CORTE COSTITUZIONALE 15 aprile – 11 maggio 2021 SENTENZA N. 96
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Differimento delle udienze e sospensione dei termini processuali a causa del rischio epidemiologico da COVID-19 - Svolgimento delle udienze penali mediante collegamento telematico a distanza (accesso da remoto) - Esclusione, mediante decreto legge, dell'accesso da remoto, salvo consenso delle parti, per le udienze di discussione finale, in pubblica udienza o in camera di consiglio e a quelle nelle quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti - Denunciata violazione della funzione legislativa esercitata dalle Camere e dei presupposti di necessita' e di urgenza legittimanti il ricorso alla decretazione d'urgenza - Inammissibilita' delle questioni. - Decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, art. 3, comma 1, lettera d), modificativo del comma 12-bis dell'art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27. - Costituzione, artt. 70 e 77.
(GU n.19 del 12-5-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti
per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni
e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, che
ha modificato l'art. 83, comma 12-bis, del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, promosso dal
Tribunale ordinario di Spoleto nel procedimento penale a carico di G.
C., con ordinanza del 21 maggio 2020, iscritta al n. 148 del registro
ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 43, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 14 aprile 2021 il Giudice
relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 15 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale ordinario di Spoleto, con ordinanza del 21
maggio 2020 iscritta al n. 148 del registro ordinanze 2020, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 70 e 77 della Costituzione,
questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1,
lettera d), del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti
per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni
e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70,
nella parte in cui, introducendo l'ultimo periodo nel comma 12-bis
dell'art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito «in aperto contrasto» con
quanto da quest'ultima previsto che, nel periodo compreso tra il 9
marzo e il 31 luglio 2020, «la modalita' ordinaria di partecipazione
all'udienza penale fosse quella "in presenza"».
1.1.- Il rimettente premette di procedere con giudizio immediato
nei confronti di G. C., disposto con decreto del 25 maggio 2017, per
i reati di cui agli artt. 572, 61, numero 5) e numero 11), e 609-bis,
primo comma, del codice penale.
L'ordinanza riferisce che dopo la dichiarazione di apertura del
dibattimento in data 8 marzo 2020 (recte: 2018), si sono svolte
successive udienze, rivolte all'assunzione delle prove, in data 28
febbraio 2019 e, di fronte a diversa composizione del collegio
giudicante, in data 9 settembre 2019, 11 novembre 2019 e 27 gennaio
2020. Esauriti gli incombenti istruttori, il processo e' stato
aggiornato per la discussione finale all'udienza del 27 gennaio 2020,
ove ha subito un ulteriore rinvio, per ragioni organizzative del
Tribunale, all'udienza del 21 maggio 2020.
Nel corso di tale ultima udienza - svoltasi, a quanto risulta
dall'ordinanza, alla presenza fisica delle parti in aula «non avendo
[esse] formulato istanza di celebrazione dell'udienza "da remoto"» in
conformita' all'art. 83, comma 12-bis, ultimo periodo, del d.l. n. 18
del 2020, come convertito, introdotto dalla disposizione censurata -,
il Presidente del collegio giudicante ha chiesto alle parti se
intendessero prestare il consenso alla trattazione "da remoto". Preso
atto del mancato consenso espresso dalla difesa dell'imputato, il
rimettente ha sospeso il giudizio, ritenendo rilevanti e non
manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, comma 1, lettera d), del d.l. n. 28 del 2020.
2.- Il giudice a quo osserva come tra le misure rivolte a
contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli
effetti in materia di amministrazione della giustizia penale assuma
un particolare rilievo l'introduzione del cosiddetto "processo penale
telematico", con cui si e' consentito, nella fase di emergenza
sanitaria, lo svolgimento di attivita' processuali mediante
collegamento telematico (cosiddetto accesso da remoto).
