PROCESSO AMMINISTRATIVO: nullità della notificazione dell’atto introduttivo
CORTE COSTITUZIONALE 26 maggio – 9 luglio 2021 SENTENZA N. 148
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo amministrativo - Codice del processo amministrativo - Nullita' della notificazione dell'atto introduttivo - Possibile rinnovazione - Condizione - Causa non imputabile al notificante - Irragionevolezza e violazione dei principi, anche convenzionali, di proporzionalita', di difesa e di effettivita' della tutela giurisdizionale - Illegittimita' costituzionale parziale. - Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, Allegato 1, art. 44, comma 4. - Costituzione, artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 6.
(GU n.28 del 14-7-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma
4, dell'Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il
riordino del processo amministrativo), promosso dal Consiglio di
Stato, sezione quinta, nel procedimento vertente tra gli eredi di M.
D.S. e il Ministero della giustizia nonche' il Ministero
dell'economia e delle finanze, con ordinanza del 20 aprile 2020,
iscritta al n. 108 del registro ordinanze 2020 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale,
dell'anno 2020.
Visti l'atto di costituzione di M. V. nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 2021 il Giudice
relatore Maria Rosaria San Giorgio;
uditi l'avvocato Maria Laura Sodano Ferace per M. V. e l'avvocato
dello Stato Federica Varrone per il Presidente del Consiglio dei
ministri, quest'ultimo in collegamento da remoto, ai sensi del punto
1) del decreto del Presidente della Corte del 18 maggio 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 26 maggio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 20 aprile 2020, iscritta al n. 108 del
registro ordinanze 2020, il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale, sezione quinta - nel corso del gravame interposto
dagli eredi legittimi di M. D.S. avverso la decisione del Tribunale
amministrativo regionale per la Campania, che aveva disatteso
l'impugnativa proposta contro l'atto ministeriale di riconoscimento
parziale dell'indennita' sostitutiva per ferie non godute dal de
cuius, nella qualita' di magistrato ordinario in servizio - ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 111, 113 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione ai «principi
generali nella materia dell'equo processo e agli obblighi
internazionali che ne derivano» ai sensi dell'art. 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 4,
dell'Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il
riordino del processo amministrativo), limitatamente alle parole «,
se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa
non imputabile al notificante,».
1.1.- Il rimettente riferisce che M. V., R. V., E. V. e M.G. V.,
in qualita' di eredi legittimi di M. D.S., hanno impugnato, davanti
al TAR Campania, il provvedimento del Ministero della giustizia
adottato l'11 settembre 2014, con cui l'istanza di liquidazione
dell'indennita' per ferie non godute dal de cuius era stata
riconosciuta per soli 14 giorni relativi all'ultimo biennio di
attivita' espletata, con un residuo non liquidato di ulteriori 57
giorni. Il TAR adito ha respinto il ricorso con sentenza n. 1307 del
2019, appellata innanzi al rimettente.
1.2.- Il giudice a quo evidenzia, quindi, che il ricorso in
appello e' stato notificato al Ministero della giustizia e al
Ministero dell'economia e delle finanze presso gli uffici
dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, e non presso gli
uffici dell'Avvocatura generale dello Stato, in violazione degli
artt. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del
testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza
e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura
dello Stato), e 25 del codice di procedura civile, senza che
all'esito le amministrazioni intimate si siano costituite in
giudizio.
Per l'effetto, la notifica dell'atto di appello nei confronti di
amministrazioni statali non costituite, sarebbe nulla, con
conseguente inammissibilita' del gravame, poiche' non troverebbe
applicazione il principio di conservazione degli atti processuali per
conseguimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156 cod. proc. civ.
1.3.- Il Consiglio di Stato osserva poi che, ai sensi dell'art.
44, comma 4, dell'Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d'ora in
avanti: cod. proc. amm.), nei casi in cui sia nulla la notificazione
e il destinatario non si costituisca in giudizio, il giudice, se
ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non
imputabile al notificante, fissa al ricorrente un termine perentorio
per rinnovarla, impedendo la rinnovazione ogni decadenza.
Nel caso di specie, non potrebbe ravvisarsi la scusabilita'
dell'errore prevista dalla suddetta disposizione, in considerazione
del chiaro dettato normativo, che individua l'Avvocatura generale
dello Stato quale ufficio competente a ricevere la notifica.
