CORTE COSTITUZIONALE 8 giugno – 8 luglio 2022 SENTENZA N. 171
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Sanita' pubblica - Farmacie - Effettuazione dei test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e dei tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2 - Possibilita' che i test siano effettuati anche presso le parafarmacie - Omessa previsione - Denunciata violazione della liberta' di iniziativa economica e del principio di ragionevolezza - Non fondatezza delle questioni. - Legge 30 dicembre 2020, n. 178, art. 1, commi 418 e 419. - Costituzione, artt. 3 e 41.
(GU n.28 del 13-7-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giuliano AMATO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo
BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi
418 e 419, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di
previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio
pluriennale per il triennio 2021-2023), promosso dal Tribunale
amministrativo regionale per le Marche nel procedimento vertente tra
il Movimento nazionale liberi farmacisti e altri e la Regione Marche
e altri, con ordinanza dell'11 gennaio 2022, iscritta al n. 4 del
registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 2022.
Visti gli atti di costituzione del Movimento nazionale liberi
farmacisti e altri, dell'Unione regionale dei titolari di farmacia
delle Marche - Federfarma Marche, della Federazione nazionale
unitaria dei titolari di farmacia italiani - Federfarma, nonche' gli
atti di intervento di Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia e altri e
del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 7 giugno 2022 il Giudice relatore
Filippo Patroni Griffi;
uditi gli avvocati Daniele Granara per Movimento nazionale liberi
farmacisti e altri, Andrea Galvani per Unione regionale dei titolari
di farmacia delle Marche - Federfarma Marche, Piermassimo Chirulli e
Massimo Luciani per Federazione nazionale unitaria dei titolari di
farmacia italiani - Federfarma e l'avvocato dello Stato Gianna
Galluzzo per il Presidente del Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio dell'8 giugno 2022.
Ritenuto in fatto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con
l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 418 e 419, della legge
30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per
l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio
2021-2023), per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione. Le
disposizioni censurate - nella parte in cui consentono alle sole
farmacie, e non anche alle cosiddette parafarmacie, l'effettuazione
dei «test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e dei
tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2»
- determinerebbero un'irragionevole disparita' di trattamento tra
farmacie e parafarmacie, limitando inoltre, senza un giustificato
motivo, la liberta' di iniziativa economica delle seconde, che non
potrebbero svolgere un'attivita' che invece le prime, operanti nello
stesso mercato di riferimento, sono abilitate a svolgere.
1.1.- Il giudice a quo riferisce di essere chiamato a decidere,
su ricorso di alcuni titolari di parafarmacie ubicate nella Regione
Marche e da tre associazioni di categoria, sull'impugnazione della
deliberazione della Giunta regionale delle Marche 24 maggio 2021, n.
663, nonche' di altri atti presupposti, connessi e conseguenti
specificamente indicati. Con detta deliberazione, la Giunta ne ha
annullato in autotutela una precedente, la n. 465 del 19 aprile 2021,
che era volta a recepire l'accordo con le parafarmacie per
l'effettuazione di «test rapidi basati sulla ricerca dell'antigene e
i test diagnostici rapidi per la ricerca di anticorpi anti
SARS-CoV-2». I ricorrenti hanno richiesto, altresi', la condanna
della Regione Marche al risarcimento del danno patito in ragione del
provvedimento impugnato.
1.2.- Il TAR Marche da' conto, innanzitutto, delle doglianze dei
ricorrenti nel giudizio a quo.
Nel loro ricorso, questi premettono che le parafarmacie,
istituite dal decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la
razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia
di entrate e di contrasto all'evasione fiscale), convertito nella
legge 4 agosto 2006, n. 248, «sono nate per incrementare l'offerta
del servizio farmaceutico in favore dell'utenza e per aumentare il
tasso di concorrenza all'interno del mercato di riferimento». In
ciascuna di esse devono essere presenti uno o piu' farmacisti
abilitati (art. 5, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, come
convertito).
A causa della pandemia da COVID-19 e in ragione della «impellente
necessita' di svolgere screening di massa» la Regione Marche, con
deliberazione della Giunta n. 1547 del 2020, aveva approvato
l'accordo con le organizzazioni rappresentative delle farmacie
convenzionate «finalizzato all'effettuazione dei test diagnostici
sierologici rapidi per la ricerca degli anticorpi per il virus
SARS-CoV-2»; con deliberazione della Giunta n. 145 del 2021, aveva
sottoscritto l'accordo per l'effettuazione di tamponi rapidi
antigenici in farmacia; con deliberazione della Giunta n. 146 del
2021, aveva ampliato il novero delle strutture che possono effettuare
il test antigenico rapido (laboratori, strutture e professionisti
privati accreditati dalla Regione), secondo quanto previsto dalla
circolare del Ministero della salute n. 705 del 2021 (Aggiornamento
della definizione di caso COVID-19 e strategie di testing).
Successivamente, in ragione dell'andamento della pandemia, la
Regione ha voluto implementare i servizi di screening e, con la
indicata deliberazione n. 465 del 2021, poi annullata in autotutela,
ha approvato l'accordo con le associazioni piu' rappresentative delle
parafarmacie delle Marche per l'effettuazione dei test in questione:
cio', al dichiarato fine di facilitare l'accesso dei cittadini alle
prestazioni sanitarie, aumentare l'efficienza e la capillarita' delle
attivita' di prevenzione, mettere in atto un controllo piu' accurato
dell'evoluzione della pandemia. In tale accordo erano stabilite le
modalita' di adesione e gli obblighi delle parafarmacie quali, in
particolare, la necessita' che i test si svolgessero con il presidio
di un farmacista e che l'esito dei tamponi fosse comunicato
all'amministrazione regionale ai fini dell'inserimento in apposita
banca dati.
La richiamata deliberazione della Giunta regionale, pertanto, in
linea con la normativa statale volta a contenere e gestire
l'emergenza sanitaria, aveva ritenuto le parafarmacie strutture in
grado di aumentare l'efficienza delle attivita' di prevenzione e
contrasto alla diffusione del virus. Una volta stipulato l'accordo,
argomenta il giudice ricorrente, le parafarmacie si sono adeguate ai
protocolli stabiliti e hanno investito notevoli risorse per poter
eseguire i test in discorso.
1.2.1.- In data 26 aprile 2021, tuttavia, Federfarma Marche
chiedeva alla Giunta regionale, con formale diffida, l'annullamento
della citata deliberazione, che veniva reputata illegittima per
diversi profili, innanzitutto perche' in violazione del disposto
dell'art. 1, comma 418, della legge n. 178 del 2020, alla luce del
quale il legislatore avrebbe «inteso riservare alle sole farmacie la
possibilita' di effettuare test mirati al monitoraggio del virus
SARS-CoV-2». L'effettuazione di tali test presso le parafarmacie,
inoltre, sarebbe in contrasto con quanto affermato da questa Corte
nella sentenza n. 66 del 2017 - secondo la quale la legislazione
statale consentirebbe alle parafarmacie la sola vendita di talune
ristrette categorie di medicinali - oltre che con i principi posti
dal legislatore statale sulla organizzazione del servizio
farmaceutico, i quali avrebbero natura di principi fondamentali nella
materia «tutela della salute», ai sensi dell'art. 117, terzo comma,
Cost.
In sede di parere, richiesto dall'Azienda regionale sanitaria
Marche, l'Avvocatura regionale ha ritenuto corretta la prospettazione
di Federfarma.
L'annullamento in autotutela, pertanto, sarebbe stato adottato in
quanto, erroneamente, si e' dato «esclusivo rilievo» al luogo in cui
e' eseguito il test, «anziche', come si sarebbe dovuto, alla figura
professionale del soggetto che, tanto nelle farmacie che nelle
parafarmacie, e' obbligato ad assistere gli utenti nell'esecuzione
del (o anche a effettuare in prima persona il) test».
Di qui la censura, da parte dei ricorrenti, dell'operato della
Regione per diversi motivi.
1.3.- Il TAR Marche riferisce di aver respinto la domanda
cautelare; tale pronuncia e' stata riformata dal Consiglio di Stato,
sezione terza, con l'ordinanza 21 settembre 2021, n. 5163, nei soli
limiti della sollecita fissazione dell'udienza di trattazione nel
merito, poi fissata per il 15 dicembre 2021.
Cio' premesso, il giudice rimettente reputa che «la definizione
del presente giudizio non possa prescindere dalla previa risoluzione»
delle sollevate questioni di legittimita' costituzionale e di non
poter accogliere le istanze dei ricorrenti volte a investire la Corte
di giustizia dell'Unione europea.
1.3.1.- Il giudice dell'Unione europea, infatti, nella sentenza 5
dicembre 2013, in cause da C-159/12 a C-161/12, quarta sezione,
Venturini e altri, si e' pronunciato su questioni che vedevano
contrapporsi farmacie e parafarmacie, affermando la compatibilita'
con i Trattati delle «limitazioni che la legge nazionale italiana
poneva alle prestazioni e alle attivita' che le parafarmacie possono
erogare» (si trattava, nella specie, del divieto di vendita, posto in
capo alle parafarmacie, di una intera classe di farmaci, quelli
soggetti a prescrizione medica che non sono a carico del Servizio
sanitario nazionale). In particolare, si affermo' allora che spetta a
ciascuno Stato membro stabilire a quale livello intenda garantire la
sanita' pubblica e il modo in cui raggiungere detto livello, ferma
restando la necessita' che il sistema attuato sia idoneo a garantire
la realizzazione dell'obiettivo e non vada oltre quanto necessario
per raggiungerlo.
Il rimettente, che riporta ampi stralci della decisione, afferma
che i «ricorrenti, non si comprende sulla base di quali dati di
conoscenza, sostengono che la pronuncia della CGUE andrebbe in
realta' letta come un'ultima chance che il giudice comunitario ha
voluto concedere al legislatore italiano per allineare la normativa
di settore ai principi di concorrenza, liberta' di stabilimento e
parita' di accesso al mercato, salvando in limine una normativa che,
nel suo complesso, e' invece confliggente con i citati principi
comunitari».
Il TAR Marche non condivide tale assunto dei ricorrenti,
deducendo, al contrario, che le conclusioni della Corte di giustizia
dell'Unione europea, che ha ritenuto non contrastante con i Trattati
una «limitazione permanente e rilevante» all'attivita' delle
parafarmacie, «sono vieppiu' attagliate alla odierna controversia»,
ove viene invece in rilievo una limitazione «transeunte e riguardante
peraltro solo una specifica prestazione, il tutto nel pieno di una
emergenza sanitaria di livello pandemico». Aggiunge, poi, che, in
ragione della sopravvenuta normativa di cui all'art. 5 del
decreto-legge 23 luglio 2021, n. 105 (Misure urgenti per fronteggiare
l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza
di attivita' sociali ed economiche), convertito nella legge 16
settembre 2021, n. 126, l'accordo con le farmacie approvato con la
citata deliberazione n. 145 del 2021 e' stato sospeso, il che «rende
ancora meno rilevante [...] qualsiasi profilo comunitario».
1.3.2.- Nel passare a motivare sulle ragioni che lo inducono a
sollevare le questioni di legittimita' costituzionale, il giudice
rimettente, anzitutto, esclude che le disposizioni censurate possano
essere «suscettibili di interpretazione analogica o estensiva». Il
legislatore italiano, infatti, avrebbe ben presente la distinzione
tra farmacie e parafarmacie, sicche' «sia in base al canone di
interpretazione letterale, sia alla luce delle fondate argomentazioni
delle parti resistenti» deve escludersi che la disposizione contenga
un refuso. Conseguentemente, il TAR rimettente reputa infondati tutti
i «motivi di ricorso tesi ad evidenziare la violazione dei diritti
partecipativi dei soggetti privati destinatari degli effetti lesivi
del provvedimento di autotutela e l'assenza dei presupposti per il
legittimo esercizio del ius poenitendi previsti dall'art. 21-nonies»
della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di
procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti
amministrativi). Resta invece da verificare, afferma il giudice a
quo, se poteva considerarsi illegittima la deliberazione della Giunta
regionale che recava l'accordo con le parafarmacie, annullata in
autotutela dalla Regione perche' ritenuta in violazione delle
disposizioni censurate: il che, dunque, porta il giudice marchigiano
a dubitare della legittimita' costituzionale di queste ultime.
