CORTE COSTITUZIONALE 15 aprile – 20 maggio 2021 SENTENZA N. 102
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Spese di giustizia - Incarichi collegiali - Consulenti tecnici d'ufficio e dei periti nei giudizi di responsabilita' sanitaria - Determinazione del compenso globale - Aumento del 40 per cento per ciascuno degli altri componenti del collegio, come previsto per gli incarichi collegiali di natura tecnica relativi a materie diverse - Esclusione - Disparita' di trattamento - Illegittimita' costituzionale parziale. - Legge 8 marzo 2017, n. 24, art. 15, comma 4. - Costituzione, art. 3.
(GU n.21 del 26-5-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 15, comma
4, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita' professionale degli esercenti le professioni
sanitarie), promosso dal Tribunale ordinario di Verona, nel
procedimento vertente tra E. M. e altri contro l'Azienda ospedaliera
integrata di Verona, con ordinanza del 4 maggio 2020, iscritta al n.
160 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 2021 il Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio;
deliberato nella camera di consiglio del 15 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 4 maggio 2020, iscritta al n. 160 del
registro ordinanze 2020, il Tribunale ordinario di Verona in
composizione monocratica - nel corso di un giudizio di risarcimento
dei danni per responsabilita' sanitaria, intrapreso dai figli di un
paziente deceduto dopo essere stato sottoposto ad un intervento
neurochirurgico, giudizio nel quale era stato conferito un incarico
di consulenza tecnica d'ufficio ad un collegio composto da un medico
legale e da un infettivologo - ha sollevato, in riferimento all'art.
3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 15, comma 4, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni
in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche'
in materia di responsabilita' professionale degli esercenti le
professioni sanitarie), nella parte in cui «vieta in maniera drastica
l'aumento, nella misura del 40 per cento, del compenso spettante al
singolo, per ciascuno degli altri componenti del collegio, che e'
invece previsto, dall'art. 53 d.P.R. 115/2002, per la quasi totalita'
degli incarichi collegiali».
1.1.- Il giudice rimettente evidenzia, in punto di rilevanza, che
- ove si fosse potuto applicare l'aumento di cui all'art. 53 del
decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di spese di giustizia (Testo A)» - al collegio che ha
svolto l'incarico nel giudizio principale si sarebbe potuto liquidare
un importo globale pari ad euro 3.113,50, mentre, in ragione del
divieto stabilito dalla norma censurata, la misura del compenso non
avrebbe potuto superare la soglia di euro 2.418,93, sulla scorta del
criterio fondato sulle vacazioni, applicabile al caso di specie
secondo la giurisprudenza di legittimita'.
Osserva, quindi, che la previsione impugnata incide direttamente
sui termini quantitativi della liquidazione spettante ai componenti
del collegio peritale, che hanno avanzato la relativa istanza
all'esito dello svolgimento dell'incarico conferito.
1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
rileva che la previsione censurata deroga in maniera vistosa al
criterio posto dal citato art. 53, che non solo prevede, in caso di
perizia collegiale, un aumento della misura del compenso spettante al
singolo ausiliario, ma ne correla l'entita' al numero dei componenti
del collegio. Tale difformita' tra le due discipline risulterebbe
irragionevole e, pertanto, si porrebbe in contrasto con l'art. 3
Cost., non essendo ravvisabile alcun motivo per retribuire
l'attivita' dei componenti di un collegio peritale nei giudizi in
materia di responsabilita' sanitaria in misura inferiore rispetto a
quella di collegi composti da esperti in discipline diverse da quella
medica o comunque afferente ad altre tipologie di controversie.
Siffatto regime sottenderebbe una valutazione normativa di minore
difficolta' delle consulenze tecniche d'ufficio espletate nei giudizi
in tema di responsabilita' sanitaria, che sarebbe discriminatoria, in
quanto generalizzata, ma anche non pertinente, poiche' spesso questo
tipo di indagini presenterebbe un notevole coefficiente di
difficolta' e richiederebbe un particolare impegno.
