CORTE COSTITUZIONALE 25 gennaio – 17 marzo 2021 SENTENZA N. 41
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Ordinamento giudiziario - Giudici onorari - Conferimento dello status di componenti dei collegi delle corti d'appello (c.d. giudici ausiliari) - Applicazione della riforma fino a quando non sara' completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017 - Omessa previsione - Violazione della limitazione dell'accesso dei magistrati onorari alle sole funzioni attribuite a giudici singoli - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, artt. da 62 a 72. - Costituzione, artt. 102, primo comma, e 106, primo e secondo comma.
(GU n.11 del 17-3-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli articoli da 62 a
72 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per
il rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella
legge 9 agosto 2013, n. 98, promossi dalla Corte di cassazione con
due ordinanze del 9 dicembre 2019, iscritte, rispettivamente, ai
numeri 84 e 96 del registro ordinanze 2020 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 28 e 34, prima serie
speciale, dell'anno 2020.
Visti gli atti di costituzione di Daniele Vetrano, di Ernesta
D'Alessio e Giuliana D'Alessio, in proprio e nella qualita' di eredi
di Paolina Orlandi, e della UnipolSai Assicurazioni spa, nonche' gli
atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e,
quelli fuori termine, di Ambruosi Paola e altri;
udito nell'udienza pubblica del 13 gennaio 2021 il Giudice
relatore Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati Carlo Testa per Daniele Vetrano, e per Ernesta
D'Alessio e Giuliana D'Alessio, in proprio e nella qualita' di eredi
di Paolina Orlandi, Giovanni Gori per la UnipolSai Assicurazioni spa
e l'avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del
Consiglio dei ministri, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai
sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 30
ottobre 2020;
deliberato nella camera di consiglio del 25 gennaio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 84 del 2020), la
Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. 62, comma 1; 65, commi 1 e 4; 66; 67,
commi 1 e 2; 68, comma 1, e 72, comma 1, del decreto-legge 21 giugno
2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia),
convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98,
nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario di appello lo
status di componente dei collegi delle sezioni della corte d'appello,
in riferimento all'art. 106, secondo comma, della Costituzione ed
agli artt. l02, primo comma, e 106, primo comma, Cost.
La Corte rimettente riferisce che era impugnata dinanzi a se' una
sentenza della corte d'appello in materia di responsabilita' civile
per la verificazione di un sinistro stradale e, tra i motivi di
ricorso, ne veniva dedotta la nullita' ai sensi dell'art. 158 del
codice di procedura civile, avendo partecipato al collegio un giudice
ausiliario d'appello, sul presupposto dell'illegittimita'
costituzionale degli articoli da 62 a 72 della legge n. 98 del 2013,
di conversione, appunto, del decreto-legge istitutivo di tale figura
di giudice onorario, per contrasto con gli artt. 3; 25, primo comma,
e 106, secondo comma, Cost.
La Corte di cassazione, in punto di rilevanza, evidenzia che
l'accoglimento delle questioni inciderebbe sulla decisione, poiche'
comporterebbe l'annullamento della sentenza impugnata per vizio di
costituzione del giudice.
Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo osserva
che le norme censurate, nell'istituire e disciplinare la nuova figura
del giudice ausiliario di appello, potrebbero contrastare con l'art.
106, secondo comma, Cost., laddove stabilisce che i giudici onorari
possono essere nominati per tutte le funzioni attribuite a «giudici
singoli» e cio' in quanto, a dispetto della stessa giurisprudenza
costituzionale che ha ritenuto legittima la partecipazione di giudici
onorari ai collegi solo in via temporanea o a fronte di circostanze
di carattere eccezionale, il giudice ausiliario d'appello istituito
dal d.l. n. 69 del 2013, come convertito, e' incardinato naturaliter
presso un organo collegiale, all'interno del quale esercita
direttamente le relative funzioni giurisdizionali, essendo tenuto a
definire, anche in qualita' di relatore, almeno novanta procedimenti
per anno, senza peraltro incontrare, almeno sul piano normativo,
alcun limite, di materia e di valore, nell'assegnazione dei
procedimenti civili, con l'eccezione dei soli procedimenti trattati
dalla corte d'appello in unico grado.
L'ordinanza di rimessione sottolinea che il dubbio di
legittimita' costituzionale potrebbe essere vieppiu' corroborato
tenendo conto di altre previsioni della Costituzione, come gli artt.
106, primo comma, e 102, primo comma, dalle quali potrebbe evincersi
un'ineludibile scelta per l'affidamento in via generale
dell'esercizio della giurisdizione ai magistrati professionali. Ne
deriverebbe che il secondo comma dell'art. 106 Cost. non potrebbe
essere interpretato nel senso di legittimare l'assegnazione ai
giudici onorari di tutte le funzioni che un giudice di carriera puo'
esercitare in quanto tale, comprese quelle di componente di un organo
collegiale, senza trasmodare i limiti entro i quali la Costituzione
ha consentito, in via eccezionale, che giudici onorari possano
partecipare all'esercizio della funzione giurisdizionale.
1.1.- Con atto depositato il 22 luglio 2020 si e' costituito nel
giudizio di legittimita' costituzionale Daniele Vetrano,
sottolineando l'evidente contrasto delle norme istitutive del giudice
onorario d'appello - figura «ibrida», non costituzionalmente
prevista, tra il magistrato onorario di cui al secondo comma
dell'art. 106 Cost. ed i consiglieri della Corte di cassazione
nominati per meriti insigni ai sensi del terzo comma dello stesso
articolo - con i limiti contemplati dal Costituente per l'esercizio
delle funzioni giurisdizionali da parte dei giudici onorari,
dovendosi intendere, anche alla luce dei lavori preparatori, che la
locuzione «giudici singoli» vada riferita alle figure di giudici
monocratici all'epoca esistenti.
1.2.- Con atto depositato il 28 luglio 2020 si e' costituita nel
giudizio di legittimita' costituzionale la societa' UnipolSai
Assicurazioni spa, la quale ha evidenziato la non fondatezza delle
questioni sollevate in quanto l'istituzione, per un periodo
temporaneo, dei giudici ausiliari d'appello sarebbe giustificata
dall'esigenza di fronteggiare l'eccezionale arretrato pendente
dinanzi alla corti d'appello, e quindi coerente con i limiti entro i
quali, secondo la stessa giurisprudenza costituzionale, e' ammessa la
partecipazione dei giudici onorari ai collegi ai sensi dell'art. 106,
secondo comma, Cost.
Le questioni dovrebbero, inoltre, ritenersi non fondate, anche in
ragione della necessita' di bilanciamento con altri valori di
rilevanza costituzionale, quali il buon andamento della pubblica
amministrazione (art. 97 Cost.) e la ragionevole durata del processo
(art. 111 Cost.).
1.3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, deducendo la non fondatezza delle questioni di legittimita'
costituzionale dovendo effettuarsi un'interpretazione evolutiva
dell'art. 106, secondo comma, Cost., alla luce delle rilevanti
riforme dell'ordinamento giudiziario intervenute nel tempo. In
particolare, secondo la prospettazione della difesa statale, con il
decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di
istituzione del giudice unico di primo grado) sarebbe venuta meno la
distinzione, al contrario netta all'epoca dell'emanazione della
Costituzione, tra uffici giudiziari monocratici ed uffici giudiziari
collegiali, poiche', specie in tribunale, i giudici svolgono funzioni
sia monocratiche che di componenti dei collegi. Peraltro, le
attribuzioni del giudice unico di tribunale non sono piu' limitate
alla cosiddetta giustizia minore, ne' la collegialita' dell'appello
ha copertura costituzionale.
L'Avvocatura generale dello Stato sottolinea, inoltre, che le
norme istitutive dei giudici onorari d'appello si pongono nel solco
della giurisprudenza costituzionale sull'art. 106, secondo comma,
Cost. (vengono citate le sentenze n. 99 del 1964 e n. 103 del 1998),
in quanto si limitano a contemplare una temporanea collaborazione
esterna di tali giudici onorari, a fronte di una situazione di
eccezionale arretrato, volta a supportare l'attivita' dei giudici
professionali, "innestando" gli stessi in collegi che vedono, per
espressa previsione normativa, la presenza maggioritaria di
magistrati professionali.
2.- Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 96 del 2020), la
Corte di cassazione ha sollevato questioni di legittimita'
costituzionale degli articoli da 62 a 72 del d.l. n. 69 del 2013,
come convertito, in riferimento all'art. 106, secondo comma, Cost.,
trattandosi di norme che prevedono e regolano l'attribuzione ad un
magistrato onorario, quale ausiliario di corte d'appello, delle
funzioni di giudice collegiale, in luogo di quelle di "giudice
singolo" costituzionalmente imposte.
La Corte rimettente riferisce che era impugnata una sentenza
della corte d'appello in materia di responsabilita' per la
verificazione di un sinistro stradale e, tra i motivi di ricorso, era
fatta valere la nullita' di tale decisione per vizio di costituzione
del giudice ex art. 158 cod. proc. civ., avendo partecipato al
collegio un giudice ausiliario, sul presupposto dell'illegittimita'
costituzionale degli articoli da 62 a 72 del d.l. n. 69 del 2013,
come convertito, per contrasto con gli artt. 3; 25, primo comma, e
106, secondo comma, Cost.
