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di Ruggero Tumbiolo. Su questo quotidiano si è già data notizia della sentenza, resa dalla Settima Sezione della Corte di Giustizia il 19 luglio 2012 nella causa C-565/10, con la quale la Repubblica Italiana è stata dichiarata inadempiente rispetto agli obblighi ad essa incombenti in forza degli articoli 3, 4, paragrafi 1 e 3, e 10 della direttiva n. 91/271/CEE, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, come modificata dal regolamento n. 1137/2008.
L’inadempimento consiste nell’aver omesso:
«– di prendere le disposizioni necessarie per garantire che gli agglomerati di … [segue nel testo l’elenco degli agglomerati n.d.a.] aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15000 e che scaricano in acque recipienti non considerate “aree sensibili” ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271/CEE, del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane, come modificata dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008, siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane, conformemente all’articolo 3 di tale direttiva,
– di prendere le disposizioni necessarie per garantire che, negli agglomerati di … [segue nel testo l’elenco degli agglomerati n.d.a.], aventi un numero di abitanti equivalenti superiore a 15000 e che scaricano in acque recipienti non considerate “aree sensibili” ai sensi dell’articolo 5 della direttiva 91/271, come modificata dal regolamento n. 1137/2008, le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte ad un trattamento conforme all’articolo 4, paragrafi 1 e 3, di tale direttiva, e
– di prendere le disposizioni necessarie affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli 4‑7 della direttiva 91/271, come modificata dal regolamento n. 1137/2008, siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali e affinché la progettazione degli impianti tenga conto delle variazioni stagionali di carico negli agglomerati di … [segue nel testo l’elenco degli agglomerati n.d.a.]».
Al riguardo, giova rammentare che la direttiva n. 91/271 impone agli Stati membri di provvedere affinché, da un parte, gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane e, dall’altra, le acque reflue urbane confluenti in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente.
La stessa direttiva prescrive, infine, che la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali, tenendo conto delle variazioni stagionali di carico.
Quanto alle conseguenze della decisione della Corte europea, occorre considerare che il procedimento volto ad accertare l’inadempimento di uno Stato membro avanti alla Corte di Giustizia è oggi disciplinato dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), agli articoli 258 (ex art. 226 Trattato CE), 259 (ex art. 227 Trattato CE) e 260 (ex art. 228 Trattato CE).
In virtù delle disposizioni sopra richiamate, la Commissione europea, quando reputi che uno Stato membro abbia violato uno degli obblighi allo stesso incombenti in virtù dei trattati, pronuncia un parere motivato al riguardo, dopo aver invitato lo Stato a presentare le sue osservazioni.
Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di Giustizia.
Il ricorso per inadempimento può essere proposto anche da uno degli Stati membri, il quale deve però preventivamente rivolgersi alla Commissione, al fine di acquisire il suo parere motivato, da rilasciarsi previa acquisizione in contraddittorio delle osservazioni degli Stati interessati.
La Corte di Giustizia può, quindi, accertare (come è accaduto con la sentenza in esame) il mancato rispetto da parte dello Stato membro convenuto in giudizio di uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù dei trattati.
Lo Stato interessato è tenuto ad assumere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza di accertamento comporta e, quindi, a rimuovere la situazione di inadempimento.
Ove non vengano prese da parte dello Stato inadempiente le necessarie misure per conformarsi alla sentenza, la Commissione, dopo aver posto tale Stato in condizione di presentare osservazioni, può adire nuovamente la Corte di Giustizia.
In questo nuovo giudizio la Corte, qualora riconosca la mancata ottemperanza alla sentenza da essa pronunciata, può comminare allo Stato convenuto il pagamento di una “somma forfettaria” o di una “penalità”, ossia di una sanzione pecuniaria proporzionale al ritardo nell’adempimento.
L’applicazione dell’una o dell’altra di queste due sanzioni dipende dall’idoneità di ciascuna a conseguire l’obiettivo perseguito in relazione alle circostanze del caso di specie.
Al riguardo, la Corte di Giustizia (sentenza 12 luglio 2005, causa C-304/02) ha osservato che anche se l’imposizione di una “penalità” sembra particolarmente adeguata a spingere uno Stato membro a porre fine, quanto prima, ad un inadempimento che, in mancanza di una misura del genere, avrebbe tendenza a persistere, l’imposizione di una “somma forfettaria” si basa maggiormente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, specie ove l’inadempimento sia proseguito per un lungo periodo dopo la sentenza di accertamento; di conseguenza, non è escluso il ricorso ad entrambe le sanzioni, in particolare qualora l’inadempimento sia durato a lungo e tenda a protrarsi.
Una procedura particolare è, poi, prevista per il caso in cui la Commissione ritenga che uno Stato membro non abbia adempiuto all’obbligo di comunicare le misure di attuazione di una direttiva adottata secondo una procedura legislativa; in questo caso, con la sentenza di accertamento dell’inadempimento può essere contestualmente comminata dalla Corte di Giustizia allo Stato membro convenuto in giudizio il pagamento delle sanzioni entro i limiti dell’importo indicato nel ricorso dalla Commissione.
Per i criteri seguiti dalla Commissione per la determinazione degli importi delle sanzioni da proporre alla Corte di Giustizia si rimanda alla lettura delle comunicazioni della stessa Commissione SEC (2012) 6106, SEC (2010) 1371, SEC (2010) 923/3 e SEC (2005) 1658.

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