PROCESSO PENALE: messa alla prova per reati connessi.
CORTE COSTITUZIONALE 23 giugno – 12 luglio 2022 SENTENZA N. 174
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato - Concessione per reati connessi, ex art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., ad altri per i quali tale beneficio sia gia' stato concesso - Esclusione - Irragionevolezza - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Codice penale, art. 168-bis, quarto comma. - Costituzione, art. 3.
(GU n.28 del 13-7-2022 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giuliano AMATO;
Giudici :Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON, Franco
MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni
AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo
BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo
PATRONI GRIFFI,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 168-bis,
quarto comma, del codice penale, promosso dal Giudice per l'udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Bologna nel procedimento
penale a carico di D. A. e D. D.V. con ordinanza del 16 giugno 2021,
iscritta al n. 151 del registro ordinanze 2021 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale,
dell'anno 2021.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2022 il Giudice
relatore Francesco Vigano';
deliberato nella camera di consiglio del 23 giugno 2022.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 16 giugno 2021, il Giudice dell'udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 168-bis, quarto comma, del codice penale,
nella parte in cui, disponendo che la sospensione del procedimento
con messa alla prova dell'imputato non puo' essere concessa piu' di
una volta, non prevede che l'imputato ne possa usufruire per reati
connessi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), del codice di
procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia gia'
stato concesso.
1.1.- Riferisce il rimettente che D. A. e D. D.V. - imputati del
reato di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309
(Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti
e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei
relativi stati di tossicodipendenza), per aver effettuato, tra il 20
settembre e il 21 dicembre 2018, undici cessioni di cocaina in
quantita' variabile tra 0,5 e 1,7 grammi - nel corso dell'udienza
preliminare hanno chiesto la sospensione del procedimento con messa
alla prova, ai sensi dell'art. 168-bis cod. pen.
Gli imputati hanno gia' beneficiato della messa alla prova in
altro procedimento penale relativo a un episodio di spaccio, coevo a
quelli contestati nel giudizio a quo e ad essi avvinto dalla
continuazione (art. 81, secondo comma, cod. pen.), trattandosi di
fatti tutti commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso.
Tale procedimento, sospeso con ordinanza del 7 gennaio 2019, si e'
concluso con declaratoria di estinzione del reato per esito positivo
della messa alla prova.
Osserva il rimettente che la richiesta avanzata dagli imputati
non puo' allo stato essere accolta, in quanto l'art. 168-bis, quarto
comma, cod. pen. prevede che la messa alla prova non puo' essere
concessa per piu' di una volta. Di qui la rilevanza della questione.
1.2.- Quanto alla non manifesta infondatezza, il giudice a quo
osserva quanto segue.
1.2.1.- Ricostruite anzitutto la genesi storica e la ratio della
sospensione del procedimento con messa alla prova - istituto che
sarebbe connotato da «una necessaria componente afflittiva (che ne
salvaguarda la funzione punitiva e intimidatrice)» e volto a
«soddisfare nel contempo istanze specialpreventive e
risocializzatrici, mediante l'incentivazione dei comportamenti
riparativi indirizzati alla persona offesa dal reato» - il rimettente
osserva che la limitazione posta dall'art. 168-bis, quarto comma,
cod. pen. non era contenuta nel disegno all'origine della legge 28
aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive
non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni
in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei
confronti degli irreperibili), che ha introdotto nell'ordinamento la
facolta', per l'imputato maggiorenne, di richiedere la sospensione
del procedimento con messa alla prova. Prima degli emendamenti
apportati al disegno di legge in Senato, era infatti prevista la
possibilita' di fruire per due volte della messa alla prova, salvo
quando il successivo procedimento riguardasse reati della stessa
indole dei precedenti.
1.2.2.- Il limite della concedibilita' per una sola volta non e'
inoltre previsto in relazione alla sospensione del procedimento con
messa alla prova dell'imputato minorenne, di cui agli artt. 28 e 29
del d.P.R. 22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni
sul processo penale a carico di imputati minorenni).