Sulla disciplina di tali modalita', introdotte dapprima in sede
di conversione del d.l. n. 18 del 2020, ha tuttavia inciso il
successivo d.l. n. 28 del 2020, entrato in vigore il 1° maggio 2020
e, quindi, pressoche' contestualmente all'entrata in vigore (il 30
aprile 2020) della richiamata legge n. 27 del 2020, di conversione
del d.l. n. 18 del 2020. Con quest'ultima si era infatti previsto,
all'art. 83, comma 12-bis, che, nel periodo tra il 9 marzo e il 30
giugno 2020, tutte le udienze penali che non richiedevano la
partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle
parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del
giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti,
consulenti o periti, potessero essere tenute mediante collegamento da
remoto. A seguito delle modifiche apportate a tale previsione dalla
disposizione censurata, entrata in vigore il giorno successivo a
quello della entrata in vigore della legge n. 27 del 2020, lo
svolgimento delle udienze penali e' stato tuttavia disciplinato in
modo «diametralmente oppost[o]». Con l'art. 3, comma 1, lettera d),
del d.l. n. 28 del 2020, infatti, e' stato previsto che per le
udienze deputate alla discussione finale e all'esame di testimoni,
parti, consulenti e periti, si restringesse l'ambito operativo delle
udienze da remoto e delle relative camere di consiglio, perche' la
modalita' in presenza era individuata «quale modalita' di
partecipazione maggiormente garantita» e quella da remoto,
subordinata al consenso di tutte le parti, era ormai da intendere
come modalita' di svolgimento del tutto residuale (restando essa
nella sostanza applicabile alle sole udienze cosiddette "filtro").
2.1.- Il rimettente ritiene le questioni rilevanti perche'
l'udienza di discussione finale del 21 maggio 2020, in esito alla
quale e' stato sospeso il giudizio per effetto della sollevazione
delle presenti questioni di legittimita' costituzionale, era deputata
alla sola discussione finale e si e' svolta alla presenza fisica
delle parti in conseguenza del mancato consenso dell'imputato alla
partecipazione al collegamento da remoto, espresso nel corso della
stessa a seguito dell'interpello del Presidente del collegio
giudicante.
A fronte di cio', il Tribunale rileva che, versandosi in uno dei
casi per i quali il testo originario dell'art. 83, comma 12-bis, del
d.l. n. 18 del 2020 aveva ammesso lo svolgimento dell'udienza tramite
collegamento telematico e in ragione della non complessita'
dell'attivita' processuale da espletare, «avrebbe certamente disposto
di procedere tramite la modalita' alternativa di partecipazione», ma
il mancato consenso della difesa dell'imputato, previsto dalla norma
censurata, ha reso necessaria la trattazione dell'udienza nelle forme
ordinarie.
Non sarebbe stata, peraltro, di ostacolo alla rimessione delle
questioni la circostanza che l'ultimo periodo dell'art. 83, comma
12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, introdotto dalla norma censurata,
avrebbe cessato di essere vigente, secondo quanto deduce il
rimettente, a far data dal 31 luglio 2020, perche' la rilevanza
andrebbe valutata ex ante, vale a dire nel momento in cui il giudice
solleva la questione.
2.2.- Poste tali premesse, il Tribunale di Spoleto ritiene che la
disposizione censurata sia in contrasto con gli artt. 70 e 77 Cost.
La disciplina con decretazione d'urgenza delle modalita' di
svolgimento delle udienze penali introdotta con la norma censurata,
intervenuta pressoche' contestualmente all'entrata in vigore della
legge di conversione del precedente d.l. n. 18 del 2020, susciterebbe
infatti «forti perplessita' quantomeno sul piano metodologico», per
il fatto di contenere una normativa di segno del tutto contrario a
quella contenuta nell'atto legislativo approvato dal Parlamento; in
tal modo, si finirebbe con l'attribuire al Governo il potere di
disciplinare in maniera diversa la medesima materia a ridosso
dell'approvazione parlamentare, «cosi' svilendo l'essenziale
attribuzione al Parlamento, quale organo il cui potere deriva
direttamente dal popolo, nell'adozione di norme primarie, in aperta
violazione dell'art. 70 della Costituzione».
Ne', ad avviso del rimettente, il vizio potrebbe escludersi per
il fatto che la Camera dei deputati, al momento dell'approvazione
della legge n. 27 del 2020, aveva approvato un ordine del giorno con
cui impegnava il Governo a modificare la disciplina appena approvata.
Quanto, poi, alla violazione dell'art. 77 Cost., risulterebbero
insussistenti i presupposti di necessita' e di urgenza dell'adozione
della norma censurata.