1.4.- In punto di rilevanza, il Collegio rimettente sostiene che,
in virtu' dell'accertamento della nullita' della notifica dell'atto
di appello, della mancata costituzione in giudizio
dell'amministrazione statale intimata e della non dipendenza
dell'esito negativo della notificazione da causa non imputabile al
notificante, l'applicazione della norma censurata porterebbe alla
inesorabile declaratoria di inammissibilita' dell'appello, con
preclusione dell'esame nel merito delle censure proposte e
conseguente consolidamento dell'atto impugnato. Viceversa, in caso di
accoglimento delle questioni di legittimita' costituzionale
sollevate, potrebbe ordinarsi la rinnovazione della notificazione del
ricorso, che sanerebbe la nullita' e permetterebbe di esaminare nel
merito le doglianze proposte.
1.5.- Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice
a quo afferma che la norma denunciata violerebbe l'art. 76 Cost. per
eccesso di delega.
Infatti, l'art. 44, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69
(Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la
competitivita' nonche' in materia di processo civile) stabilisce che
«[i]l Governo e' delegato ad adottare, entro un anno dalla data di
entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi per il riassetto del processo avanti ai tribunali
amministrativi regionali e al Consiglio di Stato, al fine di adeguare
le norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e
delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le norme del codice
di procedura civile in quanto espressione di principi generali e di
assicurare la concentrazione delle tutele».
Di seguito, il comma 2 indica, alla lettera a), tra i principi e
criteri direttivi da seguire, quello di assicurare la «effettivita'
della tutela».
Tenuto conto della giurisprudenza di questa Corte in materia di
eccesso di delega, il Collegio rimettente ritiene che la disposizione
con cui il legislatore delegato ha, in modo innovativo, limitato
l'operativita' dell'efficacia sanante della rinnovazione in caso di
nullita' della notificazione, imponendo al giudice il preliminare
vaglio circa l'esistenza dell'errore scusabile - diversamente da
quanto avveniva prima dell'adozione del codice del processo
amministrativo ed avviene tuttora nel processo civile, in quello
tributario ed in quello contabile - non possa considerarsi un
coerente sviluppo o un completamento delle scelte espresse dal
legislatore delegante, ponendosi l'opzione indicata in espresso
contrasto con la finalita' di adeguare le norme vigenti alla
giurisprudenza delle giurisdizioni superiori, di coordinarle con le
norme del codice di procedura civile, in quanto espressione di
principi generali, e di assicurare il principio di effettivita' della
tutela giurisdizionale.
Ed invero, prosegue il rimettente, l'art. 44, comma 4, cod. proc.
amm. ha previsto per il processo amministrativo una disciplina
diversa da quella stabilita dal precedente art. 46, comma 24, della
legge n. 69 del 2009, secondo cui il primo comma dell'art. 291 cod.
proc. civ. (derivante dall'art. 145 cod. proc. civ del 1865) si
sarebbe applicato anche nei giudizi davanti ai giudici amministrativi
e contabili (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 5 agosto
2011, n. 4716), come gia' affermato, peraltro, anche da parte della
precedente giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione
quarta, decisione 6 maggio 1989, n. 286; sezione sesta, decisione 17
febbraio 1986, n. 121).
Aggiunge il giudice a quo che, nonostante il generale rinvio alla
disciplina processualcivilistica in materia di notifiche, previsto
dall'art. 39, comma 2, cod. proc. amm. - secondo cui: «[l]e
notificazioni degli atti del processo amministrativo sono comunque
disciplinate dal codice di procedura civile e dalle leggi speciali
concernenti la notificazione degli atti giudiziari in materia civile»
- l'art. 44, comma 4, cod. proc. amm. ha circoscritto la possibilita'
di rinnovazione al solo caso di nullita' della notifica per causa non
imputabile al notificante.
1.5.1.- Ad avviso del Consiglio di Stato, l'orientamento secondo
cui la ratio dell'art. 44, comma 4, cod. proc. amm. sarebbe
rinvenibile nella peculiare struttura del giudizio amministrativo,
caratterizzato da brevi termini perentori per la sua introduzione e
dall'assenza dell'istituto della contumacia (e' citata la sentenza di
questa Corte n. 18 del 2014), meriterebbe un'accurata rimeditazione,
anche alla luce della piu' recente evoluzione della giurisprudenza
costituzionale.
