CORTE COSTITUZIONALE 11 gennaio – 3 marzo 2021 SENTENZA N. 28
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Impiego pubblico - Impiego pubblico non contrattualizzato - Aspettativa per infermita' - Periodo massimo di diciotto mesi - Esclusione dal computo del termine, in caso di gravi patologie richiedenti terapie temporaneamente/parzialmente invalidanti, dei giorni di assenza per tali malattie, di quelli di ricovero ospedaliero o di day hospital e di quelli dovuti alle conseguenze certificate delle terapie - Omessa previsione - Violazione del principio di ragionevolezza - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, art. 68, terzo comma. - Costituzione, artt. 3 e 32.
(GU n.10 del 10-3-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 68, comma
3, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso
dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana
nel procedimento vertente tra P. M. e l'Universita' degli studi di
M., con ordinanza del 3 luglio 2019, iscritta al n. 195 del registro
ordinanze 2019 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 46, prima serie speciale, dell'anno 2019.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nelle camere di consiglio del 18 novembre 2020 e 11 gennaio
2021 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;
deliberato nella camera di consiglio dell'11 gennaio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana, con ordinanza del 3 luglio 2019, iscritta al n. 195 del
reg. ord. 2019, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 68, comma 3, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione.
2.- La suddetta norma e' sospettata di illegittimita'
costituzionale nella parte in cui «per il caso di "gravi patologie
che richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti"
non esclude dal computo dei consentiti 18 mesi di assenza per
malattia i periodi non computabili secondo l'art. 35, comma 14, del
c.c.n.l. 2006-2009 - comparto Universita', vale a dire i "giorni di
ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti
alle conseguenze certificate delle terapie"».
3.- Il rimettente premette che il TAR Sicilia, Catania, sezione
prima, era stato adito dalla professoressa P. M., ricercatrice
universitaria confermata, presso un dipartimento dell'Universita' di
M.
Alla stessa era stata diagnosticata una grave patologia che aveva
comportato la sottoposizione ad esami clinici, ad un intervento
chirurgico e, successivamente, a terapie salvavita (radioterapia e
terapia farmacologica).
Con decreto del rettore, l'Universita' aveva proceduto al recesso
datoriale dal rapporto di lavoro, per scadenza del periodo massimo di
aspettativa per motivi di salute.
Il TAR Sicilia, nel rigettare l'impugnazione del recesso, aveva
escluso che potesse trovare applicazione la disciplina contenuta nel
Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL) relativo al personale
del comparto Universita' per il quadriennio normativo 2006-2009, in
quanto il rapporto di lavoro dei docenti e dei ricercatori
universitari era sottoposto ad uno statuto speciale di diritto
pubblico, disciplinato dal d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382
(Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di
formazione nonche' sperimentazione organizzativa e didattica).
In particolare, la ricorrente aveva invocato l'applicazione
dell'art. 35, comma 14, del suddetto contratto collettivo, che
stabilisce che, in caso di gravi patologie che richiedano terapie
temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, sono esclusi dal
computo dei giorni di assenza per malattia, oltre ai giorni di
ricovero ospedaliero o di day hospital, anche quelli di assenza
dovuti alle conseguenze certificate delle terapie.
4.- Tanto premesso, il Consiglio di giustizia amministrativa ha
escluso l'applicabilita' alla fattispecie al suo esame della
disciplina contrattuale sopra richiamata, in quanto il rapporto di
pubblico impiego del ricercatore universitario non e' privatizzato, e
per l'assenza per malattia trova applicazione la disciplina
pubblicistica.
5.- Il giudice a quo ha ricordato che l'aspettativa per
infermita' nel rapporto di impiego pubblico e' disciplinata dagli
artt. 68 e 70 del d.P.R. n. 3 del 1957, che prevedono un periodo
massimo di assenza continuativa per malattia pari a 18 mesi, e un
periodo massimo cumulato di assenza per malattia e motivi di
famiglia, pari a due anni e mezzo nel quinquennio (con possibilita'
di estensione, su domanda, per altri sei mesi, e dunque per un totale
di tre anni), senza escludere dal computo i periodi di assenza per
grave patologia, per ricovero e intervento chirurgico e successive
terapie salvavita.
6.- Pertanto, si determinerebbe una disparita' di trattamento tra
dipendenti pubblici in regime di impiego privatizzato, e dipendenti
pubblici in regime di impiego non privatizzato, in danno di questi
ultimi, atteso che nel periodo massimo di assenza per malattia
vengono computati anche periodi di assenza per gravi patologie, come,
nella specie, quella oncologica.
Cio' darebbe luogo ad una «discriminazione rilevante ai sensi
degli artt. 3 e 32 Cost.».