Il brevissimo lasso di tempo (un solo giorno) intercorso tra
l'entrata in vigore della legge di conversione e del decreto-legge
imporrebbe di ritenere che non sia medio tempore intervenuto alcun
elemento di novita', tanto piu' che l'originaria finalita' di
mitigazione del contagio che perseguiva la generalizzata introduzione
del processo da remoto sarebbe evidentemente frustrata nel momento in
cui si e' reintrodotta quella in presenza, come modalita' nella
sostanza ordinaria di svolgimento delle udienze penali.
Ne' potrebbe ritenersi che la necessita' e l'urgenza
dell'intervento governativo siano ravvisabili alla luce dei dubbi di
legittimita' costituzionale espressi da piu' parti in riferimento
alla disciplina del processo da remoto contenuta nel d.l. n. 18 del
2020, come convertito, «non essendo di certo il Decreto Legge lo
strumento individuato dall'ordinamento per fronteggiare eventuali
vizi di costituzionalita' degli atti normativi».
3.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni sollevate siano dichiarate
irrilevanti e manifestamente infondate.
L'Avvocatura eccepisce, innanzi tutto, che le questioni siano
state sollevate tardivamente e che il rimettente non potrebbe piu'
dare applicazione alla norma censurata.
Secondo quanto prescrive l'art. 83, comma 12-bis, del d.l. n. 18
del 2020, come convertito, infatti, il giudice avrebbe dovuto
comunicare alle parti e ai soggetti interessati la data di
svolgimento dell'udienza da remoto prima della stessa, cosi' da
consentire a chi lo avesse ritenuto di opporvisi, poiche' la ratio
della previsione e' quella di evitare agli interessati di presentarsi
fisicamente in udienza, laddove intendano procedere con collegamento
telematico.
Cio', invece, non sarebbe avvenuto nel caso di specie, nel quale
l'interpello alle parti e' stato effettuato nel corso dell'udienza
stessa e, quindi, dopo che le parti si erano presentate per
partecipare alla medesima. Circostanza, quest'ultima, che priverebbe
il giudice del potere di applicare la norma di cui questi sospetta
l'illegittimita' costituzionale, riferita invece a una fase
precedente e ormai esaurita. Da qui, ad avviso dell'interveniente,
l'irrilevanza delle questioni sollevate.
Nel merito, non vi sarebbe comunque alcuna menomazione dei poteri
del Parlamento, perche' un decreto-legge ben potrebbe, come nel caso
di specie e tanto piu' al cospetto di una disciplina destinata ad
operare per un breve periodo, introdurre una disciplina diversa da
quella contenuta in un atto approvato dal Parlamento, quando cio' sia
necessario per far fronte a esigenze medio tempore manifestatesi. Nel
caso di specie, tali esigenze scaturivano dalle critiche rivolte alla
generalizzata introduzione del processo da remoto ed erano confluite
in diversi ordini del giorno di provenienza parlamentare, fatti
propri dal Governo, che cosi' si era impegnato a modificarne la
disciplina, evitando in tal modo la presentazione di emendamenti che
avrebbero ritardato l'approvazione della legge di conversione,
eventualita' tanto piu' da scongiurare in quanto l'intervento
normativo in questione era rivolto a contrastare l'emergenza
pandemica.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale ordinario di Spoleto ha sollevato, in
riferimento agli artt. 70 e 77 della Costituzione, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d), del
decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la
funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e
comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19), poi
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70,
nella parte in cui, introducendo l'ultimo periodo nel comma 12-bis
dell'art. 83 del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, ha stabilito «in aperto contrasto» con
tale legge di conversione che, nel periodo compreso tra il 9 marzo e
il 31 luglio 2020, «la modalita' ordinaria di partecipazione
all'udienza penale fosse quella "in presenza"».
1.1.- Il rimettente premette che, nel corso dell'udienza di
discussione finale svoltasi il 21 maggio 2020 alla presenza fisica
delle parti, la difesa dell'imputato non ha manifestato il proprio
consenso allo svolgimento dell'udienza per il tramite di collegamento
telematico (cosiddetto accesso "da remoto"), secondo quanto previsto
dall'art. 83, comma 12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, come modificato
dalla norma censurata.
A fronte di cio', ritenendo che la complessita' delle questioni
da trattare non rendesse necessaria l'udienza in presenza delle parti
e preso atto dell'avvicendamento normativo che aveva interessato la
disciplina delle udienze penali alla luce del rischio di contagio da
COVID-19, il giudice a quo ritiene che la norma censurata, avendo
nella sostanza ripristinato quella in presenza come modalita'
ordinaria di svolgimento di tali udienze, sia in contrasto con gli
artt. 70 e 77 Cost.