All'uopo, il Collegio richiama la sentenza di questa Corte n. 132
del 2018, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art.
44, comma 3, cod. proc. amm., limitatamente alle parole «salvi i
diritti acquisiti anteriormente alla comparizione», per violazione
dei principi e dei criteri direttivi della legge di delega, che
imponevano al legislatore delegato di adeguare le norme vigenti alla
giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni
superiori e di coordinarle con le disposizioni del codice di
procedura civile, in quanto espressive di principi generali: l'art.
44, comma 3, cod. proc. amm., in primo luogo, era in aperto contrasto
con l'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., il quale prevede la
sanatoria ex tunc della nullita' degli atti processuali per
raggiungimento dello scopo, principio, questo, indubbiamente di
carattere generale; in secondo luogo, non era in linea con la
giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi con riferimento
alla notificazione degli atti processuali civili e con la
giurisprudenza del Consiglio di Stato, antecedente all'entrata in
vigore del codice, relativa proprio alla nullita' della notificazione
del ricorso.
1.5.2.- Secondo il rimettente, l'art. 44, comma 4, cod. proc.
amm. sarebbe in aperto contrasto con l'art. 291, primo comma, cod.
proc. civ., il quale prevede l'istituto della rinnovazione della
notificazione del ricorso, che impedisce ogni decadenza, in omaggio
al principio di conservazione degli effetti sostanziali e processuali
della domanda nel processo, principio, questo, di carattere generale
ed immanente all'ordinamento, interpretato alla luce della
Costituzione.
Rileva, in proposito, il giudice a quo che, in conformita' con
l'indirizzo, espresso dalla sentenza di questa Corte n. 77 del 2007,
in tema di translatio iudicii - tendente a circoscrivere i casi in
cui l'errore processuale puo' compromettere in modo irrimediabile
l'azione - al principio delineato dagli artt. 24 e 111 Cost., per cui
le disposizioni processuali «non sono fine a se stesse», ma
funzionali alla miglior qualita' della decisione di merito, si
ispirerebbe pressoche' costantemente - nel regolare questioni di rito
- il vigente codice di procedura civile, che non sacrificherebbe il
diritto delle parti ad ottenere una risposta, affermativa o negativa,
in ordine al "bene della vita" oggetto della loro contesa.
La stessa disciplina della translatio iudicii presupporrebbe un
trattamento uniforme fra le diverse giurisdizioni della sanatoria
delle nullita' della notificazione dell'atto introduttivo, perche'
tale uniformita' condizionerebbe la produzione di quegli effetti che
la translatio mira a conservare.
1.5.3.- In secondo luogo, in base all'ordinanza di rimessione, la
disposizione censurata non sarebbe in armonia con la giurisprudenza
della Corte di cassazione formatasi con riferimento alla
notificazione delle impugnazioni, per le quali parimenti la notifica
dell'atto introduttivo va effettuata entro termini perentori (ex
multis, Corte di cassazione, sezione quinta civile, sentenza 27
settembre 2011, n. 19702, in tema di notifica del ricorso per
cassazione; sezione seconda civile, sentenza 23 dicembre 2011, n.
28640; sezione prima civile, sentenza 15 settembre 2011, n. 18849;
sezione seconda civile, sentenza 12 maggio 2011, n. 10464; sezione
prima civile, sentenza 27 febbraio 2008, n. 5212), senza trascurare
la sua estensione al giudizio tributario per effetto del rinvio di
cui all'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n.
546, recante «Disposizioni sul processo tributario in attuazione
della delega al Governo contenuta nell'art. 30 della legge 30
dicembre 1991, n. 413» (Corte di cassazione, sezione quinta civile,
sentenza 2 agosto 2000, n. 10136). Ne' il ricorso per cassazione, ne'
il procedimento avanti al giudice tributario conoscono l'istituto
della contumacia, ma in entrambi i procedimenti e' pacifica
l'applicazione dell'art. 291 cod. proc. civ.