Con riferimento al tale istituto, la giurisprudenza avrebbe in
effetti riconosciuto che, in caso di continuazione tra reati
giudicati e giudicandi, e' possibile concedere il beneficio anche in
relazione a questi ultimi, purche' il giudice accerti la sussistenza
del vincolo della continuazione e di elementi idonei a svolgere una
prognosi di positiva evoluzione della personalita' del minore, al
fine di redigere un progetto idoneo al raggiungimento dell'obiettivo
di rieducazione e reinserimento nella vita sociale (sono citate Corte
di cassazione, sezione sesta penale, sentenza 8 luglio 2014, n. 40312
e sezione seconda penale, sentenza 8 novembre 2012, n. 46366).
1.2.3.- Quanto alla messa alla prova per l'imputato maggiorenne,
la limitazione prevista dalla disposizione censurata, secondo il
giudice rimettente, «non esclude, in linea di principio, che in caso
di simultaneus processus avent[e] ad oggetto piu' fatti di reato, il
Giudice possa riconoscere il vincolo della continuazione e giungere
(con adeguata motivazione) ad un giudizio di meritevolezza del
programma di trattamento redatto dall'UEPE [Ufficio per l'esecuzione
penale esterna] anche attraverso l'esercizio dei poteri (integrativi
e/o aggiuntivi) in tema di condotte riparatorie a favore della
persona offesa e di commisurazione dei tempi e modi di espletamento
del lavoro di pubblica utilita'».
Ove, invece, «per scelta processuale del PM nella fase delle
indagini preliminari o per diversa tempistica processuale», i reati
commessi in esecuzione del medesimo disegno criminoso vengano
contestati in diversi procedimenti, e uno di questi si concluda con
l'estinzione del reato per esito positivo della messa alla prova,
cio' «consuma definitivamente l'unica possibilita'» dell'imputato di
fruire del beneficio. E invero, la richiesta di messa alla prova
successivamente avanzata in altro procedimento - pur relativo a un
reato connesso ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), cod. proc.
pen. - sarebbe destinata a una declaratoria di inammissibilita',
giusta il disposto dell'art. 168-bis, quarto comma, cod. pen.
1.2.4.- Sotto quest'ultimo profilo, si coglierebbe «in maniera
apprezzabile l'irrazionalita' del sistema conseguente alla
applicazione della norma censurata: la messa alla prova, per poter
essere richiesta nell'unica volta esperibile, deve riguardare solo
fatti giudicati in uno stesso procedimento», mentre «[i]n caso di
parcellizzazione dei procedimenti - e di esistenza di ipotesi di
connessione ex art. 12, comma 1, lett. b) c.p.p. -, la disciplina in
vigore non consente di 'agganciare' alla precedente estinzione del
reato fatti per cui si sarebbe potuta compiere una prognosi
favorevole di astensione futura dai reati e positivo reinserimento
sociale, con riconoscimento del vincolo della continuazione e
valutazione finale di esito positivo della messa alla prova».
1.2.5.- La disposizione censurata determinerebbe dunque
un'irragionevole disparita' di trattamento tra l'imputato sottoposto
a simultaneus processus in relazione a reati connessi ex art. 12,
lettera b), cod. proc. pen. - il quale potrebbe fruire della
sospensione del procedimento con messa alla prova per tutti i reati
contestatigli - e l'imputato che affronta giudizi distinti (ancorche'
connessi), che invece avrebbe diritto a richiedere il beneficio solo
la prima (e unica) volta.
Tale disparita' sarebbe palese, alla luce dei principi affermati
dalla giurisprudenza di legittimita' (e' citata Corte di cassazione,
sezioni unite penali, sentenza 27 novembre 2008-23 gennaio 2009, n.