1.2.1.- Argomenta il Tribunale di Verona, ad ulteriore
dimostrazione della irragionevolezza della disposizione censurata,
che, ai sensi dell'art. 2, comma 5, del decreto del Ministro della
Salute 19 luglio 2016, n. 165 (Regolamento recante la determinazione
dei parametri per la liquidazione da parte di un organo
giurisdizionale dei compensi per le professioni regolamentate, ai
sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27.
Medici veterinari, farmacisti, psicologi, infermieri, ostetriche e
tecnici sanitari di radiologia medica), pur essendo previsto che, in
caso di c.t.u. che coinvolga una pluralita' di medici veterinari,
farmacisti, psicologi, infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di
radiologia medica, il compenso sia unico a fronte dell'incarico
collegiale conferito, l'organo giurisdizionale puo' aumentarlo fino
al doppio. In questo caso il legislatore avrebbe, pertanto,
riconosciuto la facolta' al magistrato di liquidare un onorario
maggiore di quello spettante al singolo consulente, sul presupposto
che la perizia collegiale giustifichi un aumento dell'onorario.
1.2.2.- Un'ulteriore causa di irragionevolezza del divieto di
aumento censurato deriverebbe dal fatto che la riduzione del compenso
dei consulenti incaricati collegialmente opererebbe in un contesto in
cui i criteri di computo sono gia' inadeguati per difetto rispetto
all'impegno richiesto. E', al riguardo, evocato il precedente di
questa Corte (sentenza n. 192 del 2015), che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 106-bis del d.P.R. n. 115
del 2002, come introdotto dall'art. 1, comma 606, lettera b), della
legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge di stabilita'
2014), «nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un terzo
degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato sia operata in
caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate a norma
dell'art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002».
Precisa, su tale aspetto, il giudice a quo che l'inerzia
amministrativa nell'adeguamento dei compensi, stigmatizzata
nell'occasione da questa Corte, e' proseguita sino all'attualita',
tanto da giustificare la conclusione secondo cui la base tariffaria
sulla quale calcolare i compensi risulta ormai seriamente
sproporzionata per difetto, anche a voler considerare che la misura
degli onorari in esame, rapportata alle vigenti tariffe
professionali, deve essere contemperata in relazione alla natura
pubblicistica della prestazione richiesta. Con l'effetto che la
mancata attuazione in sede amministrativa del vincolo di adeguamento
previsto dalla fonte primaria costituiva un dato caratterizzante
della materia sulla quale il legislatore si apprestava ad incidere: e
il non averne tenuto conto, nel momento in cui e' stato deciso un
significativo intervento di riduzione, indurrebbe a concludere che la
scelta legislativa abbia superato il limite della manifesta
irragionevolezza.
Ne inferisce il Tribunale di Verona che anche nel settore
interessato dalla disposizione censurata possano determinarsi
ricadute di sistema, poiche' la disciplina descritta, per un verso,
puo' favorire applicazioni strumentali o addirittura illegittime
delle norme, ai fini di ottenere l'adeguamento de facto dei compensi
- ad esempio mediante un'indebita proliferazione degli incarichi o un
pregiudiziale orientamento verso valori tariffari massimi - e, per
altro verso, puo' comportare un allontanamento dal circuito dei
consulenti d'ufficio dei soggetti dotati delle migliori
professionalita'.
2.- Nel giudizio innanzi a questa Corte non si sono costituite le
parti del procedimento a quo e non ha spiegato intervento il
Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 4 maggio 2020 (reg. ord. n. 160 del 2020),
il Tribunale ordinario di Verona dubita, in riferimento all'art. 3
della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 15,
comma 4, della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di
sicurezza delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita' professionale degli esercenti le professioni
sanitarie), nella parte in cui «vieta in maniera drastica l'aumento,
nella misura del quaranta per cento, del compenso spettante al
singolo, per ciascuno degli altri componenti del collegio, che e'
invece previsto dall'art. 53 d.P.R. 115/2002, per la quasi totalita'
degli incarichi collegiali».