1.5.4.- La disposizione censurata confliggerebbe altresi'
apertamente con la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato
antecedente all'entrata in vigore del codice, relativa proprio alla
nullita' della notificazione del ricorso (Consiglio di Stato, sezione
quinta, decisione 12 giugno 2009, n. 3747; sezione quarta, decisione
6 maggio 1989, n. 286; sezione sesta, decisione 17 febbraio 1986, n.
121).
1.6.- La norma censurata sarebbe poi costituzionalmente
illegittima per violazione dei principi di ragionevolezza e
proporzionalita', ricavabili dall'art. 3 Cost.
Tale violazione sarebbe manifesta anche perche', nei termini
anzidetti, si determinerebbe un'ingiustificata lesione del diritto di
difesa sancito dall'art. 24 Cost., del principio di effettivita'
della tutela di cui all'art. 111 Cost. e del diritto ad un processo
equo ai sensi dell'art. 6 CEDU, il quale, secondo la giurisprudenza
della Corte europea dei diritti dell'uomo, implicherebbe che
limitazioni dell'accesso ad un giudice possano essere ammesse solo in
presenza di un rapporto di proporzionalita' tra i mezzi impiegati e
lo scopo perseguito.
Sotto quest'ultimo profilo, si configurerebbe la violazione anche
dell'art. 117, primo comma, Cost., per contrasto con la
giurisprudenza della Corte EDU (sono richiamate le sentenze n. 348 e
n. 349 del 2007).
Infatti, espone il rimettente, la norma di cui si contesta la
legittimita', per un errore nella notifica che ha un rilievo
meramente formale, una volta che sia avvenuta la rinnovazione,
finirebbe per porre un ostacolo procedurale atto a precludere
definitivamente alla parte la possibilita' di far valere la propria
posizione dinanzi ad un giudice e costituirebbe una sostanziale
negazione del diritto invocato, frustrando definitivamente la
legittima aspettativa al "bene della vita" al quale aspiravano, senza
un giusto equilibrio tra gli interessi pubblici e privati in gioco.
Secondo l'ordinanza di rimessione, la tutela dell'interesse
legittimo, prevista dall'art. 113 Cost., importerebbe la necessita'
di favorire la pronuncia di merito, scopo ultimo del processo, senza
assecondare decisioni di rito che non siano in un rapporto
ragionevole di proporzionalita' con lo scopo perseguito.
2.- Con atto spedito a mezzo posta il 29 settembre 2020 e
pervenuto il 5 ottobre 2020 si e' costituita la parte privata nel
giudizio principale M. V., quale erede legittimo di M. D.S., la quale
ha concluso per l'accoglimento delle questioni di legittimita'
costituzionale sollevate dal Consiglio di Stato.
2.1.- In primo luogo, la parte deduce che l'art. 44, comma 4,
cod. proc. amm. lederebbe i principi di ragionevolezza e
proporzionalita', poiche' corollario naturale del rinvio generale
operato dall'art. 39 cod. proc. amm. al codice di procedura civile,
dovrebbe essere, con particolare riferimento alle notificazioni, la
piena applicazione anche al processo amministrativo del disposto di
cui all'art. 291 cod. proc. civ., secondo cui, in forza del principio
di conservazione degli atti processuali, la rinnovazione della
notifica nulla prescinde dalla valutazione della diligenza del
notificante.
2.2.- Inoltre, ad avviso della parte privata, la previsione
censurata, nella parte in cui rimette al giudice la valutazione della
scusabilita' o meno dell'errore che importa la nullita',
realizzerebbe un'ingiustificata disparita' di trattamento rispetto a
quanto avviene, oltre che nel processo civile, in quelli tributario e
contabile.
L'effetto di tale difformita' di trattamento condurrebbe anche ad
una rilevante sproporzione nella produzione degli effetti finali,
poiche' un vizio meramente procedurale, sanabile in ogni altro
procedimento, implicherebbe nel processo amministrativo la definitiva
preclusione del diritto ad ottenere la valutazione nel merito della
domanda.
2.3.- La parte osserva, ancora, che il contenuto precettivo della
disposizione denunciata rappresenterebbe un ostacolo al
raggiungimento dell'effettivita' e della pienezza della tutela
giurisdizionale, poiche' da un vizio formale, quale intralcio
meramente procedurale, deriverebbe la totale negazione dell'azione e
della possibilita' di ottenere una pronuncia di merito,
depotenziandosi cosi' la tutela degli interessi legittimi. Tanto piu'
che l'effettivita' della tutela sarebbe strettamente correlata al
principio di conservazione degli effetti processuali e sostanziali
della domanda (sentenza n. 77 del 2007).
