APPALTI: Procedure di affidamento appalti pubblici – garanzia per la partecipazione alla gara.
CORTE COSTITUZIONALE 5 – 26 luglio 2022 SENTENZA N. 198
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Appalti pubblici - Procedure di affidamento - Garanzia per la partecipazione alla gara - Escussione della cauzione provvisoria da parte della stazione appaltante - Nuova disciplina, piu' favorevole, che prevede l'escussione nei soli confronti del concorrente aggiudicatario e non anche per ogni gara in cui il concorrente, anche se non aggiudicatario, abbia partecipato - Applicazione della novella alle procedure di gara i cui bandi o avvisi siano stati pubblicati successivamente alla sua entrata in vigore - Denunciata violazione dei principi di eguaglianza e di retroattivita' della lex mitior in materia penale, applicabile, in base al diritto convenzionale, anche alle sanzioni amministrative aventi natura punitiva - Non fondatezza delle questioni. - Decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, artt. 93, comma 6, e 216, in combinato disposto. - Costituzione, artt. 3 e 117, primo comma; Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, art. 49, paragrafo 1; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 7.
(GU n.30 del 27-7-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giuliano AMATO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo
BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 93, comma
6, in combinato disposto con l'art. 216, comma 1, del decreto
legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici),
promosso dal Consiglio di Stato, sezione quinta, nel procedimento
vertente tra il Consorzio Leonardo Servizi e Lavori, societa'
cooperativa consortile stabile, in proprio e quale capogruppo
mandataria di un costituendo raggruppamento temporaneo di imprese
(RTI), e altri e Consip spa e altri, con ordinanza del 26 aprile
2021, iscritta al n. 123 del registro ordinanze 2021 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie
speciale, dell'anno 2021.
Visti gli atti di costituzione del Consorzio Leonardo Servizi e
Lavori, societa' cooperativa consortile stabile, in proprio e quale
capogruppo mandataria di un costituendo RTI, di Ph Facility srl, in
proprio e quale mandante del medesimo raggruppamento costituendo, di
C. P. L. societa' cooperativa e di SOF spa, nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri, della Comat
spa, nella qualita' di mandataria del RTI, della Tepor spa, nella
qualita' di mandante del RTI e, quello, fuori termine, della Caitec
srl, nella qualita' di mandante del RTI;
udito nell'udienza pubblica del 5 luglio 2022 il Giudice relatore
Augusto Antonio Barbera;
uditi gli avvocati Eugenio Picozza e Maria Vittoria Ferroni per
il Consorzio Leonardo Servizi e Lavori, Ph Facility srl, C. P. L.
societa' cooperativa e SOF spa e l'avvocato dello Stato Marco
Stigliano Messuti per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 5 luglio 2022.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 26 aprile 2021 (r.o. n. 123 del 2021), il
Consiglio di Stato, sezione quinta, ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in
relazione all'art. 49, paragrafo 1, della Carta dei diritti
fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7
dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, e all'art.
7 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950,
ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848,
questioni di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli
artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile
2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici).
2.- Il giudice rimettente espone che, con bando pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea n. S-58 del 22 marzo 2014 e
sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 33 del 21 marzo
2014, Consip spa (d'ora in avanti: Consip) ha indetto una procedura
aperta di gara, articolata in diciotto lotti geografici, per
l'affidamento, con il criterio dell'offerta economicamente piu'
vantaggiosa, dei servizi integrati, gestionali ed operativi, negli
immobili in uso a qualsiasi titolo alle pubbliche amministrazioni,
alle istituzioni universitarie pubbliche e agli enti e istituti di
ricerca.
Il raggruppamento temporaneo di imprese facente capo al Consorzio
Leonardo Servizi e Lavori (d'ora in avanti: Consorzio Leonardo) ha
presentato un'offerta per i lotti 1, 6, 7 e 10, collocandosi al primo
posto della graduatoria per il lotto 6.
Accertata una serie di irregolarita' fiscali a carico delle
societa' del raggruppamento Iprams srl e Comal Impianti srl in sede
di verifica del possesso dei requisiti, Consip ha adottato, il 21
marzo 2019, un provvedimento di esclusione relativo a tutti lotti per
i quali il raggruppamento stesso aveva presentato offerta, ai sensi
degli artt. 49, comma 2, lettera c), e 38, comma 1, lettera g), del
decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti
pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle
direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE), applicabile ratione temporis.
Con il medesimo provvedimento, la stazione appaltante ha disposto
l'escussione della cauzione provvisoria per il solo lotto 6.
Il raggruppamento ha proposto due distinti ricorsi dinnanzi al
Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, uno
avverso l'esclusione e l'escussione della cauzione provvisoria
relative al lotto 6, definito con sentenza 23 luglio 2019, n. 4219,
che lo ha rigettato; l'altro avverso l'esclusione relativa ai lotti
1, 7 e 10, definito con sentenza 25 ottobre 2019, n. 12329, anch'essa
di rigetto.
Con riferimento a questo secondo ricorso, dopo il passaggio in
decisione della causa ma prima del deposito della sentenza, Consip ha
adottato il provvedimento di escussione della cauzione provvisoria,
contro il quale il Consorzio Leonardo e PH Facility srl (d'ora in
avanti: PH Facility) hanno proposto un autonomo ricorso, deducendo
una pluralita' di censure.
I ricorrenti hanno lamentato, in primo luogo, la lesione del loro
affidamento in ordine alla mancata escussione della cauzione
provvisoria, avendo la stazione appaltante «illegittimamente
integrato, a distanza di sei mesi, il provvedimento di esclusione dai
lotti 1, 7 e 10».
E' stata poi denunciata la violazione dei principi del
contraddittorio, della parita' delle armi e del giusto processo,
essendo stato adottato il provvedimento di escussione gravato
solamente dopo il passaggio in decisione del ricorso avverso il
presupposto atto di esclusione dalla gara, cosi' precludendo ai
ricorrenti di presentare motivi aggiunti e costringendoli alla
proposizione di un autonomo ricorso.
Inoltre, ad avviso dei ricorrenti medesimi, «l'escussione della
cauzione provvisoria non avrebbe potuto essere disposta nei confronti
del Rti [ricorrente] in relazione alla partecipazione ai lotti 1, 7 e
10», in quanto, ai sensi dell'art. 38, comma 1, lettera g), del
d.lgs. n. 163 del 2006 (d'ora in avanti: anche previgente codice dei
contratti pubblici), «la carenza dei requisiti di ordine generale
comporterebbe [...] l'esclusione dalla gara, ma consentirebbe
l'escussione della cauzione solo nei confronti del concorrente primo
graduato».
La parte ricorrente ha denunciato, poi, la natura sanzionatoria
dell'escussione della garanzia provvisoria, con la conseguenza che
avrebbe dovuto applicarsi, retroattivamente, la piu' favorevole
disciplina dettata dall'art. 93, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016
(d'ora in avanti: anche nuovo o vigente codice dei contratti
pubblici), che ne ha limitato l'operativita' all'ipotesi di mancata
sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario. In
difetto, avrebbe dovuto sollevarsi questione di legittimita'
costituzionale «nei termini in cui detta norma consentisse
l'applicazione di previsioni preesistenti piu' afflittive nei
riguardi dei partecipanti alla gara».
Con un'ultima censura, i ricorrenti hanno lamentato che
l'escussione della garanzia provvisoria avrebbe contraddetto il
precedente provvedimento di esclusione dalla gara, con cui la
stazione appaltante si era autovincolata ad escuterla solamente in
relazione al lotto 6.
Con sentenza 28 aprile 2020, n. 4315, il TAR ha respinto il
ricorso e, avverso questa pronuncia, il Consorzio Leonardo e PH
Facility hanno proposto appello davanti all'odierno rimettente,
deducendo una pluralita' di censure tra cui il difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo e, in via subordinata,
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 93, comma 6, del d.lgs. n.
50 del 2016 per violazione degli artt. 3 e 117, primo comma, Cost.,
in relazione all'art. 7 CEDU.
3.- Il giudice rimettente osserva come l'art. 93, comma 6, del
vigente codice dei contratti pubblici circoscriva la possibilita',
per la stazione appaltante, di escutere la garanzia provvisoria,
«obbligatoriamente posta a corredo dell'offerta», nei soli confronti
dell'aggiudicatario che, per fatto a lui imputabile, non sottoscriva
il contratto. La disposizione, tuttavia, ai sensi dell'art. 216,
comma 1, del medesimo codice, e' applicabile solamente alle
«procedure e ai contratti per i quali i bandi o avvisi [...] siano
pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore
[...]», indipendentemente dal momento di adozione del provvedimento
di escussione della cauzione.
Nella specie, alla procedura di gara sono quindi applicabili gli
artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006, che disciplinavano,
rispettivamente, la verifica a campione dei requisiti di capacita'
economico-finanziaria e tecnico-organizzativa e la prestazione della
garanzia provvisoria.
