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Processo civile, espropriazione forzata presso terzi (artt. 548 e 549 c.p.c.). Pubblicata la sentenza Sentenza 20 giugno 2019 n. 172: Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Processo civile – Espropriazione forzata presso terzi – Potere del giudice dell’esecuzione di decidere, in contraddittorio, sulle contestazioni insorte sul credito, con ordinanza impugnabile mediante opposizione agli atti esecutivi. – Codice di procedura civile, artt. 548 e 549, come modificati dall’art. 1, comma 20, numeri 3) e 4), della legge 24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita’ 2013)», e come successivamente riformulati dall’art. 13, comma 1, lettere m-bis) e m-ter), del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile e processua le civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria), convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132.

 

N. 172 SENTENZA 20 giugno – 10 luglio 2019
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. 
 
Processo civile - Espropriazione forzata presso terzi  -  Potere  del
  giudice dell'esecuzione  di  decidere,  in  contraddittorio,  sulle
  contestazioni  insorte  sul  credito,  con  ordinanza   impugnabile
  mediante opposizione agli atti esecutivi. 
- Codice di procedura  civile,  artt.  548  e  549,  come  modificati
  dall'art. 1, comma 20, numeri 3) e  4),  della  legge  24  dicembre
  2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del  bilancio
  annuale e pluriennale dello Stato (Legge di  stabilita'  2013)»,  e
  come successivamente riformulati dall'art.  13,  comma  1,  lettere
  m-bis) e m-ter), del decreto-legge 27 giugno 2015,  n.  83  (Misure
  urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile  e  di
  organizzazione e funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),
  convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n. 132. 
-   

(GU n.29 del 17-7-2019 )

  
 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
composta dai signori: 
Presidente:Giorgio LATTANZI; 
Giudici :Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI,  Silvana
  SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo' ZANON,  Franco  MODUGNO,  Augusto
  Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,  Giovanni  AMOROSO,  Francesco
  VIGANO', Luca ANTONINI, 
      
    ha pronunciato la seguente 
 
                              SENTENZA 
 
    nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 20,
numeri 3) e 4),  della  legge  24  dicembre  2012,  n.  228,  recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2013)», sostitutivi degli artt.  548
e  549  del  codice  di  procedura  civile,  come,   rispettivamente,
modificati dall'art. 13,  comma  1,  lettere  m-bis)  e  m-ter),  del
decreto-legge 27 giugno  2015,  n.  83  (Misure  urgenti  in  materia
fallimentare, civile e  processuale  civile  e  di  organizzazione  e
funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,   con
modificazioni, nella legge  6  agosto  2015,  n.  132,  promossi  dal
giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario  di  Viterbo  con
ordinanze del 10 gennaio e del 7 marzo 2018, iscritte ai  nn.  142  e
143 registro ordinanze 2018 e  pubblicate  nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 2018. 
    Visti gli atti di intervento del  Presidente  del  Consiglio  dei
ministri; 
    udito nella camera di consiglio del 18  giugno  2019  il  Giudice
relatore Mario Rosario Morelli. 
 
