GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA: riparto di giurisdizione.
CORTE COSTITUZIONALE 9 giugno – 15 luglio 2022 SENTENZAN. 178
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Giustizia amministrativa - Riparto di giurisdizione - Controversie risarcitorie per i danni conseguenti a comportamenti meramente materiali della pubblica amministrazione, nella gestione del ciclo dei rifiuti - Devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, nella lettura offerta dal diritto vivente - Denunciata violazione dei principi costituzionali sul riparto di giurisdizione, come enunciati nelle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006 - Non fondatezza delle questioni. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lettera p). - Costituzione, artt. 3, 24, 25, 100, primo comma, 102, 103, primo comma, 111 e 113, primo comma.
(GU n.29 del 20-7-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giuliano AMATO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo
BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 133, comma
1, lettera p), dell'Allegato 1 (codice del processo amministrativo)
al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione
dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al
governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal
Tribunale ordinario di Reggio Calabria nel procedimento vertente tra
G. M. e il Comune di Reggio Calabria e altro, con ordinanza del 30
gennaio 2021, iscritta al n. 188 del registro ordinanze 2021 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima
serie speciale, dell'anno 2021.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udita nella camera di consiglio dell'8 giugno 2022 la Giudice
relatrice Daria de Pretis;
deliberato nella camera di consiglio del 9 giugno 2022.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 30 gennaio 2021, iscritta al n. 188 del
registro ordinanze 2021, il Tribunale ordinario di Reggio Calabria ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 133,
comma 1, lettera p), dell'Allegato 1 (codice del processo
amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104
(Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
recante delega al governo per il riordino del processo
amministrativo), in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 100, primo
comma, 102, 103, primo comma, 111 e 113, primo comma, della
Costituzione.
La citata disposizione prevede che «[s]ono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori
previsioni di legge: [...] le controversie aventi ad oggetto le
ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le
situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonche' gli atti, i
provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi dell'articolo 5, commi
2 e 4 della medesima legge n. 225 del 1992 e le controversie comunque
attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti,
seppure posta in essere con comportamenti della pubblica
amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di
un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente
tutelati».
La disposizione e' censurata «nella parte in cui, per come
univocamente interpretat[a] dalla giurisprudenza della Corte Suprema
di cassazione, divenuta vero e proprio "diritto vivente", devolve
alla cognizione della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo anche le controversie risarcitorie, quand'anche
relative a diritti costituzionalmente tutelati, promosse ai sensi
degli artt. 2043 e 2051 cod. civ, nei confronti della pubblica
amministrazione custode dei rifiuti, per i danni conseguenti a
comportamenti meramente omissivi della stessa pubblica
amministrazione, posti in essere in via di mero fatto, nelle quali la
stessa non esercita - nemmeno mediatamente, e cioe' avvalendosi della
facolta' di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun
pubblico potere».
Cosi' interpretata, la disposizione si porrebbe in contrasto con
i principi enunciati da questa Corte nelle sentenze n. 204 del 2004 e
n. 191 del 2006, sicche' sussisterebbe la violazione degli indicati
parametri costituzionali.
1.1.- Le questioni di legittimita' costituzionale sono sorte nel
corso di un giudizio promosso da G. M. nei confronti del Comune di
Reggio Calabria e della Regione Calabria per ottenere il risarcimento
del danno subito in occasione del suo intervento, in qualita' di
vigile del fuoco, nello spegnimento di un incendio di rifiuti posti
sulla pubblica via. In tale occasione, un getto di olio bollente
fuoriuscito da un barile di latta abbandonato tra i rifiuti lo aveva
colpito alle gambe, causandogli un danno alla salute. A fondamento
della sua domanda G. M. ha fatto valere la responsabilita' da cosa in
custodia, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., degli enti pubblici
convenuti, in quanto «soggetti che avrebbero dovuto fronteggiare
l'emergenza rifiuti nel periodo in cui si era verificato l'evento
dannoso».
Nel processo principale, la Regione Calabria ha eccepito in via
preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario,
affermando che la controversia rientrerebbe nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in materia di «gestione del
ciclo dei rifiuti», ai sensi del citato art. 133, comma 1, lettera
p), cod. proc. amm.
