LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Augusto
Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco
VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela
NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma
9-bis, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
della strada), aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera d), della
legge 29 luglio 2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza
stradale), promosso dal Giudice di pace di Genova nel procedimento
vertente tra N.D. H. e la Prefettura di Genova, con ordinanza del 22
novembre 2019, iscritta al n. 60 del registro ordinanze 2020 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 24, prima
serie speciale, dell'anno 2020.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 marzo 2021 il Giudice
relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 10 marzo 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 22 novembre 2019, iscritta al reg. ord. n.
60 del 2020, il Giudice di pace di Genova ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio
2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella
parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta
alle persone incorse nella violazione dell'art. 186, comma 2, lettera
a), cod. strada, di poter beneficiare della riduzione alla meta'
della sanzione accessoria della sospensione della patente di guida,
parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive
lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l'art. 3 della
Costituzione e con l'art. 29, secondo comma, della Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale
delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
2.- L'ordinanza di rimessione e' stata pronunciata nel corso di
un giudizio di cui all'art. 6 del decreto legislativo 1° settembre
2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura
civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti
civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno
2009, n. 69), promosso da N.D. H. avverso un'ordinanza del Prefetto
di Genova che ha irrogato nei suoi confronti la sanzione
amministrativa della sospensione della patente di guida per tre mesi
in conseguenza della violazione dell'art. 186, comma 2, lettera a),
cod. strada, come modificato dall'art. 33, comma 1, lettera a), punto
1), della legge n. 120 del 2010.
2.1.- Il giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale
del comma 9-bis dell'art. 186 cod. strada, in quanto, mentre esso
prevede la possibilita' di sostituire le pene stabilite dal comma 2,
lettere b) e c), con il «lavoro di pubblica utilita'», al cui
svolgimento positivo consegue il beneficio della riduzione alla meta'
della sanzione della sospensione della patente di guida, nessun
istituto analogo e' contemplato per l'ipotesi di cui alla lettera a),
piu' lieve e punita soltanto con sanzione amministrativa pecuniaria e
sanzione accessoria della sospensione della patente.
2.2.- Ad avviso del Giudice di pace di Genova, la mancata
previsione nel comma 9-bis di un istituto che consenta al
trasgressore di ottenere il beneficio della riduzione alla meta' del
periodo di sospensione della patente di guida contrasterebbe con gli
evocati parametri, perche' «creerebbe diseguaglianza» tra le persone
incorse nella violazione dell'art. 186, comma 2, lettera a), cod.
strada, e quelle incorse nella violazione dell'art. 186, comma 2,
lettere b) e c), cod. strada. Le ipotesi piu' gravi di cui alle
lettere b) e c), costituenti reato, consentono, invero, la
possibilita' di accedere all'istituto dei «lavori di pubblica
utilita'», con il conseguente beneficio di ottenere la riduzione alla
meta' della sanzione accessoria della sospensione della patente di
guida, mentre al trasgressore della fattispecie di cui alla lettera
a) non e' permesso di servirsi dello stesso, o di analogo istituto o
di analoga prestazione, per conseguire parimenti la riduzione della
sospensione della patente di guida. Cosi' si determinerebbe una
disparita' di trattamento sanzionatorio tra l'ipotesi piu' lieve e
quelle piu' gravi della medesima condotta illecita: infatti, nel caso
di cui alla lettera b), con l'esito positivo dello svolgimento dei
lavori di pubblica utilita', la sospensione della patente potrebbe
venire ridotta a tre mesi, nella stessa misura minima di sospensione
prevista nel caso meno grave punito alla lettera a). Il rimettente
esclude, peraltro, che il beneficio sia in relazione con il complesso
delle sanzioni stabilite per le fattispecie di reato, in quanto la
diversita' tra le sanzioni penali e quella amministrativa dipende
dalla differente qualificazione delle condotte che il legislatore ha
voluto prevedere.
3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni parzialmente
inammissibili e, in subordine, non fondate.
