CORTE COSTITUZIONALE 25 febbraio – 13 aprile 2021 SENTENZA N. 63
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Assistenza e solidarieta' sociale - Indennita' per infortuni sul lavoro e malattie professionali - Determinazione del danno biologico - Malattia professionale aggravata da menomazioni preesistenti al nuovo regime valutativo, per le quali l'assicurato gia' percepiva un indennizzo - Considerazione dell'integrita' psicofisica completa, anziche' di quella ridotta per effetto delle preesistenze - Irragionevolezza, violazione dei principi di uguaglianza e di solidarieta' sociale - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, comma 6, secondo periodo. - Costituzione, artt. 3 e 38.
(GU n.15 del 14-4-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 13, comma
6, secondo e terzo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000,
n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55,
comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), promosso dalla Corte
d'appello di Cagliari, sezione civile, in funzione di giudice del
lavoro, nel procedimento vertente tra l'Istituto nazionale per
l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e A. M. quale
erede di G. P., con ordinanza del 26 maggio 2020, iscritta al n. 130
del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visto l'atto di costituzione dell'INAIL, nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udita nell'udienza pubblica del 10 febbraio 2021 la Giudice
relatrice Emanuela Navarretta;
uditi l'avvocata Luciana Romeo per l'INAIL, in collegamento da
remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte
del 30 ottobre 2020, e l'avvocato dello Stato Alfonso Peluso per il
Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 25 febbraio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza depositata il 26 maggio 2020 ed iscritta al r.
o. n. 130 del 2020, la Corte d'appello di Cagliari, sezione civile,
in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3 e 38 della Costituzione, questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del
decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia
di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della legge 17
maggio 1999, n. 144), «nella parte in cui portano ad una duplicazione
totale o parziale dell'indennizzo, a differenza delle fattispecie
disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma».
2.- Il giudice rimettente riferisce di dover decidere
sull'appello proposto contro la sentenza del Tribunale ordinario di
Cagliari, in funzione di giudice del lavoro, del 7 aprile 2017, n.
590.
2.1- Nel procedimento di primo grado, il giudice era stato
chiamato a determinare, in base alle norme censurate nel presente
giudizio, l'indennizzo INAIL per il danno biologico cagionato da una
asbestosi, concorrente con una pregressa tecnopatia (nello specifico
una broncopneumopatia), per la quale l'assicurato (G. P.) aveva gia'
maturato, in base al precedente regime normativo (il decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, recante «Testo
unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli
infortuni sul lavoro e le malattie professionali»), una rendita INAIL
liquidata nell'85 per cento dell'inabilita' lavorativa.
Il giudice di primo grado liquidava la rendita per il danno
biologico da asbestosi, aderendo alle conclusioni del consulente
tecnico d'ufficio, che riteneva di non dover scindere tale danno da
quello provocato dalla broncopneumopatia; di conseguenza, il giudice
liquidava il danno biologico, in base al secondo periodo del comma 6
dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000, nella percentuale complessiva
del 75 per cento, derivante dalla stima congiunta degli effetti
dell'asbestosi e della broncopneumopatia. Al contempo, poiche' il
terzo periodo del medesimo comma 6 dispone che l'assicurato continui
a percepire la rendita corrisposta per la precedente patologia (nel
caso di specie, per un'inabilita' lavorativa dell'85 per cento
provocata dalla broncopneumopatia), il giudice di primo grado, al
fine di evitare duplicazioni, disponeva la detrazione dai ratei della
nuova prestazione di quelli percepiti per la rendita gia' in
godimento, cosi' aderendo ad un orientamento in precedenza accolto
dalla stessa Corte d'appello.
2.2.- Avverso la sentenza di primo grado, l'Istituto nazionale
per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) proponeva
appello, contestando la valutazione cumulativa degli effetti
dell'asbestosi con quelli della malattia verificatasi sotto il
precedente regime normativo e gia' indennizzata in base al d.P.R. n.
1124 del 1965. Adduceva, pertanto, che dall'eventuale totale degli
effetti pregiudizievoli stimati in danno biologico dovesse
scorporarsi quello conseguente alla patologia ascrivibile ratione
temporis al t.u. infortuni, onde valutare il mero danno riconducibile
alla tecnopatia verificatasi sotto il nuovo sistema normativo
(l'asbestosi, la cui autonoma stima veniva quantificata nel 7 per
cento di danno biologico); e questo veniva giustificato con la
necessita' di rispettare la separazione fra i due sistemi normativi,
attuata dal legislatore, e con l'esigenza di evitare duplicazioni.
2.3.- Il lavoratore appellato, al quale e' poi subentrato l'erede
A. M., contestava la pretesa della controparte e proponeva appello
incidentale, chiedendo la riforma della sentenza di primo grado nella
parte in cui aveva disposto la detrazione dai ratei della nuova
prestazione di quelli percepiti per la precedente.