1.2.- Secondo il rimettente, l'eccezione dovrebbe essere accolta
sulla base di un orientamento espresso in alcune pronunce della Corte
di cassazione divenute ormai diritto vivente (Corte di cassazione,
sezioni unite civili, sentenza 28 giugno 2013, n. 16304; terza
sezione civile, sentenza 19 dicembre 2014, n. 26913; sesta sezione
civile - 3, ordinanza 21 settembre 2017, n. 22009), rese in giudizi
relativi al risarcimento dei danni causati a privati cittadini
dall'omesso prelievo, trasporto e smaltimento dei rifiuti da parte
delle amministrazioni comunali.
In esse la Suprema Corte avrebbe affermato la giurisdizione del
giudice amministrativo, statuendo in particolare che: nelle
controversie sottoposte al suo esame non sarebbero stati applicabili,
ratione temporis, ne' l'art. 4 del decreto-legge 23 maggio 2008, n.
90 (Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore
dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori
disposizioni di protezione civile), convertito, con modificazioni,
nella legge 14 luglio 2008, n. 123, ne', dopo la sua abrogazione,
l'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm., che lo ha
sostanzialmente riprodotto; tali norme, comunque, nulla avrebbero
innovato rispetto alle previgenti regole sul riparto della
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, perche´
la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti urbani e` un servizio
pubblico che la legge riserva obbligatoriamente ai comuni; di
conseguenza, ogni controversia concernente l'organizzazione del
servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, ivi
comprese quelle aventi ad oggetto il risarcimento dei danni
conseguenti all'omessa adozione dei provvedimenti necessari a
prevenire o impedire l'abbandono dei rifiuti sulle strade, ovvero a
rimuoverne gli effetti, sarebbe appartenuta alla giurisdizione del
giudice amministrativo gia` ai sensi dell'art. 33, comma 2, lettera
e), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni
in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle
amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di
lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione
dell'articolo 11, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59), come
modificato dall'art. 7 della legge 21 luglio 2000 n. 205
(Disposizioni in materia di giustizia amministrativa), che attribuiva
al giudice amministrativo la giurisdizione ove si fosse in presenza
dell'esercizio di potesta' pubblicistiche, ancorche' incidenti su
diritti e sulle connesse domande risarcitorie; in conclusione,
qualora la lesione di detti diritti sia allegata come effetto di un
comportamento illegittimo perche' omissivo dell'adozione dei
provvedimenti necessari per prevenire, impedire, rimuovere
l'abbandono dei rifiuti sulle strade, la relativa controversia
rientrerebbe nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo.
Particolare rilievo assumerebbe la citata ordinanza della Corte
di cassazione n. 22009 del 2017, resa in una controversia simile a
quella oggetto del processo principale. In quel caso si trattava del
risarcimento dei danni causati dall'incendio di due cassonetti per i
rifiuti solidi urbani collocati nei pressi di un'abitazione privata,
la cui proprietaria aveva citato il Comune in quanto responsabile da
cosa in custodia ai sensi dell'art. 2051 cod. civ. La Suprema Corte
avrebbe riconosciuto la giurisdizione del giudice amministrativo
identificando la causa petendi «nella congiunta circostanza della
pericolosita' della collocazione dei cassonetti a ridosso della casa
di abitazione e nell'inerzia della P.A. a dispetto delle segnalazioni
in merito inviate». Rilevante sarebbe, in particolare. il fatto che
la «malaccorta gestione [...] dei manufatti necessari al ciclo di
raccolta dei rifiuti» coinvolgerebbe l'esercizio del potere
autoritativo nell'organizzazione del servizio pubblico di raccolta e
smaltimento dei rifiuti urbani. Cosi' individuata, la giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo presenterebbe un'ampiezza
«indiscriminata [...], idonea a comprendere pure le fattispecie in
materia di diritti ai sensi dell'art. 2051 cod. civ.».
1.3.- Il giudice a quo ravvisa la rilevanza delle questioni nella
circostanza che il diritto vivente non consentirebbe «soluzioni
ermeneutiche diverse da quelle elaborate dalla Suprema Corte di
Cassazione» circa la spettanza al giudice amministrativo della
controversia al suo esame. In conseguenza di cio' e in accoglimento
dell'eccezione formulata dalla convenuta, il Tribunale stesso
dovrebbe dichiarare il proprio difetto di giurisdizione.
Secondo la citata giurisprudenza di legittimita' - da cui il
rimettente afferma di non potersi discostare - l'esistenza di un
nesso ineliminabile tra la domanda di risarcimento del danno ai sensi
degli artt. 2043 e 2051 cod. civ. e la prospettata gestione
malaccorta dei rifiuti attrarrebbe la controversia all'ambito di
applicazione dell'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm.