1.3.3.- In punto di rilevanza, il giudice a quo osserva che, al
di la' del fatto che l'accordo con le parafarmacie ha avuto comunque
vigenza per circa un mese, i ricorrenti hanno proposto anche la
domanda risarcitoria per i danni che assumono di aver subito con
l'adozione del provvedimento di autotutela, di modo che l'eventuale
illegittimita' costituzionale delle disposizioni censurate avrebbe
«evidenti riflessi» sulla delibazione di detta domanda. Ove, infatti,
le questioni di legittimita' costituzionale fossero reputate non
fondate, nel giudizio principale andrebbe verificato «se, al di la'
della conformita' del provvedimento di autotutela alla normativa
statale, il modus operandi dell'amministrazione sia comunque
rilevante ai sensi degli artt. 1337 e 1338 c.c.»; in caso di suo
accoglimento, invece, dovrebbe essere chiamato in giudizio anche il
Presidente del Consiglio dei ministri, in rappresentanza dello Stato,
perche' - ferma restando l'eventuale autonoma responsabilita' della
Regione - e' al legislatore statale che si deve l'adozione delle
disposizioni costituzionalmente illegittime.
1.3.4.- In punto di non manifesta infondatezza, il TAR Marche
muove dall'osservazione per cui «un farmacista abilitato e' idoneo ad
eseguire tutte le prestazioni connesse all'arte farmaceutica a
prescindere dal luogo in cui egli si trovi ad operare», senza che su
cio' rilevi, nell'attuale ordinamento di settore e tanto piu' durante
l'emergenza pandemica, il diverso ruolo delle farmacie e delle
parafarmacie.
Non varrebbe opporre che «la struttura piu' "istituzionale"»
delle farmacie offra maggiori garanzie circa l'erogazione di
prestazioni sanitarie, come questa Corte avrebbe affermato nella
sentenza n. 66 del 2017. Questo argomento, infatti, presuppone
l'esistenza di «una differenza oggettiva fra la prestazione erogata
nella farmacia e quella erogata nella parafarmacia», altrimenti si e'
dinanzi a una ingiustificata compressione della liberta' di
iniziativa economica: nel caso di specie, non sussisterebbe alcuna
differenza, stante il fatto che in entrambi i casi - come
dimostrerebbero gli accordi stipulati dalla Regione Marche con
farmacie e parafarmacie - il tampone sarebbe stato eseguito in
modalita' di autosomministrazione da parte dell'assistito sotto la
sorveglianza del farmacista, il quale avrebbe dovuto verificare la
corretta esecuzione dei passaggi affinche' il test fornisse un
risultato attendibile.
Ne consegue, a parere del TAR rimettente, la violazione degli
artt. 3 e 41 Cost. perche', senza un giustificato motivo, viene
«limitata la liberta' di iniziativa economica di determinati soggetti
giuridici rispetto alla medesima attivita' che altri soggetti
giuridici operanti nello stesso mercato di riferimento sono invece
abilitati a svolgere (attivita', peraltro, che richiede una identica
qualificazione professionale)».
La scelta del legislatore non potrebbe trovare giustificazione
nella supposta circostanza che le farmacie garantirebbero una
maggiore riservatezza, in quanto molte di esse, «soprattutto rurali o
"storiche"», non dispongono di spazi adeguati e sono pertanto
autorizzate ad avvalersi anche di spazi esterni o strutture
appositamente allestite, sicche' non c'e' alcuna sostanziale
differenza con le parafarmacie, le quali sarebbero chiaramente tenute
ad attrezzarsi similmente ove necessario.
Di nessun rilievo, infine, sarebbero i profili concernenti il
collegamento con la banca dati regionale e il trattamento di dati
sensibili: per quel che riguarda il primo, infatti, e' sufficiente
«la disponibilita' di un personal computer e di una connessione
internet»; per quel che riguarda il secondo, se e' vero che le
farmacie, in quanto parte del servizio sanitario nazionale (SSN),
sono gia' autorizzate a trattare i dati sensibili, va anche
considerato, da un lato, che l'accordo con le parafarmacie prevedeva
analoga autorizzazione e, per un altro, che «il farmacista e' gia' di
per se' soggetto alle regole deontologiche professionali».
Il TAR Marche, infine, rileva che la limitazione disposta dalle
norme censurate e', altresi', «in conflitto logico con la ratio
sottesa alla normativa emergenziale, ossia quella di incrementare il
numero di tamponi», senza che in proposito possano essere valorizzati
i profili di cui alla citata sentenza della CGUE Venturini e altri,
«perche' la decisione dei cittadini di eseguire i tamponi in
questione non discende necessariamente dall'insorgenza di sintomi
della malattia, ma anche dal principio di precauzione». La
possibilita' di effettuare tamponi anche in parafarmacia, pertanto,
«avrebbe aumentato lo screening di massa, senza peraltro incidere sul
tradizionale bacino di utenza delle farmacie».
1.4.- Da ultimo, il giudice a quo osserva che il ruolo eminente
delle farmacie nella gestione della crisi sanitaria, riconfermato
dalla legislazione successiva alle disposizioni censurate, non ha
rilievo sulla controversia del giudizio principale, anche perche'
«non significa che tale scelta sia insuscettibile di essere
contestata da chi vi abbia interesse».
2.- Con atto del 28 febbraio 2022, si e' costituita in giudizio
l'Unione regionale dei titolari di farmacia delle Marche - Federfarma
Marche, parte nel giudizio a quo, chiedendo che sia dichiarata
l'inammissibilita' o, comunque, la non fondatezza delle sollevate
questioni di legittimita' costituzionale.
2.1.- Premessa la ricostruzione dei fatti di causa, la parte
ritiene che le disposizioni censurate siano conformi a Costituzione
«in ragione delle significative differenze esistenti tra farmacie e
parafarmacie e della preminente finalita' perseguita dal legislatore
di tutela della salute».
Secondo la legislazione italiana, infatti, soltanto le farmacie
«sono parte integrante ed essenziale del servizio sanitario, si
configurano come presidi sanitari di rilievo e prestano un servizio
pubblico, con conseguente assoggettamento ad un insieme articolato e
rigoroso di obblighi inerenti all'esercizio di tale attivita' e
relativi stringenti controlli», mentre le parafarmacie, non soggette
a tali obblighi e controlli, sono «meri esercizi commerciali di
prossimita'».
Tale differenziazione avrebbe gia' superato il vaglio tanto della
Corte di Lussemburgo, quanto quello di questa Corte. Il giudice di
Lussemburgo, nella gia' richiamata sentenza Venturini e altri,
avrebbe riconosciuto che le farmacie offrono sotto piu' aspetti
«maggiore garanzia tecnica», cosi' come questa Corte, nella sentenza
n. 216 del 2014, avrebbe del pari affermato che le farmacie
assicurano un «insieme di garanzie maggiori». Conclusioni, queste,
che avrebbero poi trovato conferma, tanto nella sentenza della Corte
di giustizia dell'Unione europea del 2 luglio 2015, quarta sezione,
in causa C-497-12, Gullotta, quanto nella sentenza n. 66 del 2017 di
questa Corte.
Per tali ragioni, non vi sarebbe alcuna violazione dell'art. 3
Cost., perche' non e' indifferente che una prestazione sia erogata in
farmacia o in parafarmacia, poiche' soltanto dalla prima e'
assicurata «la continuita' e la qualita' del servizio offerto, oltre
che condizioni idonee a garantire un'efficace tutela della salute dei
propri clienti».
2.1.1.- Ancora evocando la sentenza Venturini e altri, la difesa
della parte reputa non fondato anche il dubbio di legittimita'
costituzionale in relazione all'art. 41 Cost. Secondo tale pronuncia,
infatti, la finalita' della tutela della salute consentirebbe agli
Stati membri di regolare e limitare la concorrenza «per garantire il
soddisfacimento di siffatte primarie esigenze sanitarie». Cio',
peraltro, sarebbe anche rispettoso del principio di precauzione, che
giustifica limitazioni della liberta' di iniziativa economica, di
stabilimento e di concorrenza quando rivolte a tutelare la salute
(sono richiamate le sentenze della Corte di giustizia dell'Unione
europea, 1° marzo 2018, in causa C-297/2016, Colegiul Medicilor
Veterinari din România - CMVRO e 1° ottobre 2020, in causa
C-649/2018, A e altri).
Del resto, anche la giurisprudenza di questa Corte (oltre alla
sentenza n. 216 del 2014, e' richiamata la n. 430 del 2007) avrebbe
ritenuto «prevalente l'esigenza di tutelare il fondamentale diritto
alla salute, lasciando completamente in ombra il profilo
imprenditoriale».
3.- Con atto del 1° marzo 2022, si e' costituita in giudizio
Federfarma - Federazione nazionale unitaria dei titolari di farmacia
italiani, parte nel giudizio a quo, chiedendo che sia dichiarata
l'inammissibilita' o, in subordine, la non fondatezza delle questioni
di legittimita' costituzionale.
3.1.- Ampiamente ripercorsa l'ordinanza di rimessione, la difesa
della parte costituita eccepisce, innanzitutto, l'inammissibilita'
delle questioni per una pluralita' di motivi.
3.2.- Nel merito, esse sarebbero, ad ogni modo, non fondate.
3.2.1.- E' attraverso le farmacie pubbliche e private
convenzionate, infatti, che il servizio sanitario nazionale, secondo
quanto previsto dagli artt. 25 e 28 della legge 23 dicembre 1978, n.
833 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), erogherebbe
prevalentemente l'assistenza farmaceutica, che e' volta ad assicurare
in concreto la tutela del diritto costituzionale alla salute e che,
non a caso, e' inserita tra i livelli essenziali di assistenza (LEA)
disciplinati dal d.P.C.m. 12 gennaio 2017 (Definizione e
aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
502).
D'altra parte, la stessa giurisprudenza costituzionale avrebbe
piu' volte affermato che la «rete capillare delle farmacie» (sentenza
n. 27 del 2003) svolge un «servizio di pubblico interesse» (sentenza
n. 312 del 1983), preordinato a garantire la tutela del fondamentale
diritto alla salute. Posizione, questa - aggiunge la parte - che e'
condivisa tanto dal Consiglio di Stato (sono richiamate l'ordinanza
dell'adunanza plenaria, 30 marzo 2000, n. 1, e il parere della
Commissione Speciale 3 gennaio 2018, n. 69), quanto dalla CGUE (oltre
alla sentenza Venturini e altri, e' richiamata la sentenza 1° giugno
2010, in cause C-570/07 e C-571/07, Blanco Perez e Chao Gomez).
Sarebbe evidente, pertanto, che «la farmacia rappresenta il presidio
di prossimita' del Servizio Sanitario Nazionale».
Al fine di valorizzare il ruolo delle farmacie all'interno del
SSN, il decreto legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di
nuovi servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio
sanitario nazionale, nonche' disposizioni in materia di indennita' di
residenza per i titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11
della legge 18 giugno 2009, n. 69), avrebbe definito nuovi compiti e
funzioni assistenziali delle farmacie, tra i quali l'erogazione di
servizi di primo e di secondo livello (art. 1, comma 2, lettere c),
d) ed e). L'attivita' delle farmacie, dunque, «non e' piu' ristretta
alla distribuzione di farmaci o di prodotti sanitari, ma si estende
alla prestazione di servizi» (e' citata, ancora, la sentenza n. 66
del 2017).
Ebbene, l'esclusione delle parafarmacie dall'erogazione di
servizi, nell'ambito dei quali rientrerebbe la disciplina censurata,
sarebbe «pienamente legittima e ragionevole», perche' la cosiddetta
farmacia dei servizi si fonda sui «pilastri» della «capillarita'
delle farmacie» e sulla «qualita' e peculiare affidabilita' del
servizio ch'esse offrono». Quanto al primo di tali pilastri, esso si
baserebbe sulla pianta organica, che fa si' che l'assistenza
farmaceutica, comprensiva dei servizi, sia garantita «in ogni
contesto geografico»: pianta organica che le parafarmacie «hanno piu'
volte tentato di cancellare con plurime iniziative giudiziarie».