3.- Il giudice a quo, nel doversi pronunciare sul significato da
attribuire all'art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del d.lgs.
n. 38 del 2000, ha ritenuto di non potersi distaccare
dall'interpretazione sostenuta dalla Corte di cassazione in due
sentenze (sezione lavoro, 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018, n.
6048), che avevano riformato precedenti giudizi formulati proprio
dalla Corte d'appello di Cagliari. Secondo la Suprema Corte, «qualora
il lavoratore goda di una rendita per una malattia professionale
denunciata prima dell'entrata in vigore della disciplina dettata dal
decreto legislativo 38/2000 (ovvero prima del 25 luglio del 2000) e
successivamente venga colpito da una nuova malattia professionale
(non importa se concorrente o coesistente) il grado di menomazione
conseguente alla nuova malattia professionale deve essere valutato
senza tenere conto delle preesistenti menomazioni» e senza, dunque,
effettuare lo scorporo che consentirebbe di stimare i soli effetti
derivanti dalla patologia concorrente verificatasi sotto il nuovo
regime normativo (Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 13
marzo 2018, n. 6048).
La Corte d'appello di Cagliari, preso atto che l'applicazione del
richiamato principio di diritto porterebbe, nella fattispecie oggetto
del giudizio a quo, a riconoscere - in base al secondo periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 - una rendita
parametrata sul 75 per cento del danno biologico, derivante dagli
effetti combinati della broncopneumopatia e dell'asbestosi, e a
preservare - in base al terzo periodo dell'art. 13, comma 6, del
d.lgs. n. 38 del 2000 - la rendita per l'85 per cento di inabilita'
lavorativa, cagionata dalla broncopneumopatia, ha sollevato questioni
di legittimita' costituzionale relativamente alle due richiamate
disposizioni.
In particolare, il giudice rimettente ha ravvisato una violazione
dell'art. 3 Cost. per disparita' di trattamento fra le norme
censurate e quanto prevede il primo periodo dell'art. 13, comma 6,
del d.lgs. n. 38 del 2000.
Quest'ultima disposizione, infatti, riconosce all'assicurato che
nulla abbia ricevuto dall'INAIL per la prima patologia, compresa
l'ipotesi nella quale essa presentasse una eziologia lavorativa, una
stima appesantita degli effetti della seconda tecnopatia, ma non
permette di stimare le conseguenze pregiudizievoli della prima
patologia professionale unitamente a quelle provocate dalla seconda.
Per converso, la ben piu' favorevole stima congiunta degli effetti
delle due tecnopatie verrebbe consentita, secondo l'interpretazione
dell'art. 13, comma 6, secondo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000
prospettata dalla Corte di cassazione, proprio quando in base al t.u.
infortuni era stata riconosciuta una rendita che, grazie al terzo
periodo del richiamato comma 6, continua ad essere erogata. Tale
disparita' di trattamento viene considerata dal rimettente non
giustificabile e irragionevole.
Il giudice a quo ha ritenuto, inoltre, violato l'art. 3 Cost.
anche sotto la diversa angolatura della intrinseca irragionevolezza,
in quanto le norme censurate farebbero «riferimento ad una piena
efficienza fisica, anche se in concreto gia' compromessa» e, al
contempo, costringerebbero a valutare «due volte le conseguenze di
una determinata patologia». Ne discenderebbe una duplicazione
dell'indennizzo che, oltre ad essere irragionevole, violerebbe l'art.
38 Cost. ed il principio di solidarieta' sociale, a dispetto di
quello che il giudice rimettente reputa un corollario del sistema
dell'assicurazione sociale: vale a dire, il principio di
incompatibilita' tra le prestazioni derivanti dallo stesso fatto
lesivo (art. 1, comma 43, della legge 8 agosto 1995, n. 335, recante
«Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare») o
finanche tra le prestazioni previdenziali e quelle assistenziali, pur
se di diversa origine e frutto di un differente sistema di
valutazione (art. 3 della legge 29 dicembre 1990, n. 407, recante
«Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza
pubblica 1991-1993»).
4.- Si e' costituito in giudizio l'INAIL, chiedendo di dichiarare
le questioni non fondate, all'esito di un'interpretazione
costituzionalmente orientata delle norme censurate, in linea con la
ricostruzione della disposizione offerta dal precedente di questa
Corte con sentenza n. 426 del 2006.
4.1.- In particolare, la difesa dell'INAIL ha contestato
l'interpretazione dei giudici di legittimita', secondo i quali
l'espressione «senza tenere conto delle preesistenze», di cui al
secondo periodo dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000,
andrebbe intesa nel senso di non considerare che la pregressa
patologia si era verificata sotto la vigenza del d.P.R. n. 1124 del
1965, cosi' da poterne nuovamente stimare gli effetti con il nuovo
paradigma del danno biologico, quando, invece, quella tecnopatia
aveva dato luogo con il precedente regime dell'inabilita' lavorativa
ad una rendita, che continua ad essere erogata (terzo periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000).
