LAVORO: licenziamento collettivo.
CORTE COSTITUZIONALE 24 maggio – 14 luglio 2022 SENTENZA N. 176
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Lavoro - Licenziamento collettivo - Lavoratori assunti, a decorrere dal 1° marzo 2020, alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, per lo svolgimento di servizi di pulizia presso le istituzioni scolastiche ed educative statali - Esclusione per essi della disciplina sui licenziamenti collettivi nonche' possibile risoluzione di diritto del contratto di lavoro con l'impresa contestualmente all'assunzione alle dipendenze dello Stato - Omessa previsione - Denunciata irragionevolezza e lesione della liberta' di impresa - Inammissibilita' delle questioni. - Decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, art. 58, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater; legge 23 luglio 1991, n. 223, artt. 5, comma 3, e 24; legge 20 maggio 1970, n. 300, art. 18, primo comma. - Costituzione, artt. 3 e 41.
(GU n.29 del 20-7-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giuliano AMATO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo
BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale del combinato
disposto dell'art. 58, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9
agosto 2013, n. 98, degli artt. 24 e 5, comma 3, della legge 23
luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,
mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive
della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni
in materia di mercato del lavoro) e dell'art. 18, primo comma, della
legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e
dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'
sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), promosso
dal Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice del lavoro,
nel procedimento instaurato da V.S. E. contro Dussmann Service srl,
con ordinanza del 16 febbraio 2021, iscritta al n. 53 del registro
ordinanze 2021 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 18, prima serie speciale, dell'anno 2021.
Visti gli atti di costituzione di Dussmann Service srl e di V.S.
E., nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 24 maggio 2022 il Giudice
relatore Silvana Sciarra;
uditi gli avvocati Elisabetta Lamarque e Fulvio Antonio Carmine
Moizo per Dussmann Service srl, Cosimo Finiguerra e Salvatore P.
Serafino per V.S. E. e l'avvocato dello Stato Federico Basilica per
il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 24 maggio 2022.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 16 febbraio 2021, iscritta al n. 53 del
registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Lecce, in funzione
di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 41
della Costituzione, questioni di legittimita' costituzionale del
«combinato disposto» dell'art. 58, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, del
decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il
rilancio dell'economia), convertito, con modificazioni, nella legge 9
agosto 2013, n. 98, degli artt. 24 e 5, comma 3, della legge 23
luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di cassa integrazione,
mobilita', trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive
della Comunita' europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni
in materia di mercato del lavoro) e dell'art. 18, primo comma, della
legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della liberta' e
dignita' dei lavoratori, della liberta' sindacale e dell'attivita'
sindacale, nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento).
Le disposizioni in esame sono censurate, anzitutto, nella parte
in cui non prevedono che i «lavoratori assunti dal Ministero
dell'istruzione», in seguito alla selezione di cui all'art. 58, comma
5-ter, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, siano «esclusi
dall'applicazione della disciplina sui licenziamenti collettivi».
Le censure, in secondo luogo, si appuntano sulla mancata
previsione della risoluzione di diritto del contratto di lavoro
stipulato con la societa' che svolgeva i servizi di cui all'art. 58,
comma 5-bis, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, al momento
dell'assunzione del lavoratore da parte del Ministero
dell'istruzione.
1.1.- In punto di rilevanza, il rimettente espone di dovere
decidere sul ricorso proposto da un dipendente, assunto il 1° marzo
2015 dalla societa' resistente in qualita' di addetto alle pulizie e
poi assunto alle dipendenze del Ministero dell'istruzione in seguito
alla selezione prevista dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145
(Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e
bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021).
Il rapporto di lavoro con l'imprenditore sarebbe cessato a far
data dal 25 marzo 2020 in virtu' di dimissioni volontarie, che il
lavoratore nega invece di avere mai rassegnato. Secondo il
ricorrente, l'estromissione dal posto di lavoro sarebbe qualificabile
come licenziamento (individuale o, in alternativa, collettivo),
impugnato in quanto illegittimo sotto molteplici profili.
Nel motivare sulla rilevanza delle questioni, il rimettente
riconosce, in via preliminare, la propria competenza e osserva che
non si configurerebbero dimissioni volontarie o una risoluzione
consensuale o tacita del rapporto di lavoro o un licenziamento
individuale, disciplinare o per giustificato motivo oggettivo.