2.- In ragione della previsione normativa denunciata, l'ordinanza
di rimessione prospetta la violazione dell'art. 3 Cost., per
l'irragionevole disparita' di trattamento che si determinerebbe nella
liquidazione dei compensi di un collegio peritale nei giudizi di
responsabilita' medica, a fronte di quella spettante ai collegi
composti da esperti di discipline diverse da quella medica ovvero di
discipline che parimenti richiedono differenti competenze mediche, ma
in relazione ad altre tipologie di controversie.
Espone, in proposito, il giudice rimettente che - dopo aver
sancito il principio di necessaria collegialita' delle indagini
peritali da espletare nei giudizi di responsabilita' sanitaria - il
legislatore nega espressamente ogni possibilita' di aumento del
compenso globale spettante ai componenti del collegio, onorario che
e' calcolato unitariamente, come se l'incarico fosse conferito ad un
singolo consulente.
Ad avviso del giudice a quo, siffatta esclusione importerebbe
un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto alla previsione
generale in tema di compenso per gli incarichi conferiti ad un
collegio di ausiliari, e sarebbe altresi' intrinsecamente
irragionevole.
2.1.1.- Sotto il primo profilo, si determinerebbe un'illogica
differenza di disciplina rispetto al riconoscimento, operato in via
generale dall'art. 53 del decreto del Presidente della Repubblica 30
maggio 2002, n. 115, recante «Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo
A)», dell'aumento del compenso per gli incarichi collegiali di natura
tecnica relativi a materie diverse da quella della responsabilita'
sanitaria, nella misura del quaranta per cento per ciascun componente
oltre il primo.
2.1.2.- Sotto il secondo profilo, vi sarebbe un'irragionevolezza
intrinseca e manifesta del divieto di aumento previsto dalla norma
censurata, confermata altresi' dal riconoscimento in capo al giudice,
operato dall'art. 2, comma 5, del decreto del Ministro della Salute
19 luglio 2016, n. 165 (Regolamento recante la determinazione dei
parametri per la liquidazione da parte di un organo giurisdizionale
dei compensi per le professioni regolamentate, ai sensi dell'art. 9
del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con
modificazioni, nella legge 24 marzo 2012, n. 27. Medici veterinari,
farmacisti, psicologi, infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di
radiologia medica), della facolta' di aumentare fino al doppio il
compenso, pur unico a fronte dell'incarico collegiale, ove questo sia
stato conferito a medici veterinari, farmacisti, psicologi,
infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di radiologia medica.
Cio' in un contesto in cui, peraltro, i criteri di computo sono
gia' inadeguati per difetto a fronte dell'impegno richiesto, non
essendosi mai operato l'aggiornamento periodico, con cadenza
triennale, della misura dei criteri di liquidazione, previsto
dall'art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002. In proposito il giudice a
quo evoca il precedente di questa Corte n. 192 del 2015.
3.- In via preliminare, va rilevato che sussistono le condizioni
di ammissibilita' dell'incidente di costituzionalita' sollevato in
riferimento all'art. 15, comma 4, della legge n. 24 del 2017.
3.1.- In particolare, sul piano della rilevanza, il giudice
rimettente ha precisato che la previsione impugnata incide
direttamente sui termini quantitativi della liquidazione spettante ai
componenti del collegio peritale investito nel giudizio principale,
che hanno avanzato la relativa istanza all'esito dello svolgimento
dell'incarico conferito.
Ed ancora, e' plausibile il richiamo del Tribunale di Verona ai
criteri di calcolo da utilizzare con riguardo alla liquidazione del
compenso in favore del consulente tecnico incaricato in tema di
responsabilita' medica, sulla scorta del riferimento alla
giurisprudenza di legittimita', secondo cui il sistema di calcolo
dell'onorario fisso stabilito dagli artt. 20 e 21 della Tabella
allegata al decreto del Ministro della Giustizia, di concerto con il
Ministro dell'Economia e delle Finanze, del 30 maggio 2002
(Adeguamento dei compensi spettanti ai periti, consulenti tecnici,
interpreti e traduttori per le operazioni eseguite su disposizione
dell'autorita' giudiziaria in materia civile e penale) e' applicabile
agli accertamenti aventi ad oggetto lo stato di salute della persona.