Per converso, nel rispetto della disciplina transitoria, che ha
inteso separare nettamente gli eventi verificatisi o denunciati prima
della data di entrata in vigore delle nuove tabelle sul danno
biologico rispetto a quelli successivi, la difesa dell'INAIL ha
sostenuto che sia imprescindibile, nel caso delle patologie
concorrenti, effettuare lo scorporo degli effetti delle due malattie,
per poter valutare in danno biologico solo quelli derivanti dalla
tecnopatia ascrivibile, ratione temporis, al nuovo sistema.
Viceversa, viene contestata la stima unificata dei postumi, in
conformita' a quanto gia' affermato da questa Corte con la sentenza
n. 426 del 2006.
4.2.- Infine, la difesa dell'INAIL ha aggiunto che, qualora,
viceversa, l'interpretazione offerta dalla Corte di cassazione con le
richiamate sentenze n. 6774 del 2018 e n. 6048 del 2018 «dovesse
essere [considerata] l'unica interpretazione possibile del predetto
comma 6 dell'art. 13», in tal caso, le questioni di legittimita'
costituzionale dovrebbero ritenersi fondate.
5.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto di dichiarare le questioni inammissibili o,
comunque, manifestamente infondate.
5.1.- L'Avvocatura ha eccepito, nel rito, l'inammissibilita',
adducendo che il rimettente invoca una pronuncia manipolativa non
costituzionalmente obbligata in una materia riservata alle scelte
discrezionali del legislatore. L'ablazione delle norme impugnate
lascerebbe, allora, nell'ordinamento un vuoto normativo, che il
giudice delle leggi non potrebbe colmare con un diverso regime
transitorio attraverso l'individuazione di una regola differente che
non sia obbligata sul piano costituzionale.
5.2.- L'Avvocatura, inoltre, ha sostenuto la manifesta
infondatezza delle questioni, alla luce della sentenza n. 426 del
2006 di questa Corte, che avrebbe giustificato la scelta del
legislatore di «cristallizzare, per un limitato periodo di
applicazione intertemporale ed in considerazione del "consolidamento"
delle liquidazioni gia' effettuate in base alla preesistente
normativa, la disciplina applicabile a fattispecie eterogenea
rispetto a quella oggetto della nuova e piu' favorevole normativa»,
ponendo «una netta cesura tra i due regimi applicabili ratione
temporis».
6.- L'erede dell'assicurato non si e' costituito in giudizio.
7.- Nell'udienza del 10 febbraio 2020, la parte intervenuta in
giudizio e l'Avvocatura hanno insistito per l'accoglimento delle
conclusioni rassegnate negli scritti difensivi. In particolare,
l'Avvocatura generale dello Stato ha chiarito che la sua richiesta di
manifesta infondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale
e' da ritenersi adesiva all'interpretazione prospettata dall'INAIL,
in conformita' con quanto gia' deciso da questa Corte con la
ricordata sentenza n. 426 del 2006.
Considerato in diritto
1.- La Corte d'appello di Cagliari, sezione civile, in funzione
di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38
della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 13, comma 6, secondo e terzo periodo, del decreto
legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di
assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della legge 17
maggio 1999, n. 144) «nella parte in cui portano ad una duplicazione
totale o parziale dell'indennizzo, a differenza delle fattispecie
disciplinate dal 1° periodo dello stesso comma».
2.- L'articolo censurato, nel suo comma 6, si compone di tre
periodi. Essi stabiliscono che: «Il grado di menomazione
dell'integrita' psicofisica causato da infortunio sul lavoro o
malattia professionale, quando risulti aggravato da menomazioni
preesistenti concorrenti derivanti da fatti estranei al lavoro o da
infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima
della data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al
comma 3 e non indennizzati in rendita, deve essere rapportato non
all'integrita' psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto
delle preesistenti menomazioni, il rapporto e' espresso da una
frazione in cui il denominatore indica il grado d'integrita'
psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed
il grado d'integrita' psicofisica residuato dopo l'infortunio o la
malattia professionale. Quando per le conseguenze degli infortuni o
delle malattie professionali verificatisi o denunciate prima della
data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3
l'assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale
ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al
nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato
senza tenere conto delle preesistenze. In tale caso, l'assicurato
continuera' a percepire l'eventuale rendita corrisposta in
conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o
denunciate prima della data sopra indicata».
2.1.- Il giudice rimettente ha posto in dubbio, sotto il profilo
della non manifesta infondatezza, che sia conforme ai principi di
eguaglianza e di solidarieta' sociale la norma che da tali
disposizioni ha ricavato in via interpretativa la giurisprudenza di
legittimita' in due pronunce (Corte di cassazione, sezione lavoro,
sentenze 19 marzo 2018, n. 6774 e 13 marzo 2018, n. 6048). Secondo
tale ricostruzione, qualora l'assicurato goda di una rendita per una
malattia professionale liquidata in base al decreto del Presidente
della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle
disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni
sul lavoro e le malattie professionali), il grado di menomazione
relativo ad una «nuova malattia professionale (non importa se
concorrente o coesistente) [...] deve essere valutato senza tenere
conto delle preesistenti menomazioni» e senza che si possa scorporare
il danno biologico da apparato ovvero il danno biologico riferibile
alla prima tecnopatia, verificatasi sotto il regime normativo di cui
al d.P.R. n. 1124 del 1965 (Corte di cassazione, sentenza n. 6048 del
2018).