In particolare, mentre il comma 6 dell'art. 75 stabiliva, come
l'attuale art. 93, che la suddetta garanzia copre la mancata
sottoscrizione del contratto per fatto dell'affidatario, l'art. 48
prevedeva che, in ogni caso di esito negativo della verifica dei
requisiti speciali, la stazione appaltante procedesse alla sua
escussione.
Dopo aver escluso il raggruppamento facente capo al Consorzio
Leonardo dalla procedura di gara, quindi, Consip ha escusso la
garanzia provvisoria per tutti i lotti per i quali il raggruppamento
stesso aveva presentato un'offerta, ancorche' con riferimento ai
lotti 1, 7 e 10 non fosse risultato aggiudicatario, «in pacifica
applicazione dell'art. 48 d.lgs. n.163 del 2006, che non distingue a
tal fine tra aggiudicatari e semplici partecipanti alla gara come
invece fa il sopravvenuto art. 93, comma 6 del d.lgs. n. 50 del
2016».
Da qui la rilevanza, nel giudizio a quo, delle questioni di
legittimita' costituzionale sollevate.
4.- Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice
rimettente premette che, per pacifica giurisprudenza amministrativa,
l'istituto dell'escussione della garanzia provvisoria disciplinato
dal previgente codice dei contratti pubblici, oltre ad avere la
funzione di indennizzare «la stazione appaltante dall'eventuale
mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario
(funzione indennitaria), puo' svolgere altresi' una funzione
sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei
concorrenti».
Tale istituto, infatti, «non puo' essere considerato una misura
meramente ripristinatoria dello status quo ante, ne' ha natura
risarcitoria (o anche solo indennitaria), ne' mira semplicemente alla
prevenzione di nuove irregolarita' da parte dell'operatore
economico». Si tratterebbe, invece, di «una sanzione amministrativa,
seppur non in senso proprio», dotata di «elevata carica afflittiva
(nel caso di specie, all'incirca due milioni di euro), che in assenza
di una specifica finalita' indennitaria (propria della sola ipotesi
di mancata sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario)
o risarcitoria, si spiega soltanto in chiave di punizione dell'autore
dell'illecito».
Ad essa pertanto dovrebbe applicarsi il principio di
retroattivita' della lex mitior che, secondo la piu' recente
giurisprudenza costituzionale, si estende alle «sanzioni di carattere
amministrativo che abbiano natura "punitiva"», quale sarebbe
l'escussione della garanzia provvisoria come disciplinata dall'art.
48 del previgente codice dei contratti pubblici.
Il Consiglio di Stato ricostruisce, quindi, la giurisprudenza di
questa Corte in ordine al fondamento del principio di retroattivita'
della lex mitior, ricordando come esso sia stato individuato sia
nell'art. 3 Cost., sia nell'art. 117, primo comma, Cost. in relazione
all'art. 7 della CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo,
nonche' «alle altre norme del diritto internazionale dei diritti
umani vincolanti per l'Italia che enunciano il medesimo principio»,
tra cui l'art. 15, primo comma, del Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966,
ratificato e reso esecutivo con legge del 25 ottobre 1977, n. 881, e
l'art. 49 CDFUE.
5.- Ad avviso del giudice a quo, l'art. 216, comma 1, del d.lgs.
n. 50 del 2016, impedendo l'applicazione della piu' favorevole
disciplina sanzionatoria dettata dall'art. 93, comma 6, del medesimo
decreto - che limita «l'escussione della cauzione provvisoria solo a
valle dell'aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti
dell'aggiudicatario» - si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 117
Cost.
6.- E' intervenuto nel giudizio di legittimita' costituzionale,
con atto depositato il 28 settembre 2021, il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che le questioni siano dichiarate non fondate.
7.- Ad avviso della difesa dello Stato, l'istituto della garanzia
provvisoria non avrebbe finalita' repressiva o general preventiva, ma
assolverebbe la funzione «di conferma e rafforzamento della serieta'
dell'impegno assunto con l'offerta», nonche' quella di «preventiva
liquidazione del danno subito da un altrui comportamento contrario a
correttezza, sia esso inadempimento contrattuale, o inadempimento in
una fase propedeutica alla stipula». La mancanza dei requisiti
dichiarati in sede di partecipazione alla gara, infatti, integrerebbe
«una lesione della buona fede e correttezza che deve connotare
l'intera relazione tra stazione appaltante e offerente».
Come chiarito sia dalla giurisprudenza costituzionale sia da
quella amministrativa, l'istituto della garanzia provvisoria sarebbe,
pertanto, assimilabile piu' alla caparra confirmatoria che alle
misure sanzionatorie, sia sotto il profilo dello scopo che sotto il
profilo della struttura.
La garanzia provvisoria, infatti, risponde ad uno scopo cautelare
e protettivo per la stazione appaltante, essendo la sua afflittivita'
un aspetto meramente accessorio, e consiste nella dazione anticipata
di una somma di denaro, cui consegue una fase di controllo del
rispetto delle obbligazioni assunte, e non nel pagamento di un
importo imposto da un successivo atto autoritativo. Ad essa e' poi
estranea qualsivoglia «valutazione circa elementi soggettivi nel
comportamento».
Peraltro, «l'eventuale capacita' sanzionatoria della misura [in
esame] assume un ruolo puramente secondario e meramente accessorio».
8.- L'Avvocatura generale dello Stato ritiene, quindi, che, nella
specie, non ricorrerebbero i presupposti per l'applicazione del
principio di retroattivita' della lex mitior.
L'escussione della cauzione provvisoria prevista dall'art. 48 del
d.lgs. n. 163 del 2006, infatti, non integrerebbe una sanzione di
natura penale neanche alla luce dei criteri individuati dalla
giurisprudenza della Corte Edu. Sarebbe priva di «qualsiasi nomen
riconducibile anche solo latamente al concetto di sanzione»,
perseguirebbe un obiettivo di «difesa del corretto agire
dell'amministrazione, nonche' [di] svolgimento efficiente ed efficace
delle proprie attribuzioni, senza alcuna connessione con la "tutela
dell'ordine sociale" a cui sono tradizionalmente preposte le sanzioni
penali», non avrebbe necessariamente «un'incidenza patrimoniale
significativa, essendo pari al due per cento del prezzo base indicato
nel bando», ossia ad una percentuale minima di esso.
Inoltre, «la scelta legislativa di impedire la retroattivita'
della legge piu' favorevole» sarebbe ragionevole, in quanto volta ad
assicurare «la certezza del diritto in ossequio al principio tempus
regit actum», evitando modifiche ex post dei bandi di gara e delle
regole che hanno determinato la formulazione delle offerte nel
rispetto dei principi della «par condicio competitorum e
[dell']immutabilita' delle regole di gara».
9.- Con atto depositato il 22 settembre 2021, si sono costituiti
il Consorzio Leonardo e PH Facility, appellanti nel giudizio
principale, chiedendo che le questioni siano dichiarate fondate.
Alla luce della giurisprudenza della Corte Edu e di questa Corte,
l'escussione della garanzia provvisoria integrerebbe una sanzione
amministrativa di natura punitiva, con la conseguenza che ad essa
sarebbe applicabile il principio di retroattivita' della lex mitior
e, quindi, la piu' favorevole disciplina dettata dall'art. 93, comma
6, del d.lgs. n. 50 del 2016.
La mancata previsione della retroattivita' di questa norma,
pertanto, renderebbe il citato art. 93 costituzionalmente illegittimo
perche' in contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost., in relazione,
quest'ultimo, all'art. 7 CEDU e all'art. 49, paragrafo 1, CDFUE, che
attribuiscono fondamento costituzionale al principio della
retroattivita' in mitius.
Non sarebbero presenti, peraltro, «interessi di analogo rilievo,
perche' la sanzione amministrativa in esame ha natura punitiva e non
ripristinatoria o preventiva».
10.- In data 8 giugno 2022, il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha depositato una memoria, in cui ha ribadito le
considerazioni gia' svolte nell'atto di costituzione in ordine alla
natura non sanzionatoria dell'incameramento della garanzia
provvisoria.
La difesa dello Stato evidenzia, in particolare, che la stessa
giurisprudenza amministrativa richiamata dal giudice rimettente si e'
sempre posta «in termini dubitativi sulla qualificazione della misura
come sanzione o come cauzione».
La natura non sanzionatoria dell'escussione della cauzione
provvisoria e la sua funzione di garanzia di fonte legale sarebbero
poi state confermate da recenti pronunce del Consiglio di Stato, tra
cui la sentenza 26 aprile 2022, n. 7, dell'Adunanza plenaria.