Quanto al secondo - prosegue la parte - farmacie e parafarmacie «non
possono essere neanche lontanamente equiparate» in relazione a
qualita' e peculiare affidabilita' del servizio erogato. Cio' non
solo perche' soltanto le farmacie sono riconducibili al SSN e sono
luogo predisposto a garantire la tutela della salute (come
chiaramente riconosciuto tanto dalla giurisprudenza costituzionale
che del Consiglio di Stato, nelle pronunce gia' richiamate), ma anche
perche' ci sono significative differenze organizzative, puntualmente
richiamate in atti, che inciderebbero su qualita' e affidabilita' del
servizio.
3.2.2.- Le differenze intercorrenti tra farmacie e parafarmacie,
pertanto, sarebbero cosi' evidenti che sarebbe dimostrata la non
fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale in
riferimento all'art. 3 Cost., perche' «non ha alcun fondamento
logico, ancora prima che giuridico, pretendere di paragonarle e porle
sullo stesso piano». Del resto, questa Corte gia' nella sentenza n.
216 del 2014 avrebbe affermato, con ragionamento estensibile al caso
di specie, che consentire alle parafarmacie di svolgere attivita'
riservate alle farmacie finirebbe con l'affidare dette attivita' ad
esercizi commerciali «che lo stesso legislatore ha voluto
assoggettare ad una quantita' meno intensa di vincoli e adempimenti».
3.2.3.- Per escludere la violazione dell'art. 41 Cost. sarebbe
sufficiente richiamare la sentenza n. 85 del 2020 di questa Corte, la
quale avrebbe ribadito che non v'e' lesione della liberta'
d'iniziativa economica privata quando i limiti al suo esercizio
corrispondano all'utilita' sociale, che deve essere individuata in
modo non arbitrario e perseguita con misure non palesemente
incongrue: la tutela della salute rientra pacificamente nell'ambito
dell'utilita' sociale (e' richiamata, ex multis, anche la sentenza n.
137 del 1971), come da ultimo avrebbe confermato la modifica
dell'art. 41 Cost. operata con la legge di revisione costituzionale
11 febbraio 2022, n. 1 (Modifiche agli articoli 9 e 41 della
Costituzione in materia di tutela dell'ambiente).
4.- Con atto del 1° marzo 2022 e' intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che le
questioni di legittimita' costituzionale siano dichiarate
manifestamente infondate.
4.1.- L'interveniente, ricostruiti brevemente i termini del
giudizio principale e della ordinanza di rimessione, reputa
necessario dar conto del contenuto delle deliberazioni regionali
adottate per far fronte alla necessita' di eseguire test diagnostici
per il COVID-19.
Lo schema di accordo con le parafarmacie che ha originato la
controversia nel giudizio principale prevedeva che tali test fossero
eseguiti in modalita' di autosomministrazione da parte
dell'assistito, sotto sorveglianza del farmacista: si tratta di
modalita' che, diversamente da quanto affermato nell'ordinanza di
rimessione, e' differente da quella deliberata per l'esecuzione dei
test presso le farmacie in attuazione delle disposizioni censurate.
In merito a quest'ultima, infatti, la Regione ha adottato tre
deliberazioni, ciascuna delle quali sostitutiva della precedente.
L'accordo approvato con la deliberazione n. 1547 del 1° dicembre
2020, che effettivamente prevedeva modalita' identiche a quelle
successivamente previste nell'accordo con le parafarmacie, «e' stato
sancito prima ed a prescindere dall'emanazione dei commi 418 e 419
della Legge di bilancio 2021». Con tale accordo, pertanto, la Regione
intendeva porre in essere «una strategia di screening» basata sul
sistema della farmacia dei servizi, ma priva di relazione alcuna con
la disciplina statale censurata nell'odierno giudizio.
Successivamente, il legislatore statale ha adottato, oltre alle
disposizioni censurate, quella di cui all'art. 1, comma 420, della
medesima legge di bilancio, il quale ha individuato tra i nuovi
servizi erogati dalle farmacie nell'ambito del SSN l'effettuazione da
parte di un farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo
di sangue capillare.
La Regione provvedeva, pertanto, a sostituire l'ora citata
deliberazione con la n. 145 del febbraio 2021 che, approvando
l'accordo con le farmacie, espressamente richiamava la normativa
statale di cui alla legge di bilancio per il 2021.
Il legislatore statale e', poi, ulteriormente intervenuto in
materia con il d.l. n. 105 del 2021, come convertito, il cui art. 5
ha dettato una disciplina attuativa delle disposizioni censurate che,
in particolare, prevede che il Commissario straordinario per
l'attuazione e il coordinamento delle misure di contenimento e
contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 definisce,
d'intesa con il Ministro della salute, un protocollo d'intesa con le
farmacie e le altre strutture sanitarie al fine di assicurare la
somministrazione di test antigenici rapidi a prezzi contenuti. Tale
protocollo, stipulato in data 5 agosto 2021, ha previsto che la
somministrazione dei test deve essere effettuata «direttamente da
parte dei farmacisti ovvero da parte di personale sanitario abilitato
(infermiere biologo) all'uopo individuato dal titolare o dal
direttore tecnico della farmacia». Conseguentemente, la Regione
Marche ha sospeso, con la deliberazione n. 1030 dell'11 agosto 2021,
la precedente deliberazione n. 145.
4.2.- La descritta evoluzione della normativa dimostrerebbe,
secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, come si sia passati
«dall'espletamento dei test in modalita' di auto-somministrazione da
parte dell'assistito sotto la sorveglianza del farmacista, ad una
somministrazione diretta dei test da parte dei farmacisti ovvero di
infermieri o biologi, in tal caso a mezzo di dispositivi
medico-diagnostici in vitro ad uso professionale».
Particolare rilievo, in proposito, avrebbe il gia' citato comma
420, volto a consentire, per l'espletamento dei test sierologici, il
prelievo del sangue capillare. Sarebbe evidente, pertanto, che la
richiamata disciplina dettata dal legislatore statale ricade
nell'ambito del sistema delineato dal d.lgs. n. 153 del 2009, «il cui
perimetro di applicazione investe esclusivamente le farmacie
convenzionate» e non anche gli esercizi commerciali di cui all'art. 5
del d.l. n. 223 del 2006, come convertito; conseguentemente, le
prestazioni individuate dall'accordo che ha originato il giudizio a
quo «non coincidono con quelle garantite dal SSN».
4.2.1.- Ulteriore differenza tra la deliberazione concernente
l'accordo con le parafarmacie e le norme censurate risiederebbe nella
remunerazione del servizio. Per i test eseguiti presso le
parafarmacie, il relativo costo sarebbe rimasto a carico
dell'assistito, pur entro cifre massime espressamente indicate
nell'accordo. Per le farmacie, invece, la remunerazione e'
disciplinata dalle convenzioni di cui all'art. 8, commi 1 e 2, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della
disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della legge
23 ottobre 1992, n. 421), conformi agli accordi collettivi nazionali
stipulati ai sensi dell'art. 4, comma 9, della legge 30 dicembre
1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), e ai
correlati accordi regionali, «che tengano conto anche delle
specificita' e dell'importanza del ruolo svolto in tale ambito dalle
farmacie rurali»: il che confermerebbe che le norme censurate
ricadono «nella disciplina dei rapporti per l'erogazione delle
prestazioni assistenziali».
4.2.2.- Il Presidente del Consiglio dei ministri rileva,
pertanto, che i commi 418, 419 e 420 dell'art. 1 della legge di
bilancio per il 2021 devono «essere letti nel contesto del modello
dei nuovi servizi erogati dalle farmacie quali presidi del Servizio
sanitario nazionale», secondo quanto previsto dal d.lgs. n. 153 del
2009 e da connessi decreti ministeriali. Assume rilievo, in
particolare, il decreto del Ministro della salute 16 dicembre 2010
(Erogazione da parte delle farmacie di specifiche prestazioni
professionali), il quale definisce le condizioni e i limiti delle
analisi di autocontrollo effettuabili in farmacia, in favore del
cittadino: accertamenti, questi, che «possono essere un utile
supporto all'attivita' dei medici di medicina generale nelle
situazioni in cui l'esecuzione degli stessi accertamenti negli studi
dei medici di assistenza primaria e di pediatria di libera scelta non
risulti possibile dal punto di vista organizzativo».
Orbene, se e' solo alle farmacie, la cui apertura e' soggetta ad
autorizzazione, che sono affidati tali servizi e' perche' e' la loro
presenza sul territorio nazionale a garantire «un'adeguata copertura
dell'assistenza farmaceutica» e a evitare che «una quantita'
eccessiva di servizi vada a discapito della qualita' del servizio».
Le parafarmacie, che sono invece equiparate ad altre attivita'
commerciali e che pertanto possono essere aperte solo con una
segnalazione certificata d'inizio attivita' (SCIA), devono dotarsi di
un farmacista e possono vendere soltanto medicinali per i quali non
e' necessaria la ricetta medica, sicche' non attengono ai livelli
essenziali di assistenza farmaceutica.
La distinzione tra farmacie e parafarmacie, dunque, troverebbe la
sua ragion d'essere «nell'esigenza di garantire un miglioramento
costante della sicurezza e qualita' delle cure, piuttosto che alle
mere condizioni di concorrenzialita' del mercato». Peculiarita',
questa, che del resto non ha trovato obiezione da parte della
giurisprudenza citata pure nell'ordinanza di rimessione.
4.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri conclude,
pertanto, per la manifesta infondatezza delle questioni di
legittimita' costituzionale. Le disposizioni censurate non si
applicano alle parafarmacie perche' esse non sono annoverabili tra i
soggetti che espletano assistenza sanitaria per il SSN, ma le
evidenti differenze che connotano le loro funzioni e attivita'
rispetto a quelle delle farmacie escluderebbero la violazione
dell'art. 3 Cost.; non sarebbe conferente, poi, il profilo relativo
alla liberta' d'iniziativa economica privata di cui all'art. 41 Cost.
5.- Con atto del 1° marzo 2022 si sono costituiti in giudizio il
Movimento nazionale liberi farmacisti, l'Unione nazionale dei
farmacisti titolari di sola parafarmacia - UNAFTISP, la Federazione
nazionale parafarmacie italiane (FNPI) e altri, tutte parti nel
giudizio a quo, chiedendo, in via principale, il rigetto delle
questioni di legittimita' costituzionale, in quanto sarebbe possibile
interpretare le disposizioni censurate in senso conforme ai parametri
costituzionali evocati, e, in subordine, la loro dichiarazione di
illegittimita' costituzionale «nella parte in cui non prevedono la
possibilita' per gli esercizi commerciali di cui all'art. 4, comma 1,
lettere d), e) e f), del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 114, di effettuare
le prestazioni» ivi indicate.
5.1.- Nel ripercorrere le vicende che hanno portato al
contenzioso dinanzi al TAR Marche, la difesa delle parti osserva,
innanzitutto, che, anche alla luce di quanto previsto dal
decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito in legge 23 febbraio 2020, n. 6, e dal successivo d.P.C.m.
11 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23
febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19,
applicabili sull'intero territorio nazionale), nel contesto
emergenziale le parafarmacie sarebbero state considerate attivita'
essenziali.
In secondo luogo, rammenta come dinanzi al giudice a quo fosse
stata avanzata la richiesta di effettuare «due questioni di rinvio
pregiudiziale ex art. 267 TFUE, alla Corte di Giustizia dell'Unione
Europea», per sapere se le disposizioni censurate si pongano in
contrasto con il principio di non discriminazione in materia di
stabilimento di cui all'art. 49 del Trattato sul funzionamento
dell'Unione europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato
di Lisbona del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto
2008, n. 130, e con i principi di parita' di trattamento, trasparenza
e concorrenza di cui agli artt. 101 e seguenti del medesimo Trattato
e all'allegato Protocollo n. 27.