2.2.- Con riguardo all'art. 3 Cost., il giudice rimettente ha
ritenuto che le norme censurate determinino una ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto ai lavoratori ai quali non sia
stata riconosciuta alcuna rendita per la prima tecnopatia. Questi
ultimi assicurati - la cui situazione e' regolata dal primo periodo
del comma 6 dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000 - non godono del
beneficio della stima congiunta in danno biologico degli effetti
pregiudizievoli delle due patologie aventi causa lavorativa, mentre
tale privilegio - secondo l'interpretazione proposta dalla Suprema
Corte con riferimento al secondo periodo dello stesso comma 6 -
verrebbe singolarmente concesso proprio a chi, per la prima
tecnopatia, gia' riceveva e continua a mantenere una rendita stimata
tramite la capacita' lavorativa generica.
2.3.- Secondo la Corte d'appello di Cagliari, il cumulo tra le
prestazioni derivanti dallo stesso fatto lesivo spezzerebbe, inoltre,
il collegamento con i presupposti dell'art. 38 Cost. e inficerebbe la
ragionevolezza e l'adeguatezza del rimedio predisposto dal
legislatore, in violazione dell'art. 3 Cost.
3.- In via preliminare, occorre esaminare le eccezioni di
inammissibilita' prospettate dall'Avvocatura generale dello Stato,
secondo la quale, per un verso, il petitum del giudice rimettente
mirerebbe a conseguire, in una materia riservata alle scelte del
legislatore, una sentenza manipolativa non costituzionalmente
obbligata e, per un altro verso, non sarebbe superato il vaglio di
non manifesta infondatezza, ritenendosi le questioni identiche a
quelle gia' dichiarate non fondate con la sentenza costituzionale n.
426 del 2006.
3.1.- La prima eccezione non e' fondata.
Questa Corte non mette in dubbio che le scelte adottate dal
legislatore nel regolare il diritto intertemporale e il regime
transitorio siano connotate da una rilevante discrezionalita', che e'
doveroso preservare.
Tuttavia, questo non sottrae tale normazione al giudizio sulla
legittimita' costituzionale, ben potendo il sindacato essere svolto
tenendo conto della ratio ispiratrice della disciplina.
Il giudizio di questa Corte, dunque, e' necessario, onde evitare
zone franche immuni dal sindacato di legittimita' costituzionale,
tanto piu' ove siano coinvolti i diritti fondamentali e il principio
di eguaglianza, che incarna il modo di essere di tali diritti. In
particolare - come e' stato gia' rilevato in precedenti occasioni -
la «ammissibilita' delle questioni di legittimita' costituzionale
risulta [...] condizionata non tanto dall'esistenza di un'unica
soluzione costituzionalmente obbligata, quanto dalla presenza
nell'ordinamento di una o piu' soluzioni costituzionalmente adeguate,
che si inseriscano nel tessuto normativo coerentemente con la logica
perseguita dal legislatore» (si veda, da ultimo, la sentenza n. 252
del 2020 e in senso conforme le sentenze n. 224 del 2020; n. 99 del
2019; n. 233, n. 222 e n. 41 del 2018; n. 236 del 2016). In tale
prospettiva, onde non sovrapporre la propria discrezionalita' a
quella del Parlamento, la valutazione della Corte deve essere
condotta attraverso «precisi punti di riferimento e soluzioni gia'
esistenti» (ex multis, sentenze n. 224 del 2020 e n. 233 e n. 222 del
2018; n. 236 del 2016), che, nello specifico contesto, si possono
inferire dalle stesse scelte di fondo operate dal legislatore nel
regolare il regime intertemporale e quello transitorio, nonche' dai
principi generali dell'ordinamento.
3.2.- Anche la seconda eccezione sollevata dalla difesa erariale
non e' fondata.
Essa assume che le questioni sottoposte all'esame del presente
giudizio siano le stesse dichiarate non fondate con la sentenza n.
426 del 2006, mentre tale presupposto non appare corretto.
Le questioni giudicate nel 2006 vertevano sul diverso dubbio di
irragionevole disparita' di trattamento fra la disciplina dell'art.
13, comma 6, secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, che
conduce all'erogazione di due rendite - una inerente al vecchio
regime e l'altra stimata in base al nuovo -, e l'art. 13, comma 5,
del d.lgs. n. 38 del 2000. Quest'ultima norma disciplina, per
converso, i danni policroni derivanti da patologie verificatesi o
denunciate entrambe sotto la vigenza del d.lgs. n. 38 del 2000, la
cui stima avviene unificando i postumi delle due tecnopatie, con
conseguente erogazione di un'unica rendita per il danno biologico.