In ogni caso, ove anche non si fosse in presenza di un vero e
proprio diritto vivente, l'assai probabile rischio di riforma da
parte del giudice di ultimo grado di un'eventuale pronuncia
dissenziente giustificherebbe, ad avviso del rimettente, la
proposizione della questione come unica via idonea a impedire
l'applicazione di una disposizione costituzionalmente illegittima (e'
citata la sentenza n. 240 del 2016). Infatti, «se il giudice non si
determinasse a sollevare la questione di legittimita' costituzionale,
l'alternativa sarebbe dunque solo adeguarsi ad una interpretazione
che non si condivide o assumere una pronuncia in contrasto,
probabilmente destinata ad essere riformata». Cio' che escluderebbe
l'inammissibilita' della questione per richiesta di avallo
interpretativo (e' citata la sentenza n. 1 del 2021).
1.4.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva che l'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm., come
interpretato dalla Corte di cassazione, attribuirebbe al giudice
amministrativo anche le controversie risarcitorie derivanti, come
nella fattispecie oggetto del processo principale, da comportamenti
omissivi posti in essere in via di mero fatto, quale l'omessa
rimozione o l'omessa custodia dei rifiuti abbandonati sulle pubbliche
strade, che abbiano causato la lesione di diritti costituzionalmente
garantiti, come il diritto alla salute.
Cosi' statuendo, la disposizione censurata violerebbe gli artt.
3, 24, 25, 100, primo comma, 102, 103, primo comma, 111 e 113, primo
comma, Cost. In base alle sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006
di questa Corte, infatti, l'art. 103, primo comma, Cost. non
attribuisce al legislatore un'assoluta e indiscriminata
discrezionalita' nell'assegnare al giudice amministrativo materie in
regime di giurisdizione esclusiva, ma solo il potere di indicare
«particolari materie», in cui lo stesso giudice conosce anche
posizioni di diritto soggettivo. Tali materie devono essere
«particolari» nel senso che in esse deve comunque venire in evidenza
l'esercizio di poteri pubblici, sia tramite atti unilaterali e
autoritativi, sia tramite moduli consensuali, sia infine tramite
semplici comportamenti, purche' sempre riconducibili, anche
«mediatamente», all'esercizio di un potere pubblico.
In applicazione di tali principi, le controversie meramente
risarcitorie, riguardanti la responsabilita' dell'ente pubblico ai
sensi dell'art. 2051 cod. civ. (similmente a quelle, ad esempio,
attinenti ai danni da "insidia" o "trabocchetto" sul manto stradale),
non potrebbero rientrare nella giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo. In questi casi, la domanda giudiziale, anche se in
apparenza diretta a censurare implicitamente l'attivita'
dell'amministrazione custode del bene (secondo l'esempio fatto, la
cattiva manutenzione stradale), non comporterebbe «alcuna
intromissione nel potere amministrativo», giacche' il danneggiato si
limita a chiedere il risarcimento dei danni cagionati dalla cosa in
custodia dell'amministrazione e non la condanna della stessa
amministrazione a eliminare la causa dell'evento lesivo (la "insidia"
o il "trabocchetto" sul manto stradale, sempre secondo l'esempio
fatto).
La Corte di cassazione, invece, avrebbe finito per interpretare
il termine «mediatamente», di cui all'art. 133, comma 1, lettera p),
cod. proc. amm., come sinonimo di «indirettamente», facendo rientrare
nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche
controversie che non coinvolgono il pubblico potere, sulla base del
semplice dato che «un danno, quand'anche riconducibile allo schema
dell'art. 2051 cod. civ., nel suo complesso [e'] ascrivibile alla
malaccorta gestione» dei rifiuti (ordinanza n. 22009 del 2017).
Il rimettente ricorda ancora che questa Corte, con la sentenza n.
35 del 2010 e con l'ordinanza n. 167 del 2011, avrebbe gia' rigettato
analoghe questioni riferite alla disciplina previgente, ma ritiene
che la sopravvenienza di un difforme diritto vivente, relativo a casi
identici, richieda un nuovo vaglio delle medesime questioni. In ogni
caso, il carattere frequentemente bagatellare delle controversie in
materia, in cui si fanno valere spesso pretese risarcitorie per
«fastidi» e «disagi» derivanti dalla cattiva gestione dei rifiuti,
porterebbe a ritenere piu' adeguata la loro trattazione in sede di
giurisdizione ordinaria.
2.- Con atto depositato il 17 dicembre 2021, e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
l'inammissibilita' o, comunque, per la manifesta infondatezza delle
questioni.