La Corte di cassazione ritiene rilevanti e non manifestamente
infondate le questioni di legittimita' costituzionale degli articoli
da 62 a 72 del suddetto decreto-legge.
Ripercorsa sinteticamente la disciplina introdotta da tali
previsioni normative, in punto di rilevanza, il Collegio a quo
sottolinea che l'accoglimento delle questioni inciderebbe sulla
pronuncia impugnata in modo evidente, comportandone l'annullamento
per vizio di costituzione del giudice.
Con riguardo alla non manifesta infondatezza, la Corte rimettente
ricorda che, sebbene l'art. 106, secondo comma, Cost. consenta la
nomina di magistrati ordinari solo per tutte le funzioni attribuite
ai «giudici singoli», ormai da lungo tempo, e' consentita
l'attribuzione agli stessi della funzione di giudice collegiale nei
tribunali ordinari in base ad un'interpretazione consolidata,
condivisa dalla stessa giurisprudenza costituzionale, ove ricorrano
esigenze temporanee o situazioni emergenziali e purche' cio' non
incida sullo status del magistrato.
Cio' premesso la Corte rimettente assume che gli artt. 62 e
seguenti del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, potrebbero essersi
spinti ancora oltre, inserendo i giudici onorari in un ufficio
giudiziario che decide sempre in composizione collegiale, come la
corte d'appello. La non manifesta infondatezza del dubbio di
legittimita' costituzionale deriva, di qui, soprattutto dalla
circostanza che - salvo ritenere pleonastico l'utilizzo da parte
dell'art. 106, secondo comma, Cost. del termine «singoli» accanto a
quello di giudici - non potrebbe essere giustificato uno stabile
esercizio di funzioni collegiali, totalmente assimilabili a quelle
dei consiglieri di corte d'appello, da parte dei giudici onorari.
2.1.- Con atto depositato il 22 luglio 2020 si e' costituita nel
giudizio di legittimita' costituzionale Ernesta D'Alessio,
sottolineando l'evidente contrasto delle norme istitutive dei giudici
ausiliari d'appello con i limiti contemplati dal Costituente per
l'esercizio delle funzioni giurisdizionali da parte dei giudici
onorari, dovendosi intendere, anche alla luce dei lavori preparatori,
che il riferimento ai «giudici singoli» avesse riguardo ai giudici
monocratici, precludendo l'ingresso di "estranei" nei collegi
giudicanti.
2.2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale, deducendo
la non fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale,
dovendo effettuarsi un'interpretazione evolutiva dell'art. 106,
secondo comma, Cost. alla luce delle rilevanti riforme
dell'ordinamento giudiziario, intervenute negli anni, che hanno fatto
venir meno, in particolare con il d.lgs. n. 51 del 1998 istitutivo
del giudice monocratico di tribunale, la distinzione, invece netta
all'epoca dell'emanazione della Costituzione, tra uffici giudiziari
monocratici ed uffici giudiziari collegiali, poiche', attualmente,
specie in tribunale, i giudici svolgono congiuntamente tanto funzioni
monocratiche quanto collegiali.
Peraltro, le attribuzioni del giudice unico di tribunale non sono
piu' limitate, ormai, alla cosiddetta giustizia minore, ne' la
collegialita' dell'appello ha copertura costituzionale.
L'Avvocatura generale sottolinea, poi, che le norme istitutive
dei giudici onorari d'appello si pongono in linea con la
giurisprudenza costituzionale sull'art. 106, secondo comma, Cost.
(sono citate le sentenze n. 99 del 1964 e n. 103 del 1998), poiche'
si limitano a contemplare una temporanea collaborazione esterna di
tali giudici onorari, volta a supportare, a fronte di un eccezionale
arretrato, l'attivita' dei giudici professionali, "innestando" gli
stessi in collegi che vedono, per espressa previsione normativa, la
presenza maggioritaria di magistrati professionali.
3.- Con atto pervenuto a mezzo posta elettronica certificata
d'urgenza in data 11 gennaio 2021, sono intervenuti ad opponendum, in
entrambi i giudizi, Ambruosi Paola ed altri trentasei giudici
ausiliari in servizio presso diverse corti d'appello.
Sul piano processuale, gli stessi hanno premesso che il termine
stabilito dall'art. 4, comma 4, delle Norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale deve ritenersi meramente
acceleratorio ed hanno evidenziato che le osservazioni critiche
formulate alle ordinanze di rimessione dagli stessi, tutti giudici
ausiliari e quindi portatori di un «unificante interesse collettivo»,
possono in ogni caso valere quali opinioni ai sensi dell'art. 4-ter
delle medesime Norme integrative. Nel merito, i predetti giudici
ausiliari hanno dedotto di essere stati selezionati a seguito di un
concorso per titoli che li rende adeguati sul piano delle capacita'
allo svolgimento delle funzioni demandate ai medesimi e che,
peraltro, la loro istituzione non si pone in contrasto con gli
evocati parametri costituzionali. Secondo quanto prospettato, in
primo luogo, l'espressione «giudici singoli» di cui all'art. 106,
secondo comma, Cost. non dovrebbe ritenersi equivalente a quella di
"giudici monocratici", consentendo cosi' ai giudici onorari - ferma
la diversita' sul piano strutturale degli stessi rispetto ai giudici
togati - di svolgere tutte le funzioni proprie dei singoli giudici,
comprese quelle di componenti dei collegi e cio' vieppiu' ove tale
compito sia funzionale a perseguire l'obiettivo, costituzionalmente
rilevante, di ridurre la durata dei processi come nella fattispecie
considerata dagli artt. 62 e seguenti del d.l. n. 69 del 2013. In
secondo luogo, l'art. 102, primo comma, Cost., laddove attribuisce la
funzione giurisdizionale a magistrati ordinari istituiti e regolati
dalle norme sull'ordinamento giudiziario, non esclude, ma anzi
ricomprende, tra essi i giudici onorari.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 84 del 2020), la
Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento agli artt. 106,
primo e secondo comma, e 102, primo comma, della Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. 62, comma 1; 65,
commi 1 e 4; 66; 67, commi 1 e 2; 68, comma 1, e 72, comma 1, del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9
agosto 2013, n. 98, nella parte in cui conferiscono ai giudici
ausiliari di appello lo status di componenti dei collegi delle
sezioni della corte d'appello come magistrati onorari.
La Corte rimettente assume che le norme censurate - le quali
istituiscono e disciplinano la nuova figura di «giudici ausiliari» -
violano l'art. 106, secondo comma, Cost., che stabilisce che i
giudici onorari possono essere nominati solo per tutte le funzioni
attribuite a giudici singoli. Cio' in quanto, in contrasto con la
giurisprudenza costituzionale che ha ritenuto legittima la
partecipazione di giudici onorari ai collegi esclusivamente in via
temporanea o a fronte di circostanze di carattere eccezionale, il
giudice ausiliario d'appello e' incardinato naturaliter presso un
ufficio giudiziario collegiale, all'interno del quale esercita
funzioni giurisdizionali, essendo tenuto a definire, anche in
qualita' di relatore, almeno novanta procedimenti civili per anno,
senza la previsione, sul piano normativo, di alcun limite, di materia
e di valore, nell'assegnazione dei procedimenti, se non per quelli
trattati dalla corte d'appello in unico grado.
L'ordinanza di rimessione sottolinea che il dubbio di
legittimita' costituzionale sorge anche in riferimento agli artt.
106, primo comma, e 102, primo comma, Cost., dai quali si evince
un'ineludibile scelta del Costituente per l'affidamento, in via
generale, dell'esercizio della giurisdizione ai magistrati
professionali togati.
2.- Con ordinanza del 9 dicembre 2019 (r.o. n. 96 del 2020), la
Corte di cassazione ha sollevato, in riferimento all'art. 106,
secondo comma, Cost., questioni di legittimita' costituzionale degli
articoli da 62 a 72 dello stesso d.l. n. 69 del 2013, come
convertito, in quanto, nel complesso, prevedono e regolano
l'attribuzione a un magistrato onorario, quale ausiliario di corte
d'appello, delle funzioni di giudice collegiale, in luogo di quelle
di "giudice singolo", le sole consentite dall'invocato parametro.
La Corte rimettente osserva che l'attribuzione a giudici onorari
della funzione di giudice collegiale nei tribunali ordinari e'
ritenuta legittima nella giurisprudenza costituzionale solo se
ricorrono esigenze temporanee o situazioni eccezionali e senza che
cio' incida sullo status del magistrato.
Il giudice a quo assume che le disposizioni censurate avrebbero
travalicato i limiti delle funzioni che possono essere svolte dalla
magistratura onoraria, quali risultanti anche dall'elaborazione della
giurisprudenza costituzionale, in quanto i giudici ausiliari sono
stati incardinati in un ufficio giudiziario, come la corte d'appello,
che decide sempre in composizione collegiale e di norma nel grado di
impugnazione, con il conseguente svolgimento, da parte degli stessi,
di funzioni del tutto assimilabili a quelle dei consiglieri delle
corti d'appello.
3.- In via preliminare, va considerato l'atto, denominato
«intervento/opinioni», con il quale in data 11 gennaio 2021, in
prossimita' dell'udienza pubblica, alcuni giudici ausiliari d'appello
hanno espresso la propria posizione sulle questioni di legittimita'
sollevate dalle due ordinanze della Corte di cassazione. Esso
costituisce non gia' un atto di intervento, che comunque sarebbe
inammissibile sotto plurimi profili, bensi' un'opinione riconducibile
alla figura degli amici curiae.