Ebbene, la non fondatezza di tale questione, cui si aggiungevano
la declaratoria di insussistenza dell'eccesso di delega, ai sensi
dell'art. 76 Cost., e la reputata assenza di violazioni dell'art. 38
Cost. risultavano integralmente incentrate sulla necessita' di
preservare la distinzione fra gli ambiti applicativi delle leggi che
si sono succedute nel tempo «atteso che il [suo] fluire [...]
costituisce elemento di per se' idoneo a differenziare le situazioni
soggettive» (sentenza n. 426 del 2006).
4.- Nel merito le questioni sono fondate.
5.- L'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 e' la
disposizione che regola il passaggio da un sistema assicurativo
incentrato sulla capacita' lavorativa generica, in base al d.P.R. n.
1124 del 1965, ad una disciplina che ha accolto, nel contesto
dell'assicurazione sociale INAIL, il nuovo paradigma, di matrice
civilistica, del danno biologico, cosi' adattando al contesto
indennitario l'imprescindibile esigenza di una piena tutela della
salute del lavoratore. L'infortunio sul lavoro o la malattia
professionale colpiscono, infatti, il lavoratore nel suo bene piu'
prezioso, la salute, e questo impone una tutela che affonda le
proprie radici nell'art. 38 Cost.
5.1.- Il profondo mutamento di prospettiva che il d.lgs. n. 38
del 2000 ha segnato rispetto all'approccio prevalentemente
patrimonialistico, che dominava la visione del t.u. infortuni -
seppure la capacita' lavorativa generica ambisse gia' ad una qualche
maggiore latitudine del pregiudizio rispetto alla capacita'
lavorativa specifica -, e' la ragione a fondamento della scelta
operata dal legislatore nel regolare i danni policroni nella
dimensione intertemporale. Si tratta della decisione - riflessa
nell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000 e conforme all'art.
11 delle Preleggi - di tracciare una netta linea di demarcazione fra
il precedente assetto normativo, deputato a regolare le patologie
verificatesi o denunciate prima della data di entrata in vigore delle
tabelle per la stima del danno biologico, e la disciplina delle
tecnopatie che, ratione temporis, vengono valutate con il nuovo
paradigma.
5.2.- Insieme a tale scelta, l'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38
del 2000 contempla anche una norma, che rispecchia l'esigenza di
riconoscere nel nuovo sistema una piena valutazione del pregiudizio
subito dall'assicurato, tanto piu' in quanto il danno biologico
riflette istanze di rango costituzionale. In particolare, il primo
periodo della disposizione richiamata consente di tenere conto, nella
stima del danno biologico provocato da una tecnopatia, dell'eventuale
aggravamento derivante da una malattia concorrente, pur se questa non
ha una causa lavorativa. La tecnica adottata, cosiddetta "formula
Gabrielli" (che ha una tradizione risalente nella disciplina
previdenziale e nella scienza medico-legale), fa ricorso alla stima
degli effetti della preesistente patologia concorrente solo per
abbattere il valore che rispecchia lo stato di salute su cui incide
la successiva tecnopatia, sicche' i postumi di quest'ultima potranno
essere autonomamente apprezzati nella loro maggiore entita'. In
sostanza, e' una tecnica che consente di valutare in maniera
indipendente il maggior peso delle conseguenze pregiudizievoli di una
patologia concorrente dovuto alle preesistenze.
Per questa ragione, essa e' stata adottata dal legislatore anche
come norma di diritto transitorio per le fattispecie in cui
sussisteva la causa lavorativa per una patologia concorrente,
verificatasi o denunciata prima che entrasse in vigore il decreto
ministeriale per la stima del danno biologico e per la quale non era
stato erogato alcun indennizzo dall'INAIL (art. 13, comma 6, primo
periodo del d.lgs. n. 38 del 2000). In sostanza, la "formula
Gabrielli", da un lato, ha consentito al legislatore, nel regime
transitorio, di valorizzare la preesistenza (tanto piu' rispetto ad
una patologia professionale) nel caso in cui questa aggravasse gli
effetti di una tecnopatia concorrente; da un altro lato, ha permesso
di ottenere tale risultato senza contaminare i sistemi valutativi e
senza applicare retroattivamente il danno biologico per stimare gli
effetti di menomazioni verificatesi o denunciate prima della sua
entrata in vigore.
5.3.- Alla luce di tali scelte effettuate in piena sintonia con i
principi costituzionali si profila, tuttavia, nel secondo periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000, un elemento
dissonante, in quanto la tecnica prescelta dal regime transitorio (la
"formula Gabrielli") per valorizzare l'eventuale maggior peso della
patologia concorrente, senza creare commistioni fra diversi sistemi
valutativi e senza applicare retroattivamente la nuova disciplina,
non viene adottata per le patologie concorrenti per le quali, in base
al t.u. infortuni, fosse stato erogato un indennizzo.