Ad avviso del Presidente del Consiglio dei ministri, innanzitutto
il richiamo all'art. 29, secondo comma, della Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo e' inidoneo a individuare un
autonomo parametro di costituzionalita' della disposizione censurata,
trattandosi di fonte di diritto internazionale invocabile per il
tramite del riferimento all'art. 117, primo comma, Cost.
Sarebbe poi palesemente infondata la denuncia per violazione
dell'art. 3 Cost., in quanto la mancata previsione, nell'art. 186,
comma 9-bis, cod. strada, di un istituto che consenta ai soggetti
incorsi nella violazione dell'art. 186, comma 2, lettera a), dello
stesso codice, di ottenere il beneficio della riduzione alla meta'
della durata della sospensione della patente, non creerebbe alcuna
irragionevole disparita' di trattamento rispetto ai soggetti che
siano invece incorsi nella violazione dell'art. 186, comma 2, lettere
b) e c), cod. strada, atteso che queste ultime sanzionano vere e
proprie ipotesi di reato, e percio' consentono l'accesso all'istituto
del lavoro di pubblica utilita', la cui applicazione comporta la
fruizione del beneficio della riduzione della sanzione accessoria
della sospensione della patente di guida.
Il Presidente del Consiglio dei ministri sottolinea infine
l'eterogeneita' delle condotte penalmente sanzionate rispetto a
quella sanzionata solo in via amministrativa, apparendo ragionevole
che solo con riferimento alle prime sia previsto un meccanismo
premiale che consente al condannato, in caso di mancata opposizione
al decreto penale di condanna, di beneficiare di una serie di effetti
favorevoli, tra i quali la riduzione alla meta' della sanzione
accessoria della sospensione della patente di guida.
Considerato in diritto
1.- Il Giudice di pace di Genova ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto
legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada),
aggiunto dall'art. 33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio
2010, n. 120 (Disposizioni in materia di sicurezza stradale), nella
parte in cui non prevede un istituto o una prestazione che consenta
alle persone incorse nella violazione dell'art. 186, comma 2, lettera
a), cod. strada, di beneficiare della riduzione alla meta' della
sanzione accessoria della sospensione della patente di guida,
parimenti a quanto previsto per le ipotesi di cui alle successive
lettere b) e c) dello stesso comma, per contrasto con l'art. 3 della
Costituzione e con l'art. 29, secondo comma, della Dichiarazione
universale dei diritti dell'uomo, adottata dall'Assemblea generale
delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
1.1.- Ad avviso del giudice a quo, la norma censurata
contrasterebbe con gli evocati parametri, in quanto «creerebbe
diseguaglianza» tra le persone incorse nella violazione dell'art.
186, comma 2, lettera a), cod. strada, e quelle incorse nella
violazione dell'art. 186, comma 2, lettere b) e c), cod. strada.
Soltanto le ipotesi piu' gravi di cui alle lettere b) e c),
costituenti reato, consentono infatti di accedere all'istituto del
lavoro di pubblica utilita', con il conseguente beneficio della
riduzione alla meta' della sanzione accessoria della sospensione
della patente di guida, mentre al trasgressore della fattispecie di
cui alla lettera a) non e' permesso avvalersi dello stesso o di
analogo istituto, o rendere analoga prestazione, per conseguire la
riduzione della sospensione della patente di guida.
2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha eccepito
l'inammissibilita' della questione riferita all'art. 29, secondo
comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, e
comunque, in subordine, la non fondatezza delle questioni tutte.
3.- L'eccezione e' fondata.
Il rimettente ha evocato l'art. 29, secondo comma, della
Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo come un riferimento
immediato e non quale norma interposta in rapporto al primo comma
dell'art. 117 Cost. A prescindere dalla questione se la Dichiarazione
faccia sorgere o esprima veri e propri obblighi che vincolano gli
Stati dal punto di vista del diritto internazionale, questa Corte ha
piu' volte affermato che gli stessi trattati internazionali sui
diritti umani, come la generalita' del diritto internazionale
pattizio, vincolano il potere legislativo statale e regionale ai
sensi e nei limiti di cui all'art. 117, primo comma, Cost., secondo
le note scansioni enucleate dalle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007,
potendo altrimenti essere utilizzati soltanto quali strumenti
interpretativi delle corrispondenti garanzie costituzionali (sentenze
n. 102 del 2020 e n. 120 del 2018).