5.2.- Cio' premesso, le parti ritengono che l'ordinanza di
rimessione abbia erroneamente escluso di poter interpretare in senso
conforme a Costituzione le disposizioni censurate.
Al contrario, esse potrebbero essere lette nel senso di
consentire anche alle parafarmacie l'effettuazione delle prestazioni
consistenti in test sierologici ed antigenici rapidi, in quanto «la
voluntas legis depone per la piu' ampia estensione della possibilita'
di rendere le prestazioni de quibus, al fine di garantire lo
screening della popolazione su larga scala». In questa prospettiva,
il legislatore non avrebbe inteso riferirsi «al luogo di offerta
delle prestazioni, ma alla qualifica di farmacista del personale
chiamato a sovrintendere l'effettuazione delle stesse», come sarebbe
dimostrato dalla previsione che i test possono effettuarsi solo in
spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e atti a garantire
la tutela della riservatezza, requisiti questi che non
necessariamente sarebbero soddisfatti da una farmacia solo perche'
tale.
5.3.- Nel caso in cui questa Corte non ritenesse praticabile tale
interpretazione conforme a Costituzione, le questioni di legittimita'
costituzionale dovrebbero essere accolte.
Il ruolo assunto dalle farmacie durante la pandemia, infatti, non
giustificherebbe «la riserva in loro favore dell'effettuazione di
test sierologici e test antigenici rapidi di rilevazione del
Covid-19». Tale affermazione troverebbe conferma della sentenza della
CGUE Venturini e altri: se la riserva alle farmacie della
commercializzazione dei medicinali soggetti a prescrizione trova
giustificazione nella esigenza di garantire sull'intero territorio
nazionale un servizio pubblico essenziale, diversamente la riserva
operata dalle disposizioni censurate e' irragionevole, in quanto
l'effettuazione di test sierologici e antigenici rapidi anche presso
le parafarmacie non eroderebbe «quella fetta di mercato
tradizionalmente e - in vista della garanzia di un'elevata qualita' e
diffusione delle cure - necessariamente riservata alle farmacie».
Queste prestazioni, infatti, costituirebbero prestazioni
aggiuntive, che possono essere effettuate anche presso ambulatori
privati, sicche' la loro liberalizzazione non inciderebbe sulla fetta
di mercato riservata alle farmacie; del resto, si tratta di
prestazioni sino a oggi non previste, di modo che la loro
effettuazione da parte anche delle parafarmacie «non puo'
ontologicamente inficiare la riserva di mercato in favore delle
farmacie».
La circostanza per cui la cosiddetta riserva di farmacia non
verrebbe incisa dall'estensione alle parafarmacie della possibilita'
di erogare i servizi in questione determinerebbe, conseguentemente,
l'irrilevanza del peculiare regime cui sono sottoposte le farmacie,
poiche' il diverso trattamento potrebbe trovare giustificazione solo
in una oggettiva differenza tra le prestazioni erogate: il che non
e', perche' a garantire l'elevata qualita' di queste ultime sta «la
presenza stabile di un soggetto qualificato, quale e' il farmacista,
che, ex lege, deve necessariamente essere presente sia nelle
farmacie, sia nelle parafarmacie».
5.3.1.- Non sarebbero applicabili, poi, i principi affermati
dalla sentenza di questa Corte n. 66 del 2017, che ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale, per violazione dell'art. 117, terzo
comma, Cost., di una legge regionale piemontese «che consentiva
l'impiego di apparecchi di autodiagnostica rapida per il rilevamento
di trigliceridi, glicemia e colesterolo totale presso gli esercizi di
vicinato e nelle medie e grandi strutture di vendita».
La qualifica di principio fondamentale in materia di tutela della
salute allora riconosciuto all'art. 1 del d.lgs. n. 153 del 2009
deriverebbe dal fatto, sostengono le parti, che il legislatore ha
stabilito «un bouquet di servizi socio-sanitari di interesse
generale, che la farmacia e' chiamata - doverosamente - ad erogare in
stretta collaborazione col Servizio sanitario nazionale». Si
tratterebbe, tuttavia, di previsione stabile, «connessa
all'imperitura necessita' dell'offerta al pubblico di tali servizi»,
che in quanto tale e' riconducibile alla riserva di farmacia, poiche'
dalla obbligatorieta' di erogare dette prestazioni derivano costi da
sostenere.
Le disposizioni censurate, invece, non sarebbero parte di una
riforma organica del sistema delle farmacie, «ma si atteggiano a
previsioni puntuali e specifiche, inerenti ad una determinata
prestazione» e, inoltre, non imporrebbero alcun obbligo, rimanendo le
farmacie libere di aderire o meno alla possibilita' offerta dal
legislatore, «secondo la logica del profitto che muove ogni impresa».
Esse, inoltre, «rinvengono la propria giustificazione nella
situazione epidemiologica», che ha carattere emergenziale e
contingente, difettando pertanto quella stabilita' della necessita'
di garantire il servizio che giustificherebbe la sua inclusione nella
riserva di farmacia.
D'altra parte, detta riserva non potrebbe essere continuamente
implementata, quando il novero dei servizi offerti dalle farmacie
«consente loro di trarre del profitto anche in contesti territoriali
ove si registra minor affluenza»: essa, infatti, sarebbe «previsione
derogatoria addirittura del principio fondamentale della libera
concorrenza» e, dunque, «deve essere rigorosamente definita nei suoi
confini alla stregua del principio di proporzionalita'».
L'applicazione a contrario dei principi espressi dalla CGUE nella
sentenza Venturini e altri, in base ai quali «la sottrazione alla
libera concorrenza dell'effettuazione di alcune prestazioni puo'
essere giustificata solo in vista della tutela di interessi ulteriori
di pari rilievo non altrimenti tutelabili», dovrebbero pertanto
condurre alla conclusione che le disposizioni censurate siano in
contrasto con l'art. 3 Cost.
5.3.2.- L'art. 1, commi 418 e 419, della legge n. 178 del 2020
contrasterebbe con il principio di ragionevolezza anche «sotto un
altro dirimente profilo».
E' stato adottato, infatti, per consentire un maggior
tracciamento della diffusione del virus da COVID-19, sicche' sarebbe
irragionevole qualsivoglia limitazione della diffusione dei
meccanismi che consentano lo screening, ove non vi siano «altrettanto
impellenti necessita' di tutela di contrastanti interessi». Le
disposizioni censurate, peraltro, non solo renderebbero meno efficace
la gestione della crisi pandemica, ma recherebbero un danno anche
alle stesse farmacie, «oberate dalla sempre crescente - fino
all'insostenibilita' - richiesta di effettuazione di tamponi degli
utenti, costretti a lunghe attese, in rischiose situazioni di
assembramento».
5.3.3.- Del pari evidente sarebbe la violazione dell'art. 41,
primo comma, Cost. e del principio di libera concorrenza. Tale
principio, infatti, potrebbe «subire compressioni o deroghe nelle
sole ed esclusive ipotesi in cui vi siano interessi contrastanti
parimenti meritevoli di tutela, in vista della quale, in rigorosa
applicazione del principio di proporzionalita', non sia possibile
misura diversa»: il che nel caso di specie non e', con «gravissimo
danno patrimoniale per le parafarmacie» e correlato «ingiustificato
arricchimento delle farmacie».
6.- Con ulteriori atti del 1° marzo 2022 si sono costituite in
giudizio Farma DS Natura srls e altre - tutte persone giuridiche, con
sede al di fuori della Regione Marche, che esercitano attivita'
d'impresa quali parafarmacie, ai sensi dell'art. 5, comma 1, del d.l.
n. 223 del 2006, come convertito - affermando di essere intervenute
ad adiuvandum nel giudizio innanzi al TAR Marche e concludendo in
senso identico alle altre parafarmacie e associazioni di queste
rappresentative, facendo leva sui medesimi argomenti.
7.- Ancora con atti del 1° marzo 2022 sono intervenute in
giudizio, ai sensi dell'art. 4 delle Norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale, Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia
e altre - anch'esse parafarmacie con sede al di fuori della Regione
Marche - affermando di avere «preciso, concreto e diretto interesse»
all'accoglimento del ricorso giurisdizionale amministrativo, in
ragione del fatto che il contenzioso presso il TAR Marche ha indotto
le altre Regioni ad astenersi dal siglare accordi analoghi. Nel
merito, hanno concluso in senso identico alle altre parafarmacie e
associazioni di queste rappresentative costituitesi in giudizio,
offrendo i medesimi argomenti.
8.- In prossimita' dell'udienza pubblica, l'Unione regionale dei
titolari di farmacia delle Marche - Federfarma Marche ha depositato
una memoria, con la quale ha insistito affinche' sia dichiarata
l'inammissibilita' o la non fondatezza delle questioni di
legittimita' costituzionale.
8.1.- In punto di ammissibilita', si rileva che il TAR Marche non
avrebbe adeguatamente motivato in punto di rilevanza delle questioni
di legittimita' costituzionale.
8.2.- Nel merito, la parte rievoca la giurisprudenza
costituzionale che avrebbe gia' evidenziato le differenze tra
farmacie e parafarmacie, differenze tali da rendere ragionevole la
diversita' di disciplina normativa prevista per le une e per le
altre. In materia di tutela della salute, poi, assumerebbe rilevanza
la sentenza n. 37 del 2021, in tema di prevenzione e di contrasto del
rischio infettivo, peraltro ignorata dal rimettente.
Non potrebbe essere considerata equivalente, pertanto,
l'erogazione prestata in farmacia o in parafarmacia, «tanto piu' a
fronte di un'emergenza pandemica in cui e' necessario contare su un
servizio sicuro, organizzato e capillare». Il legislatore,
riferendosi alla farmacia e non al farmacista, con le disposizioni
censurate avrebbe voluto attribuire «valenza alla struttura
farmaceutica, la quale deve sottostare a previsioni peculiari e
specifiche ed obblighi gestionali inerenti l'attivita', propri di un
presidio del servizio sanitario»: solo le farmacie, infatti,
potrebbero considerarsi primi punti di accesso del cittadino al SSN,
mentre le parafarmacie sarebbero esercizi commerciali.
8.2.1.- Di rilievo, ancora, sarebbe l'evoluzione del ruolo della
farmacia che, in base ai piu' recenti interventi legislativi, sarebbe
ora farmacia dei servizi, ovvero «centro sociosanitario
polifunzionale a servizio delle comunita' nonche' come punto di
raccordo tra Ospedale e territorio e front office del Servizio
sanitario nazionale» (e' citata la sentenza del Consiglio di Stato,
sezione seconda, 4 gennaio 2021, n. 111).
E' in tale prospettiva che il legislatore avrebbe conferito alle
farmacie i compiti di cui alle disposizioni censurate per la
«prevenzione e la ricerca di anticorpi anti SARS CoV2», senza che
cio' possa considerarsi irragionevole in virtu' della emergenza
pandemica, perche' «l'impellenza di assicurare il piu' ampio
tracciamento in una situazione emergenziale non puo' e non deve
comportare l'inosservanza delle garanzie per la salute dei cittadini,
che solo una farmacia puo' essere in grado di assicurare»; insomma,
una situazione emergenziale, «proprio perche' tale, non puo' essere
colta come ragione per un allargamento indiscriminato di competenze
in favore delle parafarmacie, che, al contrario, in condizioni
ordinarie non potrebbero mai assumere».
D'altra parte, il principio di ragionevolezza postulerebbe che
l'intervento del legislatore «sia coerente rispetto all'obiettivo
perseguito e non comporti effetti ultronei e sproporzionati»: il che
sarebbe nel caso di specie, essendo la scelta legislativa volta a
offrire la miglior tutela possibile alla salute in un contesto
pandemico.
8.2.2.- Ne' potrebbe sostenersi che le disposizioni censurate
siano in contrasto con l'art. 41 Cost., perche' la giurisprudenza
costituzionale avrebbe gia' affermato che il regime delle farmacie e'
volto a tutelare la salute, il che «consente di porre in essere in
piena discrezionalita' norme di regolazione della concorrenza».