3286), secondo cui il reato continuato «va considerato unitariamente
solo per gli effetti espressamente previsti dalla legge, come quelli
relativi alla determinazione della pena, mentre, per tutti gli altri
effetti non espressamente previsti, la considerazione unitaria puo'
essere ammessa solo esclusivamente a condizione che garantisca un
risultato favorevole al reo, cosi' rispondendo alla ratio di favor
rei dell'istituto in oggetto»; giurisprudenza in base alla quale i
reati avvinti dalla continuazione sarebbero da considerare come
un'unita' fittizia, ad esempio, ai fini della concessione del
beneficio della sospensione condizionale della pena. Stante il
parallelismo - evidenziato da questa Corte nella sentenza n. 91 del
2018 - tra quest'ultimo istituto e la messa alla prova, tra gli
effetti favorevoli che il riconoscimento del vincolo della
continuazione tra reati comporta «non [potrebbe] non annoverarsi
quello derivante dall'esito positivo della messa alla prova,
ovviamente previa valutazione positiva in ordine al riconoscimento
del medesimo disegno criminoso e alla meritevolezza per [l]'accesso
al beneficio».
1.2.6.- Non sarebbero d'altra parte ostative all'accoglimento
della questione le conclusioni raggiunte nella sentenza n. 52 del
1995 di questa Corte, ove si e' escluso che ledesse gli artt. 3 e 24
Cost. l'impossibilita' di un simultaneus processus innanzi al
tribunale per i minorenni, in conseguenza della non operativita'
della connessione, anche nei casi di reato continuato, tra
procedimenti per i reati commessi rispettivamente quando l'imputato
era minorenne e quando aveva raggiunto la maggiore eta'. Nel caso
oggi in esame, infatti, «il sistema di riferimento processuale e
sostanziale e' il medesimo».
1.2.7.- Alla luce del suo tenore letterale, la disposizione
censurata non si presterebbe poi a un'interpretazione
costituzionalmente orientata, data l'impossibilita' di considerare la
seconda richiesta di messa alla prova «non come ulteriore e nuova
richiesta ma come prosecuzione oppure integrazione di quella gia'
avanzata in altro procedimento». Occorrerebbe altresi' considerare
che «la vicenda relativa al percorso della messa alla prova si
conclude con una pronuncia di estinzione del reato che impedisce di
'riprendere' o 'rivalutare' quel percorso e le condizioni di accesso
al beneficio, perche' il reato e' estinto e la sentenza del Giudice
ha definitivamente prodotto un effetto sostanziale non piu'
revocabile».
1.2.8.- Si sarebbe dunque «in presenza di una situazione di
contrarieta' interna del sistema delineato dall'istituto della messa
alla prova sotto il profilo della irriducibilita' della regola
contenuta nel quarto comma dell'art. 168 bis c. p. al rispetto dei
principi ispiratori della norma», che determinerebbe un vulnus
all'art. 3 Cost.
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e
comunque non fondata.
2.1.- L'interveniente eccepisce anzitutto il difetto di
motivazione sulla rilevanza: l'ordinanza sarebbe «totalmente silente»
circa la sussistenza, nel caso di specie, sia dei presupposti per il
riconoscimento del vincolo della continuazione, sia di elementi
idonei a sostenere la valutazione di positiva evoluzione della
personalita' degli imputati - ai fini della redazione di un programma
di trattamento idoneo a consentire il reinserimento nella vita
sociale - e la prognosi di astensione dalla futura commissione di
ulteriori reati.
2.2.- Contrariamente a quanto sostenuto dal giudice a quo,
sarebbe inoltre possibile un'interpretazione costituzionalmente
orientata della disposizione censurata: secondo un'ormai consolidata
giurisprudenza di legittimita', il reato continuato andrebbe
considerato unitariamente ai fini dell'applicazione della sospensione
condizionale della pena ex art. 168 cod. pen.; e tale principio ben
potrebbe essere applicato anche all'istituto della sospensione del
procedimento con messa alla prova.