Ad avviso del Tribunale di Spoleto, l'introduzione della norma
censurata ad opera del d.l. n. 28 del 2020, adottata il giorno stesso
dell'entrata in vigore della legge n. 27 del 2020, che prevedeva, al
contrario, che le udienze penali si svolgessero da remoto, svilirebbe
infatti «l'essenziale attribuzione al Parlamento» del potere di
adottare norme primarie e, inoltre, risulterebbe priva dei
presupposti di necessita' e urgenza richiesti dall'art. 77, secondo
comma, Cost.
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, eccependo preliminarmente l'inammissibilita' delle questioni e
concludendo, comunque, nel senso della loro infondatezza.
Ad avviso della difesa dello Stato, difetterebbe infatti il
requisito della rilevanza delle questioni perche' sollevate
tardivamente. Secondo quanto previsto dall'art. 83, comma 12-bis, del
d.l. n. 18 del 2020, sostiene l'Avvocatura generale, il giudice
avrebbe dovuto interpellare le parti in ordine all'eventualita' che
l'udienza si svolgesse tramite collegamento telematico in un momento
antecedente, cosi' da consentire loro di manifestare il consenso o,
viceversa, la contrarieta' a tale modalita' di trattazione, con
l'effetto - in quest'ultimo caso - di procedere secondo la modalita'
ordinaria di svolgimento dell'udienza. Nel giudizio a quo, invece, il
Tribunale procedente ha chiesto alle parti di manifestare il consenso
solamente quando queste erano presenti all'udienza del 21 maggio
2020, gia' fissata per effetto del rinvio disposto all'udienza del 27
gennaio 2020, sicche', a quel punto, il giudice non avrebbe piu'
potuto dare applicazione alla norma della cui legittimita'
costituzionale egli dubita.
3.- E' necessario, prima di vagliare l'eccezione avanzata
dall'Avvocatura dello Stato, inquadrare la disposizione oggetto di
esame all'interno della successione dei provvedimenti normativi che
hanno disciplinato, nella prima fase del periodo emergenziale
determinato dalla diffusione del contagio da COVID-19, lo svolgimento
delle udienze penali.
3.1.- Nella fase iniziale dell'emergenza epidemiologica, il
Governo ha optato, al fine di ridurre le occasioni di contagio nelle
aule di giustizia penali, per lo strumento del differimento delle
udienze, cui si collegava la sospensione dei termini di prescrizione
per i relativi giudizi.
In particolare, l'art. 10, comma 7, del decreto-legge 2 marzo
2020, n. 9 (Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e
imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19), prevedeva
il rinvio d'ufficio a data successiva al 31 marzo 2020 delle udienze
nei procedimenti penali pendenti negli uffici giudiziari dei
circondari dei Tribunali cui appartenevano i Comuni rientranti nelle
prime "zone rosse" in Lombardia e Veneto, elencati dall'Allegato 1
del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° marzo 2020
(Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020,
n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19).
Un analogo differimento, ma a data successiva al 22 marzo 2020,
e' stato disposto pochi giorni dopo dall'art. 1, comma 1, del
decreto-legge 8 marzo 2020, n. 11 (Misure straordinarie ed urgenti
per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenere
gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria)
per la generalita' dei procedimenti civili e penali pendenti presso
gli uffici giudiziari, con l'eccezione delle udienze elencate
dall'art. 2, comma 2, lettera g), del medesimo decreto.
Entrambi i decreti-legge ora menzionati sono stati
successivamente abrogati dall'art. 1, comma 2, della legge n. 27 del
2020, ove tuttavia si e' previsto che «[r]estano validi gli atti ed i
provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i
rapporti giuridici sorti sulla base dei medesimi».
3.2.- In una fase di poco successiva, parallelamente
all'aggravamento della diffusione del contagio, le udienze nei
procedimenti civili e penali sono state ulteriormente differite a
data successiva al 15 aprile 2020 dall'art. 83, comma 1, del d.l. n.