Ne consegue che, ove la consulenza abbia ad oggetto la verifica della
correttezza, secondo le regole della scienza medica, dell'operazione
chirurgica cui e' stata sottoposta una delle parti, tale indagine ha
una sua propria specificita', per cui in tal caso, mancando
un'apposita previsione in tabella, il giudice puo' legittimamente
fare ricorso al criterio fondato sulle vacazioni (Corte di
cassazione, sezione seconda civile, sentenza 25 novembre 2011, n.
24992).
3.2.- In secondo luogo, nessun addebito puo' essere mosso al
rimettente per non avere tentato una interpretazione
costituzionalmente orientata. E tanto perche' il tenore perentorio
della disposizione, che esclude categoricamente la possibilita' di
incrementare l'onorario nel caso di consulenza tecnica d'ufficio
affidata ad un collegio in tale ambito, non consentiva alcuno sforzo
ermeneutico atto a motivare l'impossibilita' di pervenire ad
un'interpretazione adeguatrice. Al riguardo, questa Corte ha piu'
volte affermato che «l'univoco tenore della norma segna il confine in
presenza del quale il tentativo interpretativo deve cedere il passo
al sindacato di legittimita' costituzionale» (sentenze n. 232 del
2013 e n. 253 del 2020; in senso conforme, sentenze n. 174 del 2019,
n. 82 del 2017 e n. 36 del 2016).
4.- Quanto al merito della questione, e' opportuno premettere una
sintetica ricostruzione del quadro normativo entro cui si colloca la
disposizione censurata.
4.1.- In termini generali, l'art. 191, secondo comma, del codice
di procedura civile prevede che il giudice possa nominare piu' di un
consulente «soltanto in caso di grave necessita' o quando la legge
espressamente lo dispone». Analogamente, l'art. 221, secondo comma,
del codice di procedura penale ammette l'incarico peritale
collegiale, stabilendo che il giudice penale possa affidare
«l'espletamento della perizia a piu' persone quando le indagini e le
valutazioni risultano di notevole complessita' ovvero richiedono
distinte conoscenze in differenti discipline».
In tali situazioni il principio di collegialita' esige una
partecipazione congiunta degli esperti alle indagini e alle
valutazioni peritali in vista dell'elaborazione di conclusioni che,
anche se raggiunte attraverso la ripartizione di particolari
attivita' in base alle specifiche competenze di ciascuno, risultino
condivise e compendiate in un unico elaborato.
4.2.- Per quanto concerne la liquidazione del compenso,
l'incarico plurimo e' contemplato dall'art. 53 del d.P.R. n. 115 del
2002, il quale, sostanzialmente riproducendo le disposizioni
dell'abrogato art. 6 della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi
spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori
per le operazioni eseguite a richiesta dell'autorita' giudiziaria),
stabilisce che, allorche' l'incarico sia stato conferito ad un
collegio di ausiliari, «il compenso globale e' determinato sulla base
di quello spettante al singolo, aumentato del quaranta per cento per
ciascuno degli altri componenti del collegio, a meno che il
magistrato dispone che ognuno degli incaricati deve svolgere
personalmente e per intero l'incarico affidatogli».
Allorche', invece, il giudice nomini piu' consulenti e disponga
che ognuno degli incaricati svolga personalmente e per intero
l'incarico attribuito, in ragione delle professionalita' specifiche
di cui ognuno e' in possesso, non sussiste collegialita' e per ogni
consulente sono operative le medesime disposizioni applicabili nel
caso di nomina di un solo ausiliario. In tale evenienza si realizza,
quindi, una somma di indagini finalizzate ad un unico scopo, con
impegno, per ciascuna di esse, uguale a quello richiesto per
l'incarico singolo e con deposito di separati elaborati, con la
conseguenza che il compenso e' dovuto ad ogni ausiliario nella sua
interezza.