2.1.- Le questioni sarebbero inammissibili, innanzitutto, per
carenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza, in quanto il
rimettente non avrebbe esposto le ragioni di contrasto della norma
censurata con ciascuno dei parametri invocati, essendosi limitato ad
affermare che l'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm., come
interpretato dalla Corte di cassazione, «si appalesa
costituzionalmente illegittim[o]» perche' non in linea con i principi
affermati da questa Corte con le sentenze n. 204 del 2004 e n. 196
del 2006.
2.1.1.- Le questioni sarebbero inammissibili, inoltre, perche' il
rimettente non avrebbe tentato di interpretare la norma censurata in
senso costituzionalmente orientato, nel senso che essa consentirebbe
di ricondurre alla giurisdizione del giudice ordinario le
controversie riguardanti i comportamenti di mero fatto della pubblica
amministrazione in materia di gestione dei rifiuti, che non
comportino l'esercizio di poteri autoritativi, secondo quanto
statuito da questa Corte nell'ordinanza n. 167 del 2011.
Tale interpretazione corrisponderebbe al consolidato orientamento
della Corte di Cassazione sul riparto della giurisdizione, formatosi
gia' in relazione al previgente art. 4, comma 1, del d.l. n. 90 del
2008 (Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanze 7 luglio
2010, n. 16032 e 11 giugno 2010, n. 14126), poi confermato con
riguardo all'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm.,
sostanzialmente riproduttivo del contenuto del citato art. 4, comma 1
(Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanze 21 luglio 2021,
n. 20824, 19 luglio 2021, n. 20539 e 30 luglio 2020, n. 16456).
2.2.- Nel merito, le questioni sarebbero comunque manifestamente
infondate alla luce della richiamata giurisprudenza di legittimita'.
In particolare, la citata ordinanza delle Sezioni unite n. 16456 del
2020, resa in una controversia relativa a danni per mancata
manutenzione di una discarica intercomunale, ha dichiarato la
giurisdizione del giudice ordinario in quanto nel giudizio a quo non
veniva in discussione «la legittimita' dell'adozione o meno di
provvedimenti amministrativi in tema di gestione dei rifiuti, bensi'
un [...] illecito comportamento materiale dei Comuni, [...]
consistente nella omessa manutenzione della discarica».
Contrariamente a quanto affermato dal rimettente, secondo la
costante interpretazione offerta dalla Corte regolatrice della
giurisdizione, dunque, l'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc.
amm. non si riferirebbe alle controversie risarcitorie che, come nel
giudizio a quo, siano fondate su comportamenti della pubblica
amministrazione di tipo omissivo, non collegati, nemmeno
indirettamente, all'esercizio di pubblici poteri nella materia della
gestione dei rifiuti.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Reggio Calabria dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 133, comma 1, lettera p),
dell'Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il
riordino del processo amministrativo), in riferimento agli artt. 3,
24, 25, 100, primo comma, 102, 103, primo comma, 111 e 113, primo
comma, della Costituzione.
La citata disposizione prevede che «[s]ono devolute alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo ulteriori
previsioni di legge: [...] le controversie aventi ad oggetto le
ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le
situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225, nonche' gli atti, i
provvedimenti e le ordinanze emanati ai sensi dell'articolo 5, commi
2 e 4 della medesima legge n. 225 del 1992 e le controversie comunque
attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti,
seppure posta in essere con comportamenti della pubblica
amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di
un pubblico potere, quand'anche relative a diritti costituzionalmente
tutelati».
Le questioni di legittimita' costituzionale sono sorte nel corso
di un giudizio promosso da G. M. nei confronti del Comune di Reggio
Calabria e della Regione Calabria per ottenere il risarcimento del
danno subito in occasione del suo intervento, in qualita' di vigile
del fuoco, nello spegnimento di un incendio di rifiuti posti sulla
pubblica via. In tale occasione, un getto di olio bollente
fuoriuscito da un barile di latta abbandonato tra i rifiuti lo aveva
colpito alle gambe, causandogli un danno alla salute. A fondamento
della sua domanda G. M. ha fatto valere la responsabilita' da cosa in
custodia, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., degli enti pubblici
convenuti, in quanto «soggetti che avrebbero dovuto fronteggiare
l'emergenza rifiuti nel periodo in cui si era verificato l'evento
dannoso».
Nel processo principale, la Regione Calabria ha eccepito in via
preliminare il difetto di giurisdizione del giudice ordinario,
affermando che la controversia rientrerebbe nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo in materia di «gestione del
ciclo dei rifiuti», ai sensi del citato art. 133, comma 1, lettera
p).