Anche la giurisprudenza costituzionale sul principio di
retroattivita' della lex mitior richiamata dalle parti, ad avviso
dell'Avvocatura generale dello Stato, sarebbe priva di rilievo, in
quanto relativa ad ipotesi di depenalizzazione di fattispecie penali,
di cui «la natura punitiva e' assolutamente indubbia».
Sarebbe infine inconferente il riferimento al diritto
eurounitario, in quanto, nell'attuare le direttive in materia di
appalti pubblici, lo Stato conserverebbe una certa discrezionalita'
nel configurare i relativi istituti applicativi.
11.- In data 13 giugno 2022, Consorzio Leonardo e PH Facility
hanno depositato una memoria, contestando le deduzioni
dell'Avvocatura dello Stato e insistendo per la fondatezza delle
questioni di legittimita' costituzionale.
La difesa delle parti - sottolineata la natura non paritaria del
rapporto tra stazione appaltante e operatore economico partecipante
alla procedura di gara, rivestendo la prima una «posizione di
supremazia speciale nei confronti del cittadino» - ritiene che
l'imposizione di una cauzione provvisoria a carico di «soggetti che
probabilmente sarebbero stati esclusi dalla gara per mancanza di
qualche requisito e che comunque non avrebbero avuto chances concrete
di aggiudicazione della stessa» sia una «misura sanzionatoria
assolutamente sproporzionata rispetto all'obiettivo gia' coperto
dall'obbligo dell'aggiudicatario di prestare una cauzione definitiva
per la corretta esecuzione dell'appalto».
Peraltro, l'istituto della garanzia provvisoria non terrebbe
conto della circostanza che i costi della presentazione dell'offerta
sono interamente a carico dell'impresa partecipante alla gara, senza
alcuna possibilita' di rimborso da parte della stazione appaltante e
che, in tempo di crisi economica, la perdita dei requisiti e' molto
frequente, soprattutto quando, come nel caso di specie, i tempi della
procedura si dilatano notevolmente.
L'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006 sarebbe dunque
costituzionalmente illegittimo «per mero formalismo» e violazione del
principio di proporzionalita', con la conseguenza che solamente
l'applicazione retroattiva della piu' favorevole disciplina della
garanzia provvisoria dettata dal nuovo codice dei contratti pubblici
rimuoverebbe questo vulnus.
Ad avviso delle parti, inoltre, la cauzione provvisoria non
sarebbe assimilabile alla caparra confirmatoria, come erroneamente
ritenuto dalla difesa statale, in quanto quest'istituto presuppone la
conclusione di un contratto, almeno preliminare. Invece, nelle
procedure di gara, l'operatore economico che vi partecipa e'
titolare, fino al momento dell'aggiudicazione, di un interesse
legittimo pretensivo, che si trova «in posizione di netta
subordinazione [...] all'interesse pubblico specifico, puntuale e
concreto», e non di un diritto soggettivo alla conclusione del
contratto.
Alla cauzione provvisoria, peraltro, questa stessa Corte, con
l'ordinanza n. 211 del 2011, avrebbe attribuito la funzione di
sanzionare la violazione del dovere di diligenza. Inoltre, la sua
escussione comportava, nella vigenza del precedente codice dei
contratti pubblici, la segnalazione all'Autorita' per la vigilanza
sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture (d'ora in
avanti: AVCP), oggi Autorita' nazionale anticorruzione (d'ora in
avanti: ANAC), e l'applicazione, da parte di questa Autorita', della
sanzione pecuniaria e della sospensione dalla partecipazione alle
gare. Si trattava, senza dubbio, di sanzioni afflittive, a conferma
che della medesima natura partecipava anche la garanzia provvisoria.
Una volta riconosciuta funzione sanzionatoria all'escussione
della garanzia provvisoria, seguirebbe la correttezza del
ragionamento svolto dal giudice rimettente in ordine all'applicazione
retroattiva della piu' favorevole disciplina dettata dal d.lgs. n. 50
del 2016, dovendo eventuali deroghe essere considerate tassative ed
eccezionali.
In particolare, nella specie, l'esigenza di equita' prevarrebbe
su quella di certezza dei rapporti giuridici, soprattutto alla luce
della manifesta violazione del principio di proporzionalita' ad opera
della misura in questione.
In via subordinata alla dichiarazione di non fondatezza delle
questioni sollevate, la difesa delle parti deduce l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del 2006, nella
parte in cui prevedono l'escussione della garanzia provvisoria «in
caso di perdita fino al compimento dell'aggiudicazione di determinati
requisiti», «per violazione degli artt. 56 ss. TFUE sulla libera
prestazione di servizi, nonche' dei principi generali del diritto
europeo in materia di procedimenti sanzionatori; e della direttiva
18/2004 applicabile alla fattispecie ratione temporis nel suo
complesso e in particolare in riferimento agli articoli 36, 45/48 al
considerando 43 e all'allegato VII A», chiedendone in alternativa
l'autorimessione delle relative questioni da parte di questa Corte.
La partecipazione di un'impresa ad una procedura di gara
integrerebbe, infatti, un diritto soggettivo perfetto direttamente
tutelato dal diritto europeo e ogni limitazione al suo esercizio
sarebbe incompatibile con la direttiva 2004/18/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento
delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori,
di forniture e di servizi, che peraltro non prevedeva l'istituto
della cauzione o di altre sanzioni accessorie a garanzia del possesso
dei requisiti di partecipazione.
Inoltre, gli artt. 16 e 17 CDFUE tutelano la proprieta' privata e
il libero esercizio del diritto di impresa, prescrivendo che le
regole delle procedure di gara siano ragionevoli, trasparenti e
proporzionali. Nel caso di specie, invece, la cauzione e' stabilita
in una percentuale fissa del prezzo a base di asta e non ha carattere
progressivo, non tenendo conto di alcun indicatore delle
potenzialita' economiche delle imprese concorrenti e finendo, cosi',
per favorire quelle con maggior capitale.
In via ulteriormente subordinata, infine, la difesa delle parti
propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell'Unione europea per accertare se «i principi e le regole generali
del diritto europeo sul mercato unico, la concorrenza e la libera
prestazione di servizi [...] e comunque la direttiva 18/2004 articoli
36, 45/48 considerando 43 e allegato 7 a» possano essere interpretati
«in modo da consentire al legislatore di uno Stato membro di imporre
quale requisito di partecipazione alla gara la prestazione di una
cauzione provvisoria a tutti i partecipanti» e di prevederne
l'escussione «in caso di perdita di alcuni requisiti lungo tutto il
periodo di tempo intercorrente tra la presentazione della domanda di
partecipazione e il provvedimento di aggiudicazione», anche
nell'ipotesi di «estremo allungamento dei termini di espletamento
della gara per fatto e colpa non imputabile al partecipante stesso».
12.- Con atto depositato il 14 giugno 2022, Comat spa, Tepor spa
e Caitec srl hanno spiegato intervento ad adiuvandum nel giudizio di
costituzionalita'.
Le societa' hanno partecipato, in forma di raggruppamento
temporaneo di imprese, ad una procedura di gara indetta da Consip per
l'affidamento del «servizio integrato energia e dei servizi connessi
per le pubbliche amministrazioni», nell'ambito della quale sono state
escluse per difetto dei requisiti di partecipazione con conseguente
incameramento, da parte della stazione appaltante, della garanzia
provvisoria dalle stesse prestata, nonostante non fossero risultate
aggiudicatarie, ai sensi dell'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006.
Il Consiglio di Stato, con le sentenze non definitive 29 marzo
2022, n. 2310, 25 marzo 2022, n. 2217, 29 marzo 2022, n. 2367, ha
sospeso ai sensi dell'art. 295 del codice di procedura civile i
giudizi instaurati dalle societa' medesime avverso i provvedimenti di
escussione della cauzione provvisoria, in attesa della decisione di
questa Corte sulle odierne questioni di legittimita' costituzionale.
La stretta connessione con il giudizio a quo renderebbe le
societa' titolari di un «interesse qualificato, inerente in modo
diretto e immediato al rapporto dedotto in giudizio», che le
giustificherebbe ad intervenire nel giudizio di costituzionalita'.
Peraltro, avendo il Consiglio di Stato sospeso i giudizi senza
sollevare, a sua volta, questioni di legittimita' costituzionale,
l'intervento delle societa' nel presente giudizio costituirebbe
l'unico strumento per garantire il loro diritto di difesa.
Ad avviso delle intervenienti, le questioni sarebbero fondate per
le ragioni indicate nell'ordinanza di rimessione, avallate dalla
sentenza n. 7 del 2022 dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato,
che ha condiviso la qualificazione di sanzione "punitiva"
dell'escussione della garanzia provvisoria nell'ipotesi di esito
negativo del controllo a campione ai sensi dell'art. 48 del
previgente codice dei contratti pubblici. Ipotesi non confermata dal
d.lgs. n. 50 del 2016, che costituirebbe pertanto disciplina
sopravvenuta piu' favorevole.
