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CODICE DELLA PRIVACY E DIRITTO ALL’OBLIO: Trattamento di dati personali, istanza di oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi riportati in sentenza o altro provvedimento.

Di Paola Daniela C. C.

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 2^, 31/01/2020 (Ud. 18/10/2019), Sentenza n.4145

CODICE DELLA PRIVACY E DIRITTO ALL’OBLIO – Trattamento di dati personali – Oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato riportati sulla sentenza o altro provvedimento – C.d. “procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali” – Necessità di “motivi legittimi” – Art. 52, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e ss.mm..

In tema di trattamento di dati personali, l’istanza, volta all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato riportati sulla sentenza o altro provvedimento, si riferisce unicamente all’atto deliberativo del “relativo grado di giudizio”, secondo quanto indicato dall’art. 52, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Ne discende, nel caso in esame, che non può esaminarsi la richiesta di oscuramento, formulata con riguardo alle pronunciate sentenze di merito.

(dich. inammissibile il ricorso avverso sentenza n. 36674/2017, emessa dalla CORTE D’APPELLO DI VENEZIA il 31/10/2017) Pres. CERVADORO, Rel. PACILLI, Ric. Ratto Trabucco

In merito all’istanza di oscuramento, va ricordato (Corte di Cassazione Sez. 6, n. 11959 del 15/2/2017) che, in tema di trattamento dei dati personali, la richiesta di oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato, riportati sulla sentenza o altro provvedimento, di cui all’art. 52, comma primo, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, deve essere fondata su “motivi legittimi”, da intendersi quali “motivi opportuni”.

Fermo restando che l’accoglimento della richiesta medesima interverrà ogniqualvolta l’A.G. ravviserà un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell’amministrazione della giustizia in nome del popolo, massimamente in ambito penale in cui, in ragione degli interessi in gioco, l’intera celebrazione del processo – ivi compresa, dunque, la fase dell’istruttoria dibattimentale – si svolge in forma pubblica (salvo motivato provvedimento in deroga da parte del giudice procedente), si è precisato che, al fine di individuare le ragioni dell’istanza de qua, interessanti indicazioni si traggono dalle linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, “in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica”, pubblicate sulla G.U. n. 2 del 4 gennaio 2011, in cui al punto 3, con specifico riferimento alla c.d. “procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali” di cui all’art. 52, commi da 1 a 4, del d. Igs. n. 196/2003, si indicano possibili ”motivi legittimi”, in grado di fondare la relativa richiesta (ovvero di indurre l’A.G. a provvedere d’ufficio), nella “particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)”, ovvero nella “delicatezza della vicenda oggetto del giudizio”.

Per ciò che concerne i “dati sensibili” – discendendo la loro individuazione direttamente dalla legge – che, all’art. 4 co. 1 lett. d) del d. Lgs. n. 196/2003, li definisce come “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale” – può affermarsi che nessuno di essi viene in considerazione ed è dunque messo a repentaglio nel caso in questione in cui vengono in rilievo certificati medici ma solo nel loro aspetto dell’accertata falsità.

Quanto, poi, alla “delicatezza” della vicenda per cui è processo, posto che – come osserva lo stesso Garante – essa va ravvisata nella peculiarità del caso e della capacità, insita nella diffusione dei dati relativi, di riverberare “negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell’interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo)”, così andando ad incidere pesantemente sul diritto alla riservatezza del singolo, si osserva che la presente fattispecie non può definirsi delicata, come reso evidente, del resto, dal mancato richiamo alla delicatezza della vicenda da parte dello stesso ricorrente.

Deve aggiungersi che, come già affermato da questa Corte (Sez. 6, n. 41566 del 5/4/2013, Rv. 257796), in tema di trattamento di dati personali, l’istanza, volta all’oscuramento delle generalità e degli altri dati identificativi dell’interessato riportati sulla sentenza o altro provvedimento, si riferisce unicamente all’atto deliberativo del “relativo grado di giudizio”, secondo quanto indicato dall’art. 52, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

Nel caso in esame, non è stata esaminata la richiesta di oscuramento, formulata con riguardo alle pronunciate sentenze di merito.