Come tale, l'opinione e' parimenti inammissibile in quanto, in
disparte ogni altra ragione, e' tardiva rispetto al termine di venti
giorni dalla pubblicazione delle ordinanze di rimessione, a tal fine
previsto dall'art. 4-ter, comma 1, delle Norme integrative per i
giudizi davanti alla Corte costituzionale.
4.- Le questioni sollevate dalle due ordinanze di rimessione in
massima parte si sovrappongono sia quanto alle disposizioni
censurate, sia quanto ai parametri evocati, e sono comunque
oggettivamente connesse.
Devono quindi essere riuniti i relativi due giudizi incidentali.
5.- Va preliminarmente affermato che sussistono le condizioni di
ammissibilita' delle questioni di costituzionalita' sollevate da
entrambe le ordinanze di rimessione sul piano della rilevanza.
Indubbio e' infatti che le disposizioni censurate condizionano la
ritualita' della costituzione del giudice, ai sensi dell'art. 158 del
codice di procedura civile, delle pronunce impugnate nei giudizi a
quibus, in quanto emesse da un collegio della corte d'appello con la
partecipazione di un giudice ausiliario (ex multis, Corte di
cassazione, sezione terza civile, sentenza 19 settembre 2014, n.
19741); ritualita' contestata dalle parti ricorrenti in entrambi i
giudizi di cassazione con distinto motivo di impugnazione.
La non manifesta infondatezza dei dubbi di legittimita'
costituzionale e' diffusamente e puntualmente argomentata nelle
ordinanze di rimessione.
I dubbi di legittimita' costituzionale sollevati dalla Corte di
cassazione si fondano, essenzialmente, sulla circostanza che la
stabile destinazione dei giudici ausiliari di cui agli artt. 62 e
seguenti del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, rientranti nella
categoria dei giudici onorari, alla composizione dei collegi nelle
corti d'appello, uffici presso i quali gli stessi sono istituiti in
piante organiche ad esaurimento, potrebbe contrastare soprattutto con
l'art. 106, secondo comma, Cost.; norma che, anche alla luce della
giurisprudenza costituzionale, consentirebbe la partecipazione di
giudici onorari ai collegi soltanto in via temporanea e per far
fronte a situazioni eccezionali.
Inoltre, l'ordinanza iscritta al r.o. n. 84 del 2020 sottolinea
che il dubbio di legittimita' costituzionale sarebbe vieppiu'
corroborato tenendo conto di altre previsioni della Costituzione,
come gli artt. 106, primo comma, e 102, primo comma, che prefigurano
una chiara scelta per l'affidamento in via generale dell'esercizio
della giurisdizione ai soli magistrati professionali. In sostanza, il
secondo comma dell'art. 106 Cost. non potrebbe essere interpretato
nel senso di legittimare l'assegnazione ai giudici onorari di tutte
le funzioni che un giudice di carriera puo' esercitare in quanto
tale, comprese quelle di componente di un organo collegiale, senza
trasmodare i limiti entro i quali la Costituzione ha consentito, in
via eccezionale, che giudici onorari possano partecipare
all'esercizio della funzione giurisdizionale.
6.- All'esame delle questioni e' opportuno premettere una
sintetica ricostruzione del quadro normativo di riferimento.
Nel dichiarato intento di ridurre la durata dei giudizi civili
dinanzi alle corti d'appello, al fine di raggiungere gli obiettivi
indicati nei programmi di gestione di cui all'art. 37 del
decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la
stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, nella
legge 15 luglio 2011, n. 111, le norme censurate hanno istituito
l'inedita figura dei giudici ausiliari d'appello, aventi il compito
di integrare i collegi e di redigere un certo numero di decisioni per
ciascun anno.
In particolare, l'art. 63 del d.l. n. 69 del 2013 prevede la
nomina, con decreto del Ministro della giustizia, previa
deliberazione del Consiglio superiore della magistratura (CSM), di un
numero complessivo massimo in origine determinato in 400 giudici
ausiliari, selezionati tra magistrati e avvocati dello Stato a
riposo, professori, ricercatori universitari e avvocati, in base ad
alcuni titoli, tra i quali ha assunto infine rilievo preferenziale,
in sede di conversione, quello di avvocato, con prevalenza dei
candidati piu' giovani, purche' iscritti all'albo da almeno un
quinquennio.
I giudici ausiliari, distribuiti tra le diverse corti d'appello
operanti sul piano nazionale in virtu' di una pianta organica ad
esaurimento determinata con decreto del Ministro della giustizia,
sentito il CSM, con l'indicazione dei posti disponibili per ciascuna
di esse ed entro il limite massimo di 40 per ufficio (art. 65, comma
1, del predetto decreto), sono nominati per cinque anni, prorogabili
una sola volta per il medesimo periodo, seguendo il procedimento
contemplato per la nomina (art. 67, commi 1 e 2, del decreto).
Pertanto la destinazione "naturale" dei giudici ausiliari e' la
composizione dei collegi delle corti d'appello, presso le quali gli
stessi sono incardinati in un ruolo ad esaurimento.
L'unica limitazione contemplata sul piano normativo rispetto
all'attivita' di tali giudici e' quella di cui all'art. 62, comma 2,
del d.l. n. 69 del 2013, per la quale gli stessi non possono essere
chiamati a comporre i collegi nei quali la corte d'appello decide in
unico grado di merito, fatta eccezione per il procedimento per
l'ottenimento dell'equa riparazione in caso di violazione del termine
ragionevole del processo, previsto dalla legge 24 marzo 2001, n. 89
(Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine
ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di
procedura civile).
L'art. 68, comma 1, dello stesso d.l. n. 69 del 2013 prevede,
inoltre, che i giudici togati costituiscono la maggioranza del
collegio, del quale puo' fare parte un solo giudice ausiliario.
Al fine di preservarne l'autonomia, l'art. 69 del medesimo
decreto stabilisce che i giudici ausiliari d'appello non possono
operare nel distretto nel quale sono iscritti al momento della nomina
o sono stati iscritti nei cinque anni precedenti e sono obbligati ad
astenersi - e, quindi, sono ricusabili ove non lo facciano - oltre
che nelle ipotesi disciplinate dall'art. 51 cod. proc. civ., anche in
quella in cui siano stati associati o comunque collegati, mediante il
coniuge, i parenti o altre persone, con lo studio professionale di
cui ha fatto parte o fa parte il difensore di una delle parti. I
giudici ausiliari d'appello devono inoltre astenersi quando abbiano
in precedenza assistito, nella qualita' di avvocato, una delle parti
in causa o uno dei difensori ovvero abbiano svolto attivita'
professionale come notaio per una delle parti in causa o uno dei
difensori (art. 70 del d.l. n. 69 del 2013).
Oltre alla possibilita' di proroga quinquennale, i giudici
ausiliari sono sottoposti ad una conferma annuale finalizzata ad una
costante verifica dell'attivita' svolta dagli stessi (art. 71 del
d.l. n. 69 del 2013).
Infine l'art. 72, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013 prevede
espressamente che «i giudici ausiliari acquisiscono lo stato
giuridico di magistrati onorari».
7.- Su un piano piu' generale, e' anche opportuno ripercorrere
brevemente, per l'inquadramento giuridico delle questioni sollevate
dalle ordinanze di rimessione, i momenti caratterizzanti le riforme
della magistratura onoraria nel nostro sistema processuale.
Le prime figure di giudici onorari, introdotte dopo l'Unita'
d'Italia dal regio decreto 6 dicembre 1865, n. 2626, sull'ordinamento
giudiziario, furono il vice pretore onorario ed il conciliatore.
In particolare, il vice pretore onorario era un funzionario non
togato escluso dalla carriera giudiziaria, in origine abilitato solo
a tentare la conciliazione delle controversie, al quale
successivamente e' stata attribuita un'area di competenza in materia
contenziosa civile e penale limitata alla cosiddetta giustizia
minore. La funzione caratterizzante, gia' all'epoca, tale giudice
onorario - reclutato fra i laureati in giurisprudenza che avevano
compiuto ventuno anni, i notai ed i procuratori esercenti nominati
con decreto reale - era quella di coadiuvare il pretore
nell'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Il giudice conciliatore era nominato dal Re su proposta dei
consigli comunali tra cittadini che, a prescindere da qualificazioni
di tipo giuridico, avevano compiuto i venticinque anni di eta' ed
erano residenti nel Comune. L'incarico, di durata triennale, era
onorario e svolto a titolo gratuito, ma utile ai fini del successivo
accesso al pubblico impiego. In origine il conciliatore poteva, se
non riusciva a procurare l'amichevole composizione della lite tra le
parti, decidere egli stesso la controversia, entro ambiti molto
limitati di competenza che furono, tuttavia, successivamente
ampliati.
Il conciliatore apporto' negli anni un significativo ausilio ai
giudici professionali ai quali furono cosi' affidate un numero
percentualmente limitato di controversie al punto che, sin dalla fine
dell'Ottocento, e per i primi decenni del Novecento, lo stesso
definiva una parte percentualmente molto elevata del contenzioso in
materia civile (con punte che arrivavano ad oltre l'80 per cento).