1.1.- La disposizione oggetto del presente giudizio e' censurata
«nella parte in cui, per come univocamente interpretat[a] dalla
giurisprudenza della Corte Suprema di cassazione, divenuta vero e
proprio "diritto vivente", devolve alla cognizione della
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche le
controversie risarcitorie, quand'anche relative a diritti
costituzionalmente tutelati, promosse ai sensi degli articoli 2043 e
2051 del codice civile, nei confronti della pubblica amministrazione
custode dei rifiuti, per i danni conseguenti a comportamenti
meramente omissivi della stessa pubblica amministrazione, posti in
essere in via di mero fatto, nelle quali la stessa non esercita -
nemmeno mediatamente, e cioe' avvalendosi della facolta' di adottare
strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere».
Cosi' interpretata, la disposizione si porrebbe in contrasto con
i principi enunciati da questa Corte nelle sentenze n. 204 del 2004 e
n. 191 del 2006, sicche' sussisterebbe la violazione degli indicati
parametri costituzionali (artt. 3, 24, 25, 100, primo comma, 102,
103, primo comma, 111 e 113, primo comma, Cost.).
1.1.1.- Secondo il rimettente, si sarebbe formato un orientamento
del giudice di legittimita' in contrasto con le pronunce di questa
Corte che - in linea con le citate sentenze n. 204 del 2004 e n. 191
del 2006 - hanno delimitato l'ambito della giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo nella materia della «gestione dei rifiuti»
alle ipotesi in cui «l'amministrazione agisca [...] come autorita' e
cioe' attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono
essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi sia
mediante moduli consensuali ai sensi dell'art. 11 della legge 7
agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi),
sia infine mediante comportamenti, purche' questi ultimi siano posti
in essere nell'esercizio di un potere pubblico e non consistano,
invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio. In
tale ultimo caso, infatti, la cognizione delle controversie nascenti
da siffatti comportamenti spetta alla giurisdizione del giudice
ordinario» (sentenza n. 35 del 2010, relativa al previgente art. 4
del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante «Misure
straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello
smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori
disposizioni di protezione civile», convertito, con modificazioni,
nella legge 14 luglio 2008, n. 123, il cui contenuto e' stato
sostanzialmente riprodotto nell'art. 133, comma 1, lettera p, cod.
proc. amm.; in termini, sentenza n. 179 del 2016 nonche', sempre
sulla disposizione previgente, ordinanze n. 54 e n. 167 del 2011, n.
371 del 2010).
Per contro, la Corte di cassazione - con un orientamento che il
rimettente riconduce a tre decisioni (sezioni unite civili, sentenza
28 giugno 2013, n. 16304; terza sezione civile, sentenza 19 dicembre
2014, n. 26913; sesta sezione civile, ordinanza 21 settembre 2017, n.
22009) - affermerebbe la sussistenza della giurisdizione del giudice
amministrativo in controversie relative al risarcimento dei danni
causati a privati cittadini dall'omesso prelievo, trasporto e
smaltimento dei rifiuti da parte delle amministrazioni comunali.
Secondo questo orientamento, che il rimettente definisce «granitico»
e tale da costituire ormai diritto vivente, l'art. 133, comma 1,
lettera p), cod. proc. amm. dovrebbe dunque essere interpretato nel
senso che la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo si
estende alle controversie risarcitorie per danni conseguenti a meri
comportamenti omissivi tenuti dalla pubblica amministrazione nella
raccolta dei rifiuti, ancorche' avulsi dall'esercizio di un pubblico
potere.
L'affermarsi di un siffatto diritto vivente, in contrasto con la
citata giurisprudenza costituzionale, richiederebbe un nuovo vaglio
delle medesime questioni ad opera di questa Corte, chiamata dunque a
scrutinare l'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm.
nell'interpretazione fornita dalla Corte di cassazione.
2.- Vanno preliminarmente esaminate le eccezioni di
inammissibilita' sollevate, per mezzo dell'Avvocatura generale dello
Stato, dall'interveniente Presidente del Consiglio dei ministri.
2.1.- Le questioni sarebbero innanzitutto inammissibili per
carenza di motivazione sulla non manifesta infondatezza, in quanto il
rimettente si sarebbe limitato a lamentare genericamente
l'illegittimita' costituzionale della norma contestata,
nell'interpretazione attribuitale dalla Corte di cassazione, perche'
non in linea con i principi affermati nelle sentenze di questa Corte
n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, senza esporre le ragioni di
contrasto con ciascuno dei parametri invocati.