Da qui, l'illegittimita' costituzionale del combinato disposto
degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del nuovo codice dei
contratti pubblici, nella parte in cui non consentono l'applicazione
della nuova e piu' favorevole disciplina in tema di garanzia
provvisoria alle procedure di gara bandite prima della sua entrata in
vigore.
Considerato in diritto
1.- Il Consiglio di Stato, sezione quinta, dubita della
legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo
comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 49,
paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
(CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a
Strasburgo il 12 dicembre 2007, e all'art. 7 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, del combinato disposto
degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del decreto legislativo 18
aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti pubblici), nella parte in
cui limita l'applicazione della piu' favorevole disciplina da esso
dettata in tema di garanzia provvisoria «alle procedure e ai
contratti per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura
di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data
della sua entrata in vigore».
Il giudice rimettente espone che il raggruppamento temporaneo di
imprese facente capo al Consorzio Leonardo Servizi e Lavori (d'ora in
avanti: Consorzio Leonardo) ha partecipato alla procedura di gara
indetta, il 21 marzo 2014, da Consip spa per l'affidamento di servizi
integrati negli immobili in uso alle pubbliche amministrazioni,
presentando un'offerta per una pluralita' di lotti e collocandosi al
primo posto della graduatoria solamente per uno di essi (il lotto 6).
Accertata una serie di irregolarita' fiscali a carico di due
societa' del raggruppamento, la stazione appaltante lo ha escluso
dalla gara e ha disposto l'escussione della cauzione provvisoria in
relazione alle offerte da esso presentate anche per i lotti nei quali
non e' risultato aggiudicatario, ai sensi dell'art. 48 del decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163 (Codice dei contratti pubblici
relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive
2004/17/CE e 2004/18/CE), applicabile ratione temporis.
Questo provvedimento e' stato impugnato dinnanzi al Tribunale
amministrativo del Lazio che, con la sentenza 28 aprile 2020, n.
4315, ha rigettato il ricorso.
Avverso tale sentenza, il Consorzio Leonardo e PH Facility srl
hanno proposto appello davanti all'odierno rimettente.
2.- Il Consiglio di Stato osserva come l'art. 93, comma 6, del
d.lgs. n. 50 del 2016 (d'ora in avanti: anche nuovo o vigente codice
dei contratti pubblici) circoscriva la possibilita', per la stazione
appaltante, di escutere la garanzia provvisoria nei confronti del
solo aggiudicatario che, per fatto a lui imputabile, non sottoscriva
il contratto. La disposizione, tuttavia, ai sensi dell'art. 216,
comma 1, del medesimo decreto, e' applicabile solamente alle
«procedure e ai contratti per i quali i bandi [...] siano pubblicati
successivamente alla data della sua entrata in vigore [...]»,
indipendentemente dal momento di adozione del provvedimento di
incameramento della cauzione.
Pertanto, nella specie - essendo stata la procedura di gara
bandita prima dell'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti
pubblici - deve essere applicato il d.lgs. n. 163 del 2006 (d'ora in
avanti anche: previgente codice dei contratti pubblici), che,
all'art. 48, comma 1, prevedeva la possibilita' di escutere la
garanzia provvisoria nei confronti di qualsiasi concorrente, anche
non aggiudicatario, il quale, all'esito del cosiddetto controllo a
campione, non avesse dimostrato il possesso dei requisiti di
capacita' economico-finanziaria e tecnico-organizzativa dichiarati in
sede di offerta.
Da qui la rilevanza, nel giudizio a quo, delle questioni di
legittimita' costituzionale sollevate.
3.- Con riferimento alla non manifesta infondatezza, il giudice a
quo premette che l'istituto dell'escussione della garanzia
provvisoria disciplinato dal previgente codice dei contratti
pubblici, oltre ad avere la funzione «di indennizzare la stazione
appaltante dall'eventuale mancata sottoscrizione del contratto da
parte dell'aggiudicatario [...], puo' svolgere altresi' una funzione
sanzionatoria verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei
concorrenti».
Tale istituto, infatti, «non puo' essere considerato una misura
meramente ripristinatoria dello status quo ante, ne' ha natura
risarcitoria [...], ne' mira semplicemente alla prevenzione di nuove
irregolarita' da parte dell'operatore economico». Si tratterebbe,
invece, di «una sanzione amministrativa, seppur non in senso
proprio», dotata di «elevata carica afflittiva (nel caso di specie,
all'incirca due milioni di euro), che in assenza di una specifica
finalita' indennitaria (propria della sola ipotesi di mancata
sottoscrizione del contratto da parte dell'aggiudicatario) o
risarcitoria, si spiega soltanto in chiave di punizione dell'autore
dell'illecito».
Alla garanzia provvisoria, pertanto, dovrebbe applicarsi il
principio di retroattivita' della lex mitior che, secondo la piu'
recente giurisprudenza costituzionale, si estende alle «sanzioni di
carattere amministrativo che abbiano natura "punitiva"», quale
sarebbe appunto l'escussione della garanzia provvisoria come
disciplinata dall'art. 48 del previgente codice dei contratti
pubblici.
Ad avviso del giudice a quo, l'art. 216, comma 1, del nuovo
codice, impedendo l'applicazione della piu' favorevole disciplina
sanzionatoria dettata dall'art. 93, comma 6 - che limita
«l'escussione della garanzia provvisoria solo a valle
dell'aggiudicazione (definitiva) e, dunque, solo nei confronti
dell'aggiudicatario» - si porrebbe, pertanto, in contrasto con gli
artt. 3 e 117 Cost., quest'ultimo in relazione agli artt. 49 CDFUE e
7 CEDU.
4.- In via preliminare, va osservato che l'intervento ad
adiuvandum spiegato nel giudizio di costituzionalita' da Comat spa,
Tepor spa e Caitec srl e' inammissibile.
L'atto di intervento, infatti, e' stato depositato il 14 giugno
2022, oltre il termine, previsto dall'art. 4, comma 4, delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, vigente
ratione temporis, di venti giorni dalla pubblicazione dell'atto
introduttivo del giudizio, che e' avvenuta nella Gazzetta Ufficiale
n. 36 dell'8 settembre 2021.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, il termine
previsto dal richiamato art. 4, comma 4, deve ritenersi perentorio e
non ordinatorio, con la conseguenza che l'intervento avvenuto dopo la
sua scadenza e' inammissibile (ex plurimis, sentenze n. 106 del 2019,
n. 99 del 2018, n. 303 del 2010, n. 263 e n. 215 del 2009).
5.- In via ulteriormente preliminare, va rilevato che le parti
costituite in giudizio, appellanti nel giudizio principale, hanno
dedotto, in via subordinata alla dichiarazione di non fondatezza
delle questioni sollevate con l'ordinanza di rimessione,
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163
del 2006, nella parte in cui prevedono l'escussione della garanzia
provvisoria «in caso di perdita fino al compimento
dell'aggiudicazione di determinati requisiti», «per violazione degli
artt. 56 ss. TFUE sulla libera prestazione di servizi, nonche' dei
principi generale del diritto europeo in materia di procedimenti
sanzionatori; e della direttiva 18/2004 applicabile alla fattispecie
ratione temporis nel suo complesso e in particolare in riferimento
agli articoli 36, 45/48 al considerando 43 e all'allegato VII A».
5.1.- Tali questioni non possono avere ingresso nel presente
giudizio di costituzionalita', il cui oggetto, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, e' limitato alle norme e ai parametri
indicati nelle ordinanze di rimessione, con esclusione della
possibilita' di ampliare il thema decidendum proposto dal rimettente,
fino a ricomprendervi questioni formulate dalle parti, che tuttavia
egli non abbia ritenuto di fare proprie (ex plurimis, sentenze n.
230, n. 203, n. 147 e n. 49 del 2021, n. 186 del 2020 e n. 7 del
2019).
5.2.- La richiesta di autorimessione delle questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del
2006 non puo' essere accolta.
La stessa delimitazione delle questioni di legittimita'
costituzionale all'inapplicabilita' della piu' favorevole disciplina
della garanzia provvisoria dettata dal nuovo codice dei contratti
pubblici alle procedure di gara bandite prima della sua entrata in
vigore vale ad escludere che ricorrano i presupposti perche' questa
Corte proceda all'autorimessione sollecitata dalle parti.
Le questioni sollevate dal Consiglio di Stato, come gia'
rilevato, non attengono, infatti, all'istituto della garanzia
provvisoria e al suo incameramento nell'ipotesi di esito negativo del
controllo a campione ai sensi dell'art. 48 del d.lgs. n. 163 del
2006. Le censure del rimettente si appuntano, per contro, sulla
disciplina transitoria dettata dal nuovo codice dei contratti
pubblici (art. 216, comma 1), laddove esclude l'applicazione
retroattiva (ossia alle procedure di gara bandite prima della sua
entrata in vigore) della piu' favorevole disciplina dettata in tema
di garanzia provvisoria.