Pertanto, al momento della redazione della Costituzione, queste
due "figure" di giudici onorari (conciliatore e vice pretore
onorario) erano entrambe inserite nell'ambito di uffici giudiziari
monocratici, mentre i tribunali decidevano in composizione
esclusivamente collegiale e vi erano addetti solo magistrati di
carriera, in sostanziale continuita' con l'assetto precedente.
Anche dopo l'entrata in vigore della Costituzione, il giudice
conciliatore ha continuato a non dover possedere particolari
requisiti tecnico-giuridici, e, costituito in ogni Comune, era
nominato dal CSM tra i cittadini italiani residenti nel medesimo
Comune idonei ad assolvere degnamente, per requisiti di indipendenza,
carattere e prestigio, le funzioni di magistrato onorario. La carica
durava tre anni, rinnovabili. La competenza del giudice conciliatore
era limitata alla giustizia civile minore e ricomprendeva alcune
materie considerate bagattellari.
La figura dei conciliatori - che pure aveva avuto notevole
dignita' e rilievo tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del
Novecento, sia per la capillare distribuzione sul territorio sia per
il volume di affari trattati - e' andata incontro, nei decenni
successivi all'entrata in vigore della Costituzione, per una
pluralita' di fattori, a una progressiva decadenza che ha finito con
l'invertire la proporzione nella distribuzione della crescente
domanda di giustizia tra magistratura onoraria e togata nel
contenzioso civile di primo grado.
La sfiducia nel conciliatore, non disgiunta dalle difficolta' dei
Comuni di sostenerne i costi di funzionamento, ha indotto il
legislatore - nonostante il tentativo di rivitalizzazione
dell'istituto attuato dalla legge 30 luglio 1984, n. 399 (Aumento dei
limiti di competenza del conciliatore e del pretore), mediante un
incremento della competenza per valore e l'attribuzione allo stesso
del potere di decidere secondo equita' - a sopprimere la sua figura e
a istituire, quale nuovo giudice onorario per le controversie di
minore entita', il giudice di pace, con la legge 21 novembre 1991, n.
374 (Istituzione del giudice di pace).
8.- L'arretrato che, nel tempo, si era formato nei ruoli dei
giudici professionali, anche per effetto della progressiva minore
incidenza dell'attivita' del conciliatore e, in seguito, per la
ritardata attuazione della predetta legge istitutiva dei giudici di
pace, ha dato la stura a una serie di interventi piu' limitati volti
alla riduzione delle pendenze dinanzi ai tribunali, realizzati, in
particolare, dall'art. 90, comma 5, della legge 26 novembre 1990, n.
353 (Provvedimenti urgenti per il processo civile), come modificato
dall'art. 9 del decreto-legge 18 ottobre 1995, n. 432 (Interventi
urgenti sul processo civile e sulla disciplina transitoria della
legge 26 novembre 1990, n. 353, relativa al medesimo processo),
convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 1995, n. 534,
e dalla legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione
del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati
e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), la
quale ha cosi' istituito una nuova figura di magistrato onorario, il
«giudice onorario aggregato» (GOA).
In seguito, sul finire degli anni Novanta del secolo scorso, il
legislatore ha modificato profondamente l'assetto degli uffici
giudiziari di primo grado. Il decreto legislativo 19 febbraio 1998,
n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo
grado) ha abolito le preture e ne ha trasferito le competenze ai
tribunali. A cio' si e' accompagnata la contestuale modifica
dell'art. 48 della legge sull'ordinamento giudiziario che, insieme ad
alcune norme inserite nel codice di procedura civile (articoli da
50-bis a 50-quater), ha sancito la regola generale, pur non priva
delle eccezioni espressamente stabilite dalla legge, della
monocraticita' del giudice di tribunale di primo grado.
La stessa legge istitutiva del giudice unico di primo grado, in
sostituzione del vice-pretore onorario, che affiancava il pretore, ha
poi introdotto, intervenendo sul regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12
(Ordinamento giudiziario), il giudice onorario di tribunale (GOT) e,
negli uffici requirenti, il vice procuratore onorario (VPO).
L'art. 43-bis ordin. giud. - in seguito abrogato in occasione del
successivo intervento riformatore della magistratura onoraria del
2016 (vedi infra) - stabiliva che: «I giudici ordinari ed onorari
svolgono presso il tribunale ordinario il lavoro giudiziario loro
assegnato dal presidente del tribunale o, se il tribunale e'
costituito in sezioni, dal presidente o altro magistrato che dirige
la sezione. I giudici onorari di tribunale non possono tenere udienza
se non nei casi di impedimento o di mancanza dei giudici ordinari.
Nell'assegnazione prevista dal primo comma, e' seguito il criterio di
non affidare ai giudici onorari: a) nella materia civile, la
trattazione di procedimenti cautelari e possessori, fatta eccezione
per le domande proposte nel corso della causa di merito o del
giudizio petitorio; b) nella materia penale, le funzioni di giudice
per le indagini preliminari e di giudice dell'udienza preliminare,
nonche' la trattazione di procedimenti diversi da quelli previsti
dall'articolo 550 del codice di procedura penale».
Tale norma attribuiva quindi ai GOT il medesimo ruolo ancillare
prima demandato ai vice-pretori onorari, confermando ed
apparentemente ampliando - non essendo riprodotto l'inciso «di
regola» che era nel (contestualmente abrogato) art. 34 ordin. giud. -
il divieto di tenere udienza se non nei casi di impedimento o di
mancanza dei giudici ordinari.
Il GOT, inoltre, poteva operare in materia sia civile che penale
nei limiti delle competenze monocratiche. Peraltro, specie negli anni
piu' recenti, la necessita' di fare fronte ad un arretrato
consistente e di definire i giudizi civili in tempi ragionevoli,
anche per evitare consistenti esborsi pubblici dovuti a numerose
condanne per equa riparazione da irragionevole durata dei processi,
ha finito con il consentire, anche in forza delle circolari del CSM
sulla formazione delle tabelle per gli uffici giudiziari, sia
l'assegnazione di ruoli "autonomi" ai giudici onorari di tribunale,
sia - per quel che maggiormente rileva in questa sede - la loro
partecipazione in supplenza dei giudici professionali anche nei
collegi (Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 19
maggio 2008, n. 12644).
Occorre rimarcare, poi, sotto un distinto profilo, che l'art. 245
del d.lgs. n. 51 del 1998 aveva originariamente fissato un termine di
cinque anni entro cui il GOT avrebbe dovuto essere indifferibilmente
eliminato dall'ordinamento, termine ritenuto all'epoca congruo per
una riforma complessiva della magistratura onoraria in conformita' ai
principi enunciati dall'art. 106, secondo comma, Cost., espressamente
richiamati dalla predetta norma. Tuttavia, a dispetto di quanto
previsto da tale precetto normativo, le varie figure di giudici
onorari esistenti nel sistema processuale hanno continuato di fatto
ad operare, di proroga in proroga, fino alla fissazione del termine
ultimo «non oltre il 31 maggio 2016», in attesa di una riforma
complessiva coerente con il predetto precetto costituzionale.
9.- Il legislatore, anche a seguito delle frequenti
rivendicazioni sul piano retributivo e previdenziale dei magistrati
onorari, ha operato una riforma complessiva di questa magistratura,
contenuta, in attuazione della delega di cui alla legge 28 aprile
2016, n. 57 (Delega al Governo per la riforma organica della
magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace), nel
decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della
magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace,
nonche' disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in
servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57).
Questa riforma ha ridotto, per il primo grado di giudizio, a due
le figure dei giudici onorari, ossia i giudici onorari di pace, e,
per le funzioni requirenti, i vice procuratori onorari. I giudici
onorari dovranno essere reclutati dai locali consigli giudiziari in
base a una selezione per titoli e la relativa graduatoria sara'
sottoposta per l'approvazione al CSM, la cui delibera sara' poi
seguita dalla nomina con decreto del Ministro della giustizia.
L'incarico ha una durata di quattro anni, prorogabile per una
sola volta, e non e' esclusivo, nel senso che e' compatibile con
l'esercizio di altre attivita' professionali, al punto che al
magistrato onorario non puo' essere richiesto un impegno superiore a
due giorni settimanali.
I nuovi «giudici onorari di pace» saranno collocati presso
l'ufficio del giudice di pace e destinati al contempo a confluire, in
tribunale, quali componenti dell'ufficio per il processo in
affiancamento al giudice professionale, con possibile attribuzione di
funzioni giudiziarie delegate sotto le direttive e il controllo dello
stesso giudice professionale.
Al giudice onorario vanno attribuiti compiti preparatori e
strumentali (studio, ricerca di dottrina, predisposizioni di schemi
di provvedimenti, assistenza anche in camera di consiglio: art. 10,
comma 10, del d.lgs. n. 116 del 2017) all'esercizio della funzione
giurisdizionale, che rimane riservato al magistrato professionale.
Allo stesso possono essere delegati, dal magistrato professionale con
riferimento a ciascun procedimento civile, poteri giurisdizionali
istruttori e decisori concernenti singoli atti (adozione di
provvedimenti «che risolvono questioni semplici e ripetitive»,
provvedimenti anticipatori di condanna in seguito a non contestazione
del credito, assunzione di testimoni, attivita' conciliativa delle
parti, liquidazione dei compensi agli ausiliari) inerenti anche
procedimenti riservati al tribunale in composizione collegiale
«purche' non di particolare complessita'» (art. 10, comma 11), in
alcuni casi (delimitati quanto alle materie «non sensibili» ed al
ridotto valore della causa) puo' allo stesso essere delegata anche la
«pronuncia di provvedimenti definitori» (art. 10, comma 12).