L'eccezione non e' fondata.
Le norme costituzionali invocate a parametro coincidono con
quelle alla cui stregua questa Corte ha esaminato la disciplina sulla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle pronunce
citate, sicche' l'ordinanza di rimessione, riproducendone per sintesi
il contenuto, dimostra di aderirvi.
Si deve inoltre escludere che si sia in presenza di mera
motivazione per relationem, avendo ottemperato il rimettente
all'obbligo di rendere espliciti, facendoli propri, i motivi della
non manifesta infondatezza (ex plurimis, sentenze n. 88 del 2018, n.
10 del 2015, n. 7 del 2014, n. 234 del 2011 e n. 143 del 2010;
ordinanze n. 175 del 2013, n. 239 e n. 65 del 2012).
2.2.- Ancora, le questioni sarebbero inammissibili perche' il
rimettente non avrebbe tentato di interpretare la norma censurata in
senso costituzionalmente orientato, adeguandosi a quanto gia'
statuito da questa Corte nell'ordinanza n. 167 del 2011, sulla
spettanza al giudice ordinario della giurisdizione nelle controversie
riguardanti i comportamenti di mero fatto della pubblica
amministrazione, senza l'esercizio di poteri autoritativi, in materia
di gestione dei rifiuti.
Nemmeno questa eccezione e' fondata.
La tesi del giudice a quo, secondo cui l'interpretazione
contestata dell'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm.
sarebbe talmente consolidata da costituire diritto vivente, e' idonea
a legittimare di per se' - e salva la verifica della sua correttezza
(su cui infra ai punti 3.1. e 3.2.) - la proposizione di una
questione di legittimita' costituzionale. In base al costante
orientamento di questa Corte, infatti, «in presenza di un indirizzo
giurisprudenziale consolidato, "il giudice a quo, se pure e' libero
di non uniformarvisi e di proporre una sua diversa esegesi, ha,
alternativamente, la facolta' di assumere l'interpretazione censurata
in termini di 'diritto vivente' e di richiederne su tale presupposto
il controllo di compatibilita' con i parametri costituzionali (ex
plurimis, sentenze n. 39 del 2018, n. 259 del 2017 e n. 200 del 2016;
ordinanza n. 201 del 2015)"» (sentenza n. 95 del 2020; nello stesso
senso, da ultimo, sentenze n. 180 e n. 33 del 2021).
Di conseguenza, «una volta che il giudice abbia consapevolmente
scelto in modo non implausibile una determinata interpretazione della
norma, che ritiene non superabile, "la possibilita' di un'ulteriore
interpretazione alternativa, che il giudice a quo non ha ritenuto di
fare propria, non riveste alcun significativo rilievo ai fini del
rispetto delle regole del processo costituzionale, in quanto la
verifica dell'esistenza e della legittimita' di tale ulteriore
interpretazione e' questione che attiene al merito della
controversia, e non alla sua ammissibilita'" (sentenza n. 221 del
2015)» (sentenza n. 240 del 2016).
Nel caso in esame, il rimettente offre una lettura non
implausibile dell'interpretazione data dalla Corte di cassazione alla
norma censurata e ne assume la non superabilita', sicche' la
valutazione della correttezza di tale lettura, e in ultima analisi
dell'interpretazione prescelta e della sua portata, deve essere
riservata al merito.
3.- Nel merito, le questioni non sono fondate.
Come visto, le censure del rimettente muovono dalla
prospettazione di una consolidata interpretazione giurisprudenziale
dell'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm., che
comporterebbe la devoluzione al giudice amministrativo delle
controversie risarcitorie attinenti alla complessiva azione di
gestione dei rifiuti posta in essere anche tramite comportamenti di
mero fatto della pubblica amministrazione non riconducibili, nemmeno
mediatamente, all'esercizio di un potere pubblico.
3.1.- Un esame attento della giurisprudenza di legittimita' in
materia - e, in particolare, di quella stessa evocata dal rimettente
- porta ad escludere, tuttavia, che un'interpretazione in questi
termini della norma censurata esista e sia consolidata al punto da
costituire diritto vivente.
L'orientamento giurisprudenziale richiamato nell'ordinanza di
rimessione, nel precisare che appartiene alla giurisdizione del
giudice amministrativo ogni controversia attinente
all'«organizzazione del servizio pubblico di raccolta e smaltimento
dei rifiuti urbani [...] e [al]l'esercizio del correlativo potere
dell'Amministrazione comunale» (Corte di cassazione, sezioni unite
civili, sentenza n. 16304 del 2013; terza sezione civile, sentenza n.