4.- Anche la questione sollevata in riferimento all'art. 3 Cost.
e' inammissibile, sia per l'omessa ricostruzione del contesto
normativo entro il quale la disposizione censurata e' ricompresa, sia
per la natura indebitamente manipolativa e creativa della pronuncia
da lui richiesta.
4.1.- L'art. 186, comma 9-bis, cod. strada, e' stato introdotto
dall'art. 33, comma 1, lettera d), della legge n. 120 del 2010
nell'ambito di un intervento organico, modificativo delle
disposizioni del codice della strada relative alla guida sotto
l'influenza dell'alcool e in stato di alterazione psicofisica per uso
di sostanze stupefacenti. Con tale intervento e' stata, tra l'altro,
depenalizzata l'ipotesi piu' lieve di guida in stato di ebbrezza
disciplinata dall'art. 186, comma 2, lettera a), cod. strada; e'
stato innalzato da tre a sei mesi il minimo edittale della pena
detentiva nel caso piu' grave di accertamento del tasso alcolemico;
ed e' stata, infine, prevista, al comma 9-bis, la possibilita' per il
giudice di sostituire, nei casi tuttora costituenti reato e sempre
che la fattispecie non sia aggravata dal fatto di aver cagionato un
incidente stradale, la pena detentiva e quella pecuniaria con quella
del lavoro di pubblica utilita': misura, questa, consistente nella
prestazione di un'attivita' non retribuita a favore della
collettivita', da svolgere, in via prioritaria, nel campo della
sicurezza e dell'educazione stradale presso lo Stato, le Regioni, le
Province, i Comuni o presso enti o organizzazioni di assistenza
sociale e di volontariato, o presso i centri specializzati di lotta
alle dipendenze. E' stato poi previsto che, all'esito dello
svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilita', il giudice
fissa una nuova udienza e dichiara estinto il reato, dispone la
riduzione alla meta' della sanzione della sospensione della patente e
revoca la confisca del veicolo sequestrato.
4.2.- La disciplina posta dall'art. 186, comma 9-bis, cod. strada
e' stata gia' oggetto di diverse pronunce di questa Corte.
L'ordinanza n. 247 del 2013 ha dichiarato manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 186,
comma 9-bis, cod. strada, sollevata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
con riguardo alla scelta del legislatore di negare la possibilita' di
sostituire la pena detentiva e pecuniaria irrogata per il reato di
guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilita'
allorche' la fattispecie risulti aggravata dal fatto di aver
cagionato un incidente stradale, giacche' spetta al legislatore
fissare i limiti dell'applicazione delle sanzioni sostitutive.
E ancora, con la sentenza n. 198 del 2015, e' stata dichiarata
non fondata la questione di legittimita' costituzionale della
disposizione in esame, censurata, in riferimento all'art. 3 Cost.,
laddove non prevede, per il caso di svolgimento con esito positivo
del lavoro di pubblica utilita', che la riduzione alla meta' della
sanzione accessoria della sospensione della patente - gia' irrogata,
con la sentenza di condanna, in misura doppia per essere risultato il
veicolo, condotto in stato di ebbrezza, appartenente a terzi estranei
al reato - possa essere operata senza tener conto dell'indicato
raddoppio. In tale decisione si e' rilevato che la sostituzione della
pena detentiva e pecuniaria con quella del lavoro di pubblica
utilita' avvia una vera e propria procedura di tipo "premiale",
giacche', in considerazione degli esiti positivi della prestazione
offerta dal soggetto condannato, il giudice assume nei confronti di
quest'ultimo una serie di provvedimenti favorevoli, fra cui il
dimezzamento della durata della sospensione della patente di guida
(in tal senso, anche la sentenza n. 75 del 2020).