2.4.- Secondo M. V., sarebbe violato anche il principio del
giusto processo, il quale impone che le limitazioni dell'accesso alla
giustizia possano essere ammesse solo in presenza di un rapporto di
proporzionalita' tra i mezzi impiegati e lo scopo perseguito. E nella
fattispecie in esame la limitazione del diritto di agire non sarebbe
compensata dalla necessita' di soddisfare esigenze di grado
superiore.
2.5.- In ultimo, la parte afferma che la previsione censurata si
porrebbe in contrasto con il contenuto della legge di delega, che
stabiliva il coordinamento delle norme di riassetto del processo
amministrativo con il codice del processo civile per assicurare la
concentrazione e l'effettivita' della tutela.
3.- Con atto depositato il 5 ottobre 2020 e' intervenuto in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni sollevate siano dichiarate inammissibili e, comunque,
manifestamente non fondate.
3.1.- In primo luogo, la difesa erariale evidenzia che il tema
della compatibilita' della norma censurata con l'art. 76 Cost., per
asserito eccesso di delega, e' stato gia' affrontato, nel senso della
non fondatezza, dalla precedente sentenza di questa Corte n. 18 del
2014, secondo la quale la disposizione di cui al primo comma
dell'art. 291 cod. proc. civ. non e' espressiva di un principio
generale, come tale compatibile con il giudizio amministrativo ed a
questo, quindi, naturaliter riferibile.
Alla stregua di tali premesse, l'Avvocatura generale esclude che
la piu' recente giurisprudenza costituzionale e l'attuale assetto
normativo e giurisprudenziale possano giustificare la rimeditazione
del citato orientamento.
3.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri ritiene, poi, del
tutto inconferente il richiamo operato dal rimettente alla sentenza
di questa Corte n. 132 del 2018, che ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale, per eccesso di delega, dell'art. 44, comma 3, cod.
proc. amm., limitatamente alle parole «salvi i diritti acquisiti
anteriormente alla comparizione».
Detta pronuncia sarebbe, infatti, in sintonia con la precedente
sentenza n. 18 del 2014, individuando quale principio generale del
processo, non gia' quello della necessaria rinnovazione dell'erronea
notificazione dell'atto introduttivo, bensi' quello diverso del
raggiungimento dello scopo dell'atto, codificato dall'art. 156 cod.
proc. civ., da cui deriva l'efficacia sanante della costituzione in
giudizio, seppure tardiva rispetto alla scadenza del termine per
l'impugnazione. Anzi, la sentenza n. 132 del 2018 avrebbe
espressamente vagliato la differente ratio decidendi della sentenza
n. 18 del 2014, affermando che essa «si rinviene [...] nella duplice
affermazione che l'obbligatoria rinnovazione della notificazione
della citazione nulla prevista dall'art. 291 cod. proc. civ. non e'
un principio generale del processo civile e che la stessa
giurisprudenza del Consiglio di Stato precedente all'entrata in
vigore del codice escludeva la rinnovazione in caso di nullita'
imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del
processo amministrativo».
3.3.- Quanto alle censure articolate rispetto ai parametri di cui
agli artt. 3, 24, 111, 113 e 117, primo comma, Cost., quest'ultimo in
relazione all'art. 6 CEDU, l'interveniente osserva che nella
disciplina degli istituti processuali vige il principio della
discrezionalita' e insindacabilita' delle scelte operate dal
legislatore, con il limite della loro non manifesta irragionevolezza.
Nel caso di specie, il legislatore non avrebbe superato tale limite,
essendosi limitato a conferire rilievo alla peculiare struttura
propria del processo amministrativo.
4.- Con memoria illustrativa depositata il 4 maggio 2021 il
Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le deduzioni e
conclusioni gia' sviluppate nel corpo del proprio atto di intervento.
Considerato in diritto
1.- Il Consiglio di Stato, sezione quinta, con ordinanza del 20
aprile 2020 iscritta al reg. ord. n. 108 del 2020, dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 4, dell'Allegato 1
(codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio
2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009,
n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo
amministrativo), limitatamente alla locuzione «, se ritiene che
l'esito negativo della notificazione dipenda da causa non imputabile
al notificante,».