                          Ritenuto in fatto 
 
    1.- Nel corso di un procedimento civile  di  pignoramento  presso
terzi - nel quale la societa' terza aveva negato di essere  debitrice
della societa' esecutata e il creditore pignorante  aveva  contestato
tale negativa dichiarazione -  l'adito  giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale  ordinario   di   Viterbo,   chiamato   a   decidere   tale
controversia, sollevava (con ordinanza iscritta al n. 155 del  r.  o.
2016) questione  incidentale  di  legittimita'  costituzionale  degli
artt. 548 e 549  del  codice  di  procedura  civile,  come  novellati
dall'art. 1, comma 20, numeri 3) e 4), della legge 24 dicembre  2012,
n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale
e pluriennale dello Stato (Legge di stabilita' 2013)», per  contrasto
con gli artt. 2, 3, 24, commi primo e secondo, 81 e 111, commi primo,
secondo, sesto e settimo, della Costituzione. 
    1.1.- Nel  motivare  il  sospetto  di  violazione  dei  parametri
evocati, il rimettente muoveva dalla considerazione che, a differenza
del precedente regime processuale (in cui  l'eventuale  contestazione
del debito  del  terzo  pignorato  comportava  la  sospensione  della
procedura esecutiva, l'instaurazione  di  un  giudizio  a  cognizione
piena e l'accertamento  con  sentenza  del  diritto  di  credito  del
debitore nei confronti del  terzo),  con  le  sopravvenute  modifiche
degli artt. 548 e 549 cod. proc. civ. (per effetto  della  richiamata
legge  n.  228  del  2012),  si  sarebbe  dovuto  procedere   ad   un
accertamento sommario dinanzi allo stesso giudice dell'esecuzione, in
cui, sotto plurimi profili, sarebbero venute meno  diverse  forme  di
tutela processuale  del  terzo  pignorato,  oltre  che  dello  stesso
creditore pignorante. 
    2.- Decidendo su tale questione, questa Corte, con  ordinanza  n.
64 del 2017, ha disposto la restituzione degli atti al giudice a quo,
per il riesame della rilevanza alla luce delle modifiche  legislative
nel  frattempo  apportate  alle  disposizioni  oggetto   di   censura
dall'art. 13, comma 1, lettere m-bis) e m-ter), del decreto-legge  27
giugno 2015, n. 83 (Misure urgenti in materia fallimentare, civile  e
processuale   civile   e   di    organizzazione    e    funzionamento
dell'amministrazione  giudiziaria),  convertito,  con  modificazioni,
nella legge 6 agosto 2015, n. 132. 
    3.- Lo stesso giudice, con ordinanza iscritta al n. 143 del  r.o.
2018,  ha  poi  riproposto  la  riferita  questione  di  legittimita'
costituzionale, reputando non satisfattive  le  modifiche  introdotte
dal richiamato ius superveniens. 
    La  motivazione  di  questa  ordinanza  si  sofferma,   peraltro,
pressoche' esclusivamente sull'art. 549 cod. proc. civ., che, anche a
seguito della sua nuova formulazione, violerebbe, infatti, secondo il
rimettente, l'art. 111, primo comma, Cost.,  per  avere  abrogato  il
procedimento di accertamento dell'obbligo del terzo (che,  prima,  si
svolgeva nelle forme ordinarie, a norma del libro secondo del  codice
di rito civile) e la sospensione necessaria del  processo  esecutivo,
sostituendoli con una procedura non sufficientemente  regolata  dalla
legge  e  rimessa,  quasi  completamente,  alla  interpretazione  del
giudice dell'esecuzione; gli artt. 111, secondo comma, e 24, primo  e
secondo comma, Cost., in quanto prevederebbe  una  procedura  tuttora
priva di adeguate ed effettive garanzie relative al "contraddittorio"
nei confronti del terzo pignorato e al diritto di difesa; l'art. 111,
commi sesto e settimo,  Cost.,  per  la  mancata  previsione  di  una
adeguata motivazione dell'ordinanza con cui e' chiamato a  provvedere
il giudice dell'esecuzione, e per  l'omessa  precisazione  della  sua
natura e ricorribilita' in cassazione; gli artt. 2 e 3 Cost., per  il
diverso trattamento, che ne deriverebbe, di  fattispecie  uguali,  in
tema  di  accertamento  del  credito  e  per  lesione   dei   diritti
fondamentali della persona  in  relazione  al  principio  del  giusto
processo;  l'art.  81  Cost.,  per  aver  introdotto  una   procedura
sommaria, interna al procedimento  esecutivo,  nel  contesto  di  una
legge di bilancio e programmazione  economica,  cui  e'  estranea  la
materia processuale. 
    4.- Con altra precedente ordinanza, iscritta al n. 142  del  r.o.
2018, lo stesso giudice dell'esecuzione del  Tribunale  ordinario  di
Viterbo, in analoga procedura di  pignoramento  presso  terzi,  aveva
gia' sollevato questione sostanzialmente identica, per l'oggetto e  i
parametri evocati, a quella poi riproposta con  l'ordinanza  iscritta
al n. 143 del r.o. 2018. 
    5.- In  entrambi  i  giudizi  costituzionali  e'  intervenuto  il
Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  contestando,  sotto  ogni
profilo e con diffuse argomentazioni, la questione sollevata. 
 