Al contempo e' stata ridefinita la competenza dei giudici di pace
sia nel settore civile che in quello penale.
Tuttavia il predetto d.lgs. n. 116 del 2017 e' stato oggetto di
varie critiche, che hanno riguardato soprattutto la situazione dei
magistrati onorari gia' in servizio alla data di entrata in vigore
della riforma. Allo scopo di superare le relative problematiche, nel
corso del 2019 e' stato presentato un progetto di modifica da parte
del Ministro della giustizia, in corso di esame in Parlamento (d.d.l.
A. S. n. 1516) nel testo unificato con altri disegni di legge (d.d.l.
numeri 1438, 1555, 1582 e 1714).
Del resto, per vari aspetti, l'entrata in vigore della riforma e'
differita alla data del 31 ottobre 2025 (art. 32 del d.lgs. n. 116
del 2017).
10.- Nel descritto contesto normativo si collocano, dunque, i
censurati articoli da 62 a 72 del d.l. n. 69 del 2013, come
convertito, che hanno introdotto nell'ambito della magistratura
onoraria la figura dei giudici ausiliari d'appello per fronteggiare
l'arretrato delle corti d'appello in materia civile, attestato dai
dati statistici prodotti dal Governo nel corso dei lavori
parlamentari.
I giudici ausiliari si caratterizzano, rispetto alle altre figure
di giudici onorari, gia' note al nostro ordinamento, per la stabile
destinazione a un ufficio, come la corte d'appello, che decide sempre
in composizione collegiale e pressoche' esclusivamente nel grado di
impugnazione, e, di qui, sono sorti i dubbi di legittimita'
costituzionale espressi nelle ordinanze di rimessione.
Come gia' ricordato, essi non sono nominati per concorso, ma con
decreto del Ministro della giustizia previa deliberazione del CSM, in
base alla verifica dei requisiti prescritti dalla legge (artt. 63 e
64 del d.l. n. 69 del 2013); acquisiscono «lo stato giuridico di
magistrati onorari» (art. 72, comma 1); sono stabilmente incardinati,
per la durata di anni cinque prorogabile di altri cinque (art. 67,
commi l e 2), nell'organo collegiale, esercitando le relative
funzioni giurisdizionali, e sono chiamati a definire nel collegio in
cui sono relatori, almeno novanta procedimenti per anno (art. 68,
comma 1), senza che vi sia alcun limite - di materia o valore -
nell'assegnazione dei procedimenti civili (art. 62, comma 1), con la
eccezione dei soli «procedimenti trattati dalla Corte d'appello in
unico grado» (art. 62, comma 2). Essi compongono i collegi, secondo
la pianta organica definita presso ciascuna corte d'appello tenendo
conto delle pendenze e delle scoperture di organico (art. 65, comma
1), in funzione della esigenza di agevolare la definizione dei
procedimenti civili, compresi quelli in materia di lavoro e
previdenza, secondo le priorita' individuate annualmente dai
presidenti delle corti di appello con i programmi previsti dal citato
art. 37, comma l, del d.l. n. 98 del 2011, come convertito.
L'impiego nelle corti d'appello dei giudici ausiliari e' stato
anche ampliato da un successivo intervento normativo.
L'art. 256 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure
urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia,
nonche' di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, in legge 17 luglio 2020, n.
77, ha aumentato l'organico degli stessi - che in precedenza, per
effetto dell'art. 1, comma 701, della legge 27 dicembre 2017, n. 205
(Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e
bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020) era stato ridotto a
n. 350 - sino a 850 unita' e, contestualmente, ne ha previsto la
destinazione, da parte dei presidenti di corte, anche ai collegi in
materia penale.
Sotto un distinto profilo, mette conto ricordare che la legge n.
205 del 2017 ha introdotto, con l'art. 1, commi da 961 a 981, alcune
misure volte ad agevolare la definizione dei procedimenti civili in
materia tributaria pendenti presso la Corte di cassazione. E' stata
prevista, nei commi 962 e 963, la nomina - con decreto del Ministro
della giustizia, previa deliberazione del CSM, su proposta formulata
dal consiglio direttivo della Corte di cassazione nella composizione
integrata a norma dell'art. 16 del decreto legislativo 27 gennaio
2006, n. 25 (Istituzione del Consiglio direttivo della Corte di
cassazione e nuova disciplina dei consigli giudiziari, a norma
dell'articolo 1, comma 1, lettera c, della legge 25 luglio 2005, n.
150) - in via straordinaria e non rinnovabile, per un triennio, di
magistrati ausiliari nel numero massimo di cinquanta, per lo
svolgimento di servizio onorario presso la sezione tributaria della
Corte di cassazione. Tali magistrati ausiliari - che hanno ormai
quasi esaurito il loro compito, cosi' circoscritto, in vista
dell'esigenza eccezionale di fronteggiare l'arretrato di tale
sezione, ad un triennio - sono stati selezionati, secondo le indicate
disposizioni normative, solo tra i magistrati ordinari, compresi i
consiglieri di cassazione nominati per meriti insigni, a riposo da
non piu' di cinque anni al momento di presentazione della domanda e
che avessero maturato un'anzianita' di servizio non inferiore a
venticinque anni.
11.- Tutto cio' premesso, le questioni di legittimita'
costituzionale con riferimento all'art. 106, primo e secondo comma,
Cost., suscettibili di esame unitario, sono fondate, con assorbimento
di quelle relative alla violazione dell'art. 102, primo comma, Cost.
12.- L'art. 106, primo comma, Cost. laddove stabilisce che «[l]e
nomine dei magistrati hanno luogo per concorso» esprime la chiara
scelta del Costituente per la regola generale secondo cui i
magistrati ordinari - i quali, istituiti e regolati dalle norme
sull'ordinamento giudiziario, esercitano la «funzione
giurisdizionale» (art. 102, primo comma, Cost.) - sono nominati a
seguito dell'espletamento di un pubblico concorso; regola rispetto
alla quale costituisce eccezione la possibilita' prevista dal terzo
comma della stessa disposizione, che, su designazione del CSM, siano
chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti
insigni, professori ordinari di universita' in materie giuridiche e
avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli
albi speciali per le giurisdizioni superiori.
Tale assetto, che deriva dall'art. 106, primo e terzo comma,
Cost., costituisce, come si evince anche dai lavori preparatori, il
punto di arrivo di un complesso dibattito, in sede di lavori
dell'Assemblea Costituente, riguardo alle modalita' piu' idonee di
assunzione dei magistrati in coerenza con le scelte fondamentali in
ordine all'autonomia e all'indipendenza dell'ordine giudiziario da
ogni altro potere (art. 104, primo comma, Cost.) e alla soggezione
del giudice solo alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.), nonche'
al divieto di istituzione di giudici straordinari o giudici speciali
(art. 102, secondo comma, Cost.).
La regola generale del pubblico concorso e' stata individuata
come quella piu' idonea a concorrere ad assicurare la separazione del
potere giurisdizionale dagli altri poteri dello Stato e la sua stessa
indipendenza, a presidio dell'ordinamento giurisdizionale, posto
dalla Costituzione, nel Titolo IV della sua Parte II, quale elemento
fondante dell'ordinamento della Repubblica.
Questa Corte ha da lungo tempo chiarito che il sistema generale
di reclutamento mediante pubblico concorso e' strumentale
all'indipendenza della magistratura, osservando che, pur se la sua
prescrizione, contenuta nell'art. 106, primo comma, Cost.,
costituisce essenzialmente una norma di garanzia di idoneita' a
esercitare le funzioni giurisdizionali, nondimeno la stessa concorre
a rafforzare e a integrare l'indipendenza della magistratura
(sentenza n. 1 del 1967), non diversamente dalla garanzia
dell'inamovibilita' (art. 107, primo comma, Cost.).
Il concorso pubblico garantisce, da un lato, la possibilita' di
accesso alla magistratura ordinaria a tutti i cittadini, in aderenza
al disposto dell'art. 3 Cost., evitando ogni discriminazione, anche
di genere (sentenza n. 33 del 1960) e, da un altro, assicura la
qualificazione tecnico-professionale dei magistrati, ritenuta
condizione necessaria per l'esercizio delle funzioni giudiziarie.
Mira infatti a verificare un iniziale standard uniforme di sapere
giuridico, destinato ad affinarsi nel tempo, quale garanzia minima,
ma essenziale, dell'esercizio della giurisdizione in modo neutrale.
Questa Corte ha sottolineato in proposito che «la funzione della
interpretazione ed applicazione della legge richiede il possesso
della tecnica giuridica» da parte dei giudici togati (sentenza n. 76
del 1961).
13.- Il Costituente non ha, pero', previsto in termini assoluti
l'esclusivita' dell'esercizio della giurisdizione in capo alla
magistratura nominata a seguito di pubblico concorso.