1.1.- Secondo il rimettente, la norma in questione, nella parte
in cui limita la facolta' del giudice amministrativo di ordinare la
rinnovazione della notificazione nulla del ricorso - nel caso in cui
il destinatario non si sia costituito nel giudizio - alle sole
ipotesi in cui l'esito negativo della notificazione dipenda da causa
non imputabile al notificante, violerebbe, in primo luogo, l'art. 76
della Costituzione, per eccesso di delega, poiche' la rilevata
limitazione contrasterebbe con il fine di adeguare le norme vigenti
alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle giurisdizioni
superiori, di coordinarle con le norme del codice di procedura
civile, in quanto espressione di principi generali, e di assicurare
la concentrazione delle tutele, fine indicato dall'art. 44, comma 1,
della legge di delega 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita'
nonche' in materia di processo civile».
La limitazione posta dalla norma censurata sarebbe, infatti, in
contrasto con il regime processuale antecedente all'adozione del
codice del processo amministrativo nonche' con quelli propri del
processo civile, tributario e contabile, in cui vige il principio
generale di rinnovazione della notificazione in ogni ipotesi di
nullita', di cui all'art. 291, primo comma, cod. proc. civ.
Essa contrasterebbe, altresi', con il criterio direttivo di
assicurare l'effettivita' della tutela, enunciato dall'art. 44, comma
2, lettera a), della citata legge delega.
In secondo luogo, sarebbero violati gli artt. 3, 24, 111, 113 e
117, primo comma, Cost., quest'ultimo in relazione all'art. 6 della
Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, per
l'irragionevolezza e il difetto di proporzionalita' della soluzione
adottata nonche' per la lesione: a) del diritto di difesa e del suo
corollario dell'effettivita' della tutela giurisdizionale; b) della
garanzia di salvaguardia delle situazioni giuridiche soggettive e, in
particolare, degli interessi legittimi; c) del diritto ad un giusto
ed equo processo.
E tanto perche', per un errore nella notifica avente un rilievo
meramente formale, si finirebbe per porre un ostacolo procedurale,
atto a precludere definitivamente alla parte la possibilita' di far
valere la propria situazione giuridica soggettiva dinanzi ad un
giudice, con una sostanziale negazione del "diritto" invocato e con
la conseguente definitiva frustrazione della legittima aspettativa al
conseguimento del "bene della vita", senza un giusto equilibrio tra
gli interessi pubblici e privati in gioco.
2.- Nessun dubbio sussiste in ordine alla rilevanza delle
questioni nel giudizio a quo.
Infatti, ai sensi del combinato disposto dei commi 1 e 3
dell'art. 11 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione
del testo unico delle leggi e delle norme giuridiche sulla
rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento
dell'Avvocatura dello Stato), come modificato dall'art. 1 della legge
25 marzo 1958, n. 260 (Modificazioni alle norme sulla rappresentanza
in giudizio dello Stato), gli atti istitutivi di giudizi che si
svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative devono, a pena di
nullita', essere notificati alle amministrazioni dello Stato, nella
persona del Ministro competente, presso l'ufficio dell'Avvocatura
dello Stato nel cui distretto ha sede l'autorita' giudiziaria adita.
In applicazione di tale precetto, costituisce principio
consolidato nella giurisprudenza amministrativa che sia nulla la
notifica del ricorso in appello qualora sia eseguita, come nel caso
di specie, presso l'Avvocatura distrettuale anziche' presso
l'Avvocatura generale dello Stato (ex multis, Consiglio di Stato,
sezione terza, sentenza 21 maggio 2021, n. 3980; sezione terza,
sentenza 16 maggio 2018, n. 2928; sezione quinta, sentenza 7 aprile
2011, n. 2171; sezione sesta, decisione 3 settembre 2009, n. 5195;
sezione sesta, decisione 10 settembre 2008, n. 4315; sezione quarta,
decisione 28 dicembre 2006, n. 8051).