A tale interpretazione non osterebbe neppure l'irreversibilita'
della dichiarazione di estinzione del reato conseguente all'esito
positivo della massa alla prova. E invero, il medesimo effetto
estintivo caratterizzerebbe anche la sospensione del procedimento con
messa alla prova nel processo minorile, al quale - secondo le
sentenze n. 46366 del 2012 e n. 40312 del 2014 della Corte di
cassazione - e' possibile accedere anche ove l'imputato abbia gia'
fruito di tale beneficio per reati avvinti dal vincolo della
continuazione con quelli sottoposti a un giudizio successivo.
3.- In prossimita' della camera di consiglio, il Presidente del
Consiglio dei ministri ha depositato memoria illustrativa.
3.1.- In punto di ammissibilita', l'interveniente insiste sulla
mancata indicazione, da parte del rimettente, degli elementi di prova
da cui risulterebbe la medesimezza del disegno criminoso
nell'esecuzione dei reati, nei termini richiesti dalla giurisprudenza
di legittimita' (e' citata Corte di cassazione, sezione sesta penale,
sentenza 23 novembre 2021, n. 5447), nonche' sulla carente
motivazione circa la sussistenza degli ulteriori presupposti per la
concedibilita' del beneficio della sospensione del procedimento con
messa alla prova (sussistenza e idoneita' del programma di
trattamento, prognosi sulla futura astensione dell'imputato dalla
commissione di nuovi reati).
3.2.- La questione sarebbe in ogni caso non fondata, attesa la
possibilita' di interpretazione conforme della disposizione
censurata, corroborata dagli approdi giurisprudenziali in tema di
sospensione condizionale della pena per reati avvinti dalla
continuazione (e' citata Corte di cassazione, sezione prima penale,
sentenza 28 ottobre 2015, n. 3775). La giurisprudenza di merito
avrebbe del resto gia' affermato che la messa alla prova in relazione
a piu' reati in continuazione sarebbe da considerare come concessa
una sola volta (e' richiamata un'ordinanza del Tribunale di Milano,
sezione terza penale, del 28 aprile 2015).
Alla possibilita' di interpretazione costituzionalmente orientata
non osterebbe neppure l'irreversibilita' della dichiarazione di
estinzione del reato, stante la gia' richiamata analogia rispetto al
corrispondente istituto per i minorenni.
Considerato in diritto
1.- Con l'ordinanza indicata in epigrafe, il Giudice dell'udienza
preliminare del Tribunale ordinario di Bologna ha sollevato, in
riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 168-bis, quarto comma, del codice penale,
nella parte in cui, disponendo che la sospensione del procedimento
con messa alla prova dell'imputato non puo' essere concessa piu' di
una volta, non prevede che l'imputato ne possa usufruire per reati
connessi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), del codice di
procedura penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia gia'
stato concesso.
2.- Le eccezioni formulate dall'Avvocatura generale dello Stato
non sono fondate.
2.1.- Va disattesa, anzitutto, l'eccezione di difetto di
motivazione sulla rilevanza della questione.
2.1.1.- Il rimettente chiarisce di dover decidere sulla
richiesta, formulata dalla difesa degli imputati, di sospensione del
procedimento con messa alla prova. Dal momento che gli interessati
hanno gia' fruito del beneficio in una occasione anteriore, il
giudice a quo osserva che l'accoglimento della richiesta e' allo
stato impedito dal tenore letterale del censurato art. 168-bis,
quarto comma, cod. pen., che vieta di concedere piu' di una volta la
sospensione del procedimento con messa alla prova.
Il rimettente aggiunge, peraltro, che il difensore degli imputati
ha sottolineato, da un lato, che i fatti per i quali gli stessi sono
ora rinviati a giudizio sarebbero stati commessi in epoca coeva al
reato relativamente al quale sono gia' stati ammessi, con esito
positivo, alla sospensione del procedimento con messa alla prova; e,
dall'altro, che i reati per i quali ora e' processo appaiono avvinti
da un medesimo disegno criminoso rispetto a quello ormai estinto in
esito alla esperita messa alla prova.