9.- In prossimita' dell'udienza pubblica, ha depositato memoria
anche Federfarma - Federazione nazionale unitaria dei titolari di
farmacia italiani, insistendo per l'inammissibilita' o, in subordine,
la non fondatezza delle sollevate questioni di legittimita'
costituzionale.
9.1.- La difesa della parte, innanzitutto, rileva
l'inammissibilita' della costituzione in giudizio «di soggetti che
non erano parti nel giudizio a quo al momento della ordinanza di
promovimento», i quali non avrebbero neppure titolo a essere
qualificati come intervenienti ai sensi dell'art. 4 delle Norme
integrative.
9.2.- Per quel che concerne l'inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale, la difesa di Federfarma ribadisce i
diversi profili gia' rilevati nell'atto di costituzione, insistendo
particolarmente sul difetto di rilevanza e di motivazione della
rilevanza.
9.3.- Nel merito, a conferma della non fondatezza, starebbe la
recentissima sentenza del Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 14
aprile 2022, n. 5, la quale avrebbe ribadito «il ruolo centrale delle
farmacie nell'ambito delle prestazioni del SSN e a tutela della
salute». Sarebbe stato confermato, pertanto, che solo le farmacie
sono presidio di prossimita' del SSN, a nulla rilevando che le
parafarmacie (o altri esercizi commerciali) possano vendere i kit
contenenti i cosiddetti tamponi, perche' non sono in grado di
«asseverare la medesima e particolare fede pubblica che assiste il
risultato dei tamponi somministrati in farmacia». Sarebbe, dunque,
«l'incardinamento nella struttura a rete del SSN, con i connessi
oneri che comporta, a testimoniare la speciale attitudine delle
farmacie a erogare il servizio oggi in discussione, attitudine non
riconoscibile nelle [para]farmacie».
9.3.1.- La parte ribadisce, poi, che la normativa censurata «si
inserisce armonicamente» nella disciplina della cosiddetta farmacia
dei servizi di cui alla citata sentenza n. 66 del 2017, aggiungendo
un altro servizio a quelli gia' erogati dalle farmacie per conto del
SSN, come sarebbe dimostrato dal prezzo calmierato esistente per la
somministrazione dei tamponi.
9.3.2.- L'importanza del ruolo delle farmacie all'interno del
SSN, poi, sarebbe stato confermato da interventi successivi alle
disposizioni censurate, legislativi e non solo: l'art. 20, comma 2,
lettera h), del decreto-legge 22 marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in
materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici, di
lavoro, salute e servizi territoriali, connesse all'emergenza da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 21 maggio 2021,
n. 69, ha previsto la possibilita' di somministrare i vaccini contro
il SARS-CoV-2 anche nelle farmacie; l'art. 5 del d.l. n. 105 del
2021, come convertito, non solo ha previsto che la somministrazione
di test antigenici rapidi in farmacia debba essere assicurata sino al
31 dicembre 2021, ma ha disposto che esse concorrano alla campagna
vaccinale antinfluenzale per la stagione 2021/2022; il Consiglio dei
ministri ha approvato la riforma di settore del piano nazionale di
ripresa e resilienza (PNRR), volta a definire un nuovo modello
organizzativo della rete di assistenza sanitaria territoriale, ove e'
chiaramente ribadita l'essenzialita' delle farmacie per il SSN per
assicurare quotidianamente, in modo omogeneo sul territorio
nazionale, servizi sanitari a tutela della salute della cittadinanza.
9.3.3.- Ancora, si insiste sulla circostanza per cui a
differenziare le farmacie dalle parafarmacie starebbe, innanzitutto,
la capillarita' della presenza delle prime, la quale «rischierebbe
fatalmente di rompersi nel caso in cui ad altri soggetti fosse
consentito di svolgere anche solo alcune delle funzioni delegate alle
farmacie - magari quelle piu' redditizie - senza sottostare a tutti
gli obblighi organizzativi, di ubicazione e di svolgimento
complessivo del servizio». Obblighi che, peraltro, sono volti a
garantire qualita' e peculiare affidabilita' del servizio, sicche' a
contare non e' solo la figura soggettiva del farmacista, ma
decisivamente «la farmacia come plesso organizzativo, del tutto
differenziato dalla parafarmacia, mero esercizio commerciale di
vicinato».
9.3.4.- Se tutti questi argomenti dimostrerebbero la non
fondatezza delle questioni di legittimita' costituzionale in
riferimento all'art. 3 Cost., ad escludere la violazione dell'art. 41
Cost. starebbe la recente sentenza di questa Corte n. 218 del 2021,
che ha ribadito che l'utilita' sociale, quando non arbitraria e
perseguita con misure non palesemente incongrue, puo' legittimamente
limitare la liberta' d'iniziativa economica.
Sotto questo profilo, poi, andrebbe rilevato che gli stessi
ricorrenti nel giudizio principale, nel loro atto di costituzione,
affermano che l'obbligatorieta' di certi servizi giustificherebbe la
loro riserva alle farmacie: ebbene, l'art. 5 del d.l. n. 105 del
2021, come convertito, dispone che le farmacie di cui alle
disposizioni censurate sono tenute ad assicurare la somministrazione
di test antigenici rapidi, obbligo presidiato da una sanzione
amministrativa in caso di inosservanza.
9.3.5.- D'altra parte, a conclusioni analoghe sarebbe gia'
arrivata la Corte di giustizia dell'Unione europea che, nella piu'
volte richiamata sentenza Venturini e altri, si e' posta nel solco
della sua precedente giurisprudenza, piu' di recente ancora ribadita,
in base alla quale lo Stato membro «ha ampi margini discrezionali per
disciplinare le modalita' di garanzia del livello di protezione della
salute prescelto». Non solo, nella sentenza Venturini e altri la
Corte di giustizia ha pienamente accolto tanto le conclusioni
dell'Avvocato generale, quanto le osservazioni della Commissione,
delle quali entrambe la parte riporta ampi stralci.
9.4.- La difesa di Federfarma, poi, ritiene non fondato l'assunto
dei ricorrenti secondo cui sarebbe impellente la necessita' di
assicurare la massima diffusione degli strumenti che consentono lo
screening. Verrebbe in tal modo confuso l'accertamento di eventuali
positivita' - che puo' avvenire anche con i kit di autodiagnosi,
vendibili anche in parafarmacia - con la necessita' di «accertamenti
che devono possedere una specifica garanzia di qualita' e sono anche
assistiti dalla pubblica fede», che richiedono in quanto tali
specifiche misure organizzative e garanzie di qualita' che soltanto
le farmacie (o laboratori clinici e strutture analoghe) possono
assicurare.
9.5.- Conclusivamente, la difesa della parte, in ragione della
inequivocita' del dato testuale, rileva l'impraticabilita'
dell'interpretazione conforme a Costituzione - invero interpretazione
estensiva «che ovviamente e' tutt'altra cosa» - prospettata dalla
difesa delle parafarmacie. Senza dire, poi, del fatto che «e' semmai
la soluzione normativa opposta a quella cui gli originari ricorrenti
aspirano a essere la sola compatibile con la Costituzione».
10.- Ha depositato una memoria illustrativa anche la difesa del
Movimento nazionale liberi farmacisti, dell'Unione nazionale dei
farmacisti titolari di sola parafarmacia - UNAFTISP, della
Federazione nazionale parafarmacie italiane (FNPI) e di altri, che ha
insistito nelle conclusioni gia' formulate nell'atto di costituzione.
10.1.- Si reputano non fondate, innanzitutto, tutte le eccezioni
di inammissibilita'.
10.2.- Nel merito, le parti, in primo luogo, ribadiscono, con
argomenti analoghi a quelli gia' spesi nell'atto di costituzione, che
le disposizioni censurate sarebbero passibili di interpretazione
conforme a Costituzione, perche' cio' che rileverebbe e' che i test
ivi previsti siano compiuti da un farmacista, ovvero da personale
abilitato a effettuare il test da cui derivino effetti giuridici o
sanitari di qualsiasi natura (e' richiamata l'ordinanza del Consiglio
di Stato, sezione terza, 29 marzo 2021, n. 1634).
10.2.1.- Diversamente opinando, le questioni di legittimita'
costituzionale meriterebbero accoglimento.
La cosiddetta riserva di farmacia, che potrebbe essere il solo
«giustificato motivo» in grado di sorreggere la disparita' di
trattamento determinata dalle disposizioni censurate, costituisce una
«deroga ai principi del libero accesso al mercato, della concorrenza,
della liberta' d'iniziativa economia e di non discriminazione», che
deve considerarsi «accettabile, anzi doverosa» solo se funzionale a
garantire altri principi fondamentali quali la tutela della salute.
Nel caso di specie cosi' non sarebbe perche': a) la distribuzione di
farmaci e' gia' di per se' sufficiente a garantire la riserva di
mercato in favore delle farmacie; b) l'effettuazione dei test di cui
alle disposizioni censurate e' una necessita' contingente connessa
alla pandemia da COVID-19, sicche' non potrebbe rientrare nella
riserva di farmacia; c) le medesime prestazioni «possono essere rese
anche presso strutture ambulatoriali, pubbliche, private e
convenzionate».
D'altra parte, la riserva di farmacia non potrebbe essere
continuamente implementata, quando i servizi che le farmacie erogano
in esclusiva sono gia' sufficienti a trarre profitto «anche in
contesti territoriali ove si registra minor affluenza».
10.2.2.- Le disposizioni censurate non troverebbero alcuna
giustificazione neppure in ragione del peculiare regime
autorizzatorio, di obblighi e controlli cui sono sottoposte le
farmacie, perche' non vi sarebbe alcuna differenza oggettiva tra la
prestazione erogata dalla farmacia e quella erogata dalla
parafarmacia, ove sol si consideri che gli standard di qualita' e
competenza nella prestazione del servizio previsto dalle disposizioni
censurate e' assicurato dalla presenza del farmacista.
10.2.3.- Irrilevante per la risoluzione delle odierne questioni
di legittimita' costituzionale sarebbe la sentenza n. 66 del 2017 di
questa Corte.
Allora veniva in discussione, innanzitutto, il rispetto da parte
di una legge regionale dei principi fondamentali in materia di tutela
della salute, stabiliti dal legislatore statale con il d.lgs. n. 153
del 2009. In secondo luogo, la prestazione dei servizi di cui all'ora
citato decreto legislativo «non costituisce una fetta della cd.
riserva di farmacia», potendo le farmacie offrire o meno detti
servizi, i quali inoltre possono essere erogati anche da altre
strutture. Ma anche diversamente opinando, potrebbe giustificarsi la
riserva considerandoli servizi che sono erogati in stretta
collaborazione con il SSN: il che nel caso di specie non e', in
quanto quelli di cui alle disposizioni censurate sono servizi dal
carattere contingente e transitorio, che non sono parte di una
riforma organica del sistema delle farmacie.
10.2.4.- Nella memoria illustrativa, infine e conclusivamente, si
ribadiscono gli argomenti, gia' proposti nell'atto di costituzione,
che dimostrerebbero, per un verso, che le disposizioni censurate
sarebbero irragionevoli anche perche' impedirebbero un'attivita' di
screening della popolazione su ampia scala, certo maggiormente in
grado di tracciare il virus; per un altro, che sarebbe violato il
principio della libera concorrenza.
11.- Hanno, altresi', depositato memorie illustrative tanto le
parafarmacie costituitesi in giudizio, sul presupposto di essere
intervenute ad adiuvandum nel giudizio innanzi al TAR Marche, quanto
le parafarmacie intervenute nel presente giudizio ai sensi dell'art.