A tale disparita' di trattamento non potrebbe ovviarsi facendo
diretta applicazione dell'art. 35, comma 14, del citato CCNL del
comparto Universita', trattandosi, come detto, di previsione che non
trova applicazione al rapporto di pubblico impiego non privatizzato.
Ne' la disparita' di trattamento sarebbe superabile attraverso
l'interpretazione costituzionalmente orientata degli artt. 68 e 70
del d.P.R. n. 3 del 1957, atteso che il testo normativo non consente
piu' opzioni ermeneutiche.
7.- Come si evince dalla complessiva prospettazione della
censura, la norma censurata violerebbe anche il principio di
ragionevolezza, in quanto, pur essendo volta a garantire il diritto
alla conservazione del posto di lavoro rispetto alle assenze per
malattia, non esclude dal computo del periodo di comporto le
cosiddette terapie salvavita, nei termini precisati dal rimettente.
8.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana ha affermato la rilevanza della questione poiche', se nel
periodo di assenza per malattia non fosse stato compreso il periodo
non computabile in base alla disposizione del contratto collettivo
del comparto Universita', la lavoratrice, che gia' aveva usufruito
dell'aspettativa per motivi diversi dalla malattia, non avrebbe perso
il posto di lavoro.
9.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha prospettato la non fondatezza della questione.
La difesa dello Stato, dopo aver ricordato che il rapporto di
lavoro dei dipendenti pubblici non contrattualizzati, tra cui i
ricercatori universitari, e' disciplinato dal d.P.R. n. 3 del 1957,
ha illustrato la disciplina sancita dall'art. 68, convenendo sul dato
che la stessa differisce da quella prevista dalla contrattazione
collettiva.
Tuttavia, cio' non darebbe luogo a disparita' di trattamento,
atteso che l'art. 68, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957, garantisce
in misura adeguata e ragionevole il diritto alla conservazione del
posto di lavoro.
Andrebbe, altresi', considerato l'interesse datoriale a potersi
valere della prestazione lavorativa, che e' resa anche allo scopo di
realizzare finalita' e valori costituzionalmente tutelati, connessi
non solo al buon andamento della pubblica amministrazione, quanto
piuttosto alla promozione e allo sviluppo della ricerca quali
interessi primari dello Stato, come sancito dagli artt. 9 e 33 Cost.
L'Avvocatura dello Stato ha rilevato, inoltre, che altri
contratti collettivi, sia del settore pubblico contrattualizzato, che
di quello privato, prevedono un minore periodo di comporto, e che
pertanto lo standard di tutela minima da assicurare non puo' essere
tratto da quella accordata dalla contrattazione collettiva; in
proposito, andrebbe considerato che l'art. 2110 del codice civile
consente una differente regolamentazione.
Considerato in diritto
1.- Il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione
Siciliana, con ordinanza del 3 luglio 2019, iscritta al n. 195 del
reg. ord. 2019, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 68, comma 3, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico
delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili
dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 32 della Costituzione.
2.- La norma e' sospettata di illegittimita' costituzionale nella
parte in cui «per il caso di "gravi patologie che richiedano terapie
temporaneamente e/o parzialmente invalidanti" non esclude dal computo
dei consentiti 18 mesi di assenza per malattia i periodi non
computabili secondo l'art. 35, comma 14, c.c.n.l. 2006-2009 -
comparto Universita', vale a dire i "giorni di ricovero ospedaliero o
di day hospital e quelli di assenza dovuti alle conseguenze
certificate delle terapie"».
3.- Deduce il rimettente che il periodo di assenza per malattia,
nel pubblico impiego non privatizzato, e' disciplinato dagli artt. 68
e 70 del d.P.R. n. 3 del 1957, che prevedono un periodo massimo di
assenza continuata pari a diciotto mesi, e un periodo massimo
cumulato di assenza per malattia e per motivi di famiglia, pari a due
anni e mezzo nel quinquennio (con possibilita' di una ulteriore
estensione, su domanda, per altri sei mesi, e dunque per un totale di
tre anni), senza escludere dal computo i periodi di assenza per grave
patologia, per ricovero e intervento chirurgico e successive terapie
salvavita, cio' che invece e' previsto per l'impiego pubblico
contrattualizzato.
A tal fine si prende in considerazione la disciplina dettata
dall'art. 35 del Contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL)
relativo al personale del comparto Universita' per il quadriennio
normativo 2006-2009 e il biennio economico 2006-2007, il cui comma
14, in particolare, prevede: «In caso di gravi patologie che
richiedano terapie temporaneamente e/o parzialmente invalidanti sono
esclusi dal computo dei giorni di assenza per malattia di cui al
comma 1 del presente articolo, oltre ai giorni di ricovero
ospedaliero o di day hospital anche quelli di assenza dovuti alle
conseguenze certificate delle terapie [...]».