18 del 2020, con l'eccezione delle udienze previste dal comma 3 del
medesimo articolo. L'art. 83, comma 7, lettera g), del d.l. n. 18 del
2020 attribuiva poi ai capi degli uffici giudiziari la facolta' di
prevedere un rinvio ulteriore (a data successiva al 30 giugno 2020)
delle udienze civili e penali non rientranti nelle fattispecie di cui
al gia' richiamato comma 3 del medesimo articolo.
Inoltre, l'art. 83, comma 12, del d.l. n. 18 del 2020, stabiliva
che, fermo lo svolgimento delle udienze penali non soggette al regime
di sospensione nelle forme dell'art. 472, comma 3, del codice di
procedura penale (cioe' "a porte chiuse"), nel periodo ricompreso tra
il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020 «la partecipazione a qualsiasi
udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia
cautelare e' assicurata, ove possibile, mediante videoconferenze o
con collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento
del Direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del
Ministero della giustizia, applicate, in quanto compatibili, le
disposizioni di cui ai commi 3, 4 e 5 dell'art. 146-bis delle norme
di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura
penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271».
In sede di conversione del d.l. n. 18 del 2020, per effetto di un
emendamento governativo (n. 19.1000) presentato in Commissione al
Senato della Repubblica e successivamente approvato in aula, in prima
lettura, il 9 aprile 2020, e' stato introdotto tra l'altro, nel corpo
dell'art. 83, il comma 12-bis, che estendeva, per il medesimo periodo
dal 9 marzo al 30 giugno 2020, la modalita' di trattazione «mediante
collegamenti da remoto» alle udienze penali «che non richiedono la
partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle
parti private e dai rispettivi difensori, dagli ausiliari del
giudice, da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, da interpreti,
consulenti o periti». L'estensione generalizzata della modalita'
telematica alle udienze penali era poi accompagnata dalla previsione
per cui «[p]rima dell'udienza il giudice fa comunicare ai difensori
delle parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui e'
prevista la partecipazione giorno, ora e modalita' del collegamento».
3.3.- Giunto all'esame della Camera dei deputati, il disegno di
legge di conversione del d.l. n. 18 del 2020 ha sollevato, sul punto
relativo alla disciplina delle udienze penali da remoto, reazioni
confluite nella presentazione di piu' ordini del giorno, provenienti
da deputati appartenenti a diversi Gruppi parlamentari, volti a
impegnare il Governo a delimitare i presupposti per il ricorso a tale
modalita' di svolgimento delle udienze penali. Gli ordini del giorno
sono stati fatti propri dal Governo, previa riformulazione del loro
testo, nel corso della seduta finale del 24 aprile 2020, in esito
alla quale e' stato approvato, in seconda e ultima lettura, il
disegno di legge di conversione (poi pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale 29 aprile 2020 n. 110). A seguito di questa riformulazione,
tali ordini del giorno impegnavano il Governo «a prevedere, nel
prossimo provvedimento utile, che il ricorso a strumenti telematici -
processo da remoto - cosi' come previsto dal Decreto di cui in
premessa non si applichi alle udienze di discussione e a quelle nelle
quali devono essere esaminati testimoni, parti, consulenti o periti
salvo diverso accordo tra le parti».
Il giorno stesso dell'entrata in vigore (il 30 aprile 2020) della
legge n. 27 del 2020, di conversione del d.l. n. 18 del 2020, il
Governo e' quindi nuovamente intervenuto sulla materia, adottando il
d.l. n. 28 del 2020, il cui art. 3, comma 1, lettera d), oggetto di
censura nel presente giudizio, ha aggiunto un periodo finale nel
comma 12-bis dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito,
il quale prevede che «[f]ermo quanto previsto dal comma 12, le
disposizioni di cui al presente comma non si applicano, salvo che le
parti vi acconsentano, alle udienze di discussione finale, in
pubblica udienza e a quelle nelle quali devono essere esaminati
testimoni, parti, consulenti o periti». Nella relazione governativa
che accompagna il disegno di legge di conversione del d.l. n. 28 del
2020, comunicato alla Presidenza del Senato il 30 aprile 2020, si
ribadisce espressamente, in relazione alla disposizione in esame, che
essa e' rivolta a dare «seguito all'impegno assunto dal Governo con
l'approvazione dell'ordine del giorno n. 37, Vazio e altri, come
riformulato nella seduta del 24 aprile 2020 dell'Assemblea della
Camera dei deputati».