                       Considerato in diritto 
 
    1.- Con le due ordinanze di cui si e' in narrativa detto - e che,
per  l'identita'   del   petitum,   possono   riunirsi   per   essere
unitariamente esaminate e decise -  il  giudice  dell'esecuzione  del
Tribunale ordinario di Viterbo, a seguito di restituzione degli  atti
(relativi alla prima delle  due  procedure  a  quibus),  disposta  da
questa Corte per ius superveniens, con ordinanza n. 64 del  2017,  ha
riproposto la gia' sollevata questione di legittimita' costituzionale
degli  artt.  548  e  549  del  codice  di  procedura  civile,   come
riformulati (rispettivamente) dai  numeri  3)  e  4),  del  comma  20
dell'art.  1  della  legge  24  dicembre  2012,   n.   228,   recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio  annuale  e  pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2013)», «anche tenendo  conto  delle
modifiche», reputate  non  satisfattive,  «introdotte  dall'art.  13,
comma 1, lettera m-ter, del D.L. 27 giugno 2015, n. 83,  [convertito,
con modificazioni, nella legge 6 agosto 2015, n.  132]»,  applicabili
ai giudizi pendenti, «nella parte in cui stabiliscono  le  forme  del
nuovo  procedimento  per  l'accertamento   dell'obbligo   del   terzo
pignorato  in  caso  di  "contestazioni"  sulla  sua   dichiarazione,
nell'ambito della procedura esecutiva di pignoramento presso  terzi»,
per contrasto con gli artt. 2, 3, 24, commi primo  e  secondo,  81  e
111, commi primo, secondo, sesto e settimo, della Costituzione. 
    2.- Come chiaramente risulta dalla motivazione delle ordinanze di
rimessione, il sospetto di incostituzionalita' investe  di  fatto  il
solo art. 549 cod. proc. civ., come da ultimo modificato, che attiene
alla ipotesi di «[c]ontestata dichiarazione del terzo» (quale appunto
ricorrente nei due procedimenti a quibus) e non anche il  pure  (solo
formalmente)  richiamato  nuovo  art.  548  cod.  proc.   civ.,   che
disciplina  la  diversa  ipotesi  in  cui  «il  terzo   non   compare
all'udienza stabilita», in ordine al quale la questione sollevata e',
pertanto, manifestamente inammissibile per difetto di rilevanza. 
    3.- Prima della attuale sua riformulazione  (ad  opera  dell'art.
13,  comma  1,  lettera  m-ter,  del  d.l.  n.  83  del  2015,   come
convertito),  l'art.  549  cod.  proc.  civ.,  nel  testo   riscritto
dall'art. 1, comma 20,  numero  4,  della  legge  n.  228  del  2012,
disponeva che «[s]e sulla  dichiarazione  sorgono  contestazioni,  il
giudice   dell'esecuzione   le   risolve,   compiuti   i    necessari
accertamenti, con ordinanza. L'ordinanza produce effetti ai fini  del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione ed e' impugnabile nelle  forme  e  nei  termini  di  cui
all'articolo 617». 
    3.1.- Siffatta modifica  dell'art.  549  cod.  proc.  civ.  aveva
appunto  dato  luogo  alla  precedente  denuncia  di   illegittimita'
costituzionale da parte del giudice rimettente, secondo il quale -  a
differenza del precedente  regime  processuale,  in  cui  l'eventuale
contestazione  del  debito  del  terzo   pignorato   determinava   la
sospensione della procedura esecutiva, l'instaurazione di un giudizio
a cognizione piena e l'accertamento  con  sentenza  del  credito  del
debitore  nei  confronti  del  terzo  -   il   riscritto   art.   549
"dequalificava"  l'accertamento  dell'obbligo  del   terzo   a   mero
incidente  di  esecuzione,  interno  alla  procedura  esecutiva,   da
definirsi, dallo  stesso  giudice  dell'esecuzione,  in  base  ad  un
subprocedimento sommario, in cui sarebbero venute meno plurime  forme
di  tutela  del  terzo  pignorato.  E  cio'   con   riferimento,   in
particolare, alla mancanza di garanzie di un contradditorio effettivo
e pieno; al difetto di indicazione dell'oggetto e  del  titolo  della
domanda azionabile nei suoi confronti; alla carenza di una  specifica
previsione sulla  necessaria  assistenza  di  un  difensore  nel  suo
interesse; alla  mancanza  di  una  strutturazione  del  giudizio  di
accertamento e della  previsione  di  specifici  poteri  in  capo  al
giudice   dell'esecuzione;   all'assenza   di   un'adeguata    tutela