Inoltre, il passaggio del lavoratore dalle dipendenze da un
soggetto privato a un ente pubblico non sarebbe regolato ne'
dall'art. 2112 del codice civile, fattispecie neppure dedotta dalle
parti, ne' dall'art. 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165
(Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle
amministrazioni pubbliche).
La vicenda controversa sarebbe riconducibile a un licenziamento
collettivo. Il datore di lavoro - specifica il rimettente - avrebbe
manifestato l'intenzione di licenziare piu' di cinque dipendenti in
centoventi giorni in concomitanza con il «medesimo fatto storico»
dell'internalizzazione del servizio di pulizia.
Ne' il passaggio del lavoratore alle dipendenze di un altro
datore di lavoro si potrebbe interpretare come rinuncia a impugnare
il recesso intimato dall'originario datore di lavoro.
Il rimettente afferma di dover dunque applicare la normativa «che
sanziona il licenziamento collettivo non effettuato per iscritto», in
mancanza di una previsione specifica che regoli le «sorti dei
rapporti di lavoro con la societa' appaltante una volta verificatasi
l'assunzione alle dipendenze del Ministero».
L'applicazione delle disposizioni censurate, che non si
presterebbero a una interpretazione adeguatrice, condurrebbe
all'accoglimento del ricorso.
1.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente
reputa «irragionevole» e dunque lesiva dell'art. 3 Cost.
l'applicazione della normativa sui licenziamenti collettivi, volta a
«tutelare la partecipazione e l'informazione dei lavoratori», a
beneficio dei dipendenti che hanno partecipato volontariamente a una
selezione e sono stati quindi assunti alle dipendenze del Ministero
dell'istruzione, con l'instaurazione di un rapporto di lavoro
assistito da garanzie piu' incisive di stabilita'.
Sarebbe violato anche l'art. 41 Cost., evocato in connessione con
l'art. 3 Cost. La necessita' di «attivare una procedura di
licenziamento collettivo anche per coloro che sono stati
internalizzati dall'Amministrazione» sarebbe frutto di «un non
bilanciato sacrificio rispetto alla tutela dell'attivita' di impresa»
e imporrebbe al datore di lavoro «oneri irragionevoli», pur in
mancanza di un esubero effettivo.
Il rimettente ritiene che la tutela riconosciuta dal legislatore
sia «irragionevolmente onerosa alla luce di un corretto bilanciamento
tra il diritto effettivo al mantenimento del lavoro e la tutela
dell'iniziativa di impresa economica». La Costituzione imporrebbe una
«tutela effettiva del lavoratore» soltanto nella diversa ipotesi di
un rapporto di lavoro «ingiustamente risolto» oppure «in pericolo».
Sarebbe, per contro, «irragionevole e sproporzionato rispetto ai fini
della normativa» un sistema che equipara a un licenziamento
l'assunzione presso il Ministero dell'istruzione, in conseguenza
dell'internalizzazione dei servizi.
Poste tali premesse, il giudice a quo ravvisa una «omissione
normativa» e invoca «una pronuncia additiva» di questa Corte, che
escluda l'applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi
ai lavoratori transitati al Ministero dell'istruzione e preveda la
risoluzione di diritto del contratto di lavoro alle dipendenze
dell'impresa appaltatrice.
L'esclusione dell'operativita' della disciplina sui licenziamenti
collettivi sarebbe imposta dal principio di eguaglianza, che puo'
anche condurre a «rimuovere l'ingiustificato privilegio di una
disciplina piu' favorevole rispetto a quella indicata a
comparazione».
Quanto all'introduzione di un'ipotesi di risoluzione di diritto,
essa rappresenterebbe «una soluzione a rime obbligate».
Solo la soluzione indicata consentirebbe di bilanciare «il
diritto di iniziativa economica datoriale» con il diritto al lavoro,
che reclama peculiare tutela soprattutto per «coloro che
effettivamente corrono un rischio di perdita del posto di lavoro».