Lo stesso d.l. n. 28 del 2020 ha altresi' disposto (all'art. 3,
comma 1, lettera i) il differimento del termine di efficacia delle
previsioni contenute nell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020 dal 30
giugno al 31 luglio 2020.
La legge n. 70 del 2020, di conversione del d.l. n. 28 del 2020,
non ha apportato modificazioni alla disposizione contenuta nell'art.
3, comma 1, lettera d), censurata nel presente giudizio, che ha
quindi cessato di essere efficace, insieme al complesso delle
previsioni contenute nell'art. 83, commi 12 e 12-bis, del d.l. n. 18
del 2020, il 1° luglio 2020, per effetto della soppressione, in sede
di conversione, dell'art. 3, comma 1, lettera i), e del conseguente
ripristino del termine originario di efficacia al 30 giugno 2020. La
medesima legge, all'art. 1, comma 2, ha tuttavia fatto salvi gli
effetti prodottisi in forza dell'applicazione di tale previsione.
3.4.- Anche in momenti successivi, peraltro, il Governo, in sede
di decretazione d'urgenza, ha disciplinato le modalita' di
trattazione delle udienze penali, prevedendo che alcune udienze
potessero svolgersi mediante collegamento telematico subordinatamente
al consenso delle parti, previo interpello a cura del giudice.
In particolar modo in occasione del rinnovato aumento dei contagi
nell'autunno del 2020, e' stato infatti previsto che, fino al termine
dell'emergenza sanitaria, «[l]e udienze penali che non richiedono la
partecipazione di soggetti diversi dal pubblico ministero, dalle
parti private, dai rispettivi difensori e dagli ausiliari del giudice
possono essere tenute mediante collegamenti da remoto», stabilendosi
altresi' che il giudice sia tenuto a far comunicare prima
dell'udienza ai difensori delle parti, al pubblico ministero e agli
altri soggetti di cui e' prevista la partecipazione giorno, ora e
modalita' del collegamento, anche al fine di consentire a tali
soggetti di esprimere il loro consenso allo svolgimento, con tale
modalita', anche delle udienze preliminari e dibattimentali (art. 23,
comma 5, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante
«Ulteriori misure in materia di tutela della salute, sostegno ai
lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19», convertito, con
modificazioni, nella legge 18 dicembre 2020, n. 176).
3.5.- Come e' agevole rilevare, la disciplina succedutasi sul
tema ha risentito, oltre che della necessita' di trovare un
ragionevole punto di sintesi tra il contenimento del contagio e la
garanzia dei diritti della difesa, anche della esigenza di calibrare
le diverse risposte normative e, in particolare, quella riguardante
l'estensione dei presupposti per fare ricorso all'udienza penale da
remoto, sulla base dell'andamento della diffusione del contagio.
Si puo' sin d'ora, peraltro, osservare che, da un lato, la
disposizione censurata, pur evidentemente sovrapponendosi a quanto
deliberato dal Parlamento all'atto dell'approvazione della legge n.
27 del 2020, e' stata introdotta al fine di evitare il differimento
della entrata in vigore della legge di conversione di un
decreto-legge contenente indispensabili misure per il contrasto della
pandemia (come era il d.l. n. 18 del 2020). Dall'altro lato, con essa
il Governo ha adempiuto, secondo quanto risulta espressamente dai
richiamati lavori preparatori, alla richiesta di modifica contenuta
negli ordini del giorno recepiti dal Governo medesimo nel corso del
procedimento di approvazione, da parte della Camera dei deputati,
della legge di conversione, poi pubblicata come legge n. 27 del 2020.
Non e' privo di rilievo, infine, che la disposizione censurata sia
stata convertita dal Parlamento, senza modificazione alcuna, con la
legge n. 70 del 2020.
4.- Poste tali necessarie premesse ricostruttive, si puo' passare
a esaminare l'eccezione di inammissibilita' per difetto di rilevanza
avanzata dall'Avvocatura generale dello Stato.
L'eccezione di inammissibilita' e' fondata.