Tale pregiudizio per l'assicurato - come si dira' - non trova
alcuna giustificazione nella scelta legislativa di preservare a suo
favore la rendita liquidata in base al vecchio sistema valutativo
parametrato sulla capacita' lavorativa generica.
6.- Nel 2006 - come si e' gia' anticipato - si e' posta in dubbio
la legittimita' costituzionale delle due norme, in quanto non
consentivano di erogare l'indennizzo INAIL per il danno biologico
cagionato da un infortunio sul lavoro o da una malattia
professionale, i cui effetti pregiudizievoli non superavano il nuovo
limite della franchigia (fissato nel 6 per cento del danno
biologico), non potendo avere alcuna rilevanza la preesistente
tecnopatia concorrente, che aveva dato luogo ad un indennizzo in base
al t.u. infortuni.
Sennonche', in tale occasione i giudici rimettenti avevano
sollevato questioni di legittimita' costituzionale non contestando
l'intrinseca irragionevolezza del diverso trattamento riservato alle
patologie concorrenti nel regime transitorio, bensi' - come si e'
gia' illustrato - l'irragionevole disparita' di trattamento fra le
previsioni di diritto intertemporale e la regolamentazione dettata
per le patologie che si verificano sotto il nuovo regime normativo e
che vedono operare «una valutazione complessiva dei postumi» con
conseguente liquidazione di un unico indennizzo (art. 13, comma 5,
del d.lgs. n. 38 del 2000).
Una tale impostazione delle questioni di legittimita'
costituzionale avrebbe determinato, in caso di accoglimento, una
radicale alterazione della scelta operata dal legislatore nella
disciplina del diritto intertemporale, tant'e' che questa Corte ha
escluso un simile esito, nel rispetto della discrezionalita' del
legislatore, e ha ritenuto non fondate le questioni.
6.1.- L'orientamento della sentenza n. 426 del 2006 e' stato
seguito dalla giurisprudenza di legittimita', che ha negato, ai fini
del superamento della franchigia, la possibilita', ex art. 13, comma
6, secondo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, di stimare
congiuntamente gli effetti delle patologie verificatesi sotto i due
diversi sistemi normativi (fra le molte, Corte di cassazione, sezione
lavoro, ordinanza 5 giugno 2020, n. 10789; sentenza 22 novembre 2016,
n. 23781; sentenza 19 maggio 2008, n. 12613).
6.2.- L'interpretazione fornita con la sentenza n. 426 del 2006,
nel senso della separata considerazione degli effetti derivanti da
tecnopatie verificatesi sotto i due diversi regimi normativi (il che,
nel caso delle patologie concorrenti, implica la necessaria
scomposizione di un'eventuale stima congiunta dei loro effetti) viene
invocata nel presente giudizio sia dalla difesa dell'INAIL sia
dall'Avvocatura generale dello Stato a supporto di una sentenza
interpretativa di rigetto, fondata su una interpretazione
costituzionalmente orientata.
6.2.1.- Sennonche' il precedente di questa Corte se, da un lato,
e' valso a ribadire l'intangibilita' della scelta operata dal
legislatore nel regolare, in linea con l'art. 11 delle Preleggi, il
diritto intertemporale, da un altro lato, non si e' potuto misurare
con i nuovi sospetti di illegittimita' costituzionale avanzati dal
giudice rimettente nel presente giudizio.
Le diverse questioni di legittimita' costituzionale ora sollevate
pongono il differente problema della ragionevolezza nel confronto tra
la disciplina del primo e quella del secondo e terzo periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000. E poiche' proprio
tale raffronto evidenzia un vulnus ai danni dell'assicurato, che
irragionevolmente si vede privato - nel secondo periodo della norma -
di una piena stima del danno biologico, in caso di tecnopatia i cui
effetti pregiudizievoli siano aggravati da quelli di una pregressa
patologia concorrente (e non gia' meramente coesistente), deve
escludersi che l'interpretazione dell'art. 13, comma 6, secondo
periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, focalizzata sulla valutazione del
danno biologico derivante dalla seconda tecnopatia concorrente, senza
tenere conto delle preesistenze, possa proporsi quale interpretazione
costituzionalmente orientata.
7.- Quanto sopra ricostruito consente di inferire le ragioni che
hanno indotto la Suprema Corte (sentenze n. 6774 del 2018 e n. 6048
del 2018) a fornire l'interpretazione dell'art. 13, comma 6, secondo
e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000 relativamente alla quale
sono stati sollevati i dubbi di legittimita' costituzionale.