2.- Si e' costituita in giudizio Dussmann Service srl, che ha
chiesto di accogliere le questioni di legittimita' costituzionale
sollevate dal Tribunale di Lecce e di dichiarare, in via
consequenziale, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 58, comma
5-sexies, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, introdotto dal
decreto-legge 29 ottobre 2019, n. 126 (Misure di straordinaria
necessita' ed urgenza in materia di reclutamento del personale
scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti),
convertito, con modificazioni, nella legge 20 dicembre 2019, n. 159.
2.1.- In punto di fatto, la societa' ha argomentato che il
rapporto di lavoro del ricorrente nel giudizio principale e' cessato
«per dimissioni per comportamento concludente».
2.2.- La societa' censura il «vuoto normativo» in ordine alla
«sorte dei contratti di lavoro di coloro che volontariamente hanno
deciso di partecipare alla selezione pubblica».
La mancata previsione della risoluzione automatica del rapporto
di lavoro di coloro che siano passati alle dipendenze dello Stato
determinerebbe un ingiustificato sacrificio della liberta' di
iniziativa economica di un'impresa che gia' sarebbe stata privata di
«appalti importanti». L'applicazione della normativa sui
licenziamenti sarebbe «palesemente incongrua» e non risponderebbe «ad
alcuna ragione di utilita' sociale».
2.3.- Ad avviso della parte, ricorrerebbero i presupposti per
dichiarare l'illegittimita' costituzionale anche dell'art. 58, comma
5-sexies, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito, che consente
nuove assunzioni, a decorrere dal 1° marzo 2021, a favore di
lavoratori con una minore anzianita' di servizio (almeno
quinquennale).
3.- Si e' costituito in giudizio anche V.S. E., ricorrente nel
giudizio principale, e ha chiesto di dichiarare inammissibili o
comunque non fondate le questioni sollevate dal Tribunale di Lecce.
3.1.- La parte espone di avere sottoscritto con l'amministrazione
pubblica, dopo il licenziamento intimato verbalmente dall'impresa, un
contratto di lavoro a tempo determinato in regime di part time al 50
per cento, con la facolta' di svolgere altre prestazioni lavorative
compatibili con le attivita' dell'istituto.
3.2.- La parte ha eccepito, in linea preliminare,
l'inammissibilita' delle questioni.
3.2.1.- In primo luogo, sarebbe precluso un intervento additivo
di questa Corte che implichi l'adozione di scelte discrezionali,
riservate al legislatore.
3.2.2.- Le questioni sarebbero inammissibili, inoltre, per
difetto di rilevanza. Difatti, sull'impugnativa del licenziamento, in
quanto intimato in forma soltanto verbale, non avrebbe alcuna
incidenza la disciplina censurata.
3.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal
Tribunale di Lecce non sarebbero comunque fondate.
Sarebbe irrazionale la previsione indiscriminata di una
risoluzione di diritto di tutti i rapporti di lavoro, anche nei casi
in cui il Ministero dell'istruzione abbia concluso con gli addetti al
servizio delle pulizie un contratto di lavoro a condizioni deteriori.
4.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, e ha chiesto di dichiarare non fondate le questioni sollevate
dal Tribunale di Lecce.
Il rimettente prenderebbe le mosse dall'erroneo presupposto
interpretativo che permanga il rapporto di lavoro con l'originario
datore, anche dopo l'assunzione alle dipendenze dell'amministrazione
pubblica.
La scelta del lavoratore di accettare un incarico alle dipendenze
del Ministero dell'istruzione denoterebbe l'univoca intenzione «di
risolvere il precedente rapporto». Con la stipulazione del nuovo
contratto con l'amministrazione dello Stato, verrebbe meno «il
precedente rapporto», in quanto incompatibile con il nuovo lavoro,
caratterizzato da «un vincolo di esclusivita'» derogabile solo entro
limiti circoscritti. Non sarebbe pertanto necessario avviare alcuna
procedura di licenziamento.
5.- In vista dell'udienza, hanno depositato memorie illustrative
Dussmann Service srl e V.S. E., per ribadire le conclusioni gia'
rassegnate.
5.1.- Dussmann Service srl osserva che sarebbe preferibile una
«sentenza di accoglimento manipolativo», in quanto dotata di effetti
erga omnes. L'interpretazione dell'Avvocatura generale dello Stato,
che configura una cessazione automatica del precedente rapporto di
lavoro, potrebbe non essere condivisa dai giudici chiamati a
occuparsi di un contenzioso oramai cospicuo.