La perdurante vigenza delle disposizioni di cui al r.d. n. 1611
del 1933 ed alla legge n. 260 del 1958 e' confermata dall'art. 41,
comma 3, dell'Allegato 1 al d.lgs. n. 104 del 2010 (d'ora in avanti:
cod. proc. amm.), a norma del quale «[l]a notificazione dei ricorsi
nei confronti delle amministrazioni dello Stato e' effettuata secondo
le norme vigenti per la difesa in giudizio delle stesse» (sul punto
Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 2 febbraio 2018, n.
672).
In questa evenienza, la causa della nullita' e' imputabile al
notificante.
3.- Nel merito, la questione sollevata in riferimento all'art. 76
Cost. e' manifestamente infondata.
3.1.- Non possono che ribadirsi, in proposito, le argomentazioni
contenute nelle sentenze n. 18 del 2014 e n. 132 del 2018.
Con la prima delle citate pronunce e' stata dichiarata la non
fondatezza, per erroneita' del presupposto interpretativo, della
questione di legittimita' costituzionale dello stesso art. 44, comma
4, cod. proc. amm., censurato, in riferimento all'art. 76 Cost., per
contrasto con l'art. 291, primo comma, cod. proc. civ., al quale il
legislatore delegato avrebbe, invece, dovuto attenersi in attuazione
del criterio di cui al comma 1 dell'art. 44 della citata legge delega
n. 69 del 2009, che prevede il coordinamento con le norme del
predetto codice in quanto «espressione di principi generali». In
quella occasione, questa Corte ha quindi negato che l'art. 291, primo
comma, cod. proc. civ. sia espressivo di un principio generale del
processo, come tale compatibile anche con il giudizio amministrativo
e a questo naturaliter riferibile.
Con la sentenza n. 132 del 2018 e' stata, invece, dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma 3, cod. proc.
amm., nella parte in cui, nel prevedere che la costituzione degli
intimati sana ex nunc la nullita' della notificazione del ricorso,
faceva «salvi i diritti acquisiti anteriormente alla comparizione»,
poiche', in violazione dell'art. 76 Cost., si poneva in contrasto con
i principi e i criteri direttivi della delega contenuta nella legge
n. 69 del 2009, che imponevano al legislatore delegato di adeguare le
norme vigenti alla giurisprudenza della Corte costituzionale e delle
giurisdizioni superiori nonche' di coordinarle con le disposizioni
del codice di procedura civile, in quanto espressive di principi
generali. La norma censurata, infatti, e' stata ritenuta in contrasto
con l'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., che e' espressione del
principio generale di sanatoria ex tunc della nullita' degli atti
processuali per raggiungimento dello scopo; essa, poi, non era in
linea ne' con la giurisprudenza della Corte di cassazione formatasi
con riferimento alla notificazione degli atti processuali civili, ne'
con la giurisprudenza del Consiglio di Stato antecedente all'entrata
in vigore del codice del processo amministrativo, relativa alla
nullita' della notificazione del ricorso; ne', infine, con la
giurisprudenza costituzionale.
La medesima sentenza ha, per contro, riaffermato che non puo'
essere riconosciuta valenza di principio generale all'art. 291 cod.
proc. civ. e che «la stessa giurisprudenza del Consiglio di Stato
precedente all'entrata in vigore del codice [del processo
amministrativo] escludeva la rinnovazione in caso di nullita'
imputabile al notificante, valorizzando la peculiare struttura del
processo amministrativo».
3.2.- Le pur articolate deduzioni sviluppate dall'ordinanza di
rimessione non offrono elementi utili a indurre ad un ripensamento
delle conclusioni all'epoca raggiunte, che debbono pertanto - in
questa sede - essere integralmente confermate.
4.- Sono, invece, fondate le questioni sollevate dal Consiglio di
Stato in riferimento agli ulteriori parametri di cui agli artt. 3, 24
e 113 Cost., con assorbimento degli altri.
4.1.- Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, il
legislatore dispone di un'ampia discrezionalita` nella conformazione
degli istituti processuali, incontrando il solo limite della
manifesta irragionevolezza o arbitrarieta` delle scelte compiute, che
viene superato qualora emerga un'ingiustificabile compressione del
diritto di agire in giudizio (ex multis, sentenze n. 102 del 2021, n.
253, n. 95, n. 80, n. 79 del 2020 e n. 271 del 2019).