Tra i due gruppi di questioni non e' quindi ravvisabile «quel
nesso di necessaria strumentalita' o di pregiudizialita' logica,
idoneo a giustificare l'esercizio, da parte di questa Corte,
dell'eccezionale potere di autorimessione dinanzi a se' della
questione di legittimita' costituzionale di una norma rimasta
estranea al fuoco delle censure del rimettente (sentenze n. 255 del
2014, n. 179 del 1976, n. 122 del 1976, n. 195 del 1972, nonche'
ordinanze n. 114 del 2014, n. 42 del 2001, n. 197 e n. 183 del 1996,
n. 297 e n. 225 del 1995, n. 294 del 1993, n. 378 del 1992, n. 230
del 1975 e n. 100 del 1970)» (sentenza n. 49 del 2021).
5.3.- Dall'estraneita' al thema decidendum delle questioni di
legittimita' costituzionale degli artt. 48 e 75 del d.lgs. n. 163 del
2006 per incompatibilita' con il diritto dell'Unione europea,
prospettate dalle parti, deriva l'estraneita' ad esso anche della
questione interpretativa che le medesime parti chiedono, in via
subordinata, di sottoporre con istanza di rinvio pregiudiziale alla
Corte di giustizia dell'Unione europea (in tal senso, sentenze n. 230
e n. 49 del 2021).
6.- Nel merito, le questioni non sono fondate in relazione a
tutti i parametri evocati dal rimettente, che possono essere
scrutinati congiuntamente, posto che il principio di retroattivita'
della lex mitior in materia penale trova fondamento nell'ordinamento
costituzionale, sia direttamente, sia per effetto dell'azione degli
artt. 49 CDFUE e 7 CEDU, in forza degli artt. 11 e 117, primo comma,
Cost.
7.- Per il primo profilo, secondo la costante giurisprudenza di
questa Corte (sentenze n. 238 del 2020, n. 63 del 2019, n. 236 del
2011, n. 215 del 2008 e n. 393 del 2006), il principio di
retroattivita' della lex mitior in materia penale non e'
riconducibile alla sfera di tutela dell'art. 25, secondo comma,
Cost., secondo cui «[n]essuno puo' essere punito se non in forza di
una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».
Il principio sancito da questa disposizione costituzionale «deve
essere interpretato nel senso di vietare l'applicazione retroattiva
delle sole leggi penali che stabiliscano nuove incriminazioni, ovvero
che aggravino il trattamento sanzionatorio gia' previsto per un
reato, non ostando cosi' a una possibile applicazione retroattiva di
leggi che, all'opposto, aboliscano precedenti incriminazioni ovvero
attenuino il trattamento sanzionatorio gia' previsto per un reato»
(sentenza n. 63 del 2019).
Come ha chiarito questa Corte, la ratio immediata di detta norma
e' - in parte qua - quella di tutelare la liberta' di
autodeterminazione individuale, garantendo al singolo di non essere
sorpreso dall'inflizione di una sanzione penale per lui non
prevedibile al momento della commissione del fatto. Una simile
garanzia non e' posta in discussione dall'applicazione di una norma
penale, pur piu' gravosa di quelle entrate in vigore successivamente,
che era comunque in vigore al momento del fatto: e cio' «per l'ovvia
ragione che, nel caso considerato, la lex mitior sopravviene alla
commissione del fatto, al quale l'autore si era liberamente
autodeterminato sulla base del pregresso (e per lui meno favorevole)
panorama normativo» (sentenza n. 394 del 2006)» (sentenze n. 238 del
2020 e n. 63 del 2019).
Tuttavia, il principio di retroattivita' in mitius, sancito nel
codice penale dall'art. 2, commi secondo, terzo e quarto, ha comunque
un fondamento costituzionale, «riconducibile allo spettro di tutela
del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.» (sentenza n. 63
del 2019), che impone, in linea di massima, di equiparare il
trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla
circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l'entrata in
vigore della norma che ha disposto l'abolitio criminis o la modifica
mitigatrice (sentenze n. 238 del 2020 e n. 63 del 2019; in precedenza
sentenza n. 394 del 2006). Cio' in quanto, in via generale, «[n]on
sarebbe ragionevole punire (o continuare a punire piu' gravemente)
una persona per un fatto che, secondo la legge posteriore, chiunque
altro puo' impunemente commettere (o per il quale e' prevista una
pena piu' lieve)» (sentenza n. 236 del 2011).
7.1.- Per il secondo aspetto, il principio di retroattivita'
della lex mitior ha un fondamento di origine sovranazionale - avente
ingresso nel nostro ordinamento attraverso l'art. 117, primo comma,
Cost. - che e' riconducibile sia all'art. 49, paragrafo 1, CDFUE,
quest'ultimo rilevante anche ai sensi dell'art. 11 Cost., sia
all'art. 7 CEDU, nella lettura offertane dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo (oltre alla sentenza 17 settembre
2009, grande camera, Scoppola contro Italia, anche le sentenze 27
aprile 2010, Morabito contro Italia, 24 gennaio 2012, Mihai Toma
contro Romania, 12 gennaio 2016, Gouarre' Patte contro Andorra, 12
luglio 2016, Ruban contro Ucraina), nonche' alle altre norme del
diritto internazionale dei diritti umani vincolanti per l'Italia che
enunciano il medesimo principio, tra cui l'art. 15, comma 1, del
Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici (sentenze
n. 238 del 2020, n. 63 del 2019 e n. 236 del 2011).
Peraltro, gia' la sentenza n. 393 del 2006 aveva richiamato «gli
obblighi internazionali derivanti dall'art. 15, comma 1, del Patto
internazionale relativo ai diritti civili e politici e dall'art. 49,
paragrafo 1, CDFUE, considerati in quell'occasione come criteri
interpretativi [...] delle stesse garanzie costituzionali» (sentenza
n. 63 del 2019).
E, sulla sostanziale corrispondenza di contenuto tra i parametri
citati, questa Corte ha da ultimo chiarito che la ratio del principio
in oggetto e' pur sempre «identificabile in sostanza nel diritto
dell'autore del reato a essere giudicato, e se del caso punito, in
base all'apprezzamento attuale dell'ordinamento relativo al disvalore
del fatto da lui realizzato, anziche' in base all'apprezzamento
sotteso alla legge in vigore al momento della sua commissione»
(sentenza n. 63 del 2019).
Non e' da trascurare, d'altro canto, che, mentre
l'irretroattivita' in peius della legge penale costituisce un valore
assoluto e inderogabile, la regola della retroattivita' in mitius
della legge penale medesima e' suscettibile di limitazioni e deroghe
legittime sul piano costituzionale, «purche' giustificabili al metro
di quel "vaglio positivo di ragionevolezza" [...], in relazione alla
necessita' di tutelare interessi di rango costituzionale prevalenti
rispetto all'interesse individuale in gioco» (sentenza n. 63 del
2019; nello stesso senso, sentenza n. 236 del 2011).
7.2.- Qualora poi si verta in ambiti in cui trova applicazione il
diritto dell'Unione europea - come nel caso di specie, in quanto la
normativa in materia di contratti pubblici dettata dal d.lgs. n. 163
del 2006 era attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE,
mentre quella dettata dal d.lgs. n. 50 del 2016 attua le direttive
2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/15/UE, che hanno abrogato le precedenti
- opera, come si e' detto, anche la garanzia di cui all'art. 49,
paragrafo 1, CDFUE, che il giudice a quo ha evocato quale parametro
interposto insieme all'art. 7 CEDU.
Come messo in rilievo dalla giurisprudenza della Corte di
giustizia, infatti, «il principio dell'applicazione retroattiva della
pena piu' mite - che rientra nelle tradizioni costituzionali comuni
agli Stati membri e fa parte dei principi generali del diritto
dell'Unione di cui la Corte garantisce il rispetto (sentenze del 3
maggio 2005, Berlusconi e a., C-387/02, C-391/02 e C-403/02, Racc.
pag. I-3565, punti 67 e 68; dell'11 marzo 2008, Jager, C-420/06,
Racc. pag. I-1315, punto 59, nonche' del 28 aprile 2011, El Dridi,
C-61/11 PPU, Racc. pag. I-3015, punto 61) - e' menzionato anche
all'articolo 49, paragrafo 1, terza frase, della Carta» (sentenza 14
febbraio 2012, Toshiba Corporation e altri, in causa C-17/10).
Pertanto, il giudice a quo ben puo' investire questa Corte della
questione di legittimita' costituzionale di una normativa che si
assuma in contrasto, per analoghi profili, con una garanzia offerta
al diritto fondamentale sia dalla Costituzione, sia dal diritto
dell'Unione.