Conseguentemente, il giudice a quo solleva questione di
legittimita' costituzionale dello stesso art. 168-bis, quarto comma,
cod. pen., nella parte in cui esclude che possa egualmente essere
ammesso al beneficio l'imputato che ne abbia fruito nell'ambito di un
procedimento relativo ad un reato connesso ai sensi dell'art. 12,
comma 1, lettera b), del codice di procedura penale: disposizione,
quest'ultima, la quale prevede che due procedimenti sono connessi
laddove una persona sia imputata di piu' reati commessi con una sola
azione od omissione ovvero, appunto, con piu' azioni od omissioni
esecutive di un medesimo disegno criminoso.
2.1.2.- Tanto basta ai fini della motivazione sulla rilevanza
della questione, cosi' come formulata dal rimettente.
L'accoglimento della questione avrebbe infatti, nella prospettiva
del giudice a quo, l'effetto di rimuovere la preclusione oggi opposta
a una possibile seconda concessione del beneficio previsto dalla
disposizione censurata, consentendogli cosi' di valutare nel merito
se effettivamente i nuovi reati contestati siano espressivi di un
medesimo disegno criminoso rispetto a quello estinto, e se sussistano
gli ulteriori presupposti delineati dagli artt. 168-bis cod. pen. e
464-bis e 464-quater cod. proc. pen. per l'accesso all'istituto in
questione.
La prospettazione dei difensori degli imputati non appare, del
resto, prima facie implausibile, in ragione della omogeneita' dei
reati per cui si procede nel giudizio a quo (tutti consistenti in
cessioni di modeste quantita' di sostanze stupefacenti, riconducibili
alla previsione normativa di cui all'art. 73, comma 5, del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, recante «Testo unico delle leggi in materia di
disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza») e
della loro contiguita' temporale rispetto a quello gia' estinto per
effetto della precedente messa alla prova.
Ne', ai fini della motivazione sulla rilevanza della questione,
sarebbe stato necessario per il giudice rimettente diffondersi sulla
sussistenza dei requisiti del beneficio in capo a entrambi gli
imputati, posto che tale valutazione e' logicamente successiva alla
rimozione della preclusione stabilita dalla disposizione censurata,
che allo stato vieta in modo assoluto - secondo la lettura del
rimettente - la concessione del beneficio a chi ne abbia gia' fruito
(in senso analogo, sentenza n. 253 del 2019, punto 6 del Considerato
in diritto).
2.2.- Nemmeno e' fondata l'eccezione di omessa sperimentazione di
una interpretazione conforme da parte del rimettente.
Il giudice a quo ha infatti motivatamente escluso di poter
superare in via ermeneutica la preclusione censurata in relazione al
caso in esame, ritenendo insuperabile il relativo dato testuale, che
in effetti recita, senza contemplare alcuna espressa eccezione: «[l]a
sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non
puo' essere concessa piu' di una volta». In tal modo, il rimettente
ha assolto al proprio onere motivazionale sulla rilevanza della
questione, attenendo invece al merito della stessa l'effettiva
praticabilita' o impraticabilita' di una interpretazione
costituzionalmente orientata della disposizione censurata, idonea a
superare il vulnus denunciato (ex multis, sentenza n. 172 del 2021).
3.- La questione e' fondata.
3.1.- Cuore dell'articolata motivazione dell'unica censura svolta
dal rimettente e' la constatazione dell'irragionevole disparita' di
trattamento tra l'imputato cui tutti i reati commessi in esecuzione
di un medesimo disegno criminoso vengano contestati nell'ambito di un
unico procedimento, nel quale egli ha la possibilita' di accedere al
beneficio della sospensione del procedimento con messa alla prova, e
l'imputato nei cui confronti l'azione penale venga inizialmente
esercitata solo in relazione ad alcuni di tali reati, e che si veda
contestare gli altri, per effetto di una scelta discrezionale del
pubblico ministero o di altre evenienze processuali, nell'ambito di
un diverso procedimento, dopo che egli abbia gia' avuto accesso alla
messa alla prova. Questo secondo imputato si trova cosi'
nell'impossibilita' di ottenere una seconda volta il beneficio, cui
avrebbe invece potuto accedere ove tutti i reati gli fossero stati
contestati in un unico procedimento.