Dall'incarico collegiale si distingue altresi' l'ipotesi in cui
il giudice si sia limitato ad autorizzare il consulente singolo ad
avvalersi di uno o piu' soggetti per l'espletamento di indagini
specialistiche, non trovando in tal caso applicazione il criterio di
liquidazione previsto dall'art. 53 del d.P.R. n. 115 del 2002, ma le
medesime tabelle con cui deve essere determinata la misura degli
onorari dei consulenti tecnici (Corte di cassazione, sezione sesta
civile, sottosezione seconda, ordinanza 18 marzo 2019, n. 7636;
sezione seconda civile, ordinanza 21 settembre 2017, n. 21963;
sezione seconda civile, sentenza 11 giugno 2008, n. 15535).
4.3.- Con riferimento alla consulenza tecnica d'ufficio nei
giudizi civili e penali in materia di responsabilita' medica, l'art.
15 della legge n. 24 del 2017 (cosiddetta legge Gelli-Bianco) innova
sui criteri di nomina del consulente tecnico d'ufficio o perito
medico-legale, prevedendo, al comma 1, che, «[n]ei procedimenti
civili e nei procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilita'
sanitaria, l'autorita' giudiziaria affida l'espletamento della
consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in
medicina legale e a uno o piu' specialisti nella disciplina che
abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del
procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli
iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di
conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri
connessi e che i consulenti tecnici d'ufficio da nominare nell'ambito
del procedimento di cui all'articolo 8, comma 1, siano in possesso di
adeguate e comprovate competenze nell'ambito della conciliazione
acquisite anche mediante specifici percorsi formativi».
La norma introduce, dunque, il principio della necessaria
collegialita' nell'espletamento del mandato, di cui si ha conferma
attraverso i lavori parlamentari, giacche' il testo approvato in
prima lettura dalla Camera prevedeva la nomina di un collegio
peritale nei casi che avessero implicato la «valutazione di problemi
tecnici complessi», mentre tale inciso e' stato successivamente
espunto in Senato. Il fine della corretta esplicazione dell'indagine
e della valutazione peritale e' perseguito dal legislatore tanto
attraverso la necessaria collegialita', quanto mediante la previsione
della preparazione specialistica e delle conoscenze pratiche dei
soggetti incaricati.
Lo stesso articolo aggiunge, al comma 2, che «[n]egli albi dei
consulenti di cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione
del codice di procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al
regio decreto 18 dicembre 1941, n. 1368, e dei periti di cui
all'articolo 67 delle norme di attuazione, di coordinamento e
transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto
legislativo 28 luglio 1989, n. 271, devono essere indicate e
documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina.
In sede di revisione degli albi e' indicata, relativamente a ciascuno
degli esperti di cui al periodo precedente, l'esperienza
professionale maturata, con particolare riferimento al numero e alla
tipologia degli incarichi conferiti e di quelli revocati».
Quindi, il comma 3 specifica che «[g]li albi dei consulenti di
cui all'articolo 13 delle disposizioni per l'attuazione del codice di
procedura civile e disposizioni transitorie, di cui al regio decreto
18 dicembre 1941, n. 1368, e gli albi dei periti di cui all'articolo
67 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del
codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio
1989, n. 271, devono essere aggiornati con cadenza almeno
quinquennale, al fine di garantire, oltre a quella medico-legale,
un'idonea e adeguata rappresentanza di esperti delle discipline
specialistiche riferite a tutte le professioni sanitarie, tra i quali
scegliere per la nomina tenendo conto della disciplina interessata
nel procedimento».
Infine, il comma 4 dispone che nei procedimenti civili e nei
procedimenti penali aventi ad oggetto la responsabilita' sanitaria
«l'incarico e' conferito al collegio e, nella determinazione del
compenso globale, non si applica l'aumento del 40 per cento per
ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall'articolo
53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115». Ed e' su quest'ultima previsione
che si appuntano le censure del rimettente.
5.- Tutto cio' premesso, la questione di legittimita'
costituzionale sollevata e' fondata.