Da una parte, ha contemplato la possibilita', con riserva
assoluta di legge, di forme di partecipazione diretta del popolo
all'amministrazione della giustizia (art. 102, terzo comma, Cost.);
possibilita' che ha trovato attuazione, nel processo penale, con la
previsione dei giudici popolari nelle corti di assise. Altresi'
possono istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni
specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di
cittadini idonei estranei alla magistratura (art. 102, secondo comma,
Cost.), purche' sia garantita l'indipendenza dell'organo (sentenza n.
108 del 1962).
Dall'altra, il Costituente si e' dovuto confrontare con una
situazione di fatto che, all'epoca e da lungo tempo, vedeva
l'esercizio della giurisdizione anche da parte di una magistratura
non gia' ordinaria, intesa come professionale nominata a seguito di
concorso pubblico, ma onoraria, nominata diversamente, come si e'
sopra descritto.
Il sistema dell'epoca era delineato dall'art. 4 ordin. giud. che,
nella sua formulazione originaria, differenziava la magistratura
onoraria da quella professionale, perche' considerava come
"appartenenti" all'ordine giudiziario, quali magistrati onorari, i
giudici conciliatori, i vice conciliatori ed i vice pretori onorari
(secondo comma), mentre "costituivano" l'ordine giudiziario gli
uditori, i giudici di ogni grado delle preture, dei tribunali e delle
corti, e i magistrati del pubblico ministero (primo comma).
La scelta del Costituente fu essenzialmente conservativa. Si
ritenne che una magistratura onoraria - che gia' esisteva da lungo
tempo e che, nella cosiddetta giustizia minore, aveva dato un apporto
normalmente valutato in termini positivi - potesse essere compatibile
con la regola generale della giurisdizione esercitata da una
magistratura professionale alla quale si accede mediante pubblico
concorso.
Tale ritenuta compatibilita' si tradusse nella formulazione del
secondo comma dell'art. 106 Cost.: «La legge sull'ordinamento
giudiziario puo' ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati
onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli».
E tali erano - come si e' gia' sopra ricordato - i magistrati
onorari all'epoca della Costituente: il giudice conciliatore,
comprensivo del vice-conciliatore, e il vice-pretore onorario (art.
4, secondo comma, ordin. giud. nella formulazione originaria).
Entrambi esercitavano funzioni solo monocratiche e quindi ben
potevano qualificarsi come «giudici singoli». Il codice di procedura
civile, da poco entrato in vigore, distingueva appunto, quanto al
potere di direzione dell'udienza, tra giudice singolo e giudice
collegiale (art. 127 cod. proc. civ.). Anche nella legge
sull'ordinamento giudiziario, a quel tempo, si distingueva tra il
ruolo dei pretori, ossia di giudici monocratici di primo grado, e
quello della magistratura collegiale; distinzione netta tanto che il
passaggio da un ruolo (di giudice singolo) all'altro (di giudice
collegiale) avveniva per concorso (art. 143 ordin. giud.).
All'identificabilita' del "giudice singolo" in un magistrato
monocratico di primo grado conduceva anche la considerazione che i
magistrati onorari dell'epoca (e tali sono stati in seguito per lungo
tempo fino agli anni Novanta del secolo scorso) fossero il
conciliatore e il vice pretore onorario, tipici giudici
(esclusivamente) monocratici di primo grado, addetti alla giustizia
minore.
Come anche netta era la distinzione tra magistratura
professionale e magistratura onoraria, che poi e' stata costante
nella giurisprudenza della Corte.
Anche recentemente (sentenza n. 267 del 2020), con riferimento al
giudice di pace, la Corte ha affermato: «La differente modalita' di
nomina, radicata nella previsione dell'art. 106, secondo comma,
Cost., il carattere non esclusivo dell'attivita' giurisdizionale
svolta e il livello di complessita' degli affari trattati rendono
conto dell'eterogeneita' dello status del giudice di pace, dando
fondamento alla qualifica "onoraria" del suo rapporto di servizio,
affermata dal legislatore fin dall'istituzione della figura e
ribadita in occasione della riforma del 2017». Altresi' in precedenza
la Corte (ordinanza n. 174 del 2012) ha sottolineato l'impossibilita'
di assimilare le posizioni dei giudici onorari e dei magistrati che
svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giudiziarie, e
l'impossibilita' di comparare tali posizioni ai fini della
valutazione del rispetto del principio di uguaglianza, a causa dello
svolgimento a diverso titolo delle funzioni giurisdizionali,
connotate dall'esclusivita' solo nel caso dei magistrati ordinari di
ruolo che svolgono professionalmente le loro funzioni (sentenza n. 60
del 2006, ordinanze n. 479 del 2000 e n. 272 del 1999).
14.- Il secondo comma dell'art. 106 Cost., pero', fa riferimento
a «tutte» le funzioni attribuite a giudici singoli; espressione
questa che concorre a definire la figura del magistrato onorario a
fronte del magistrato togato professionale.
Per un verso, la norma esprimeva la volonta' del Costituente di
limitare le funzioni dei magistrati onorari alla giustizia minore,
tale essendo considerata quella amministrata dai «giudici singoli»
dell'epoca, escludendoli volutamente dai collegi.
Per altro verso, vi era anche che il giudice onorario dell'epoca
(segnatamente, il vice pretore) poteva far qualcosa di piu' delle
funzioni di "giudice singolo". Poteva talvolta svolgere funzioni
giurisdizionali in un collegio, ossia funzioni attribuite non a un
"giudice singolo", ma a un giudice collegiale (di norma) di primo
grado, qual era il tribunale. Infatti l'art. 105 ordin. giud. sulla
supplenza nelle sezioni del tribunale prevedeva che, se in una
sezione mancava o era impedito il presidente o alcuno dei giudici
necessari per costituire il collegio giudicante, il presidente del
tribunale, quando non poteva provvedere con magistrati di altre
sezioni, delegava, nell'ordine, un pretore, un aggiunto giudiziario o
un vice-pretore. Sicche' era possibile che un giudice onorario, qual
era il vice pretore, svolgesse funzioni di componente di un collegio
in via eccezionale e di supplenza quando non era in concreto
possibile il ricorso ad alcun magistrato ordinario togato. In ogni
caso si trattava di supplenza nell'attivita' collegiale di un giudice
di primo grado, qual era il tribunale, e giammai di una corte
(d'appello o di cassazione).
Si e' posto allora il problema se l'esercizio - da parte di un
magistrato onorario, seppur in via eccezionale e transitoria - di
attivita' giurisdizionale collegiale fosse compatibile, o no, con la
prescrizione dell'art. 106, secondo comma, Cost., che - come gia'
detto - limita il riconoscimento della magistratura onoraria
all'esercizio di funzioni di "giudice singolo", essendo dubbio che,
se un "giudice singolo" ordinario togato poteva esercitare,
temporaneamente ed eccezionalmente, le funzioni di componente di un
collegio giudicante, cio' potesse fare anche un magistrato onorario.
Questa Corte e' stata investita della questione di legittimita'
costituzionale solo alcuni anni dopo l'entrata in vigore della
Costituzione e solo quando si e' ritenuto esaurito il periodo
transitorio entro cui doveva essere revisionata, anche parzialmente,
la legge sull'ordinamento giudiziario per renderla conforme alla
Costituzione (sentenza n. 156 del 1963).
Le pronunce di questa Corte da cui emerge la delimitazione della
figura del magistrato onorario, rientrante nel paradigma del secondo
comma dell'art. 106 Cost., sono essenzialmente le sentenze n. 99 del
1964 e n. 103 del 1998.
15.- Dapprima la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 105 ordin. giud. - nella sua formulazione originaria tenuta
in vita dell'art. 42 della legge 24 marzo 1958, n. 195 (Norme sulla
Costituzione e sul funzionamento del Consiglio superiore della
Magistratura), che ha previsto in generale la sopravvivenza delle
norme dell'ordinamento del 1941 non incompatibili con la nuova legge
- e' stata sollevata in riferimento proprio all'art. 106, secondo
comma, Cost.
Questa Corte (sentenza n. 99 del 1964) ha innanzi tutto premesso
che le funzioni che possono essere esercitate da magistrati onorari
sono quelle del «giudice singolo (pretore e conciliatore)», cosi'
confermando la piana lettura secondo cui il "giudice singolo" e' un
giudice monocratico di primo grado.
Ha poi precisato che il riferimento, contenuto nel secondo comma
dell'art. 106 Cost., a «tutte le funzioni attribuite a giudici
singoli» deve «intendersi come indicazione generica dell'ufficio nel
quale i magistrati onorari possono essere ammessi ad esercitare
funzioni giudiziarie». Quindi, se un "giudice singolo", qual era il
pretore, poteva essere chiamato - ricorrendo le condizioni della
supplenza di cui all'art. 105 ordin. giud. - a integrare la
composizione di un collegio del tribunale, giudice appunto
collegiale, cio' poteva legittimamente fare anche un magistrato
onorario, quale il vice pretore onorario, trattandosi di «funzioni
temporanee ed eccezionali derivanti da un incarico di supplenza»,
senza che per questo fosse alterato lo status di quest'ultimo che,
anche nell'esercizio di queste funzioni, rimaneva un magistrato
onorario. Tale particolarissimo esercizio di funzioni giurisdizionali
di giudice collegiale e' stato ritenuto compatibile con il parametro
evocato, perche' rispondente a «esigenze eccezionali
dell'amministrazione della giustizia».