3.2.- Preclusioni analoghe a quella oggi all'esame sono gia'
state dichiarate costituzionalmente illegittime da sentenze risalenti
di questa Corte.
3.2.1.- In un contesto normativo in cui la sospensione
condizionale della pena poteva parimenti essere concessa una volta
soltanto, la sentenza n. 86 del 1970 ha dichiarato l'illegittimita'
costituzionale degli artt. 164, secondo comma, numero 1), e 168 cod.
pen., nelle formulazioni all'epoca vigenti, nella parte in cui
disponevano che il giudice non potesse esercitare il potere di
concedere o negare il beneficio della sospensione condizionale,
ovvero dovesse revocare di diritto il beneficio gia' concesso, quando
il secondo reato fosse legato dal vincolo della continuazione a
quello punito con pena sospesa.
Questa Corte aveva, allora, osservato che le norme censurate
facevano «dipendere l'esistenza del nesso di continuita' fra due
reati da circostanze occasionali, e cioe' a dire, dal fatto che la
continuazione sia accertata in un solo tempo anziche' in tempi
successivi, circostanze che non possono elevarsi a fondamento di una
diversa disciplina [...]. La circostanza che il primo giudice non era
a notizia che l'imputato aveva, in continuazione, ancora violato la
legge penale, non puo' percio' impedire al secondo giudice di
compiere gli apprezzamenti che avrebbe fatto il primo, e imporgli di
sostituire, al suo libero convincimento, una presunzione legale di
inopportunita' della sospensione. Tale inopportunita' non puo'
spiegarsi nemmeno con il rilievo che l'imputato non rese noto al
giudice di aver commesso i nuovi reati, perche', se cosi' potesse
ragionarsi, dalla norma si farebbe derivare una inconcepibile
sanzione alla reticenza dell'imputato; al quale invece l'ordinamento
garantisce piena liberta' di comportamento processuale, al riparo
dalla presunzione della sua non colpevolezza».
3.2.2.- Analoga sorte ha colpito, ad opera della sentenza n. 108
del 1973, l'art. 169 cod. pen., nella parte cui - prevedendo che il
perdono giudiziale per i minori di diciotto anni possa essere
concesso una sola volta - non consentiva di estendere il beneficio ad
altri reati legati dal vincolo della continuazione a quello per il
quale era stato accordato. In quella occasione, questa Corte
richiamo' gli argomenti gia' spesi nella sentenza n. 86 del 1970,
rilevando la stretta similitudine tra le due questioni.
Nella sentenza n. 295 del 1986, invece, e' stata ritenuta non
fondata una questione mirante a estendere la possibilita' di
concedere una seconda volta il perdono giudiziale in relazione a
reati commessi successivamente alla prima concessione, sul rilievo
che tale situazione fosse essenzialmente diversa rispetto a quella
esaminata dalle sentenze n. 86 del 1970 e n. 108 del 1973.
3.2.3.- Infine, con la sentenza n. 267 del 1987, e' stato
dichiarato costituzionalmente illegittimo l'allora vigente art. 80
della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale),
nella parte in cui escludeva la reiterabilita' del provvedimento di
concessione delle sanzioni sostitutive della liberta' controllata e
della pena pecuniaria, quando l'imputato dovesse rispondere di reati
avvinti dalla continuazione a quelli per i quali egli avesse gia'
fruito del beneficio.