5.1.- La disposizione censurata e' intrinsecamente e
manifestamente irragionevole, non risultando coerente con la ratio
che la sostiene.
A fronte dell'introduzione, nei procedimenti civili e penali
aventi ad oggetto la responsabilita' sanitaria, del principio di
necessaria collegialita' a presidio della correttezza dell'indagine
peritale, non trova giustificazione la scelta del legislatore di
determinare l'onorario globale spettante al collegio in misura pari a
quella che verrebbe riconosciuta in caso di conferimento di incarico
al singolo. Infatti, per effetto della previsione in esame,
l'ammontare unitario di detto compenso deve essere suddiviso in parti
uguali tra i membri del collegio, con la conseguenza che a ciascun
componente spetta un onorario inferiore a quello adeguato in ragione
dell'incremento percentuale previsto dalla norma generale oggetto di
deroga.
Ulteriore causa di irragionevolezza deriva dalla riduzione
progressiva dell'onorario spettante a ciascuno dei consulenti indotta
dall'aumento del numero dei componenti incaricati dell'espletamento
delle operazioni peritali. Alla stregua della disposizione censurata,
il compenso rimane parametrato a quello che sarebbe spettato ove
l'incarico fosse stato attribuito ad un unico consulente,
indipendentemente dal numero dei componenti del collegio.
5.1.1.- La finalita' di alleviare l'aggravio economico che, in
forza della collegialita' necessaria, verrebbe a ricadere sugli
interessati gia' onerati dei costi della eventuale consulenza di
parte non puo' valere a legittimare la introduzione di una
irragionevole soglia di contenimento del quantum dell'onorario, non
potendo il soddisfacimento di un'esigenza siffatta tradursi in un
ingiustificato sacrificio per i consulenti incaricati.
Il limite imposto dalla disposizione denunciata comporta una
decurtazione idonea ad incidere sull'adeguatezza del compenso
rispetto all'opera prestata e sulla conformita' dello stesso alle
regole generali sulla liquidazione dei compensi affidati ad un
collegio di periti.
Attraverso la designazione giudiziale, integrante un atto
costitutivo di un munus publicum, il consulente tecnico d'ufficio
riceve un incarico professionale che, sebbene non sia riconducibile -
in ragione del fine pubblico che vale a qualificarlo e delle
peculiari modalita' in cui trova attuazione - ad un contratto,
rinviene nella disciplina della liquidazione degli onorari specifici
meccanismi di commisurazione volti a garantire la proporzionalita'
dei compensi, sia pure per difetto in considerazione del connotato
pubblicistico (sentenza n. 192 del 2015), all'entita' e alla
complessita' dell'opera prestata, in coerenza con il fine di
contemperamento tra gli interessi pubblici e le esigenze remunerative
del professionista che informa la disciplina del d.P.R. n. 115 del
2002.
A tale esigenza di adeguamento risponde anche l'incremento
percentuale contemplato per gli incarichi collegiali dall'art. 53 del
d.P.R. n. 115 del 2002, quale bilanciamento della determinazione del
compenso, per le suddette finalita' di contenimento della spesa,
sulla base di quanto spettante al singolo, poiche' il giudice ricorre
a tale genere di incarichi proprio quando le indagini esibiscono un
tasso di complessita' tecnico-scientifica tale da rendere opportuna
la condivisione della responsabilita' della valutazione peritale tra
piu' esperti.