26913 del 2014), sottolinea invero la necessita' che alla definizione
della fattispecie che radica la giurisdizione amministrativa concorra
l'esercizio di un potere, giacche' «presupposto della giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo e` l'esercizio, ancorche'
illegittimo o mancato, del potere che la legge attribuisce alla
Pubblica Amministrazione per la gestione del servizio pubblico di
raccolta [dei] rifiuti urbani nel pubblico interesse; mentre la
stessa lettera della norma esige trattarsi, quando l'azione non abbia
ad oggetto in via diretta atti e provvedimenti amministrativi, di
comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche
mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere» (Cass., ordinanza
n. 22009 del 2017).
Di conseguenza, le stesse controversie in materia di gestione dei
rifiuti da parte della pubblica amministrazione, anche se incidenti
su diritti soggettivi e sulle connesse fattispecie risarcitorie,
rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
solo «allorche' la lesione d[ei] diritti sia dedotta come effetto di
un comportamento illegittimo perche´ omissivo di adozione di
provvedimenti da emettere per prevenire, impedire, rimuovere
l'abbandono dei rifiuti sulle strade» (Corte cassazione, sezioni
unite civili, sentenza n. 16304 del 2013).
Quanto affermato dunque in termini generali dalla Corte di
cassazione a proposito dell'ambito della giurisdizione amministrativa
nelle controversie di cui all'art. 133, comma 1, lettera p), cod.
proc. amm. e' in linea con il richiamato orientamento di questa Corte
secondo cui, affinche' sia rispettato il limite costituzionale
desumibile dall'art. 103 Cost., e' decisivo che si tratti di
comportamenti costituenti, comunque, «espressione di un potere
amministrativo e non anche [di] quelli meramente materiali posti in
essere dall'amministrazione al di fuori dell'esercizio di una
attivita' autoritativa» (ex plurimis, sentenza n. 35 del 2010).
3.2.- L'esame in concreto delle controversie che le medesime
citate pronunce della Suprema Corte hanno ritenuto devolute alla
giurisdizione del giudice amministrativo conferma del resto tale
conclusione.
Cosi' e' innanzitutto per il caso oggetto dell'ordinanza della
Corte di cassazione n. 22009 del 2017, che il giudice a quo valorizza
per l'asserita identita' con quella sottoposta alla sua cognizione,
essendosi trattato della responsabilita' di un comune da cosa in
custodia, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., per danni causati
dall'incendio di alcuni cassonetti siti nei pressi dell'abitazione di
un privato. Nell'ipotesi di specie, tuttavia, la causa petendi e'
identificata dalla Corte di cassazione, ai fini del riparto della
giurisdizione, «nella congiunta circostanza della pericolosita' della
collocazione dei cassonetti a ridosso della casa di abitazione e
nell'inerzia della P.A. a dispetto delle segnalazioni in merito
inviate», cosicche' la domanda aveva «coinvolto il corretto esercizio
d[el] potere di sorveglianza, anche solo sotto il profilo della
custodia», dei «manufatti deputati» alla raccolta dei rifiuti. Ne
risulta «preponderante» la considerazione dei cassonetti «quali
oggetto dei poteri di organizzazione e di gestione» del servizio di
raccolta dei rifiuti anziche' «quali oggetto di custodia». Questa e'
la ragione per cui, essendo coinvolto l'esercizio di un potere, anche
una fattispecie dannosa ai sensi del citato art. 2051 cod. civ.
rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo. Secondo la
Corte di cassazione, infatti, nel caso concreto «anche la
pretermissione delle segnalazioni di pericolosita' delle scelte [...]
operate ha implicato, se non altro in tesi, l'esercizio del potere
della pubblica amministrazione di scelta della collocazione sul
territorio e delle modalita' di custodia dei manufatti da cui si e`
originato il danno». L'affermazione della giurisdizione del giudice
amministrativo si collega, dunque, a un comportamento materiale della
pubblica amministrazione riconducibile all'omessa adozione dei
provvedimenti organizzativi del servizio pubblico di raccolta dei
rifiuti idonei a prevenire il pericolo segnalato.
La giurisprudenza di legittimita' successiva alle richiamate
pronunce ha confermato tali conclusioni, precisandone ulteriormente i
termini. Cosi' in particolare, nel dichiarare la giurisdizione del
giudice ordinario in una fattispecie risarcitoria per danni causati
dalla collocazione di un punto di raccolta dei rifiuti nelle
immediate vicinanze di un'abitazione privata, la stessa Corte di
cassazione, a sezioni unite, ha negato l'esistenza di un «reale
contrasto» con le sue precedenti sentenze n. 16304 del 2013 e n.