La parte replica che il lavoratore ha gia' ricevuto sufficiente
tutela, a seguito dell'instaurazione di un rapporto di lavoro con il
Ministero.
5.2.- V.S. E. ha eccepito anche il difetto di incidentalita'
della questione. Il petitum del giudizio principale sarebbe
integralmente sovrapponibile all'oggetto della questione di
legittimita' costituzionale.
Le ipotesi di esclusione dalla procedura sui licenziamenti
collettivi dovrebbero essere determinate dal legislatore, in
considerazione della peculiarita' delle diverse situazioni. Proprio
nella procedura di licenziamento collettivo, peraltro avviata
dall'imprenditore, avrebbe dovuto essere regolata la sorte dei
rapporti di lavoro.
6.- All'udienza le parti hanno ribadito le conclusioni rassegnate
negli scritti difensivi.
Considerato in diritto
1.- Con l'ordinanza di cui al reg. ord. n. 53 del 2021, il
Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di giudice del lavoro,
dubita, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, della
legittimita' costituzionale del «combinato disposto» dell'art. 58,
commi 5-bis, 5-ter e 5-quater, del decreto-legge 21 giugno 2013, n.
69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito,
con modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, degli artt. 24 e
5, comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di
cassa integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro
ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro) e dell'art.
18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla
tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale, nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento).
Le disposizioni in esame sono censurate, anzitutto, nella parte
in cui non escludono «dall'applicazione della disciplina sui
licenziamenti collettivi» i «lavoratori assunti dal Ministero
dell'istruzione», in seguito alla selezione di cui all'art. 58, comma
5-ter, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito.
E' poi censurata la mancata previsione della risoluzione di
diritto del contratto di lavoro stipulato con la societa' che
svolgeva i servizi di cui all'art. 58, comma 5-bis, del d.l. n. 69
del 2013, come convertito, risoluzione che si dovrebbe produrre al
momento dell'assunzione del lavoratore da parte del predetto
Ministero.
La disciplina censurata sarebbe lesiva, in primo luogo, dell'art.
3 Cost. Il rimettente reputa irragionevole e sproporzionata, oltre
che foriera di un «ingiustificato privilegio», la scelta di applicare
la disciplina dei licenziamenti collettivi. Di tale normativa, volta
a «tutelare la partecipazione e l'informazione dei lavoratori», si
troverebbero a beneficiare lavoratori gia' dipendenti di imprese
private che «hanno partecipato volontariamente alla selezione» e sono
stati assunti da un datore di lavoro pubblico, con la garanzia di una
«stabilita' maggiore» del rapporto di lavoro.
Il giudice a quo denuncia, inoltre, la lesione dell'art. 41
Cost., in connessione con l'art. 3 Cost. L'applicazione della
disciplina dei licenziamenti collettivi sarebbe «irragionevolmente
onerosa» per il datore di lavoro, gravato da «un onere gestionale
eccessivo rispetto ad esuberi fittizi», e non rappresenterebbe «un
corretto bilanciamento tra il diritto effettivo al mantenimento del
lavoro» di chi corra il concreto rischio di perderlo e «il diritto di
iniziativa economica datoriale».
2.- Le questioni sottoposte al vaglio di questa Corte si
inquadrano nel travagliato processo che ha condotto l'amministrazione
pubblica a riappropriarsi della gestione dei servizi di pulizia e dei
servizi ausiliari nelle scuole, per porre rimedio alle numerose
criticita' emerse nel periodo di apertura al mercato.
Allo scopo di assicurare in tempi celeri l'efficiente svolgimento
del servizio e di salvaguardare i lavoratori dipendenti dalle imprese
che si sono aggiudicate gli appalti, il legislatore ne ha previsto
l'assunzione mediante una procedura selettiva, aperta a chi possiede
determinati requisiti culturali e vanta un'esperienza professionale
specifica.
3.- Le questioni, nei termini in cui sono state proposte, sono
inammissibili.
4.- La parte ricorrente nel giudizio principale ha eccepito, in
linea preliminare, l'inammissibilita' delle questioni in
considerazione dell'elevato coefficiente manipolativo dell'addizione
richiesta, che sconfinerebbe nell'ambito delle scelte riservate alla
discrezionalita' del legislatore.