4.1.- La disposizione censurata, inserita come periodo aggiuntivo
nel testo dell'art. 83, comma 12-bis, del piu' volte richiamato d.l.
n. 18 del 2020, come convertito, non puo' infatti che essere
interpretata alla luce del contesto sistematico in cui essa e' stata
chiamata a operare. In tale contesto, assume rilievo decisivo la
previsione, contenuta nello stesso comma, secondo cui, in un momento
necessariamente antecedente all'udienza penale da svolgersi da
remoto, al giudice incombeva l'onere di comunicare ai difensori delle
parti, al pubblico ministero e agli altri soggetti di cui era
prevista la partecipazione all'udienza il giorno, l'ora e le
modalita' di collegamento. Tale previsione, se assolveva a una
finalita' essenzialmente informativa nel momento in cui si prevedeva
che quella da remoto fosse l'unica modalita' di trattazione delle
udienze penali, ha assunto un rilievo ancora maggiore nel momento in
cui con la norma censurata, una volta ripristinata la regola generale
delle udienze penali in presenza, si e' introdotta la possibilita'
per le parti di esprimere il consenso all'udienza da remoto. Ragioni
di ordine sistematico, infatti, ma anche legate a una lettura
costituzionalmente orientata della norma in esame, impongono di
ritenere che tale manifestazione di consenso non potesse che avvenire
prima dell'udienza, con la necessaria conseguenza che anche l'obbligo
di interpello da parte del giudice procedente dovesse essere assolto
in un momento antecedente all'udienza.
La garanzia del diritto di difesa richiede che le parti, e in
particolare l'imputato, debbano essere informate con ragionevole
anticipo della data, dell'ora e delle modalita' di svolgimento
dell'udienza, cosi' da esprimere il loro eventuale consenso alla
partecipazione alla medesima udienza da remoto. Tuttavia, una volta
che tale comunicazione sia mancata e, quindi, le parti si siano
presentate fisicamente all'udienza (tanto piu', come nel caso di
specie, per effetto di un precedente rinvio), non puo' in alcun modo
ritenersi che esse potessero, in quella sede, essere interpellate in
ordine alla loro volonta' di acconsentire alla celebrazione della
medesima udienza da remoto.
Del resto, se la previsione della trattazione delle udienze
penali da remoto era rivolta a ridurre la diffusione del contagio,
sarebbe stato contraddittorio consentire alle parti di manifestare il
loro consenso in favore di tale modalita' di partecipazione
all'udienza quando le stesse erano gia' fisicamente comparse davanti
al giudice.
4.2.- Nel giudizio a quo, secondo quanto emerge dall'ordinanza
introduttiva, le parti sono invece state informate dal giudice della
possibilita' di prestare il loro consenso all'udienza da remoto solo
quando si erano gia' presentate fisicamente all'udienza del 21 maggio
2020 e, pertanto, in un momento in cui il rimettente non poteva piu'
dare applicazione alla disposizione di cui deduce l'illegittimita'
costituzionale.
E che il rimettente abbia erroneamente ritenuto di poter
applicare tale disposizione in un momento in cui, al contrario, si
era consumato qualsiasi suo potere al riguardo, non avendo egli per
tempo assolto all'obbligo di interpello alle parti previsto dall'art.
83, comma 12-bis, del d.l. n. 18 del 2020, come convertito, si deduce
chiaramente dal testo della stessa ordinanza di rimessione, laddove
si legge che alla celebrazione dell'udienza del 21 maggio 2020 si e'
giunti «non avendo le parti formulato istanza di celebrazione
dell'udienza "da remoto"».
Le questioni sollevate difettano pertanto del necessario
requisito della rilevanza, perche' il giudice, all'atto della loro
rimessione, non poteva in alcun modo dare applicazione alla norma
censurata, il che, secondo la costante giurisprudenza di questa
Corte, rende le questioni inammissibili, precludendo cosi' il loro
esame nel merito (ex multis, sentenza n. 102 del 2016; ordinanze n.
214 del 2018 e n. 35 del 1998).
5.- Devono essere quindi dichiarate inammissibili le questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d), del
d.l. n. 28 del 2020, come convertito, sollevate dal Tribunale di
Spoleto.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 3, comma 1, lettera d), del decreto-legge 30
aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi
di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure
urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni
integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile,
amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del
sistema di allerta Covid-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 25 giugno 2020, n. 70, che ha modificato l'art. 83, comma
12-bis, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di
potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno
economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza
epidemiologica da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella
legge 24 aprile 2020, n. 27, sollevate, in riferimento agli artt. 70
e 77 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Spoleto, con
l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'11 maggio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