4 delle Norme integrative: memorie, queste, sostanzialmente identiche
nelle conclusioni e negli argomenti offerti a quella di cui ora si e'
detto.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per le Marche, con
l'ordinanza indicata in epigrafe, ha sollevato questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 418 e 419, della legge
30 dicembre 2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per
l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio
2021-2023), per violazione degli artt. 3 e 41 della Costituzione. Le
disposizioni censurate - nella parte in cui consentono alle sole
farmacie, e non anche alle cosiddette parafarmacie, l'effettuazione
dei «test mirati a rilevare la presenza di anticorpi IgG e IgM e dei
tamponi antigenici rapidi per la rilevazione di antigene SARS-CoV-2»
- determinerebbero un'irragionevole disparita' di trattamento tra
farmacie e cosiddette parafarmacie, limitando inoltre, senza un
giustificato motivo, la liberta' di iniziativa economica delle
seconde, che non potrebbero svolgere un'attivita' che invece le
prime, operanti nello stesso mercato di riferimento, sono abilitate a
svolgere; il tutto, quando detta attivita' richiede una identica
qualificazione professionale, quella di farmacista, la cui presenza
deve essere assicurata tanto nelle farmacie quanto nelle cosiddette
parafarmacie. Il giudice a quo rileva, altresi', che la limitazione
disposta dalle norme censurate sarebbe «in conflitto logico con la
ratio sottesa alla normativa emergenziale, ossia quella di
incrementare il numero di tamponi».
2.- Preliminarmente, si deve rilevare che nel giudizio
costituzionale si sono costituite, insieme ai ricorrenti e ai
resistenti nel giudizio a quo, anche Farma DS Natura srls e altre
persone giuridiche - tutte con sede al di fuori della Regione Marche
e che esercitano attivita' d'impresa quali parafarmacie, ai sensi
dell'art. 5, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
(Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il
contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche'
interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione
fiscale), convertito nella legge 4 agosto 2006, n. 248 - affermando
di essere intervenute ad adiuvandum nel giudizio amministrativo
principale.
Secondo il costante orientamento di questa Corte, in base
all'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), e
all'art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, nel giudizio di legittimita' costituzionale in via
incidentale possono costituirsi i soggetti che, alla data della
sospensione del giudizio disposta con l'ordinanza di rimessione,
erano parti del giudizio a quo (ex plurimis, ordinanza n. 14 del
2022; ordinanza allegata alla sentenza n. 246 del 2020; ordinanza
allegata alla sentenza n. 106 del 2019; sentenza n. 85 del 2017;
ordinanza n. 24 del 2015). Le anzidette parafarmacie risultano
intervenute nel giudizio amministrativo principale solo
successivamente all'adozione dell'ordinanza di rimessione, sicche',
da un lato, deve escludersi la loro legittimazione a essere parti nel
presente giudizio costituzionale e, dall'altro, a esse devono
applicarsi i medesimi principi che regolano l'intervento nel giudizio
in via incidentale di soggetti diversi dalle parti del giudizio a quo
(ordinanza allegata alla sentenza n. 106 del 2019).
2.1.- Sono intervenute in giudizio, ai sensi dell'art. 4, comma
3, delle Norme integrative, Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia e
altre - anch'esse parafarmacie con sede al di fuori della Regione
Marche - le quali affermano di avere «preciso, concreto e diretto
interesse» all'accoglimento del ricorso giurisdizionale
amministrativo, in ragione del fatto che il contenzioso presso il TAR
Marche ha indotto le altre Regioni ad astenersi dal siglare accordi
analoghi.
Ai sensi dell'indicato art. 4, comma 3, nel giudizio in via
incidentale possono intervenire «i titolari di un interesse
qualificato, inerente in modo diretto e immediato al rapporto dedotto
in giudizio». Tale disposizione recepisce la costante giurisprudenza
di questa Corte, secondo la quale non e' ammissibile l'intervento di
terzi titolari di un interesse semplicemente regolato, al pari di
ogni altro, dalla norma oggetto di censura (ex plurimis, sentenza n.
31 del 2022; ordinanza allegata alla sentenza n. 104 del 2022;
ordinanze n. 14 del 2022 e n. 191 del 2021).
Tutti i soggetti intervenuti nel presente giudizio esercitano
fuori dalla Regione Marche, come detto, l'attivita' commerciale di
cui all'art. 5 del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, e,
pertanto, essi devono ritenersi titolari di un interesse solo
riflesso all'accoglimento delle odierne questioni di legittimita'
costituzionale, per il fatto di non poter svolgere, al pari d'ogni
altra parafarmacia, le attivita' che le disposizioni censurate
consentono alle farmacie.
Ne consegue che i loro interventi sono inammissibili.
3.- Sempre in via preliminare, devono essere esaminate le diverse
eccezioni di inammissibilita' delle questioni di legittimita'
costituzionale proposte da Federfarma - Federazione nazionale
unitaria dei titolari di farmacia italiani e quella avanzata
dall'Unione regionale dei titolari di farmacia delle Marche -
Federfarma Marche.
3.1.- Federfarma lamenta, innanzitutto, che il TAR Marche abbia
apoditticamente evocato gli artt. 3 e 41 Cost., senza distinguere i
profili di pretesa violazione.
L'eccezione non e' fondata.
Il giudice a quo si diffonde sulle ragioni che lo portano a
dubitare della legittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate, affermando che esse determinerebbero un'irragionevole
disparita' di trattamento tra farmacie e parafarmacie e limiterebbero
anche, senza un giustificato motivo, la liberta' di iniziativa
economica delle seconde: la sola circostanza che i parametri
costituzionali vengano presi in considerazione unitariamente non e'
ragione d'inammissibilita', quando le censure siano chiare e volte a
porre in evidenza il vulnus ai diritti e interessi costituzionali
protetti dalle disposizioni di cui si lamenta la violazione (sentenza
n. 53 del 2018).
3.2.- La difesa di Federfarma ritiene, poi, che questa Corte non
potrebbe adottare la sentenza additiva chiesta dal rimettente, in
ragione dell'assenza di "rime obbligate" e della esistente
discrezionalita' legislativa in tema di farmacie e parafarmacie, che
consentirebbe al legislatore di graduare i «differenti oneri imposti
e la diversa diffusione» delle une e delle altre.
Anche questa eccezione non e' fondata.
Nella prospettiva del TAR rimettente, la disparita' di
trattamento determinata dall'art. 1, commi 418 e 419, della legge n.
178 del 2020 e' ingiustificata e potrebbe trovare rimedio
esclusivamente con l'estensione alle parafarmacie della possibilita'
di effettuare i test di cui alle norme censurate.
La valutazione sulla correttezza, o meno, dell'assunto del
giudice a quo attiene al merito e non gia' all'ammissibilita' delle
questioni di legittimita' costituzionale. Questa Corte, infatti, e'
chiamata a sindacare non la generale scelta legislativa di tenere
distinto il regime normativo che caratterizza le farmacie da quello
che disciplina invece le parafarmacie, ma la puntuale scelta del
legislatore, compiuta con le norme censurate, di consentire alle
prime, e non anche alle seconde, la possibilita' di effettuare i test
sierologici e i tamponi antigenici rapidi anti COVID-19.
3.3.- A parere di Federfarma, inoltre, la motivazione in punto di
non manifesta infondatezza sarebbe insufficiente per diverse ragioni.
A suo avviso, il TAR Marche: a) non si sarebbe interrogato sul come
le norme censurate si inseriscono nella complessiva disciplina della
cosiddetta farmacia dei servizi; b) non avrebbe dato conto delle
ragioni per le quali il ruolo "istituzionale" delle farmacie non
sarebbe rilevante nel caso di specie; c) pur ritenendo che la
disciplina censurata non contrasti con il diritto dell'Unione
europea, non avrebbe spiegato perche' le statuizioni della Corte di
giustizia non rileverebbero nel giudizio dinanzi a se', ove del pari
si lamenta la violazione del principio di libera concorrenza; d) non
avrebbe considerato le decisioni di questa Corte che gia' hanno
raffrontato la disciplina delle farmacie con quella delle
parafarmacie e che «avrebbero consentito agevolmente di superare i
dubbi di costituzionalita'» (il riferimento, diffuso nell'atto di
costituzione, e' alla sentenza n. 66 del 2017, cui si sarebbe fatto
solo un fugace cenno, e alla sentenza n. 216 del 2014, del tutto
ignorata); e) non avrebbe considerato la circostanza per cui la
giurisprudenza costituzionale ha sempre ricondotto il cosiddetto
diritto delle farmacie alla tutela della salute di cui all'art. 32
Cost., restando invece solo marginale sia il carattere professionale
sia l'indubbia natura commerciale dell'attivita' del farmacista.
Neppure questa eccezione, con la quale, con diversi argomenti, si
lamenta un'inadeguata ricostruzione del quadro normativo e
giurisprudenziale entro cui si inseriscono le disposizioni censurate,
e' fondata.
Vero e' che il TAR Marche non ha preso in considerazione,
segnatamente, ne' l'art. 32 Cost. ne' la sentenza n. 216 del 2014 di
questa Corte, ma l'omissione non e' tale da compromettere
«irrimediabilmente l'iter logico argomentativo posto a fondamento
delle valutazioni del rimettente» (sentenza n. 194 del 2021; in
termini analoghi, di recente, anche la sentenza n. 91 del 2022). Il
giudice a quo, infatti, ha «esposto in modo ampio, compiuto e chiaro
le ragioni che lo inducono a porre in discussione la legittimita'
costituzionale delle norme censurate» (sentenza n. 278 del 2019),
dando diffusamente conto, in particolare, della sentenza della Corte
di giustizia dell'Unione europea, quarta sezione, 5 dicembre 2013,
nelle cause riunite da C-159/12 a C-161/12, Venturini e altri, e
delle ragioni per cui le disposizioni censurate non sarebbero in
contrasto con il diritto dell'Unione europea.
Le obiezioni di Federfarma, che fanno leva sull'esigenza che le
disposizioni impugnate vengano valutate anche alla luce del quadro
normativo in tema di farmacie e della relativa giurisprudenza
costituzionale, sono invero rivolte, dunque, a fornire argomenti
contrari a quelli posti dal rimettente a fondamento delle censure,
«sicche' non ostano all'ammissibilita' di queste ma devono essere
piu' propriamente rimesse all'esame del merito» (sentenza n. 250 del
2017).
3.4.- Tanto Federfarma quanto Federfarma Marche, infine,
lamentano che l'ordinanza di rimessione sarebbe carente anche in
punto di rilevanza.
Secondo Federfarma, il TAR Marche non avrebbe chiarito se la
dichiarazione d'illegittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate sia decisiva per annullare la delibera della Giunta
regionale oggetto del ricorso giurisdizionale amministrativo o per
pronunciarsi sulla domanda risarcitoria in quella sede proposta.
Nelle rispettive memorie illustrative, entrambe le parti hanno,
poi, rilevato che il giudice rimettente ha affermato che, in caso di
accoglimento delle questioni di legittimita' costituzionale, dovrebbe
chiamarsi in giudizio anche lo Stato, nella persona del Presidente
del Consiglio dei ministri, cui sarebbe ascrivibile la
responsabilita' aquiliana per l'aver adottato norme
costituzionalmente illegittime. Si tratterebbe di affermazione
contrastante con la giurisprudenza tanto della Corte di cassazione
quanto del Consiglio di Stato, che hanno ripetutamente escluso che
possa configurarsi una responsabilita' dello Stato per l'esercizio di
attivita' legislativa dichiarata costituzionalmente illegittima: ne
conseguirebbe l'irrilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, perche' la responsabilita' statale, ai sensi
dell'art. 2043 del codice civile, andrebbe comunque negata, quale che
sia l'esito del presente giudizio.
Neppure questa eccezione e' fondata.
Nel giudizio a quo, infatti, il TAR Marche e' innanzitutto
chiamato a valutare la legittimita' del provvedimento con il quale la
Giunta regionale ha annullato in autotutela la deliberazione che
recava l'accordo con le parafarmacie marchigiane. Tanto basta a
radicare la rilevanza delle questioni di legittimita' costituzionale,
poiche' il contrasto di quella deliberazione con le disposizioni
censurate e' il «presupposto essenziale» che ha portato la Regione
Marche a esercitare il potere di annullamento. Le ulteriori
valutazioni prognostiche del giudice rimettente sulle conseguenze
dell'eventuale dichiarazione d'illegittimita' costituzionale sulla
diversa domanda di condanna della Regione Marche al risarcimento dei
danni - al di la' d'ogni considerazione sulla loro correttezza, che
non spetta a questa Corte apprezzare - non sono dunque tali da
inficiare il giudizio sulla rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, la cui risoluzione e', essa sola, determinante per
giudicare della legittimita' dell'atto della Giunta regionale oggetto
principale del ricorso giurisdizionale amministrativo.