Anche in questa occasione, furono richiamati i principi espressi
dalla sentenza n. 86 del 1970, affermandosi che «il caso "riguardante
piu' fatti legati da nesso di continuita' con altri puniti con
sentenza precedente non puo' essere trattato diversamente dal caso in
cui la continuazione viene accertata con unica sentenza", ad evitare
che un nesso "sostanziale", quale quello di continuita', venga fatto
dipendere da circostanze meramente occasionali».
3.3.- E' sulla base dei medesimi principi che deve essere risolta
la questione ora all'esame.
Come rilevato dalla giurisprudenza della Corte di cassazione
(sezione seconda penale, sentenza 12 marzo 2015, n. 14112), di cui
questa stessa Corte ha recentemente preso atto (sentenza n. 146 del
2022), la preclusione posta dall'art. 168-bis, quarto comma, cod.
pen., in questa sede censurata, non osta a che uno stesso imputato
possa essere ammesso al beneficio della sospensione del procedimento
con messa alla prova anche qualora gli vengano contestati piu' reati
nell'ambito del medesimo procedimento, sempre che i limiti edittali
di ciascuno di essi siano compatibili con la concessione del
beneficio. Cio' vale, evidentemente, anche nel caso specifico in cui
tali reati siano avvinti dalla continuazione, essendo stati commessi
in esecuzione di un medesimo disegno criminoso. In una tale
situazione, infatti, l'ordinamento considera unitariamente i reati ai
fini sanzionatori, prevedendo l'inflizione di una sola pena che tenga
conto del loro complessivo disvalore; sicche' appare logico che, ove
tutti i singoli reati siano compatibili, in ragione dei rispettivi
limiti edittali, con il beneficio della messa alla prova, l'imputato
possa essere ammesso ad un percorso unitario di risocializzazione e
riparazione, nel quale si sostanzia il beneficio medesimo (ancora,
sentenza n. 146 del 2022 e le altre pronunce ivi citate), e il cui
esito positivo comporta l'estinzione dei reati contestati.
In ipotesi come quella verificatasi nel giudizio a quo, dunque,
se tutti i reati commessi in continuazione fossero stati contestati
nell'ambito di un unico procedimento, i relativi imputati ben
avrebbero avuto la possibilita' di chiedere e - sussistendone tutti i
presupposti - di ottenere il beneficio della sospensione del
procedimento con messa alla prova in relazione a tutti i reati, il
cui esito positivo avrebbe determinato l'estinzione dei reati
medesimi.
Risulta, allora, irragionevole che quando, per scelta del
pubblico ministero o per altre evenienze processuali, i reati avvinti
dalla continuazione vengano invece contestati in distinti
procedimenti, gli imputati non abbiano piu' la possibilita', nel
secondo procedimento, di chiedere ed ottenere la messa alla prova,
allorche' siano stati gia' ammessi al beneficio nel primo. Cio'
equivarrebbe a far dipendere la possibilita' di accedere a uno dei
riti alternativi previsti dal legislatore - possibilita' che
costituisce «una modalita', tra le piu' qualificanti, di esercizio
del diritto di difesa» dell'imputato di cui all'art. 24 Cost. (ex
multis, sentenza n. 192 del 2020, nonche' sentenze n. 19 e n. 14 del
2020, n. 131 del 2019) - dalle scelte contingenti del pubblico
ministero o da circostanze casuali, sulle quali l'imputato stesso non
puo' in alcun modo influire.
3.4.- Sotto un diverso ma connesso profilo, la preclusione
censurata, applicata a ipotesi come quella all'esame, finisce per
frustrare lo stesso intento legislativo di sanzionare in maniera
unitaria il reato continuato, attraverso un aumento della pena
prevista per il reato piu' grave, secondo la regola generale posta
dall'art. 81, secondo comma, cod. pen. - intento, si noti, che non e'
precluso nemmeno dall'intervento del giudicato, come dimostra l'art.