Pertanto, si delineerebbe una disparita' di trattamento tra le
due categorie di dipendenti pubblici, una «discriminazione rilevante
ai· sensi degli artt. 3 e 32 Cost.».
3.1.- La norma censurata, come emerge dall'esame complessivo
delle deduzioni svolte dal rimettente, violerebbe anche il principio
di ragionevolezza, in quanto, sebbene intenda garantire il diritto
alla conservazione del posto di lavoro rispetto alle assenze per
malattia, non tiene conto delle situazioni derivanti dalle moderne
terapie salvavita, caratterizzate dalla obbiettiva impossibilita' di
adempiere ai doveri d'ufficio.
4.- Va premesso che per i dipendenti pubblici, cosi' come per i
lavoratori del settore privato, la malattia come causa di sospensione
del rapporto di lavoro trova la sua regolazione nell'art. 2110 del
codice civile, il quale, nell'affermare in via di principio la
conservazione del posto di lavoro ed il relativo trattamento
economico, rinvia per gli aspetti quantitativi e temporali alla legge
o al contratto collettivo di riferimento.
E' dunque possibile che fra le due discipline emergano differenze
anche sostanziali; ed e' cio' che in effetti accade nel caso di
specie in ordine al riconoscimento del cosiddetto periodo di
comporto.
5.- Venendo al merito della questione sollevata, non puo'
condividersi l'assunto del rimettente che tale differenza sarebbe
lesiva dell'art. 3 Cost. sotto il profilo del principio di
uguaglianza.
5.1.- Si deve osservare, in linea generale, che i due tipi di
rapporto di lavoro che vengono in rilievo presentano caratteristiche
strutturali che con l'andare del tempo si sono sempre piu'
differenziate, e cio' lungi dal potersi considerare una anomalia,
suscettibile di censura ai sensi del principio di uguaglianza,
risponde alle obiettive differenze di status, legate al carattere
privatizzato o meno del rapporto.
E' questo, in particolare, che e' avvenuto nel caso di specie in
cui esistono due diverse discipline delle complessive relazioni fra
malattia e rapporto di lavoro, discipline espressione di delicati
punti di equilibrio, che sono legati alle specificita' del relativo
rapporto, e che pertanto non sono suscettibili di un confronto
diretto.
5.2.- A maggior ragione poi non e' possibile prendere in
considerazione il trattamento del particolare profilo qui in esame,
elevando il contenuto di una delle due discipline - nella specie
quella contrattuale - a tertium comparationis, non essendo in alcun
modo possibile una sua valutazione isolata dal contesto.
6.- Tuttavia il mancato riconoscimento del periodo di comporto
manifesta una intrinseca irrazionalita' che lo rende
costituzionalmente illegittimo per violazione, sotto questo diverso
profilo, dell'art. 3 Cost., con assorbimento del residuo parametro
(art. 32 Cost.).
7.- Esso infatti e' la manifestazione di un ritardo storico del
legislatore rispetto alla contrattazione collettiva.
Quest'ultima (il CCNL del comparto Universita' non e' isolato al
riguardo), con la sua naturale dinamicita', e' stata in grado di
tener conto del progressivo sviluppo dei protocolli di cura per le
gravi patologie, e in particolare delle cosiddette terapie salvavita
con i loro pesanti effetti invalidanti; cio' al contrario non e'
avvenuto per la disciplina normativa, che, risalente ad anni ormai
lontani, non e' piu' adeguata al contesto attuale, caratterizzato -
come si e' detto - dalla profonda evoluzione delle terapie.
8.- Ne' puo' affermarsi - come prospettato dalla difesa dello
Stato - che i principi di cui agli artt. 9 e 33 Cost., trattandosi,
nel caso di specie, di personale docente universitario, impedirebbero
una cosi' prolungata assenza dal servizio.
E' vero, infatti, che i valori protetti da questi articoli sono
meritevoli della massima considerazione, ma non possono costituire un
ostacolo alla stabilita' del rapporto di lavoro.
9.- Pertanto, va dichiarata l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 68, comma 3, del d.P.R. n. 3 del 1957, nella parte in cui,
per il caso di gravi patologie che richiedano terapie temporaneamente
e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo dei consentiti
diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di ricovero
ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti alle
conseguenze certificate delle terapie.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 68, comma 3,
del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni
concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), nella
parte in cui, per il caso di gravi patologie che richiedano terapie
temporaneamente e/o parzialmente invalidanti, non esclude dal computo
dei consentiti diciotto mesi di assenza per malattia i giorni di
ricovero ospedaliero o di day hospital e quelli di assenza dovuti
alle conseguenze certificate delle terapie.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
e Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 3 marzo 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