4.- Ancora in via preliminare, deve rilevarsi che,
successivamente all'ordinanza di rimessione, l'art. 41 Cost. e' stato
modificato dalla legge di revisione costituzionale 11 febbraio 2022,
n. 1 (Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di
tutela dell'ambiente), la quale ha previsto - per quel che qui
interessa - che l'iniziativa economica privata non puo' svolgersi in
modo da recare danno alla salute.
La modifica di detto parametro costituzionale non e' tale,
tuttavia, da giustificare una restituzione degli atti per ius
superveniens che consenta al giudice a quo di valutare gli effetti
della revisione costituzionale sulla non manifesta infondatezza
(ordinanze n. 150 del 2012, n. 307 e n. 95 del 2000), anche alla luce
della pregressa giurisprudenza di questa Corte in tema di liberta' di
iniziativa economica privata e tutela della salute (sentenze n. 20
del 1978, n. 137 del 1971, n. 21 del 1964, n. 11 del 1960 e n. 29 del
1957).
5.- Nel merito, le questioni di legittimita' costituzionale non
sono fondate.
5.1.- Secondo il costante orientamento di questa Corte, si e' in
presenza di una violazione dell'art. 3 Cost. «qualora situazioni
sostanzialmente identiche siano disciplinate in modo
ingiustificatamente diverso e non quando alla diversita' di
disciplina corrispondano situazioni non assimilabili» (ex plurimis,
sentenze n. 71 del 2021, n. 85 del 2020, n. 13 del 2018, n. 71 del
2015); nel qual caso e' insindacabile la discrezionalita' del
legislatore (sentenza n. 340 del 2004), sempre entro il limite
generale dei principii di proporzionalita' e ragionevolezza (ex
plurimis, sentenze n. 192 e n. 79 del 2016, n. 85 del 2013).
Il giudice a quo censura l'art. 1, commi 418 e 419, della legge
n. 178 del 2020 nel convincimento che il legislatore, in relazione
alla possibilita' di effettuare i test anti COVID-19 ivi previsti,
abbia trattato ingiustificatamente in modo diverso due soggetti
giuridici, farmacie e cosiddette parafarmacie, che si troverebbero in
situazioni sostanzialmente identiche, poiche' tanto le une quanto le
altre sarebbero in grado di erogare le prestazioni in discorso,
stante la presenza in entrambe di farmacisti abilitati.
Il quadro normativo, tuttavia, impedisce di affermare che si sia
dinanzi alla «esistenza di una identita' di situazioni giuridiche,
rispetto alle quali la disciplina impugnata determini una disparita'
di trattamento normativo rilevante agli effetti dell'art. 3 della
Costituzione» (sentenza n. 340 del 2004): l'esistenza di elementi
comuni a farmacie e parafarmacie - e, nel caso di specie, la presenza
di farmacisti abilitati presso entrambe - non e' tale da mettere in
dubbio «che fra i due esercizi permangano una serie di significative
differenze, tali da rendere la scelta del legislatore non censurabile
in termini di ragionevolezza» (sentenza n. 216 del 2014) e di
violazione del principio di uguaglianza.
5.1.1.- Le cosiddette parafarmacie, infatti, sono esercizi
commerciali, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lettere d), e) e f), del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina
relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4,
della legge 15 marzo 1997, n. 59), che, secondo quanto disposto
dall'art. 5 del d.l. n. 223 del 2006, come convertito, «possono
effettuare attivita' di vendita al pubblico dei farmaci da banco o di
automedicazione [...] e di tutti i farmaci o prodotti non soggetti a
prescrizione medica, previa comunicazione al Ministero della salute e
alla regione in cui ha sede l'esercizio» (comma 1), e sempre che la
vendita sia «effettuata nell'ambito di un apposito reparto, alla
presenza e con l'assistenza personale e diretta al cliente di uno o
piu' farmacisti abilitati all'esercizio della professione ed iscritti
al relativo ordine» (comma 2).
Le farmacie, invece, erogano l'assistenza farmaceutica (art. 28
della legge 23 dicembre 1978, n. 833, recante «Istituzione del
servizio sanitario nazionale»), oggi ricompresa tra i livelli
essenziali di assistenza ai sensi del d.P.C.m. 12 gennaio 2017
(Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di
cui all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre
1992, n. 502), e svolgono, dunque, un «servizio di pubblico
interesse» (sentenza n. 312 del 1983; analogamente, sentenza n. 29
del 1957), preordinato al fine di «garantire la tutela del
fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto
questo profilo, sia il carattere professionale sia l'indubbia natura
commerciale dell'attivita' del farmacista» (sentenza n. 87 del 2006,
confermata successivamente, tra le tante, dalla sentenza n. 216 del
2014). I farmacisti titolari di farmacia, pertanto, sotto il profilo
funzionale sono concessionari di un pubblico servizio (sentenza n.
448 del 2006; Corte di cassazione, sezioni unite civili, sentenza 24
novembre 2004, n. 22119).
Le farmacie, dunque, rientrano nell'ambito del servizio sanitario
nazionale (SSN), di cui fanno parte (artt. 25 e 28 della legge n. 833
del 1978), e sono dislocate sul territorio secondo il sistema di
pianificazione di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 475 (Norme
concernenti il servizio farmaceutico), il quale, dettando la
specifica proporzione di una farmacia ogni 3300 abitanti (art. 1,
comma secondo), e' volto ad «assicurare l'ordinata copertura di tutto
il territorio nazionale al fine di agevolare la maggiore tutela della
salute dei cittadini» (sentenza n. 4 del 1996).
E' anche in ragione di questa diffusione sull'intero territorio
nazionale delle farmacie - frutto dell'applicazione del criterio del
contingentamento nella determinazione del numero delle sedi
farmaceutiche - che il legislatore delegato, con il decreto
legislativo 3 ottobre 2009, n. 153 (Individuazione di nuovi servizi
erogati dalle farmacie nell'ambito del Servizio sanitario nazionale,
nonche' disposizioni in materia di indennita' di residenza per i
titolari di farmacie rurali, a norma dell'articolo 11 della legge 18
giugno 2009, n. 69), ha previsto che, in aggiunta all'assistenza
farmaceutica, «nuovi servizi a forte valenza socio-sanitaria [siano]
erogati dalle farmacie pubbliche e private nell'ambito del Servizio
Sanitario Nazionale», come indicati nella legge di delegazione (art.
11, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante «Disposizioni
per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita'
nonche' in materia di processo civile»); e, tra questi, la
partecipazione «al servizio di assistenza domiciliare integrata a
favore dei pazienti residenti o domiciliati nel territorio della sede
di pertinenza di ciascuna farmacia, a supporto delle attivita' del
medico di medicina generale o del pediatra di libera scelta» (art. 1,
comma 2, lettera a, del d.lgs. n. 153 del 2009), nonche'
l'effettuazione «di prestazioni analitiche di prima istanza
rientranti nell'ambito dell'autocontrollo» (art. 1, comma 2, lettera
e, del d.lgs. n. 153 del 2009). In tal modo - ed e' cio' che
maggiormente rileva in questa sede - «l'attivita' svolta dalle
farmacie non e' piu' ristretta alla distribuzione di farmaci o di
prodotti sanitari, ma si estende alla prestazione di servizi»
(sentenza n. 66 del 2017), la cui determinazione avviene nell'ambito
dei principi fondamentali, stabiliti dal legislatore statale, in
materia di «tutela della salute», perche' «finalizzati a garantire
che sia mantenuto un elevato e uniforme livello di qualita' dei
[relativi] servizi in tutto il territorio» (sentenza n. 66 del 2017).
5.2.- La rilevata differenziazione di sistema, sotto i profili
del regime e della posizione rivestita, rispettivamente nell'ambito
del SSN e sul mercato, da farmacie e cosiddette parafarmacie,
consente gia' di escludere che le disposizioni censurate trattino
diversamente situazioni eguali. Tale differenziazione, del resto, non
e' negata in linea generale dalla stessa difesa delle parafarmacie,
la quale deduce, peraltro, che le diversita' in questione attengono a
piani diversi e non sarebbero idonee a giustificare la mancata
previsione della possibilita', anche per le parafarmacie, di
effettuare i test di cui all'art. 1, commi 418 e 419, della legge n.
178 del 2020.
L'invocato scrutinio di costituzionalita' va dunque svolto sul
piano della ragionevolezza delle disposizioni censurate, non
sussistendo, secondo la prospettazione del rimettente, un
giustificato motivo per escludere le parafarmacie dalla possibilita'
di effettuare test sierologici e tamponi antigenici rapidi.
5.2.1.- Questa Corte ha gia' rilevato come la diffusione del
COVID-19 abbia richiesto al legislatore l'introduzione di «nuove
risposte normative e provvedimentali», perche', «a causa della
rapidita' e della imprevedibilita' con cui il contagio si spande, ha
imposto l'impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una
situazione di crisi in costante divenire» (sentenza n. 37 del 2021).
Le disposizioni censurate - che consentono solo alle farmacie, e
non anche alle parafarmacie, l'effettuazione dei test ivi previsti -
sono esattamente parte della complessa e articolata reazione che lo
Stato ha posto in essere per fronteggiare la diffusione del COVID-19
e tutelare la salute della collettivita' tutta. A fronte di «un virus
respiratorio altamente contagioso, diffuso in modo ubiquo nel mondo,
e che puo' venire contratto da chiunque» (sentenza n. 127 del 2022),
e' stato infatti necessario, tra le altre cose, erogare sull'intero
territorio nazionale nuovi servizi sanitari, messi a punto per
monitorare la circolazione del virus SARS-CoV-2.
5.2.2.- La scelta di avvalersi delle farmacie, quali soggetti del
SSN, per la erogazione di nuovi servizi sanitari volti a contrastare
la circolazione del virus SARS-CoV-2, d'altronde, e' frutto di una
opzione legislativa di sistema che, al di la' d'ogni valutazione
puntuale, e' ribadita e confermata negli interventi normativi
successivi, i quali neppure hanno affidato detti servizi anche al
diverso settore, eminentemente commerciale, delle parafarmacie.
E' il caso, in primo luogo, dell'art. 5 del decreto-legge 23
luglio 2021, n. 105 (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e per l'esercizio in sicurezza di
attivita' sociali ed economiche), convertito nella legge 16 settembre
2021, n. 126, il quale ha mantenuto in capo alle farmacie la
possibilita' di effettuare test sierologici e tamponi antigenici
rapidi, contestualmente estesa ad altre strutture sanitarie, le
quali, significativamente, sono state individuate tra quelle
«private, autorizzate o accreditate con il Servizio sanitario
nazionale e autorizzate dalle regioni a effettuare i medesimi test»
(cosi' il Protocollo d'intesa tra il Ministro della salute, il
Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle
misure di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica
COVID-19 e dette strutture sanitarie, del 6 agosto 2021).
Con l'art. 1, comma 471, della legge n. 178 del 2020, come
sostituito dall'art. 20, comma 2, lettera h), del decreto-legge 22
marzo 2021, n. 41 (Misure urgenti in materia di sostegno alle imprese
e agli operatori economici, di lavoro, salute e servizi territoriali,
connesse all'emergenza da COVID-19), convertito, con modificazioni,
nella legge 21 maggio 2021, n. 69, e' stato poi previsto che nelle
farmacie aperte al pubblico - in via sperimentale per l'anno 2021,
termine successivamente prorogato per tutto l'anno 2022 dall'art. 12
del decreto-legge 24 dicembre 2021, n. 221 (Proroga dello stato di
emergenza nazionale e ulteriori misure per il contenimento della
diffusione dell'epidemia da COVID-19) - i farmacisti possono
somministrare vaccini contro il virus SARS-CoV-2, trasmettendo poi «i
dati relativi alle vaccinazioni effettuate alla regione o alla
provincia autonoma di riferimento».