671 cod. proc. pen., che consente al giudice dell'esecuzione di
rideterminare la pena complessiva per piu' reati giudicati
separatamente con sentenze o decreti penali irrevocabili, tenendo
conto appunto della continuazione tra gli stessi.
Se e' vero, infatti, che la messa alla prova dell'imputato
maggiorenne ha anche una innegabile connotazione sanzionatoria
rispetto al reato per il quale si procede (sentenze n. 146 del 2022,
n. 139 e n. 75 del 2020, n. 68 del 2019), l'impossibilita' di
ammettere alla messa alla prova chi abbia gia' avuto accesso al
beneficio in relazione ad altro reato commesso in esecuzione di un
medesimo disegno criminoso si traduce nell'impossibilita' di
sanzionare in modo sostanzialmente unitario tutti i reati avvinti
dalla continuazione, in contrasto con la logica del sistema del
codice penale.
3.5.- Tali considerazioni valgono, a maggior ragione, per l'altra
ipotesi di connessione prevista dall'art. 12, comma 1, lettera b),
cod. proc. pen., che si verifica nel caso del concorso formale
disciplinato dall'art. 81, primo comma, cod. pen., e dunque allorche'
piu' reati sono commessi dalla stessa persona con una sola azione od
omissione. Anche in questo caso, il legislatore prevede che il
trattamento sanzionatorio sia commisurato unitariamente dal giudice,
secondo le medesime regole che vigono per il reato continuato: il che
normalmente accade nell'ambito di un unico processo. Sicche', nelle
ipotesi in cui il pubblico ministero abbia invece proceduto per reati
in concorso formale nell'ambito di procedimenti distinti - e sempre
che il secondo procedimento non sia di per se' precluso dall'art. 649
cod. pen. (sul punto, sentenza n. 200 del 2016, punto 12 del
Considerato in diritto) -, risulterebbe irragionevole negare
all'imputato la possibilita' di accedere nuovamente alla messa alla
prova, nell'ambito di un procedimento che ha pur sempre ad oggetto la
medesima condotta attiva od omissiva per la quale egli ha gia' fruito
del beneficio.
3.6.- Da tutto cio' discende che la disposizione censurata deve
essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui
non prevede che l'imputato possa essere ammesso alla sospensione del
procedimento con messa alla prova nell'ipotesi in cui si proceda per
reati connessi, ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), cod.
proc. pen., con altri reati per i quali tale beneficio sia gia' stato
concesso.
In una simile ipotesi, spettera' al giudice, ai sensi dell'art.
464-quater, comma 3, cod. proc. pen., una nuova valutazione
dell'idoneita' del programma di trattamento e una nuova prognosi
sull'astensione dalla commissione di ulteriori reati da parte
dell'imputato. In tale valutazione non potra' non tenersi conto - per
un verso - della natura e della gravita' dei reati oggetto del nuovo
procedimento, e - per altro verso - del percorso di riparazione e
risocializzazione eventualmente gia' compiuto durante la prima messa
alla prova. Nel caso poi in cui ritenga di poter concedere nuovamente
il beneficio, il giudice stabilira' la durata del periodo aggiuntivo
di messa alla prova, comunque entro i limiti complessivi indicati
dall'art. 464-quater, comma 5, cod. proc. pen., valorizzando
opportunamente il percorso gia' compiuto, alla luce dell'esigenza -
sottesa al sistema - di apprestare una risposta sanzionatoria
sostanzialmente unitaria rispetto a tutti i reati in concorso formale
o commessi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 168-bis,
quarto comma, del codice penale, nella parte in cui non prevede che
l'imputato possa essere ammesso alla sospensione del procedimento con
messa alla prova nell'ipotesi in cui si proceda per reati connessi,
ai sensi dell'art. 12, comma 1, lettera b), del codice di procedura
penale, con altri reati per i quali tale beneficio sia gia' stato
concesso.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 giugno 2022.
F.to:
Giuliano AMATO, Presidente
Francesco VIGANO', Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 12 luglio 2022.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