Nel settore della responsabilita' medica il principio di
necessaria collegialita' dell'incarico peritale scaturisce da una
valutazione del legislatore circa la delicatezza delle indagini e
l'esigenza di perseguire una verifica dell'an e del quantum della
responsabilita' che sia il piu' possibile esaustiva e conforme alle
leges artis. Di conseguenza risulta gravemente contraddittorio che,
per un verso, si esiga che in tale campo sia favorito l'intervento di
tecnici particolarmente specializzati ed esperti - sia sul piano
teorico che pratico - e, per altro verso, si sopprima il meccanismo
che prevede un incremento del compenso che tale complessita' vale a
controbilanciare, meccanismo destinato ad evitare una plateale
decurtazione dell'importo che sarebbe spettato in caso di incarico al
singolo. Questa preventiva e inderogabile limitazione genera effetti
contrastanti con lo scopo che la disposizione si prefigge di
raggiungere in astratto, favorendo altresi' torsioni interpretative e
forzature applicative volte a sopperire alla riduzione quantitativa
attraverso l'incremento indiscriminato delle vacazioni riconoscibili,
pur a fronte dell'osservanza formale delle cornici edittali massime
fissate dal legislatore, ovvero mediante la proliferazione degli
incarichi o il riconoscimento sistematico dell'aumento previsto
dall'art. 52 del d.P.R. n. 115 del 2002 per la particolare
complessita' dell'incarico.
Tra le ricadute "di sistema" della disposizione denunciata va,
tra l'altro, considerata la possibilita' che essa favorisca
l'allontanamento dal circuito dei consulenti tecnici di ufficio e
periti da parte dei professionisti dotati di maggiore esperienza e
specializzazione, disincentivati dalla preordinata incongruenza degli
onorari spettanti rispetto alla qualita' e quantita' dell'impegno
richiesto (ancora sentenza n. 192 del 2015).
5.1.2.- A fortiori l'irragionevolezza della norma censurata e'
resa evidente dalla incidenza del divieto di aumento dei compensi su
tariffe che - inferiori fin dall'origine ai valori del mercato
professionale - non sono mai state aggiornate mediante l'adeguamento
triennale prescritto dall'art. 54 del d.P.R. n. 115 del 2002
(sentenze n. 224 del 2018 e n. 178 del 2017). In tali termini
l'irragionevolezza e' stata gia' accertata dalla richiamata sentenza
n. 192 del 2015, con riferimento alla previsione della riduzione di
un terzo dei compensi spettanti all'ausiliario del magistrato nei
procedimenti in cui sia stata disposta l'ammissione di una parte al
patrocinio a spese dello Stato, per finalita' di contenimento della
spesa erariale. In questa prospettiva, l'art. 106-bis del testo unico
sulle spese di giustizia e' stato dichiarato costituzionalmente
illegittimo «nella parte in cui non esclude che la diminuzione di un
terzo degli importi spettanti all'ausiliario del magistrato sia
operata in caso di applicazione di previsioni tariffarie non adeguate
a norma dell'art. 54 dello stesso d.P.R. n. 115 del 2002», in
relazione alla variazione, accertata dall'Istituto nazionale di
statistica (ISTAT), dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie
di operai e impiegati. E la recente sentenza n. 89 del 2020 ha
rilevato una «deplorevole e reiterata inadempienza
dell'Amministrazione» nell'applicazione del richiamato art. 54.
5.1.3.- E' pur vero che il legislatore gode di discrezionalita'
particolarmente ampia nella conformazione degli istituti processuali,
con il solo limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarieta'
delle scelte operate. Ma la verifica della sussistenza di un rapporto
di connessione razionale e di proporzionalita' tra il mezzo
predisposto dal legislatore e il fine che lo stesso ha inteso
perseguire rientra nel sindacato di ragionevolezza demandato a questa
Corte. La verifica del superamento del limite della manifesta
arbitrarieta' delle scelte compiute involge anche la valutazione se
il bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti sia
stato realizzato con modalita' tali da determinare il sacrificio o la
compressione di uno di essi in misura eccessiva e pertanto
incompatibile con il dettato costituzionale (ex multis, sentenze n.
253, n. 95, n. 80, n. 79 e n. 58 del 2020, n. 271, n. 266 e n. 139
del 2019).
E una compressione siffatta e' ravvisabile nel caso di specie, in
cui l'esclusione dell'aumento del compenso previsto dall'art. 53 del
d.P.R. n. 115 del 2002 contraddice lo scopo della disciplina
dell'istituto processuale di cui si tratta, che, come evidenziato, va
identificato con l'esigenza di assicurare un livello di precisione
tecnica e di attendibilita' dei risultati delle indagini confacente
alla complessita' della materia e alla delicatezza degli interessi
coinvolti.