impugnatoria. 
    4.- A seguito della novella del 2015, l'art. 549 cod. proc.  civ.
(intitolato   appunto   «Contestata   dichiarazione    del    terzo»)
testualmente  dispone  ora  che  «[s]e  sulla  dichiarazione  sorgono
contestazioni o se a seguito della mancata  dichiarazione  del  terzo
non e' possibile l'esatta identificazione del credito o dei beni  del
debitore in possesso del terzo, il giudice dell'esecuzione su istanza
di parte, provvede con ordinanza, compiuti i  necessari  accertamenti
nel contradditorio tra le parti e con il terzo.  L'ordinanza  produce
effetti ai fini del procedimento in corso e  dell'esecuzione  fondata
sul provvedimento di assegnazione ed e' impugnabile nelle forme e nei
termini di cui all'articolo 617». 
    Per effetto di  tale  ultima  riscrittura,  resta  confermata  la
scelta di attribuire il potere di risolvere i contrasti, in relazione
all'accertamento  dell'obbligo  del  terzo  o  a  problemi   relativi
all'individuazione dei crediti o dei beni del  debitore  in  possesso
del terzo, allo  stesso  giudice  dell'esecuzione,  che  vi  provvede
mediante  l'adozione  di  un'apposita  ordinanza;  ma  detto  giudice
procede all'accertamento «su istanza di parte», deve essere  comunque
assicurato «il contradditorio tra le parti e con il terzo», e  si  fa
espresso riferimento alla necessita' di una  «esatta  identificazione
del credito o dei beni del debitore in possesso del terzo». 
    4.1.- Le riferite modifiche, secondo il rimettente, non avrebbero
pero' dissolto i dubbi di  legittimita'  costituzionale,  pur  sempre
derivanti dalla sommarieta' del rito cui e' affidata  la  risoluzione
delle controversie relative alla negativa o contestata  dichiarazione
del terzo. 
    In particolare,  secondo  detto  giudice  a  quo,  risulterebbero
tuttora violati: 
    a) gli artt. 24  e  111,  primo  comma,  Cost.,  atteso  che  «il
processo di accertamento dell'obbligo del terzo [...] appare talmente
poco  "regolato  dalla  legge"  da  essere  totalmente  rimesso  alla
elaborazione giurisprudenziale nei suoi aspetti fondamentali»,  dando
«ampio spazio alla creativita' dei  singoli  giudici  dell'esecuzione
nello stabilire sia quali  accertamenti  possano  essere  compiuti  e
quali no», con conseguente «compromissione dei diritti di difesa  dei
singoli,  i  quali  non  sono  posti  in  condizione   di   conoscere
preventivamente,  in  modo  sufficientemente  certo,   la   normativa
applicabile al processo che li riguarda»; 
    b) l'art. 111, secondo comma, Cost., poiche', in  violazione  del
principio del contraddittorio, il procedimento non  chiarirebbe  «con
quali modalita' ed in  quali  termini  e  forme  il  terzo  pignorato
diventa parte del processo (se lo diventa)», non prevederebbe che  il
creditore  procedente  individui  gli  elementi   costitutivi   della
domanda, ne' l'assistenza di un difensore tecnico per il terzo; 
    c) l'art. 111, commi sesto  e  settimo,  Cost.,  per  la  mancata
previsione di una adeguata  motivazione  dell'ordinanza  con  cui  il
giudice dell'esecuzione e'  chiamato  a  provvedere  e  per  l'omessa
precisazione della sua natura e ricorribilita' in cassazione; 
    d) l'art. 2 Cost., per violazione del diritto fondamentale  della
persona ad un giusto processo; 
    e)  l'art.  3  Cost.,  per  l'attuato  diverso   trattamento   di
fattispecie  uguali  relative  alle  modalita'  di  accertamento  del
credito  e  di  formazione  giudiziale  di   un   titolo   esecutivo,
differenziate  solo  in  considerazione  di   un   ingiustificato   e
generalizzato favore per i creditori gia' muniti di titolo esecutivo,
i  quali  potrebbero  ottenere  un  ulteriore  titolo  esecutivo  nei
confronti di un soggetto estraneo, il terzo quale debitor  debitoris,
con una procedura estremamente accelerata e poco garantista; 
    f) l'art. 81 Cost., per aver introdotto una  procedura  sommaria,
interna al procedimento esecutivo,  nel  contesto  di  una  legge  di
bilancio e programmazione  economica,  cui  e'  estranea  la  materia
processuale. 
    5.- La questione e', sotto ogni profilo, non fondata. 
