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Contrattaccando alla programmata spending review, l’Unione delle Province Italiane, scopre gli “altarini” e indica direttamente al presidente del Consiglio Mario Monti, come ridurre gli sprechi e contenere i costi della politica. Si legge, nella recente lettera aperta: “…Sono, Presidente, 3.127: pagine e pagine di sigle improbabili, strutture create dal nulla spesso per spartire poltrone e gestire potere. Rappresentano le stanze segrete della politica, di cui i cittadini ignorano perfino l’esistenza. Anche se sono loro, con le loro tasse, a finanziarle e a tenerle in vita”.

Secondo l’Unione delle Province Italiane, quindi, sotto la scure dovrebbero finire, prima, i 3127 «enti strumentali» consorzi di regioni, società, province e Comuni, ai quali si potrebbe dare una taglio sostanzioso con un risparmio immediato per lo Stato di 7 miliardi di euro l’anno.

Partono a raffica gli esempi: … in Piemonte, esiste un Centro piemontese di studi africani, un Centro internazionale del cavallo, oppure, un Istituto per le piante da legno e l’ambiente … in Emilia Romagna un Centro di documentazione di storia della psichiatria, in Campania un consorzio si occupa delle «applicazioni dei materiali plastici per i problemi di difesa dalla corrosione», mentre in Puglia, esiste l’Istituto pugliese di ricerche economiche e sociali e anche un Ente autonomo fiera mostra dell’Ascensione di Francavilla Fontana. In Liguria, una Scuola di vela S. Teresa, in Veneto un Consorzio intercomunale soggiorni climatici di Verona, un Istituto per la conservazione della gondola e la tutela del gondoliere e un Istituto culturale delle comunità dei ladini storici delle Dolomiti bellunesi, oltre a una Fondazione centro studi transfrontaliero del Comelico e Sappada.

“Questi organismi costano al Paese oltre 7 miliardi di euro l’anno, di cui 2 miliardi e mezzo impiegati per i soli consigli di amministrazione. E sono organismi che si occupano di servizi che dovrebbero essere svolti dalle Regioni, dalle Province e dai Comuni.”

Per questo l’Upi chiede di «tagliare con nettezza questi veri rami secchi e improduttivi». «Abbiamo proposto un’autoriforma che garantirà allo Stato 5 miliardi di risparmi, attraverso la riduzione del numero delle province, l’istituzione delle città metropolitane e la riorganizzazione degli uffici territoriali dello Stato». «Abbiamo inoltre proposto che questi risparmi finanzino un fondo per gli investimenti locali. È il nostro contributo alla spending review: non solo un taglio, ma una migliore gestione di risorse per favorire lo sviluppo».

Secondo dei criteri adottati dal Governo, la riorganizzazione della spesa pubblica dovrebbe passare attraverso un taglio delle Province, si andrà da un minimo di 20 ad un massimo di 47 Province eliminate, mentre per i Comuni sotto i mille abitanti ci sarebbe la prospettiva di un accorpamento che punti ad unire i servizi.
Altra riduzione sarebbe prevista per le società di servizio controllate dagli enti territoriali. Attualmente, la Regione che ne ha di più è l’Emilia-Romagna (368), quella che ne ha di meno il Molise (21). Altre sei regioni hanno fino a 100 enti dipendenti: Basilicata (29), Umbria (66), Puglia (73), Calabria (84), Lazio (91) e Provincia autonoma di Bolzano (97).

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