Il risultato complessivo di questa interpretazione - funzionale,
piuttosto che rigorosamente "originalista" - e' stato quello di
configurare una magistratura onoraria che, seppur non confinata alle
sole funzioni monocratiche di primo grado, come avrebbe indotto una
lettura testuale del parametro, poteva, in via eccezionale e
temporanea, svolgere anche funzioni collegiali, partecipando a
collegi del tribunale.
16.- A questa giurisprudenza ha dato continuita' la sentenza n.
103 del 1998, che ha dichiarato non fondata la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 90, comma 5, della legge n. 353
del 1990, come modificato dall'art. 9 del d.l. n. 432 del 1995, come
convertito; disposizione questa che prevedeva la possibilita', per
tutti gli affari pendenti alla data del 30 aprile 1995, di disporre
la supplenza dei magistrati professionali chiamati a comporre il
collegio giudicante del tribunale in materia civile con vice pretori
onorari, «anche in assenza delle condizioni [...] previste» dall'art.
105 ordin. giud. (ossia la disposizione in precedenza sottoposta a
scrutinio della Corte con la citata sentenza n. 99 del 1964).
In questa pronuncia la Corte ha accolto un'interpretazione
adeguatrice della disposizione censurata ritenendo che il suo
testuale carattere derogatorio in realta' «attinge soltanto
all'ordine delle precedenze» nella supplenza.
In tal modo questa Corte ha segnato una linea di confine ben
precisa.
Quello che testualmente avrebbe potuto essere un allargamento
della figura e del ruolo del magistrato onorario, insito nella
previsione che l'assegnazione ai collegi di tribunale poteva avvenire
«anche in assenza delle condizioni [...] previste» dall'art. 105
ordin. giud. - e quindi potenzialmente anche in mancanza del
requisito della supplenza di un magistrato togato - e' risultato
precluso proprio dall'interpretazione adeguatrice della Corte che ha
molto circoscritto la portata dell'innovazione. Deve trattarsi pur
sempre di un'«assegnazione precaria e occasionale», riferita a
«singole udienze o singoli processi», per essere compatibile con il
dettato del secondo comma dell'art. 106 Cost.
Sono l'eccezionalita' e la temporaneita' dell'incarico di
supplenza, al quale e' chiamato il magistrato onorario, a scongiurare
«il rischio dell'emergere di una nuova categoria di magistrati».
Infatti - e' detto con molta chiarezza - «la supplenza, rettamente
intesa, non trasforma i magistrati onorari addetti a un ufficio
monocratico, impiegati eccezionalmente, in magistrati appartenenti a
un organo collegiale».
17.- Si e' meglio delineata cosi' la figura di magistrato
onorario gia' prevista dalla Costituzione (art. 106, secondo comma),
compatibile con la regola generale che vuole che le nomine dei
magistrati abbiano luogo per concorso (art. 106, primo comma): e'
quella di un giudice singolo, perche' monocratico di primo grado, che
solo in via eccezionale e transitoria, puo' comporre i collegi di
tribunale.
Le disposizioni, portate all'esame di questa Corte nelle due
citate pronunce - sia l'art. 105 ordin. giud., sia l'art. 90, comma
5, della legge n. 353 del 1990 - hanno infatti previsto come
eccezionale e temporanea l'assegnazione di un giudice onorario a
svolgere funzioni collegiali e solo in collegi di tribunale.
18.- Dopo l'istituzione del giudice di pace, quale magistrato
onorario esclusivamente monocratico di primo grado, in sostituzione
del giudice conciliatore (su cui vedi la sentenza n. 150 del 1993),
la disciplina della supplenza in collegi di tribunale anche ad opera
di un giudice onorario e' stata riformulata nell'art. 43-bis ordin.
giud., introdotto dall'art. 10 del d.lgs. n. 51 del 1998, che ha
previsto che i giudici onorari svolgono presso il tribunale ordinario
il lavoro giudiziario loro assegnato dal presidente del tribunale o,
se il tribunale e' costituito in sezioni, dal presidente o da altro
magistrato che dirige la sezione.
Essi possono tenere udienza solo nei casi di impedimento o di
mancanza dei giudici ordinari.
Tale disposizione e' stata abrogata dall'art. 33, comma 1,
lettera a), del d.lgs. n. 116 del 2017, in occasione dell'avvio della
riforma della magistratura onoraria. Pero' una disciplina analoga e'
stata posta dall'art. 12 dello stesso decreto legislativo, secondo
cui i giudici onorari di pace, che sono inseriti nell'ufficio per il
processo, possono essere destinati a comporre i collegi civili e
penali del tribunale, quando sussistono le condizioni di cui al
precedente art. 11 e quando, per situazioni straordinarie e
contingenti, non si possono adottare misure organizzative diverse.
Ossia occorre che il tribunale (o una sua sezione) presenti vacanze
di posti in organico, assenze non temporanee di magistrati o esoneri
parziali o totali dal servizio giudiziario, tali da ridurre di oltre
il trenta per cento l'attivita' dei giudici professionali assegnati
al tribunale o alla sezione. Oppure e' necessario, a giustificare
tale impiego dei giudici onorari, che il numero dei procedimenti
civili e penali pendenti superi determinate soglie, puntualmente
calcolate secondo i criteri del citato art. 11.
Inoltre ai giudici onorari di pace, destinati a comporre i
collegi, possono essere assegnati esclusivamente procedimenti
pendenti a tale scadenza e del collegio non puo' far parte piu' di un
giudice onorario di pace.
Vi sono poi delle esclusioni: in ogni caso, il giudice onorario
di pace non puo' essere destinato, per il settore civile, a comporre
i collegi giudicanti dei procedimenti in materia fallimentare e i
collegi delle sezioni specializzate e, quanto alla competenza nella
materia penale, non puo' comporre i collegi del tribunale del riesame
ovvero qualora si proceda per i reati indicati nell'art. 407, comma
2, lettera a), del codice di procedura penale.
19.- In definitiva, la lettura che, del secondo comma dell'art.
106 Cost., ha dato questa Corte nelle richiamate pronunce,
corroborata nel tempo dalla stessa normativa ordinaria appena
indicata, sulla possibilita' solo eccezionale di assegnazione di
magistrati onorari a un collegio di tribunale, ha tracciato un
perimetro invalicabile della magistratura onoraria, identificata
nella figura di un giudice monocratico di primo grado, il quale,
unicamente a determinate condizioni e in via di supplenza, puo' anche
partecipare allo svolgimento di funzioni collegiali di tribunale.
L'esistenza di questo limite ha trovato conferma anche nella
circostanza che, quando si e' pensato di ampliare il ruolo della
magistratura onoraria, vi e' stata un'iniziativa parlamentare di
legge costituzionale - il disegno di legge costituzionale n. 4275,
presentato alla Camera dei deputati il 7 aprile 2011, avente ad
oggetto la riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione -
che prevedeva appunto l'eliminazione dal testo dell'art. 106, secondo
comma, Cost. proprio dell'inciso «per tutte le funzioni attribuite ai
giudici singoli», lasciando cosi' la sola previsione della
possibilita' per la legge sull'ordinamento giudiziario di ammettere
la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari, si' da consentirla
anche per funzioni collegiali.
L'iniziativa non ha sortito effetto.
Non di meno, due anni dopo, il legislatore ordinario (d.l. n. 69
del 2013) - seppur per una ragione apprezzabile, ossia «[a]l fine di
agevolare la definizione dei procedimenti civili, compresi quelli in
materia di lavoro e previdenza» - ha introdotto, a Costituzione
invariata (quanto all'art. 106, secondo comma), la nuova e inedita
figura di magistrato onorario, oggetto delle disposizioni censurate -
il giudice ausiliario d'appello - con l'assegnazione di funzioni
attribuite a giudici - non gia' «singoli», come ancora richiedeva, e
tuttora richiede, l'art. 106, secondo comma, Cost. - ma tipicamente
collegiali e di secondo grado, quali erano, e sono, quelle esercitate
dalle corti d'appello.
La previsione ad opera delle disposizioni censurate dello
svolgimento di funzioni (nient'affatto di giudici singoli, ma) di
giudici collegiali presso le corti d'appello, dove i giudici
ausiliari sono strutturalmente inseriti, come gia' sopra descritto,
risulta essere - per quanto finora esposto - del tutto fuori sistema
e si pone in radicale contrasto con tale parametro, congiuntamente
all'art. 106, primo comma, Cost.
I giudici ausiliari d'appello non sono riconducibili a figure di
«giudici singoli», perche' chiamati a esercitare la giurisdizione in
composizione stabilmente collegiale, qual e' la corte d'appello, e in
giudizi di regola di secondo grado.
Tale vizio di illegittimita' costituzionale non e' eliso dalle
prescrizioni dettate dalle disposizioni censurate, quanto alla
disciplina dell'incompatibilita', nonche' dell'astensione e della
ricusazione (artt. 69 e 70 del d.l. n. 69 del 2013), per assicurare,
comunque, l'indipendenza e la terzieta' del giudice, le quali operano
sul diverso piano della concreta realizzazione della tutela
giurisdizionale.
Ne' rileva che la recente riforma della magistratura onoraria,
avviata con il d.lgs. n. 116 del 2017, nel disegnare la figura di
giudice onorario di pace riconducibile a quella di un giudice
singolo, in quanto monocratico, che solo in via eccezionale e
transitoria, puo' comporre i collegi del tribunale, non ripropone
piu', ne' affatto considera, quella del giudice ausiliario d'appello.