Al riguardo, si e' evidenziato, peraltro, che, nel valutare la
denunciata irragionevolezza del trattamento sanzionatorio riservato
dalla legge alle due condotte poste in comparazione (la guida in
stato di ebbrezza commessa dal proprietario del veicolo e quella
avvenuta con veicolo di proprieta' di terzi, cui si riferiscono,
rispettivamente, la sospensione "semplice" e quella "raddoppiata"),
occorreva un puntuale ragguaglio non soltanto delle posizioni
"finali", risultanti all'esito del positivo svolgimento del lavoro di
pubblica utilita', ma anche delle sanzioni di partenza, diverse per
ragioni obiettivamente rilevanti. Nella citata sentenza si e' quindi
precisato che la riduzione premiale del trattamento sanzionatorio
trova giustificazione in una condotta diversa da quella illecita, e
cioe' nella efficace e diligente prestazione del lavoro di pubblica
utilita', senza, pero', che tale fattore di premialita' possa di per
se' condurre a ritenere omologabili sanzioni in origine
ragionevolmente differenziate.
La sentenza n. 179 del 2020 ha, da ultimo, affermato che il
lavoro di pubblica utilita', disposto quale sanzione sostitutiva per
la contravvenzione di cui all'art. 186 cod. strada, «comporta per il
condannato un percorso che implica lo svolgimento di un'attivita' in
favore della collettivita', e dunque esprime una meritevolezza
maggiore - in caso di svolgimento positivo dell'attivita' - rispetto
a quella espressa da chi si limiti a concordare la propria pena con
il pubblico ministero, ovvero non si opponga al decreto penale di
condanna, beneficiando per cio' stesso della non menzione nei
certificati del casellario richiesti dai privati». La stessa sentenza
ha evidenziato come il positivo svolgimento del lavoro di pubblica
utilita' «testimonia il percorso rieducativo compiuto dal
condannato».
5.- L'ordinanza del Giudice di pace di Genova, oltre a mancare di
un'adeguata considerazione dell'articolato contesto normativo entro
il quale la disposizione censurata e' ricompresa, non ravvisa
comunque alcuna irragionevolezza del trattamento sanzionatorio "di
partenza" riservato dalla lettera a) del comma 2 dell'art. 186 cod.
strada alla condotta della guida in stato di ebbrezza corrispondente
ad un tasso alcolemico superiore a 0,5 e non superiore a 0,8 grammi
per litro (trattamento consistente nella sanzione amministrativa
pecuniaria da euro 543 ad euro 2170, nonche' nella sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida da
tre a sei mesi), in comparazione con le condotte sanzionate
penalmente nelle lettere b) e c) dello stesso comma.
Il giudice a quo si duole, piuttosto, dell'incongruenza tra la
posizione finale del trasgressore della fattispecie di cui alla
lettera a), sanzionato in ogni caso con la sospensione della patente
di guida da tre a sei mesi, e la posizione finale del trasgressore
della piu' grave fattispecie punita alla lettera b), come risultante
all'esito del positivo svolgimento del lavoro di pubblica utilita',
che comporta, beneficiando della riduzione alla meta', una identica
misura minima di tre mesi di sospensione della patente.
5.1.- Deve allora osservarsi che, ferma l'obiettiva diversita'
della rilevanza delle violazioni e delle correlate sanzioni di
partenza stabilite per le differenti ipotesi previste dal comma 2
dell'art. 186 cod. strada, non puo' censurarsi l'incongruenza della
misura della sospensione della patente fissata per l'illecito
amministrativo di cui alla lettera a), utilizzando quale elemento di
comparazione la misura della medesima sospensione che residua
allorche' alle sanzioni stabilite per le violazioni costituenti reato
sia stata apportata la riduzione premiale che consegue soltanto
all'efficace e diligente prestazione del lavoro di pubblica utilita',
e dunque ad una condotta del tutto diversa da quella illecita.
5.2.- L'ordinanza di rimessione auspica, in sostanza,
l'introduzione, anche per la condotta costituente illecito
amministrativo, di un fattore di premialita' comune a quello invece
garantito per le condotte di rilevanza penale, addebitando alla
irriducibilita' della misura minima della sospensione della patente
inflitta per la violazione di cui alla lettera a) del comma 2
dell'art. 186 cod. strada, l'effetto censurabile di omologare tale
sanzione a quella fissata per le condotte di rilevanza penale,
sebbene in origine ragionevolmente differenziate.