Con particolare riferimento all'art. 24 Cost., questa Corte ha
altresi' specificato che esso non comporta che il cittadino debba
conseguire la tutela giurisdizionale sempre nello stesso modo e con i
medesimi effetti, purche' non vengano imposti oneri o prescritte
modalita' tali da rendere impossibile o estremamente difficile
l'esercizio del diritto di difesa o lo svolgimento dell'attivita'
processuale (tra le tante, sentenze n. 271 del 2019, n. 199 del 2017,
n. 121 e n. 44 del 2016).
Cio' posto, la norma censurata sacrifica in modo irragionevole
l'esigenza di preservare gli effetti sostanziali e processuali della
domanda e conduce ad esiti sproporzionati rispetto al fine cui la
norma stessa tende.
4.2.- Il difetto di proporzione tra il mezzo e il fine e' reso
evidente dall'effetto combinato che sull'esercizio del diritto di
azione producono, da un lato, la denunciata limitazione alla
rinnovazione della notifica e, dall'altro, la decadenza
dall'impugnazione degli atti amministrativi allo spirare del termine
di sessanta giorni di cui all'art. 29 cod. proc. amm. (ma anche dalla
proposizione delle altre azioni per le quali e' previsto un termine
decadenziale).
Se, infatti, nel processo amministrativo la sottoposizione del
diritto di azione a detto termine assolve all'essenziale funzione di
garanzia della stabilita' degli effetti giuridici, in conformita' con
l'interesse pubblico di pervenire in tempi brevi alla definitiva
certezza del rapporto giuridico amministrativo (sentenza n. 94 del
2017), tale indefettibile esigenza risulta travalicata dalla norma
censurata nella parte in cui essa fa discendere da un vizio esterno
all'atto di esercizio dell'azione stessa la definitiva impossibilita'
di far valere nel giudizio la situazione sostanziale sottostante.
L'effetto di impedimento della decadenza va, in definitiva,
ricollegato all'esercizio dell'azione entro il termine perentorio, ma
non puo' essere escluso dalla nullita' della notificazione, non
integrando quest'ultima un elemento costitutivo dell'atto che ne
forma oggetto, bensi' assolvendo ad una funzione, strumentale e
servente, di conoscenza legale e di instaurazione del
contraddittorio.
Ed e' proprio in ragione del rapporto di accessorieta' che
intercorre tra il procedimento notificatorio e l'atto da notificare
che si giustifica il meccanismo processuale della rinnovazione della
notifica che risulti affetta da vizi che non siano di gravita' tale
da decretarne l'inesistenza.
4.3.- Se, dunque, le forme degli atti processuali non sono «fine
a se stesse», ma sono funzionali alla migliore qualita' della
decisione di merito (sentenza n. 77 del 2007), essendo deputate al
conseguimento di un determinato scopo, coincidente con la funzione
che il singolo atto e' destinato ad assolvere nell'ambito del
processo, la limitazione, posta dall'art. 44, comma 4, cod. proc.
amm., della rinnovazione della notificazione del ricorso alle sole
ipotesi in cui la nullita' non sia imputabile al notificante non
risulta proporzionata agli effetti che ne derivano, tanto piu' che
essa non e' posta a presidio di alcuno specifico interesse che non
sia gia' tutelato dalla previsione del termine di decadenza.
Inoltre, tale limitazione, ogni volta che l'accertamento della
nullita' interviene dopo lo spirare di detto termine - e, quindi,
particolarmente nell'azione di annullamento, data la brevita' dello
stesso - comporta la perdita definitiva della possibilita' di
ottenere una pronuncia giurisdizionale di merito, con grave
compromissione del diritto di agire in giudizio.
5.- Deve, in conclusione, essere dichiarata l'illegittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma 4, cod. proc. amm., limitatamente
alla locuzione «, se ritiene che l'esito negativo della notificazione
dipenda da causa non imputabile al notificante,».
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 44, comma
4, dell'Allegato 1 (codice del processo amministrativo) al decreto
legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell'articolo 44 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il
riordino del processo amministrativo), limitatamente alle parole «,
se ritiene che l'esito negativo della notificazione dipenda da causa
non imputabile al notificante,»;
2) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 44, comma 4, dell'Allegato 1 al d.lgs. n.
104 del 2010, sollevata, in riferimento all'art. 76 della
Costituzione, dal Consiglio di Stato, sezione quinta, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 9 luglio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