20.- Conclusivamente, sussiste pertanto la denunciata
illegittimita' costituzionale degli articoli da 62 a 72 del d.l. n.
69 del 2013, come convertito.
21.- Si pone, infine, l'esigenza di tener conto dell'innegabile
impatto complessivo che la decisione di illegittimita' costituzionale
e' destinata ad avere sull'ordinamento giurisdizionale e sul
funzionamento della giustizia nelle corti d'appello.
L'apporto dei giudici ausiliari finora e' stato significativo e
apprezzato nelle relazioni dei Presidenti delle corti d'appello sullo
stato della giustizia nei singoli distretti. Il loro contributo allo
smaltimento o al contenimento dell'arretrato del contenzioso civile
e' stato assicurato anche dall'espressa previsione dell'art. 68,
comma 2, del d.l. n. 69 del 2013, che richiede che ogni giudice
ausiliario debba definire, nel collegio in cui e' relatore, almeno
novanta procedimenti per anno, peraltro computando nella misura di un
ottavo di provvedimento i decreti in materia di equa riparazione per
violazione del termine ragionevole del processo.
E' di tutta evidenza che il venir meno di tale apporto
recherebbe, nell'immediato, un grave pregiudizio all'amministrazione
della giustizia, tanto piu' nella situazione attuale, che vede come
urgente l'esigenza di riduzione dei tempi della giustizia, e quindi
anche di quella civile, dove hanno operato e operano i giudici
ausiliari presso le corti d'appello.
22.- In generale, a fronte della violazione dei parametri evocati
nel sindacato di legittimita' costituzionale - quale, nella
fattispecie, il contrasto di questa nuova figura di magistrato
onorario con l'art. 106, primo e secondo comma, Cost. - e' possibile
che sussistano altri valori costituzionali di pari - e finanche
superiore - livello, i quali risulterebbero in sofferenza ove gli
effetti della declaratoria di illegittimita' costituzionale
risalissero (retroattivamente, come di regola) fin dalla data di
efficacia della norma oggetto della pronuncia.
Il bilanciamento di questi valori e' stato operato dalla Corte in
varie pronunce, anche eccezionalmente modulando nel tempo gli effetti
della decisione; possibilita' questa non preclusa dall'eventualita'
che, in un giudizio incidentale, una dichiarazione di illegittimita'
costituzionale, la quale di cio' tenga conto, risulti non essere
utile, in concreto, alle parti nel processo principale, atteso che la
rilevanza della questione va valutata, al fine della sua
ammissibilita', al momento dell'ordinanza di rimessione.
Cio' la Corte ha fatto proprio con riferimento
all'amministrazione della giustizia nel caso della nomina dei giudici
militari (sentenza n. 266 del 1988) e della pubblicita' delle udienze
nel processo tributario (sentenza n. 50 del 1989).
La pronuncia che maggiormente ha segnato tale percorso
giurisprudenziale e' la sentenza n. 10 del 2015 che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale di una disposizione che prevedeva
un'imposizione tributaria (un'addizionale IRES sugli extra-profitti
delle imprese energetiche e petrolifere) a decorrere dal giorno
successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica. Ha affermato la Corte che «l'applicazione
retroattiva della presente declaratoria di illegittimita'
costituzionale determinerebbe anzitutto una grave violazione
dell'equilibro di bilancio ai sensi dell'art. 81 Cost.» e
cagionerebbe «un irrimediabile pregiudizio delle esigenze di
solidarieta' sociale con grave violazione degli artt. 2 e 3 Cost.».
In seguito la Corte (sentenza n. 246 del 2019) ha dato
continuita' a tali principi ribadendo che puo' «eccezionalmente
presentarsi l'esigenza di bilanciamento con altri valori e principi
costituzionali, i quali in ipotesi risulterebbero gravemente in
sofferenza ove tali effetti risalissero, come di regola,
retroattivamente fino alla data di efficacia della norma censurata»
(da ultimo, sentenza n. 152 del 2020).
In epoca piu' risalente questa Corte (sentenza n. 13 del 2004) -
nel dichiarare l'illegittimita' costituzionale sopravvenuta di una
disposizione di una legge statale, a seguito del mutamento delle
competenze dopo la revisione del Titolo V della Seconda Parte della
Costituzione, relativamente alle attribuzioni di una figura di
dirigente scolastico regionale - ha finanche ritenuto che la norma
censurata «deve [...] continuare ad operare», essendo destinata a
venir meno solo quando le regioni, nel proprio ambito territoriale e
nel rispetto della continuita' del servizio di istruzione, avessero
attribuito, con legge regionale, a propri organi la definizione delle
dotazioni organiche del personale docente delle istituzioni
scolastiche.
23.- Anche nel contesto ora in esame e' rilevante la circostanza,
del tutto peculiare in questa fattispecie, che l'interazione dei
valori in gioco evidenzia, nell'immediato, il gia' richiamato
pregiudizio all'amministrazione della giustizia e quindi alla tutela
giurisdizionale, presidio di garanzia di ogni diritto fondamentale,
essendo alla Corte ben presente l'esigenza di «evitare carenze
nell'organizzazione giudiziaria» (sentenza n. 156 del 1963).
Occorre allora - come soluzione, nella specie, costituzionalmente
adeguata alla protezione di tali valori - che la declaratoria di
illegittimita' delle disposizioni censurate lasci al legislatore un
sufficiente lasso di tempo che assicuri la «necessaria gradualita'
nella completa attuazione della normativa costituzionale»,
segnatamente dell'art. 106, secondo comma, Cost., come e ancor piu'
che nella ricordata pronuncia relativa alla magistratura militare
(sentenza n. 266 del 1988). A tal fine la reductio ad legitimitatem
puo' invece farsi, con la sperimentata tecnica della pronuncia
additiva, inserendo nella normativa censurata un termine finale entro
(e non oltre) il quale il legislatore e' chiamato a intervenire.
A tal fine rileva - come dato normativo gia' presente
nell'ordinamento, utile ad orientare ora la decisione nella
fattispecie in esame - la previsione, dettata all'epoca per le
(nuove) figure di giudice onorario introdotte dal d.lgs. n. 51 del
1998, secondo cui le modifiche dell'ordinamento giudiziario, in forza
delle quali tali magistrati onorari potevano essere addetti al
tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il
tribunale ordinario, si sarebbero applicate «fino a quando non sara'
attuato il complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della
magistratura onoraria a norma dell'art. 106, secondo comma, della
Costituzione» (art. 245 di tale decreto legislativo).
Un'analoga prescrizione limitativa - allo scopo di evitare,
nell'immediato, un pregiudizio all'amministrazione della giustizia -
e' possibile anche nell'attuale contesto normativo, che vede una
riforma in progress della magistratura onoraria (d.lgs. n. 116 del
2017), la cui completa entrata in vigore e' gia' differita per vari
aspetti al 31 ottobre 2025 (art. 32 di tale decreto legislativo) e
che e' attualmente oggetto di iniziative di ulteriore riforma,
all'esame del Parlamento (d.d.l. n. S1516, testo unificato dei d.d.l.
numeri 1438, 1555, 1582 e 1714). Sicche' l'illegittimita'
costituzionale della normativa censurata puo' essere dichiarata nella
parte in cui non prevede che essa si applichi fino al completamento
del riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria
nei tempi contemplati dal citato art. 32 del d.lgs. n. 116 del 2017,
cosi' riconoscendo ad essa - per l'incidenza dei concorrenti valori
di rango costituzionale - una temporanea tollerabilita'
costituzionale, rispetto all'evocato parametro dell'art. 106, primo e
secondo comma, Cost.
In tale periodo rimane - anche con riguardo ai giudizi a quibus -
legittima la costituzione dei collegi delle corti d'appello con la
partecipazione di non piu' di un giudice ausiliario a collegio e nel
rispetto di tutte le altre disposizioni, sopra richiamate, che
garantiscono l'indipendenza e la terzieta' anche di questo magistrato
onorario. Puo' ripetersi in proposito - mutatis mutandis - quanto
gia' affermato da questa Corte nella citata sentenza n. 103 del 1998
in riferimento ad altra figura di magistrato onorario del quale
comunque e' stata garantita «l'imparzialita' della funzione
giudicante attraverso gli istituti dell'astensione e della
ricusazione, rimedi bastevoli a questo proposito».
24.- Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale degli
artt. 62, 63, 64, 65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del d.l. n. 69 del
2013, convertito in legge, con modificazioni, nella legge n. 98 del
2013, nella parte in cui non prevedono che essi si applichino fino a
quando non sara' completato il riordino del ruolo e delle funzioni
della magistratura onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del
d.lgs. n. 116 del 2017.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l'illegittimita' costituzionale degli artt. 62, 63, 64,
65, 66, 67, 68, 69, 70, 71 e 72 del decreto-legge 21 giugno 2013 n.
69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito,
con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98, nella parte in cui
non prevedono che essi si applichino fino a quando non sara'
completato il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura
onoraria nei tempi stabiliti dall'art. 32 del decreto legislativo 13
luglio 2017, n. 116 (Riforma organica della magistratura onoraria e
altre disposizioni sui giudici di pace, nonche' disciplina
transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della
legge 28 aprile 2016, n. 57).
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 gennaio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 17 marzo 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