Il giudice a quo non considera, tuttavia, che l'istituto delle
sanzioni sostitutive, della cui mancata estensione all'ipotesi di
illecito amministrativo previsto dall'art. 186, comma 2, lettera a),
cod. strada, egli si duole sia pure ai soli fini della riduzione
della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della
patente di guida, trova attualmente la propria applicazione elettiva
nell'ambito penale. La possibilita' di sostituzione della pena,
invero, e' prevista per i soli illeciti penali e tra questi
unicamente per quelli per i quali il legislatore stabilisce una pena
detentiva, sola o congiunta ad una pena pecuniaria. Depongono in tal
senso sia l'art. 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
al sistema penale), il quale prevede la sostituzione delle pene
detentive brevi, sia, e soprattutto, l'art. 52 del decreto
legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza
penale del giudice di pace, a norma dell'articolo 14 della legge 24
novembre 1999, n. 468), il quale, da un lato, dispone che ai reati
attribuiti alla competenza del giudice di pace per i quali e'
prevista la sola pena della multa o dell'ammenda continuano ad
applicarsi le pene pecuniarie vigenti (comma 1), e, dall'altro,
modula le sanzioni sostitutive - tra le quali il lavoro di pubblica
utilita', che puo' essere applicato solo su richiesta dell'imputato -
esclusivamente con riguardo alle pene detentive.
La procedura di tipo "premiale" disciplinata dall'art. 186, comma
9-bis, cod. strada, non puo', dunque, assumersi come tertium
comparationis, ne', tanto meno, come soluzione che possa applicarsi
allo scopo di ridurre la misura della sospensione della patente
conseguente alla violazione prevista dalla lettera a) del comma 2
dell'art. 186 cod. strada, giacche', come gia' da questa Corte
affermato nei richiamati precedenti, essa ha un evidente carattere
speciale, culmina nella irrogazione di una pena sostitutiva ed e'
intimamente correlata alla natura degli illeciti penali cui la misura
accede. Pertanto, l'invocazione di una generalizzazione di tale
fattore di premialita' anche nella ipotesi che viene perseguita
soltanto con sanzione amministrativa trascura la particolare
finalita' rieducativa che l'art. 186, comma 9-bis, cod. strada
riconnette alla prestazione del lavoro di pubblica utilita' in
sostituzione della pena pecuniaria, sola o congiunta a quella
detentiva.
5.3.- E' costante, d'altra parte, nella giurisprudenza di questa
Corte, l'orientamento per cui rientra nella discrezionalita' del
legislatore, sindacabile solo in caso di manifesta irragionevolezza o
di arbitrarieta' della scelta in concreto effettuata, la
configurazione degli illeciti penali e amministrativi e la
individuazione del relativo trattamento sanzionatorio, nonche' degli
istituti che possono incidere sulla determinazione in concreto della
sanzione da applicare (ex plurimis, sentenze n. 212, n. 115, n. 112 e
n. 88 del 2019).
Orbene, l'ordinanza del Giudice di pace di Genova sollecita una
pronuncia additivo-manipolativa (finalizzata ad individuare un
istituto o una prestazione che estenda il beneficio della riduzione
della sospensione della patente), la quale sarebbe, peraltro, tanto
penetrante quanto indeterminata nelle sue coordinate da invadere lo
spazio riservato alla discrezionalita' legislativa. Cio', per
costante giurisprudenza di questa Corte, preclude l'esame nel merito
della questione, determinandone l'inammissibilita' (ex plurimis,
sentenze n. 153, n. 21 e n. 7 del 2020, n. 239 del 2019; ordinanza n.
261 del 2020).
6.- Alla luce delle considerazioni che precedono, le questioni
devono essere dichiarate inammissibili.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 186, comma 9-bis, del decreto legislativo 30
aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), aggiunto dall'art.
33, comma 1, lettera d), della legge 29 luglio 2010, n. 120
(Disposizioni in materia di sicurezza stradale), sollevate, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione e all'art. 29, secondo
comma, della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, adottata
dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948, dal
Giudice di pace di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 marzo 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'8 aprile 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA