di speciale pregnanza, cui ha ritenuto di assegnare
una protezione rafforzata.
5.2.5.- I tertia addotti dai rimettenti nella prospettiva
dell'art. 3 Cost. risultano sprovvisti dell'omogeneita' necessaria a
impostare il giudizio comparativo.
Cosi', non e' pertinente che l'esimente di tenuita' resti
applicabile all'abuso d'ufficio ex art. 323 cod. pen., al rifiuto di
atti d'ufficio ex art. 328 cod. pen. e all'interruzione di pubblico
servizio ex art. 340 cod. pen., poiche' queste fattispecie
delittuose, per quanto incidano anch'esse sul regolare funzionamento
della pubblica amministrazione, non vedono tuttavia direttamente
coinvolta la sicurezza e la liberta' della persona fisica esercente
la funzione pubblica, intesa quale soggetto passivo del reato.
Tale coinvolgimento personale ricorre nella fattispecie aggravata
ex artt. 576, primo comma, numero 5-bis), 582 e 585 cod. pen., la
quale pero', ove la condotta causativa delle lesioni sia
teleologicamente collegata a una resistenza nei confronti del
pubblico ufficiale, e sia quindi diretta a intralciare il regolare
funzionamento della pubblica amministrazione, ricade senz'altro
nell'esclusione dell'esimente di tenuita' prevista per il titolo di
reato di cui all'art. 337 cod. pen.
Infine, quanto all'oltraggio a magistrato in udienza ex art. 343
cod. pen., la sua mancata previsione fra i titoli di reato eccettuati
dall'applicazione della causa di non punibilita' - omissione che
peraltro avrebbe potuto denunciare un'irragionevole disparita' di
trattamento rispetto all'oltraggio generico e non anche rispetto ai
piu' gravi reati con base violenta di cui agli artt. 336 e 337 cod.
pen. - e' stata colmata dall'art. 7, comma 1, del d.l. n. 130 del
2020, come convertito.
6.- Per quanto esposto, in disparte quella giudicata
inammissibile, le questioni devono essere dichiarate non fondate, in
riferimento a tutti i parametri evocati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 131-bis, secondo comma, del codice penale,
come modificato dall'art. 16, comma 1, lettera b), del decreto-legge
14 giugno 2019, n. 53 (Disposizioni urgenti in materia di ordine e
sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 8
agosto 2019, n. 77, sollevata dal Tribunale ordinario di Torino, in
composizione monocratica, in riferimento all'art. 117, primo comma,
della Costituzione, in relazione all'art. 49, paragrafo 3, della
Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12
dicembre 2007, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 131-bis, secondo comma, cod. pen., come
modificato dall'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 53 del
2019, come convertito, sollevate dal Tribunale ordinario di Torino,
in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, Cost., con l'ordinanza
indicata in epigrafe;
3) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 53 del
2019, come convertito, sollevate dal Tribunale ordinario di Torre
Annunziata, in composizione monocratica, in riferimento agli artt. 3,
25, secondo comma, 27, primo e terzo comma, e 77, secondo comma,
Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 febbraio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 5 marzo 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