L'eccezione, ribadita anche nella memoria illustrativa, e'
fondata.
5.- L'ordinanza di rimessione censura il «vuoto normativo», che
imporrebbe di applicare la normativa in tema di licenziamenti
collettivi.
Il dubbio di legittimita' costituzionale trarrebbe origine da
un'omissione del legislatore che, nel promuovere il passaggio dei
lavoratori delle imprese appaltatrici nei ruoli dell'amministrazione
pubblica, ha trascurato di disciplinare la sorte dei contratti di
lavoro gia' stipulati.
Il giudice a quo reputa necessaria «una pronuncia additiva» di
questa Corte, che dichiari costituzionalmente illegittimo «il
combinato disposto delle norme indicate in dispositivo nella parte in
cui non prevede che - per coloro che abbiano partecipato alla
selezione indetta ex l. 145/18, art. 1 c. 760 e siano stati assunti
dal Ministero dell'Istruzione (gia' MIUR) - resta esclusa
l'applicabilita' della disciplina sui licenziamenti collettivi e,
parimenti, si realizza la risoluzione di diritto del contratto di
lavoro alle dipendenze dell'impresa appaltatrice gia' datrice di
lavoro al momento della stipula del contratto con il Ministero
stesso».
Nella prospettiva del rimettente, i due profili sono
inscindibilmente connessi.
Quanto alla risoluzione di diritto dell'originario contratto di
lavoro, essa si configurerebbe come «una soluzione a rime obbligate,
non essendo possibile dare alcuna lettura costituzionalmente
orientata e ragionevole del sistema».
Al novero delle soluzioni costituzionalmente obbligate sarebbe
riconducibile anche la deroga alla normativa in tema di licenziamenti
collettivi. L'applicazione di tale disciplina a una fattispecie che
e' solo «la logica conseguenza della procedura di internalizzazione»
sarebbe incongrua e rappresenterebbe «una ridondanza normativa». Ad
avviso del rimettente, questa Corte, investita delle censure di
violazione dell'art. 3 Cost., ben potrebbe rimuovere l'ingiustificato
privilegio di una disciplina piu' favorevole. Nessun ostacolo
preliminare si frapporrebbe, pertanto, all'accoglimento delle
questioni sollevate.
6.- I rilievi svolti dal rimettente a sostegno
dell'ammissibilita' delle questioni non possono essere condivisi. Ne'
questa Corte intende verificare la correttezza del presupposto
interpretativo che il rimettente adotta, nel ritenere ineludibile
l'applicazione della disciplina dei licenziamenti collettivi, profilo
che attiene al merito.
Il carattere spiccatamente manipolativo dell'addizione richiesta
traspare dalle stesse considerazioni del giudice a quo, che lamenta
il «vuoto normativo» e auspica che questa Corte colmi tale lacuna e
cosi' supplisca all'omissione del legislatore.
L'intervento additivo, nella sua latitudine, si ripercuoterebbe
su aspetti qualificanti della disciplina e si risolverebbe in
un'innovazione di considerevole portata sistematica, come conferma la
pluralita' delle previsioni sottoposte allo scrutinio di questa
Corte, relative alla disciplina speciale del d.l. n. 69 del 2013,
come convertito, e, in pari tempo, a quella generale dettata dalla
legge n. 223 del 1991 e dallo statuto dei lavoratori, in ordine ai
rimedi applicabili.
L'intervento in esame si esplicherebbe dunque in una duplice
direzione, che attiene, per un verso, alla deroga alla normativa in
tema di licenziamenti collettivi e, per altro verso, alla risoluzione
ipso iure dell'originario contratto di lavoro.
7.- A diverse conclusioni non puo' condurre la lettura riduttiva
propugnata dalla difesa della societa' Dussmann Service srl, che
reputa sufficiente l'introduzione di una fattispecie di risoluzione
di diritto del contratto.
Il petitum, neppure cosi' circoscritto, e' immune dai profili
problematici segnalati a sostegno dell'eccezione di inammissibilita'.
La risoluzione di diritto dell'originario contratto di lavoro, in
primo luogo, non e' coerente ne' con la risoluzione consensuale o
tacita che la societa' stessa ipotizza, sul presupposto di una
volonta' negoziale concludente, ne' con l'estromissione unilaterale
allegata dal lavoratore.