In particolare, la Corte di cassazione ritiene che il
medico-legale debba stimare il danno biologico considerando in
maniera unitaria gli effetti della seconda malattia con quelli della
prima tecnopatia concorrente, pur se questa e' ascrivibile ratione
temporis al precedente regime normativo e continua a dare luogo
all'erogazione della rendita maturata in base al d.P.R. n. 1124 del
1965. L'espressione «senza tenere conto delle preesistenze» viene
intesa nel senso di non tenere conto che la "preesistenza" (la prima
tecnopatia) si e' verificata o e' stata denunciata sotto il
precedente regime normativo, il che apre la via ad una valutazione
modellata sul criterio che opera nel comma 5 dell'art. 13 del d.lgs.
n. 38 del 2000, vale a dire la stima unificata dei postumi. In questo
caso, tuttavia, non si giunge all'erogazione di una sola rendita,
come accade in applicazione del comma 5, bensi' di due rendite (o di
una rendita e un indennizzo in capitale).
Pur dovendosi riconoscere che la richiamata ricostruzione e'
stata motivata dall'esigenza di porre rimedio, con i soli strumenti
dell'interpretazione, al vulnus creato dalla formulazione letterale
della disposizione - tant'e' che nella sua motivazione la Corte di
cassazione prende atto di non poter applicare, nelle ipotesi di cui
al secondo periodo del comma 6, la "formula Gabrielli" - tuttavia
questa Corte non puo' esimersi dal rilevare che la soluzione
ermeneutica adottata conduce ad un esito che contrasta con l'art. 3
Cost. sotto il duplice profilo posto in luce dal rimettente.
7.1.- In primo luogo, la richiamata interpretazione del secondo e
terzo periodo del comma 6 induce a ritenere che, quando l'INAIL abbia
gia' corrisposto un indennizzo per gli effetti cagionati alla
capacita' lavorativa generica dalla prima patologia con eziologia
professionale, le conseguenze pregiudizievoli di quest'ultima debbano
di nuovo essere stimate in danno biologico, in quanto concorrono con
la seconda tecnopatia; viceversa, allorche' l'INAIL non abbia
corrisposto alcun indennizzo in base al t.u. infortuni, la previsione
del primo periodo del comma 6, in pieno ossequio al principio di
separazione fra i due regimi normativi che si succedono nel tempo,
non consente la stima unificata degli effetti delle patologie
concorrenti.
In sostanza, la soluzione interpretativa alla quale si rapporta
il rimettente porterebbe irragionevolmente a ritenere che
l'assicurato, il quale ha gia' avuto dall'INAIL un indennizzo per la
prima tecnopatia, otterrebbe di piu', nella stima degli effetti
pregiudizievoli derivanti dalla seconda tecnopatia concorrente, del
lavoratore che - in base al t.u. infortuni - non avesse ricevuto
alcun precedente indennizzo.
7.2.- In secondo luogo, sempre l'interpretazione a cui si riporta
il rimettente consente la piena stima in danno biologico delle
conseguenze pregiudizievoli di una tecnopatia verificatasi sotto il
precedente regime normativo, unita alla persistente erogazione della
rendita gia' liquidata per tale prima patologia in base al t.u.
infortuni. Questo conduce, in violazione dell'art. 3 Cost. sotto il
profilo della intrinseca irragionevolezza della norma, ad una
duplicazione di indennizzi inerenti alla medesima tecnopatia, non
riconducibile ai casi eccezionali espressamente previsti dal
legislatore a beneficio di particolari categorie di soggetti fragili.
8.- Il contrasto con l'art. 3 Cost. dell'art. 13, comma 6,
secondo e terzo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, in base
all'interpretazione censurata, fa riemergere il dato testuale della
norma che non consente, in base al secondo periodo, di tenere conto
delle preesistenze che eventualmente aggravino una tecnopatia
concorrente. Ne deriva, rispetto a tali ipotesi, un vuoto nella
tutela dell'assicurato che la stessa ordinanza di rimessione
suggerisce di colmare mediante l'estensione della disciplina, di cui
all'art. 13, comma 6, primo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, alle
patologie concorrenti, di cui al secondo periodo del medesimo comma.
Spetta, dunque, a questa Corte accertare se tale soluzione possa
contemperare due esigenze imprescindibili.
Per un verso, occorre tenere conto della scelta effettuata dal
legislatore nel regolare il diritto intertemporale, la' dove ha
inteso evitare - come ha sottolineato anche la citata sentenza n. 426
del 2006 - ogni commistione valutativa tra vecchio e nuovo regime
normativo, e, dunque, in linea con l'art. 11 delle Preleggi, ha
voluto escludere che si potessero stimare, con il nuovo paradigma del
danno biologico, gli effetti di una tecnopatia verificatasi o
denunciata sotto il precedente sistema valutativo, unitamente a
quelli derivanti da altra ascrivibile al nuovo regime normativo.
Per un altro verso, questa prima istanza deve essere resa
compatibile con i parametri costituzionali evocati nel presente
giudizio (artt. 38 e 3 Cost., quest'ultimo sotto il duplice profilo
della ragionevolezza della norma e del confronto fra la disciplina
del primo periodo e quella del secondo e terzo periodo del comma 6
dell'art. 13 del d.lgs. n. 38 del 2000).
9.- La necessita' di riconoscere nel nuovo sistema una pienezza
di tutela al danno biologico affonda - come si e' anticipato - le sue
radici nell'art. 38 Cost.