Si tratta di opzioni normative che il legislatore, infine, ha
ancor piu' di recente ribadito con l'art. 2, comma 8-bis, del
decreto-legge 24 marzo 2022, n. 24 (Disposizioni urgenti per il
superamento delle misure di contrasto alla diffusione dell'epidemia
da COVID-19, in conseguenza della cessazione dello stato di
emergenza, e altre disposizioni in materia sanitaria), convertito
nella legge 19 maggio 2022, n. 52. Con l'inserimento, mediante il
suddetto comma 8-bis, della lettera e-quater) nell'art. 1, comma 2,
del d.lgs. n. 153 del 2009, sono stati aggiunti, ai servizi erogati
dalle farmacie nell'ambito del SSN, tanto «la somministrazione, da
parte di farmacisti [...] di vaccini anti SARS-CoV-2», quanto
«l'effettuazione di test diagnostici che prevedono il prelevamento
del campione biologico a livello nasale, salivare o orofaringeo».
5.2.3.- Questa Corte ritiene che la scelta di consentire soltanto
alle farmacie, e non anche alle parafarmacie, l'effettuazione dei
test previsti dalle norme impugnate, a fronte della diversa natura
dei due soggetti giuridici e del differente regime giuridico che li
caratterizza, rientri nella sfera della discrezionalita' legislativa
e non sia censurabile per irragionevolezza.
5.2.4.- Tale scelta si fonda, essenzialmente, sull'inserimento
delle farmacie nell'organizzazione del servizio sanitario nazionale,
che gia' consente loro di condividere con le autorita' sanitarie
procedure amministrative finalizzate a fronteggiare situazioni
ordinarie ed emergenziali, anche mediante il trattamento di dati
sensibili in condizioni di sicurezza.
Coinvolgendo nell'attivita' in discorso soltanto le farmacie,
infatti, il legislatore si e' affidato a soggetti, presenti e
ordinatamente dislocati sull'intero territorio nazionale in ragione
delle esigenze della popolazione, che gia' fanno parte del servizio
sanitario nazionale e che, in tale veste, sono stati chiamati a
erogare servizi a forte valenza socio-sanitaria. Del resto - come
riconosce lo stesso TAR rimettente - quelle di cui alle disposizioni
censurate sono qualificabili «come vere e proprie prestazioni
sanitarie», il che peraltro e' ulteriormente confermato
dall'inserimento all'art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 153 del 2009
sulla cosiddetta farmacia dei servizi - ad opera dell'art. 1, comma
420, della medesima legge n. 178 del 2020 - della lettera e-ter, che
consente «l'effettuazione presso le farmacie da parte di un
farmacista di test diagnostici che prevedono il prelievo di sangue
capillare»: prelievo che, come ha rilevato il Presidente del
Consiglio dei ministri nell'atto di intervento, e' necessario per
l'espletamento dei test sierologici. Ebbene, non puo' allora dirsi
irragionevole la scelta discrezionale del legislatore di mantenere
l'erogazione dei servizi sanitari in discorso all'interno del
circuito del SSN e di non estenderla anche a soggetti che hanno a
riferimento l'ambito della distribuzione commerciale.
Con l'art. 1, commi 418 e 419, della legge n. 178 del 2020,
inoltre, e' stata contenuta e predeterminata la platea di soggetti
che sono tenuti a trasmettere alle autorita' sanitarie i dati dei
test antigenici rapidi; dati il cui trattamento rientra nell'ambito
della disciplina di cui all'art. 9 del Regolamento generale sulla
protezione dei dati (Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e
del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle
persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali,
nonche' alla libera circolazione di tali dati e che abroga la
direttiva 95/46/CE). In tal modo, sono stati chiamati a
interfacciarsi con le autorita' sanitarie, attraverso sistemi
informativi e telematici da loro gia' adoperati, soltanto soggetti -
le farmacie, appunto - che, proprio perche' gia' inseriti nel SSN, di
tali autorita' sono interlocutori abituali: aspetto, questo, tanto
meno censurabile in termini di ragionevolezza, ove si pensi che la
trasmissione di detti dati personali sensibili e' funzionale anche
all'adozione, da parte delle autorita' sanitarie, di provvedimenti
limitativi della liberta' di circolazione ai sensi dell'art. 16 Cost.
(sentenza n. 127 del 2022), che il legislatore puo' dunque ben
ritenere richiedano un livello di "certificazione" riferibile a un
soggetto gia' inserito nel sistema e che riveste - come si e'
ricordato - la qualifica di concessionario di un pubblico servizio.
5.2.5.- Le predette considerazioni valgono anche a escludere che
le disposizioni censurate siano, come sostenuto dal giudice
rimettente, «in conflitto logico con la ratio sottesa alla normativa
emergenziale, ossia quella di incrementare il numero di tamponi». Se
e' vero che l'estensione alle cosiddette parafarmacie della
possibilita' di erogare le prestazioni in discorso avrebbe assai
probabilmente determinato un aumento quantitativo dei test
effettuati, cio' non vale, tuttavia, a rendere irragionevole la
diversa scelta compiuta dal legislatore. Questi, infatti, ha, nella
sua discrezionalita', valutato maggiormente rispondente alla tutela
della salute, da un lato, che tali test siano effettuati si' in un
numero inferiore di luoghi, ma distribuiti sul territorio nazionale
secondo logiche non meramente commerciali, bensi' di adeguatezza
rispetto alla popolazione, cui assicurare con continuita' l'accesso a
tali prestazioni sanitarie; dall'altro, che la trasmissione dei dati
relativi ai test sia effettuata da un numero limitato di soggetti,
rendendo cosi' piu' agevole la loro ricezione e gestione da parte
delle autorita' sanitarie, anche sotto il gia' richiamato profilo
dell'adozione dei provvedimenti a tutela della salute pubblica.
A orientare la decisione legislativa non e' stata, dunque, la
figura professionale del farmacista - ne' la cosiddetta riserva di
farmacia, relativa piu' propriamente alla vendita di determinati
farmaci - ma la valutazione che la limitazione alle sole farmacie
della possibilita' di effettuare i test in questione fosse
funzionale, per le ragioni anzidette, a un piu' efficace monitoraggio
della circolazione del virus SARS-CoV-2 e, pertanto, a garantire una
migliore tutela della salute pubblica su tutto il territorio della
Repubblica. In un quadro complesso, ove vengono in gioco diversi
interessi e primo tra tutti la tutela della salute, l'individuazione
del relativo punto di equilibrio spetta al legislatore (sentenza n.
216 del 2014), e ove, come nel caso di specie, l'esercizio della
discrezionalita' legislativa non sia irragionevole, esso non e'
censurabile da questa Corte.
5.3.- La non irragionevolezza delle norme censurate vale altresi'
a escludere la violazione dell'art. 41 Cost., prospettata, dallo
stesso rimettente, in connessione alla dedotta violazione dell'art. 3
Cost. Il TAR Marche, infatti, muove dall'assunto che si e' in
presenza di una irragionevole disparita' di trattamento, la quale
determina anche, senza un giustificato motivo, una limitazione della
liberta' di iniziativa economica delle cosiddette parafarmacie: non
essendo fondato tuttavia l'assunto, si rileva conseguentemente non
fondato anche il correlato dubbio di legittimita' costituzionale.
La giurisprudenza di questa Corte, d'altra parte, ha
ripetutamente affermato che, in tema di restrizioni della liberta' di
iniziativa economica privata, il limite insuperabile deve essere
individuato «nell'arbitrarieta' e nell'incongruenza - e quindi
nell'irragionevolezza - delle misure restrittive adottate per
assicurare l'utilita' sociale» (di recente, sentenza n. 218 del
2021).
5.3.1.- In senso analogo, la giurisprudenza della Corte di
giustizia dell'Unione europea ha ripetutamente sostenuto che esigenze
di tutela della salute consentono agli Stati membri di disporre
restrizioni alla liberta' di stabilimento e alla tutela della
concorrenza, sempre che assicurino la realizzazione dell'obiettivo
perseguito e non vadano oltre a quanto e' necessario per
raggiungerlo.
Di specifico rilievo e' la citata sentenza Venturini e altri, non
a caso presa in considerazione anche dal TAR Marche, il quale proprio
sulla sua base ha escluso che le disposizioni oggetto del presente
giudizio siano in contrasto con la normativa dell'Unione europea. In
tale occasione la Corte di giustizia - chiamata a rispondere a
questione pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 TFUE, sulla normativa
italiana che impedisce alle cosiddette parafarmacie la possibilita'
di vendere i medicinali di fascia C soggetti a prescrizione medica,
normativa sulla quale peraltro si e' pronunciata anche questa Corte
con la sentenza n. 216 del 2014, escludendo che essa sia in contrasto
con gli artt. 3 e 41 Cost. - ha osservato, tra l'altro, che
l'importanza di tutelare la salute, idonea a giustificare restrizioni
alla liberta' di stabilimento, «e' confermata dagli articoli 168,
paragrafo 1, TFUE e 35 della Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea, in virtu' dei quali, in particolare, nella
definizione e nell'attuazione di tutte le politiche ed attivita'
dell'Unione e' garantito un livello elevato di protezione della
salute umana» (paragrafo 41); che «l'apertura di farmacie sul
territorio italiano e' oggetto di un regime di pianificazione»
(paragrafo 45), il quale «puo' rivelarsi indispensabile per colmare
eventuali lacune nell'accesso alle prestazioni sanitarie e per
evitare una duplicazione nell'apertura delle strutture, in modo che
sia garantita un'assistenza medica adeguata alle necessita' della
popolazione, che copra tutto il territorio e tenga conto delle
regioni geograficamente isolate o altrimenti svantaggiate» (paragrafo
47); che, infine, e soprattutto, «secondo giurisprudenza costante
della Corte, in sede di valutazione dell'osservanza del principio di
proporzionalita' nell'ambito della sanita' pubblica, occorre tenere
conto del fatto che lo Stato membro puo' decidere il livello al quale
intende garantire la tutela della sanita' pubblica e il modo in cui
questo livello deve essere raggiunto. Poiche' tale livello puo'
variare da uno Stato membro all'altro, si deve riconoscere agli Stati
membri un margine di discrezionalita'» (paragrafo 59).
Si trattava, peraltro, di affermazioni che la Corte di
Lussemburgo aveva ripetutamente compiuto nella propria giurisprudenza
(tra le tante, grande sezione, sentenza 1° giugno 2010, nelle cause
riunite C-570/07 e C-571/07, Blanco Perez e Chao Gomez; grande
sezione, sentenza 19 maggio 2009, nelle cause riunite C-171/07 e
C-172/07, Apotherkerkammer des Saarlandes e altri; grande sezione,
sentenza 19 maggio 2009, in causa C-531/06, Commissione delle
Comunita' europee contro Repubblica italiana; sentenza 11 settembre
2008, in causa C-141/07, delle Comunita' europee contro Repubblica
federale tedesca; grande sezione, sentenza 10 marzo 2009, in causa
C-169/07, Hartlauer Handelsgesellschaft mbH) e che sono state
reiterate anche in pronunce successive (si vedano, ad esempio, le
sentenze della terza sezione, 1° ottobre 2020, in causa C-649/18, A e
altri; 1° marzo 2018, in causa C-297/16, Colegiul Medicilor
Veterinari din România (CMVRO); e della quarta sezione, 13 febbraio
2014, in causa C-367/12, Sokoll-Seebacher).
6.- Le sollevate questioni di legittimita' costituzionale,
dunque, devono essere dichiarate non fondate.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili gli interventi di Farma DS Natura srls
e altri e di Parafarmacia S. Rita di Binda Gaia e altri;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, commi 418 e 419, della legge 30 dicembre
2020, n. 178 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023),
sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 41 della Costituzione, dal
Tribunale amministrativo regionale per le Marche con l'ordinanza
indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Filippo PATRONI GRIFFI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria l'8 luglio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