Sulla scorta della costante giurisprudenza costituzionale (ex
multis, sentenze n. 13 del 2022, n. 20 e n. 63 del 2019, n. 269 del
2017 e, da ultimo, sentenza n. 149 del 2022), infatti, non puo'
ritenersi precluso a questa Corte, eventualmente previo rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, «l'esame nel merito delle
questioni di legittimita' costituzionale sollevate con riferimento
sia a parametri interni, anche mediati dalla normativa interposta
convenzionale, sia - per il tramite degli artt. 11 e 117, primo
comma, Cost. - alle norme corrispondenti della Carta che tutelano,
nella sostanza, i medesimi diritti; e cio' fermo restando il potere
del giudice comune di procedere egli stesso al rinvio pregiudiziale
alla Corte di giustizia UE, anche dopo il giudizio incidentale di
legittimita' costituzionale, e - ricorrendone i presupposti - di non
applicare, nella fattispecie concreta sottoposta al suo esame, la
disposizione nazionale in contrasto con i diritti sanciti dalla
Carta» (sentenza n. 63 del 2019, proprio con riferimento alla diretta
applicabilita' del principio di retroattivita' della lex mitior
sancito dall'art. 49, paragrafo 1, CDFUE).
7.3.- Parimenti pertinente e', in linea astratta, l'art. 7 CEDU,
il cui significato converge con quello tratto dalla Costituzione e
dall'art. 49 CDFUE nel delineare un assetto di tutela omogeneo.
Dopo una prima affermazione di principio contenuta nella sentenza
n. 193 del 2016, questa Corte, con la pronuncia n. 63 del 2019, ha
infatti espressamente affermato l'applicabilita' della regola della
retroattivita' in mitius anche alle sanzioni amministrative,
richiamandosi alla giurisprudenza della Corte Edu.
Si e' chiarito che, «rispetto a singole sanzioni amministrative
che abbiano natura e finalita' "punitiva", il complesso dei principi
enucleati dalla Corte di Strasburgo a proposito della "materia
penale" - ivi compreso, dunque, il principio di retroattivita' della
lex mitior [...] - non potra' che estendersi anche a tali sanzioni»
(sentenza n. 63 del 2019; nello stesso senso, sentenze n. 68 del 2021
e n. 193 del 2016).
Questa Corte ha poi osservato, quanto al rapporto tra le fonti di
diritto europeo e la Costituzione, che «[l]'estensione del principio
di retroattivita' della lex mitior in materia di sanzioni
amministrative aventi natura e funzione "punitiva" e' conforme
[anche] alla logica sottesa alla giurisprudenza costituzionale
sviluppatasi, sulla base dell'art. 3 Cost., in ordine alle sanzioni
propriamente penali. Laddove, infatti, la sanzione amministrativa
abbia natura "punitiva", di regola non vi sara' ragione per
continuare ad applicare nei confronti [dell'autore dell'illecito]
tale sanzione, qualora il fatto sia successivamente considerato non
piu' illecito; ne' per continuare ad applicarla in una misura
considerata ormai eccessiva (e per cio' stesso sproporzionata)
rispetto al mutato apprezzamento della gravita' dell'illecito da
parte dell'ordinamento. E cio' salvo che sussistano ragioni cogenti
di tutela di contro-interessi di rango costituzionale, tali da
resistere al medesimo "vaglio positivo di ragionevolezza", al cui
metro debbono essere in linea generale valutate le deroghe al
principio di retroattivita' in mitius nella materia penale» (sentenza
n. 63 del 2019; nello stesso senso, sentenza n. 68 del 2021).
8.- Tanto premesso, l'esame delle odierne questioni di
legittimita' costituzionale impone di verificare la correttezza del
presupposto interpretativo da cui muove l'ordinanza di rimessione,
secondo cui l'escussione della garanzia provvisoria, nell'ipotesi di
esito negativo del controllo a campione sul possesso dei requisiti
speciali a carico dei partecipanti alla procedura di gara diversi
dall'aggiudicatario (art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006),
ha natura di sanzione "punitiva" agli effetti della CDFUE e della
CEDU e, quindi, soggiace alle garanzie dalle stesse previste, tra cui
il principio di retroattivita' della lex mitior.
8.1.- Questa Corte ritiene opportuno ricostruire brevemente il
quadro normativo di riferimento.
Nella vigenza del d.lgs. n. 163 del 2006, l'art. 75, comma 1,
disponeva che l'offerta presentata dall'operatore economico in una
procedura di affidamento di contratti pubblici dovesse essere
corredata da una garanzia (cosiddetta provvisoria), pari al due per
cento del prezzo base indicato nel bando o nell'invito, sotto forma
di "cauzione" o di "fideiussione", a scelta dell'offerente.
L'escussione della garanzia provvisoria ad opera della stazione
appaltante poteva avvenire in due differenti ipotesi.
La prima era prevista dall'art. 48 del previgente codice dei
contratti pubblici, che dettava una specifica disciplina dell'iter
che le stazioni appaltanti dovevano seguire per verificare il
possesso dei requisiti di capacita' economico-finanziaria e
tecnico-organizzativa (i cosiddetti requisiti speciali) dichiarati
dai concorrenti in sede di gara, delineando l'istituto del controllo
a campione.
Ai sensi dell'art. 48, comma 1, infatti, le stazioni appaltanti,
prima di procedere all'apertura delle buste delle offerte presentate,
dovevano richiedere, ad un numero di offerenti non inferiore al dieci
per cento scelti con sorteggio pubblico di dimostrare, entro i
successivi dieci giorni, il possesso dei requisiti speciali richiesti
nel bando di gara, mediante apposita documentazione (il cosiddetto
controllo a campione, appunto).
Entro dieci giorni dalla conclusione delle operazioni di gara,
analoga richiesta veniva inoltrata, ai sensi del comma 2 del
menzionato art. 48, nei confronti dell'aggiudicatario e del
concorrente che seguiva in graduatoria, che non fossero compresi fra
i concorrenti sorteggiati.
Qualora la prova non fosse fornita o non confermasse le
dichiarazioni contenute nella domanda di partecipazione o
nell'offerta, le stazioni appaltanti procedevano all'esclusione del
concorrente dalla gara, all'escussione della relativa cauzione
provvisoria e alla segnalazione del fatto all'Autorita' per la
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
(d'ora in avanti: AVCP), le cui funzioni sono oggi assegnate
all'Autorita' nazionale anticorruzione (d'ora in avanti: ANAC) per i
provvedimenti previsti dall'art. 6, comma 11.
«[L]'incameramento della cauzione provvisoria [era] previsto dal
citato art. 48, comma 1, quale automatica conseguenza del
provvedimento di esclusione» (ordinanza n. 211 del 2011), determinato
dalla mancata dimostrazione del possesso dei requisiti speciali di
partecipazione in capo al concorrente, anche non aggiudicatario.
La seconda ipotesi di escussione della cauzione provvisoria era
prevista dall'art. 75, comma 6, del d.lgs. n. 163 del 2006 e copriva
il rischio della mancata sottoscrizione del contratto per fatto
dell'aggiudicatario, potendo essere disposta, pertanto, solamente a
carico di questi.
Il nuovo codice dei contratti pubblici (come si e' visto
introdotto dal d.lgs. n. 50 del 2016), riducendo al momento
dell'aggiudicazione i controlli sul possesso dei requisiti di
partecipazione per esigenze di semplificazione e celerita' delle
procedure di gara, ha mantenuto unicamente questa seconda
fattispecie, prevedendo, all'art. 93, comma 6, che la garanzia
provvisoria, che deve corredare l'offerta, copre «la mancata
sottoscrizione del contratto dopo l'aggiudicazione dovuta ad ogni
fatto riconducibile all'affidatario o all'adozione di informazione
antimafia interdittiva emessa ai sensi degli articoli 84 e 91 del
decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159». La garanzia e',
infatti, «svincolata automaticamente al momento della sottoscrizione
del contratto».
Tuttavia, questa piu' favorevole disciplina - che limita
l'incameramento della cauzione provvisoria nei confronti del solo
aggiudicatario il quale, per fatto a lui imputabile, impedisca la
stipulazione del contratto - e' applicabile, in virtu' dell'art. 216,
comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016, «alle procedure e ai contratti
per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta
del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua
entrata in vigore nonche', in caso di contratti senza pubblicazione
di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai
quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano
ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte»,
indipendentemente dal momento di adozione del provvedimento di
incameramento stesso.