5.2.- La disposizione impugnata contrasta, altresi', con il
principio di uguaglianza, in quanto introduce un'ingiustificata
disparita' di trattamento rispetto alla disciplina generale sulla
determinazione degli onorari per gli incarichi peritali collegiali.
Ed infatti, dal confronto con il citato art. 53 del testo unico sulle
spese di giustizia - disposizione il cui contenuto precettivo e'
espressamente derogato dalla norma censurata - si ricava che in tutti
gli altri campi in cui la complessita' dell'indagine richiede che
l'incarico sia affidato all'opera congiunta di piu' esperti, anche se
si tratti di un collegio medico, il compenso e' maggiorato, rispetto
a quello che sarebbe spettato al singolo consulente, nella misura del
quaranta per cento, per le ragioni dianzi evidenziate.
Sicche', ove l'incarico collegiale riguardi materie diverse da
quelle attinenti alla responsabilita' medica (sia civile, sia
penale), il compenso globale viene incrementato in ragione della
partecipazione alle operazioni peritali di piu' consulenti, mentre
l'aumento dell'onorario e' precluso in via generale con riguardo ai
procedimenti aventi ad oggetto la responsabilita' sanitaria,
nonostante il carattere primario degli interessi coinvolti e la
complessita' tecnica che di norma caratterizza l'attivita' di
indagine. Ne discende, a titolo esemplificativo, che siffatta
modalita' di adeguamento del compenso e' esclusa per un collegio di
medici il quale debba accertare la responsabilita' di un'equipe che
abbia eseguito un delicato intervento chirurgico, cui sia conseguito
il decesso del paziente, mentre e' riconosciuta ove della diversa
competenza di piu' medici l'autorita' giudiziaria si avvalga in altri
settori dell'ordinamento, come nell'ambito dell'infortunistica
stradale.
La disparita' di trattamento non appare giustificata dalla
circostanza che, nella materia di cui si tratta, la collegialita'
nell'espletamento dell'indagine tecnica sia prescritta dal
legislatore, diversamente dalle ipotesi concernenti altri campi, nei
quali il conferimento dell'incarico ad una pluralita' di consulenti
e' rimesso alla valutazione nel caso concreto del magistrato che
dispone l'accertamento peritale. La differenza della fonte
dell'incarico collegiale - nell'un caso stabilito in via generale dal
legislatore, nell'altro disposto dal magistrato in via discrezionale,
in relazione a singole fattispecie - non muta l'effetto, che consiste
comunque nel conferimento di un mandato collegiale.
Ne', d'altro canto, puo' ritenersi che la collegialita' imposta
dalla legge in materia di responsabilita' sanitaria costituisca un
onere meramente formale cui non corrisponda l'effettiva esigenza
pratica di garantire un adeguato contributo tecnico in fattispecie
richiedenti un concorso di conoscenze diversificate. Una conclusione
siffatta mostrerebbe un'intrinseca contraddizione, poiche'
implicherebbe che il legislatore abbia inteso introdurre la regola
della necessaria collegialita', pur nella consapevolezza della
sufficienza dell'affidamento dell'incarico ad un unico consulente.
6.- Deve, pertanto, essere dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 15, comma 4, della legge n. 24 del 2017
limitatamente alle parole: «e, nella determinazione del compenso
globale, non si applica l'aumento del 40 per cento per ciascuno degli
altri componenti del collegio previsto dall'articolo 53 del testo
unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di
spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica
30 maggio 2002, n. 115».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 15, comma 4,
della legge 8 marzo 2017, n. 24 (Disposizioni in materia di sicurezza
delle cure e della persona assistita, nonche' in materia di
responsabilita' professionale degli esercenti le professioni
sanitarie), limitatamente alle parole: «e, nella determinazione del
compenso globale, non si applica l'aumento del 40 per cento per
ciascuno degli altri componenti del collegio previsto dall'articolo
53 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia di spese di giustizia, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 30 maggio 2002, n. 115».
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