26913 del 2014, «stante la non sovrapponibilita' delle vicende
portate al vaglio del giudice», in quanto «nei casi da ultimo evocati
si trattava di domande con le quali il privato contestava la
complessiva gestione comunale del ciclo dei rifiuti, alla quale si
addebitava di avere leso, in definitiva, la salubrita' del territorio
comunale» (Corte di cassazione, sezioni unite civili, ordinanza 21
luglio 2021, n. 20824).
Alla luce di quanto esposto, si deve escludere che l'art. 133,
comma 1, lettera p), cod. proc. amm. "viva" nell'ordinamento nei
termini ipotizzati dal rimettente sulla base di una non corretta
interpretazione di alcuni precedenti di legittimita'. Lungi
dall'affermare che spetti al giudice amministrativo la giurisdizione
su tutte le controversie meramente risarcitorie per danni causati dai
rifiuti in custodia della pubblica amministrazione, ai sensi
dell'art. 2051 cod. civ., il richiamato orientamento
giurisprudenziale si pone, infatti, nell'alveo delle indicazioni di
questa Corte sui limiti della giurisdizione esclusiva di quel
giudice, che puo' conoscere solo comportamenti posti in essere dalla
pubblica amministrazione nell'esercizio, anche in via mediata, di
poteri pubblici.
Restano quindi necessariamente fuori dall'ambito di applicazione
della disposizione contestata le controversie risarcitorie per danni
cagionati da meri comportamenti in nessun modo riconducibili a detti
poteri, che rientrano invece nella giurisdizione del giudice
ordinario. E cio' - e' appena il caso di sottolineare - a prescindere
da ogni considerazione circa la dimensione dei danni stessi, essendo
a questi fini del tutto irrilevante, a differenza di quanto sembra
supporre il rimettente, l'eventuale carattere bagatellare delle
pretese risarcitorie, che non puo' ovviamente comportare alcun
effetto sulla determinazione della giurisdizione.
3.3.- In assenza dell'ipotizzato diritto vivente, non vi e'
dunque alcun contrasto tra la norma censurata, correttamente
interpretata, e i parametri costituzionali invocati, con la
conseguenza che il rimettente, nel provvedere sull'eccezione di
difetto di giurisdizione, ben potra' adottare l'interpretazione
dell'art. 133, comma 1, lettera p), cod. proc. amm. da esso stesso
condivisa, senza con cio' allontanarsi dalla costante giurisprudenza
della Corte di cassazione. Nella controversia al suo esame - stando
alla descrizione che ne offre l'ordinanza di rimessione - viene
infatti in rilievo una domanda di risarcimento del danno conseguente
a comportamenti meramente materiali della pubblica amministrazione,
non ricompresi nell'ambito di applicazione della norma censurata, in
quanto l'attore nel processo principale si limita a prospettare,
secondo lo schema della responsabilita' civile ai sensi dell'art.
2051 cod. civ., la relazione causale tra le cose in custodia della
pubblica amministrazione e l'evento lesivo, da cui sarebbe derivato
il danno ingiusto, senza che in alcun modo venga dato conto di azioni
od omissioni della pubblica amministrazione, in relazione alle quali
detto comportamento possa essere ricondotto, ancorche' in via
mediata, al novero dei poteri della stessa amministrazione.
In conclusione, richiamando le considerazioni svolte da questa
Corte nella citata ordinanza n. 167 del 2011 (riguardanti, come
detto, analoghe questioni di legittimita' costituzionale del
previgente art. 4 del d.l. n. 90 del 2008, come convertito), «le
censure prospettate, in relazione a tutti i parametri costituzionali
evocati, muovono, per le ragioni esposte, da un presupposto
interpretativo erroneo e cioe' che la norma in esame ricomprenderebbe
nel suo ambito applicativo anche i comportamenti meramente materiali
posti in essere dalla pubblica amministrazione».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 133, comma 1, lettera p), dell'Allegato 1 (codice del
processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104
(Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69,
recante delega al governo per il riordino del processo
amministrativo), sollevate dal Tribunale ordinario di Reggio
Calabria, in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 100, primo comma, 102,
103, primo comma, 111 e 113, primo comma, della Costituzione, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 giugno 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Daria de PRETIS, Redattrice
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 15 luglio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