Questa disciplina transitoria, dettata dalla norma censurata per
risolvere i problemi di diritto intertemporale legati all'entrata in
vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, e' peraltro in linea
con il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa,
secondo cui «la procedura di affidamento di un contratto pubblico e'
soggetta alla normativa vigente alla data di pubblicazione del bando,
in conformita' al principio tempus regit actum ed alla natura del
bando di gara, quale norma speciale della procedura che regola non
solo le imprese partecipanti, ma anche la pubblica amministrazione,
che non vi si puo' sottrarre». Cio' a garanzia dei principi di
certezza del diritto, di buon andamento e di tutela dell'affidamento
dei concorrenti, i quali portano ad escludere «che lo ius
superveniens possa avere alcun effetto diretto sul procedimento di
gara» (ex multis, Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenze 25
marzo 2021, n. 2521; nello stesso senso, sentenze 12 maggio 2017, n.
2222 e 7 giugno 2016, n. 2433).
8.2.- La ricostruzione dell'ordinanza di rimessione in ordine
alla natura di sanzione "punitiva" dell'escussione della garanzia
provvisoria, in caso di esito negativo del controllo a campione di
cui all'art. 48 del d.lgs. n. 163 del 2006, non riflette il quadro
giurisprudenziale costituzionale e amministrativo, che e' sempre
stato prevalentemente orientato in senso opposto.
Questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire che la garanzia
provvisoria prevista dal citato art. 48 rispondeva «alla funzione di
garantire serieta' ed affidabilita' dell'offerta», tutelando la
correttezza del procedimento di gara, in modo da assicurarne il
«regolare e rapido espletamento» (ordinanza n. 211 del 2011).
La funzione della garanzia provvisoria di responsabilizzare i
partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese e al dovere di
correttezza, «allo scopo di garantire la serieta' e l'affidabilita'
dell'offerta e prevenire l'inutile e non proficuo svolgimento di
complesse attivita' selettive», e' stata di recente ribadita da
questa Corte, con la sentenza n. 23 del 2022, che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 17 della legge della
Provincia autonoma di Bolzano 16 aprile 2020, n. 3 (Variazioni al
bilancio di previsione della Provincia autonoma di Bolzano per gli
esercizi 2020, 2021 e 2022 e altre disposizioni), laddove sospendeva
l'obbligo di corredare l'offerta con una garanzia provvisoria «per
tutte le procedure di gara, di qualsiasi tipo e per qualunque
importo», per violazione dei limiti statutari in relazione appunto
all'art. 93 del d.lgs. n. 50 del 2016.
Ancorche' la pronuncia riguardi la disciplina dettata dal nuovo
codice dei contratti pubblici, deve rimarcarsi che essa non
circoscrive la funzione della cauzione provvisoria, in termini di
garanzia della serieta' delle offerte e dell'efficienza dell'azione
amministrativa, ai soli comportamenti contrari al dovere di
correttezza dell'aggiudicatario, predicandola, per contro, per tutti
i partecipanti alla procedura di gara.
L'evidenziata esigenza di assicurare l'affidabilita' delle
offerte e di evitare un'inutile attivita' procedimentale
dell'amministrazione vale, dunque, a sottolineare una sostanziale
omogeneita' di funzioni tra le differenti ipotesi di incameramento
della garanzia provvisoria (quella di cui al previgente art. 48 e
quella di cui al nuovo art. 93, reiterativo del precedente art. 76).
Nel ritenere il citato art. 48 «strumentale rispetto all'esigenza
di garantire imparzialita' e buon andamento dell'azione
amministrativa», infatti, questa Corte ha sottolineato come
l'incameramento della cauzione provvisoria, in caso di esito negativo
del controllo a campione, sia «preordinato ad assicurare il regolare
e rapido espletamento della procedura e la tempestiva liquidazione
dei danni prodotti dalla alterazione della stessa a causa della
mancanza dei requisiti da parte dell'offerente» (ordinanza n. 211 del
2011), tenuto conto peraltro che «l'operatore economico, con la
domanda di partecipazione, sottoscrive e si impegna ad osservare le
regole della relativa procedura, delle quali ha, dunque, contezza»
(ancora, ordinanza n. 211 del 2011).
In termini analoghi si e' espressa la prevalente giurisprudenza
amministrativa, secondo la quale l'escussione della cauzione
provvisoria, in entrambe le ipotesi contemplate dal d.lgs. n. 163 del
2006 (artt. 48, comma 1, e 75, comma 6), «si profila come garanzia
del rispetto dell'ampio patto di integrita' cui si vincola chi
partecipa ad una gara pubblica. La sua finalita' e' quella di
responsabilizzare i partecipanti in ordine alle dichiarazioni rese,
di garantire la serieta' e l'affidabilita' dell'offerta, nonche' di
escludere da subito i soggetti privi delle richieste qualita' volute
dal bando» (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza 10
dicembre 2014, n. 34; in senso conforme, ex multis, Consiglio di
Stato, sezione quarta, sentenza 22 aprile 2021, n. 3255 e sezione
quinta, sentenze 10 aprile 2018, n. 2181, 19 aprile 2017, n. 1818, e
22 dicembre 2014, n. 6302). Questo perche' la presenza di
dichiarazioni non corrispondenti al vero «altera di per se' la gara
quantomeno per un aggravio di lavoro della stazione appaltante,
chiamata a vagliare anche concorrenti inidonei o offerte prive di
tutte le qualita' promesse» (ancora, Consiglio di Stato, Adunanza
plenaria, sentenza n. 34 del 2014).
Si tratta, insomma, di «una misura di indole patrimoniale, priva
di carattere sanzionatorio amministrativo nel senso proprio», che
costituisce l'automatica conseguenza della violazione del dovere di
correttezza gravante sull'offerente e realizza un'anticipata
liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante (ancora,
Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, sentenza n. 34 del 2014; in
senso analogo, Corte di cassazione, sezioni unite, sentenza 4
febbraio 2009, n. 2634, che ne ha sottolineato l'affinita' con la
caparra confirmatoria).
Innanzi a cosi' solide conclusioni, supportate da pronunce di
questa Corte con la quale il giudice rimettente non si e'
confrontato, non apporta alcun argomento in senso contrario il
riferimento (non essenziale, peraltro, nell'economia della
decisione), che si rinviene nella recente pronuncia dell'Adunanza
plenaria del Consiglio di Stato, 26 aprile 2022, n. 7, alla funzione
"punitiva" propria dell'incameramento della cauzione provvisoria.
Ne', infine, sono in grado di apportare validi argomenti critici
al riferito orientamento giurisprudenziale le generiche
considerazioni del rimettente, che qualifica l'istituto in esame come
«una sanzione amministrativa, seppur non in senso proprio», potendo
assolvere, oltre alla «funzione di indennizzare la stazione
appaltante dall'eventuale mancata sottoscrizione del contratto da
parte dell'aggiudicatario», «altresi' una funzione sanzionatoria
verso altri possibili inadempimenti contrattuali dei concorrenti».
8.3.- Questa Corte deve ora verificare l'eventuale natura di
sanzione "punitiva" dell'incameramento della cauzione provvisoria
disposto ai sensi dell'art. 48, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006.
Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Strasburgo,
«l'esistenza o meno di una "accusa in materia penale" deve essere
valutata sulla base di tre criteri, indicati comunemente con il nome
di "criteri Engel" (Engel e altri c. Paesi Bassi, 8 giugno 1976, §
82, serie A n. 22, A e B c. Norvegia [GC], nn. 24130/11 e 29758/11, §
107, 15 novembre 2016, e Ramos Nunes de Carvalho e Sa' c. Portogallo
[GC], nn. 55391/13 e altri 2, § 122, 6 novembre 2018). Il primo e' la
qualificazione giuridica del reato nel diritto interno, il secondo e'
la natura stessa del reato e il terzo e' il grado di severita' della
sanzione in cui incorre l'interessato. Il secondo e il terzo criterio
possono essere alternativi e non necessariamente cumulativi» (Corte
europea dei diritti dell'uomo, grande camera, 8 luglio 2019,
Mihalache contro Romania), anche se «cio' non impedisce di adottare
un approccio cumulativo se l'analisi separata di ciascun criterio non
permette di giungere a una conclusione chiara circa l'esistenza di
una accusa in materia penale» (Corte europea dei diritti dell'uomo,
sezione seconda, 4 marzo 2014, Grande Stevens contro Italia).
Nella specie, l'escussione della garanzia provvisoria - che deve
essere presentata a corredo dell'offerta, ai sensi del previgente
art. 75, comma 1, del d.lgs. n. 163 del 2006 e del vigente art. 93,
comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 - non e' formalmente qualificata
dall'ordinamento nazionale come sanzione penale.
Il suo eventuale carattere sanzionatorio "punitivo" va allora
apprezzato sulla base dei due criteri sostanziali di cui si e' detto:
da un lato, la natura della violazione, desunta dal suo ambito
applicativo, in quanto, per essere "penale", essa deve essere rivolta
alla «generalita' dei consociati» e non agli appartenenti ad un
ordinamento particolare, e, soprattutto, dallo scopo perseguito, che
deve essere «non meramente risarcitorio, ma repressivo e preventivo»;
dall'altro, la natura e la gravita' della sanzione cui l'interessato
si trova esposto, che deve presentare «una connotazione afflittiva,
potendo raggiungere un rilevante grado di severita'» (sentenza n. 43
del 2017).