Tale previsione costituzionale impone, infatti, di approntare
tutti i mezzi necessari a indennizzare gli effetti pregiudizievoli
dell'alterazione della salute considerati nella loro integralita' e
non tollera che, irragionevolmente, una parte del danno biologico non
venga considerata nella stima dell'indennizzo.
In particolare, qualora il danno policrono derivante da patologie
concorrenti evidenziasse - in base alla valutazione medico-legale -
una maggiore gravita' degli effetti pregiudizievoli a cagione delle
preesistenze, posto che, nel rispetto della logica propria della
disciplina intertemporale, il legislatore ha saputo individuare, con
il primo periodo dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000,
una tecnica valutativa idonea a stimare tale maggiore gravita' del
danno biologico, senza determinare commistioni fra diversi sistemi
valutativi ne' applicazioni retroattive della nuova disciplina, si
deve ritenere che contrasti con gli artt. 38 e 3 Cost. la mancata
estensione della richiamata normativa anche alle patologie
concorrenti, che ricadano nel raggio applicativo del secondo periodo
dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000, solo in quanto
avevano dato luogo ad un indennizzo in base al t.u. infortuni.
Il capitale liquidato in passato dall'INAIL o, in alternativa, la
persistente erogazione della precedente rendita sono prestazioni
dovute all'assicurato nel rispetto dei diritti maturati sotto il t.u.
infortuni. Proprio l'eterogeneita' fra danno da incapacita'
lavorativa generica e danno biologico evidenzia, da un lato, che
quanto e' stato riconosciuto per il primo pregiudizio non puo' essere
tolto e, da un altro lato, che la prestazione maturata in passato non
puo' ritenersi un beneficio tale da incidere su quanto spetta per il
danno biologico derivante da una successiva patologia aggravata dalla
preesistenza.
La mancata estensione alle patologie concorrenti di cui al
secondo periodo dell'art. 13, comma 6, del d.lgs. n. 38 del 2000
della "formula Gabrielli", che non comporta alcun rischio di
duplicazione di indennizzi, risulta poi tanto piu' irragionevole, ove
si consideri che la medesima viene adottata non solo come regime
transitorio, ma anche come tecnica che valorizza l'aggravamento della
patologia concorrente, quando la preesistenza neppure aveva una
eziologia lavorativa. Solo la prospettata estensione della disciplina
di cui al primo periodo della disposizione consente, dunque, di
evitare una irragionevole disparita' di trattamento, in contrasto con
l'art. 3 Cost., nella disciplina delle patologie concorrenti. Il
primo periodo del comma 6 consente, infatti, una piena stima del
danno biologico anche nei casi in cui la preesistente malattia non
abbia una eziologia lavorativa, sicche', onde evitare la denunciata
irragionevole disparita' di trattamento, la sua disciplina deve
essere estesa ai casi in cui la preesistente patologia concorrente
abbia origine lavorativa, garantendo cosi' in tutte le fattispecie di
tecnopatie i cui effetti risultino aggravati dalla patologia
concorrente la piena stima del danno biologico.
10.- Per le ragioni sopra esposte, si deve ritenere che l'art.
13, comma 6, secondo periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000 e'
costituzionalmente illegittimo nella parte in cui non prevede che il
grado di menomazione dell'integrita' psicofisica causato da
infortunio sul lavoro o malattia professionale, quando risulti
aggravato da menomazioni preesistenti concorrenti, deve essere
rapportato non all'integrita' psicofisica completa, ma a quella
ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, secondo quanto
dispone il primo periodo del comma 6 dell'art. 13 d.lgs. n. 38 del
2000. In tal caso - come sempre avviene in applicazione del primo
periodo - il medico-legale andra' a scorporare dagli effetti
combinati delle due patologie valutati in danno biologico, quelli
riconducibili alla preesistenza, che non vengono in quanto tali
stimati, ma servono solo ad abbattere il valore dell'integrita'
psicofisica su cui si riverbera la patologia concorrente, che vede,
dunque, appesantiti i propri effetti pregiudizievoli e la relativa
stima.
11.- Resta ferma, nel rispetto dei diritti maturati
dall'assicurato sotto la vigenza del t.u. infortuni, l'applicazione,
anche alle patologie concorrenti, dell'art. 13, comma 6, terzo
periodo, del d.lgs. n. 38 del 2000, posto che l'estensione della
"formula Gabrielli" a tali tecnopatie rientranti nel secondo periodo
non determina - come si e' sopra dimostrato - alcuna irragionevole
duplicazione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 13, comma 6,
secondo periodo, del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38
(Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul
lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma
1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nella parte in cui non
prevede che, per le patologie aggravate da menomazioni preesistenti
concorrenti, trovi applicazione la medesima disciplina contemplata
dal primo periodo in aggiunta alla persistente erogazione della
rendita di cui al terzo periodo del medesimo comma 6.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 febbraio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Emanuela NAVARRETTA, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 13 aprile 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