L'indicata risoluzione di diritto, quindi, non appare una
soluzione vincolata, nei termini adombrati dal rimettente senza il
supporto di argomentazioni puntuali, e neanche una soluzione
costituzionalmente adeguata, incardinata su un punto di riferimento
plausibile, gia' presente nel sistema.
Questa Corte dovrebbe delineare - in maniera meno approssimativa
di quanto faccia il rimettente - i presupposti della risoluzione di
diritto, alla luce dell'ampia gamma di variabili che si possono
profilare nella realta' e che non sempre contemplano una radicale
incompatibilita' tra il nuovo lavoro alle dipendenze
dell'amministrazione pubblica, eventualmente prestato a condizioni
piu' sfavorevoli, e la prosecuzione dell'attivita' presso
l'originaria impresa appaltatrice.
8.- L'addizione che il rimettente sollecita, anche se delimitata
entro confini rigorosi, comunque si ripercuoterebbe sull'ambito
applicativo della disciplina dei licenziamenti collettivi e
concorrerebbe a limitarne la portata tendenzialmente generale,
mediante una deroga calibrata sulle - peraltro peculiari -
specificita' del caso concreto.
Questa Corte ha gia' evidenziato che, in tale materia, solo
parzialmente armonizzata, e' ampio l'apprezzamento discrezionale del
legislatore (sentenza n. 254 del 2020), chiamato a conformarsi alle
prescrizioni del diritto dell'Unione europea (direttiva 98/59 CE del
Consiglio, del 20 luglio 1998, concernente il ravvicinamento delle
legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti
collettivi).
9.- La deroga auspicata dal rimettente incide su una sfera
riservata alla discrezionalita' legislativa e contraddistinta
dall'assenza nell'ordinamento di soluzioni univoche, atte a orientare
l'intervento correttivo di questa Corte. Essa, infatti, neppure
collima con altre soluzioni che il legislatore ha individuato, allo
scopo di escludere l'applicazione della disciplina dei licenziamenti
collettivi in ipotesi tassative e secondo un prudente contemperamento
tra i contrapposti interessi.
Nel contesto delle imprese che svolgono attivita' di servizi in
appalto, la procedura dei licenziamenti collettivi, di cui all'art.
24 della legge n. 223 del 1991, non si applica -fino alla completa
attuazione della normativa di tutela - soltanto quando al lavoratore,
assunto dal nuovo appaltatore che subentra, sia garantita parita' di
condizioni economiche e normative (art. 7, comma 4-bis, del
decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, recante «Proroga di termini
previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in
materia finanziaria», convertito, con modificazioni, nella legge 28
febbraio 2008, n. 31).
Nelle questioni devolute all'esame di questa Corte, invece, il
rimettente prefigura una deroga indiscriminata alla normativa sui
licenziamenti collettivi, senza alcun carattere di provvisorieta' e
senza alcun riferimento a quella parita' delle condizioni applicate
dal nuovo datore di lavoro che la disciplina del d.l. n. 248 del
2007, come convertito, menzionata dallo stesso rimettente, considera
imprescindibile.
10.- Il descritto profilo di inammissibilita' e' dirimente e
dispensa questa Corte dalla disamina delle ulteriori eccezioni
preliminari formulate dalla parte o rilevabili d'ufficio.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale del combinato disposto dell'art. 58, commi 5-bis,
5-ter e 5-quater, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69
(Disposizioni urgenti per il rilancio dell'economia), convertito, con
modificazioni, nella legge 9 agosto 2013, n. 98, degli artt. 24 e 5,
comma 3, della legge 23 luglio 1991, n. 223 (Norme in materia di
cassa integrazione, mobilita', trattamenti di disoccupazione,
attuazione di direttive della Comunita' europea, avviamento al lavoro
ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro) e dell'art.
18, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla
tutela della liberta' e dignita' dei lavoratori, della liberta'
sindacale e dell'attivita' sindacale, nei luoghi di lavoro e norme
sul collocamento), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41 della
Costituzione, dal Tribunale ordinario di Lecce, in funzione di
giudice del lavoro, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 maggio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 14 luglio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