8.3.1.- Con riferimento al primo di questi criteri, deve
sottolinearsi che l'escussione della garanzia provvisoria ha un
ambito applicativo limitato agli operatori economici che partecipano
alle procedure di gara per l'affidamento di contratti pubblici e non
e' rivolta alla generalita' dei consociati. Detta escussione mira,
infatti, a garantire l'ordinato svolgersi di una specifica procedura
amministrativa, al punto che il relativo importo non viene assicurato
al bilancio pubblico in generale, ma incamerato dalla stazione
appaltante.
Lo scopo da essa perseguito, inoltre, non e' repressivo e
punitivo, essendo volta, da un lato, a «garantire serieta' ed
affidabilita' dell'offerta», dall'altro, a consentire «l'anticipata
liquidazione dei danni subiti dalla stazione appaltante» in caso di
omessa dimostrazione dei requisiti speciali di partecipazione
dichiarati dal concorrente in sede di presentazione dell'offerta
(ordinanza n. 211 del 2011).
Questa stessa Corte, nell'ordinanza n. 211 del 2011 piu' volte
citata, nel delineare la differenza e l'incomparabilita' tra
l'escussione della cauzione provvisoria e le ulteriori sanzioni
applicate dall'AVCP (oggi, ANAC), nell'ipotesi di cui al menzionato
art. 48, comma 1, ha rilevato che i provvedimenti della menzionata
Autorita', «previsti dalla norma censurata, mirano a garantire che
nel settore operino soggetti rispettosi delle regole che lo
disciplinano e, quindi, sono diretti a sanzionare la condotta
dell'offerente per finalita' ulteriori e diverse rispetto a quelle
cui e' preordinato l'incameramento della cauzione provvisoria,
caratterizzato da una funzione differente da quella che connota detti
provvedimenti», una funzione appunto di tipo riparatorio.
Anche se talvolta, in letteratura e in giurisprudenza, viene
adottata la assai generica espressione "sanzione", trattasi comunque
di un rimedio non "punitivo". L'escussione della cauzione
provvisoria, anche se puo' avere un effetto indirettamente punitivo
del concorrente che ha partecipato alla procedura di gara,
dichiarando il possesso di requisiti che non ha poi confermato,
risponde infatti all'esigenza di garantire il rispetto delle regole
procedurali e, quindi, l'affidabilita' di tutti i concorrenti e
dell'offerta da essi presentata, nonche' la speditezza della
procedura medesima.
In questa stessa ottica, l'incameramento della garanzia
provvisoria "sanziona" «la violazione dell'obbligo di diligenza
gravante sull'offerente» (ordinanza n. 211 del 2011), nel senso che
costituisce il rimedio apprestato dall'ordinamento a tutela
dell'interesse della stazione appaltante alla serieta' e
affidabilita' dell'offerente stesso e al rispetto, da parte sua,
delle regole di gara.
L'attivita' contrattuale dell'amministrazione, «sebbene svolta
con i moduli autoritativi e impersonali dell'evidenza pubblica», e'
infatti inquadrabile «nello schema delle trattative prenegoziali», da
cui deriva «l'assoggettamento al generale dovere di comportarsi
secondo buona fede enunciato dall'art. 1337 cod. civ.» (Consiglio di
Stato, Adunanza plenaria, sentenza 29 novembre 2021, n. 21).
Quest'obbligo grava, ovviamente, su entrambe le parti "della
trattativa" e, quindi, non solamente sulla stazione appaltante, ma
anche sui partecipanti alla procedura di gara e la sua violazione da'
vita a responsabilita' precontrattuale, che e' posta appunto «a
presidio dell'interesse di ordine economico a che sia assicurata la
serieta' dei contraenti nelle attivita' preparatorie e prodromiche al
perfezionamento del vincolo contrattuale» (Consiglio di Stato,
Adunanza plenaria, sentenza n. 21 del 2021).
L'escussione della garanzia provvisoria risponde, quindi, alla
funzione tipica dei rimedi apprestati dall'ordinamento a fronte di
condotte contrarie a buona fede fondanti la responsabilita'
precontrattuale, che, anche quando "sanzionano" comportamenti
scorretti imputabili alla parte, non sono "punitivi" perche' sono
tesi a salvaguardare posizioni giuridiche soggettive contro la
violazione ingiustificata del dovere di correttezza.
Peraltro, il carattere sanzionatorio che assumono, in taluni
casi, i rimedi civilistici non implica che essi siano
conseguentemente qualificabili come sanzioni "punitive" agli effetti
della CEDU e della CDFUE, in ragione della ormai riconosciuta natura
polifunzionale della responsabilita' civile.
L'incameramento della cauzione provvisoria e', insomma, un
rimedio atto a sanzionare il mancato rispetto del dovere di buona
fede e correttezza nella fase precontrattuale da parte di coloro che,
partecipando alla procedura di gara, si impegnano a osservarne le
regole.
Come accade in altri istituti previsti dal nostro ordinamento,
inoltre, alla funzione di tutela dell'interesse dell'amministrazione
ad evitare l'inutile e non proficuo svolgimento di complesse
attivita' selettive, si aggiunge quella di liquidare, preventivamente
e forfettariamente, il danno da essa eventualmente subito.
Da qui la funzione complessa della garanzia provvisoria e della
sua escussione, volte a rafforzare complessivamente la posizione
giuridica dell'amministrazione a tutela dell'interesse pubblico alla
concorrenza, trasparenza e legalita' delle procedure di affidamento
dei contratti pubblici di cui essa e' portatrice.
«La stessa mancanza di discrezionalita' in capo all'autorita'
amministrativa» (sentenza n. 276 del 2016) chiamata ad escutere la
cauzione provvisoria, la quale consegue automaticamente
all'esclusione dalla procedura di gara per assenza o mancata
dimostrazione del requisito speciale dichiarato in sede di offerta,
costituisce un indice ulteriore del fatto che l'incameramento di
questa cauzione non abbia carattere "punitivo", ma sia essenzialmente
diretto a garantire il rispetto delle regole di gara, restaurando
l'interesse pubblico leso, che e' quello di evitare la partecipazione
alla gara stessa di concorrenti inidonei o di offerte prive dei
requisiti richiesti.
8.3.2.- Una volta escluso che la misura in oggetto persegua le
finalita' afflittive proprie della pena, poste nell'interesse
generale dell'ordinamento, anziche' in quello settoriale della
pubblica amministrazione coinvolta nella gara, va aggiunto che
neppure il suo grado di severita' conforta le premesse ermeneutiche
del rimettente.
Nella specie, si deve sottolineare - come dedotto dall'Avvocatura
generale dello Stato - che l'entita' della garanzia provvisoria, ai
sensi dell'art. 75 del previgente codice dei contratti pubblici, era
pari al «due per cento del prezzo base indicato nel bando o
nell'invito» e, quindi, ad una percentuale non particolarmente
elevata di esso.
Peraltro, il comma 7 del medesimo art. 75 prevedeva una serie di
ipotesi, cumulabili tra loro, in cui l'importo di questa garanzia era
ridotto da un minimo del quindici a un massimo del cinquanta per
cento, giustificate dal possesso, da parte degli operatori economici,
di determinate certificazioni.
Dall'importo della garanzia provvisoria, dalla previsione di
forme alternative di costituzione (la cauzione o la fideiussione) e
dal regime delle riduzioni previste dal legislatore, dunque, puo' ben
desumersi l'assenza di quel connotato di speciale gravita',
necessario affinche' la misura pregiudizievole possa essere
assimilata a una sanzione sostanzialmente penale.
9.- Sulla base delle considerazioni che precedono, non puo'
condividersi il presupposto interpretativo dal quale muove
l'ordinanza di rimessione, che si basa sulla natura di sanzione
"punitiva" dell'incameramento della garanzia provvisoria in caso di
esito negativo del controllo a campione ai sensi dell'art. 48 del
d.lgs. n. 163 del 2006.
L'erroneita' del presupposto interpretativo infirma le
conclusioni del giudice a quo circa la violazione di tutti i
parametri costituzionali evocati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
del combinato disposto degli artt. 93, comma 6, e 216, comma 1, del
decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50 (Codice dei contratti
pubblici), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma,
della Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 49, paragrafo
1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE),
proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12
dicembre 2007, e all'art. 7 della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a
Roma il 4 novembre 1950, ratificata e rese esecutiva con la legge 4
agosto 1955, n. 848, dal Consiglio di Stato, sezione quinta, con
l'ordinanza in epigrafe indicata.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Augusto Antonio BARBERA, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 26 luglio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