    5.1.- Non sussiste, in  primo  luogo,  la  denunciata  violazione
dell'art. 111, primo comma, Cost.,  per  il  profilo  della  asserita
carente disciplina dell'espropriazione presso terzi  (affidata  a  un
provvedimento finale adottato sulla base di accertamenti rimessi alla
discrezionalita' del giudice dell'esecuzione). 
    La nuova disciplina del procedimento in esame risponde,  infatti,
a una precisa scelta del legislatore; quella di  fare,  al  riguardo,
ricorso ad una istruttoria deformalizzata in vista dell'obiettivo, di
rilievo costituzionale, di  assicurare,  nel  rispetto  dei  principi
fondamentali che governano il processo, la celerita' e  con  cio'  la
"ragionevole durata" dello stesso. 
    Scelta, questa, che innegabilmente rientra nell'ampio margine  di
discrezionalita' riservato al legislatore in materia processuale  (ex
plurimis, sentenze n. 45 del 2018 e n. 191 del 2016) e che, comunque,
risponde ad una logica non estranea al sistema del nostro  codice  di
rito. 
    In questo senso il riferimento va, tra l'altro, alla  risoluzione
delle controversie distributive in  sede  esecutiva  (art.  512  cod.
proc. civ.), in ordine alle quali e' del pari previsto che il giudice
provveda con ordinanza, «compiuti i  necessari  accertamenti»;  e  va
soprattutto al procedimento sommario di cognizione (art. 702-ter cod.
proc. civ.),  ove  pure  il  giudice,  «omessa  ogni  formalita'  non
essenziale al contraddittorio, procede  nel  modo  che  ritiene  piu'
opportuno agli atti di  istruzione»,  che  reputi  indispensabili  in
relazione all'oggetto del provvedimento richiesto. 
    5.2.- Non risultano del  pari  violati  gli  artt.  111,  secondo
comma, e 24 Cost., quanto ai prospettati  vulnera  al  principio  del
contraddittorio e al diritto di difesa. 
    Il  nuovo  art.  549  cod.  proc.   civ.   presuppone,   infatti,
chiaramente l'indispensabilita'  dell'impulso  di  parte  (ad  opera,
ovviamente,  dei  soggetti  legittimati  e  titolari   del   relativo
interesse, che si identificano con  il  creditore  procedente  e  con
quelli,  eventualmente  intervenuti,  muniti  di  titolo  esecutivo).
Impulso  che  -  proprio  perche'  riferibile   a   un   procedimento
deformalizzato di tipo non cognitivo - non ha le  caratteristiche  di
una domanda giudiziale, ma deve comunque necessariamente enunciare le
ragioni dell'istanza, in modo da garantire il diritto di  difesa  dei
convenuti  attraverso  l'individuazione  del  rapporto  assunto  come
esistente  tra  il  debitore  e  il  terzo,  oltre  che  del  quantum
dell'obbligo, almeno nel suo massimo. 
    Quanto alla fase istruttoria, le relative modalita' sono  appunto
demandate al giudice dell'esecuzione, in funzione del compimento  dei
necessari accertamenti finalizzati alla decisione sull'oggetto  della
dichiarazione  del  terzo  contestata,  come  in  altri   giudizi   a
cognizione sommaria. E', dunque, lo stesso giudice - sulla base delle
istanze  probatorie  proposte  dalle  parti   nei   rispettivi   atti
costitutivi  o,  comunque,   nel   termine   giudizialmente   fissato
(dovendosi escludere l'operativita' di termini preclusivi propri  del
giudizio a cognizione piena) - a individuare i mezzi  probatori  piu'
idonei allo scopo, rimanendo naturalmente impregiudicato  il  diritto
delle parti a produrre i documenti considerati  rilevanti,  ai  quali
non potra' non riconoscersi l'efficacia propriamente stabilita  dalle
norme del codice civile e del codice di procedura civile. 
    Gli accertamenti reputati necessari dal  giudice  dell'esecuzione
devono essere, comunque, «compiuti [...] nel contraddittorio  tra  le
parti e con il terzo»; e, nel rispetto dei principi generali  di  cui
agli artt. 3 e 24 Cost., e' poi evidente che le parti  possono  farsi
rappresentare  dai  difensori  gia'  costituiti  per   la   procedura
esecutiva e che abbiano la facolta' di nominarne di nuovi nelle forme
previste dal codice di rito. 
    5.3.- Il nuovo art.  549  cod.  proc.  civ.  resiste  anche  alle
censure di violazione dell'art. 111, commi sesto e settimo, Cost. 
    Il procedimento  in  questione  si  conclude,  infatti,  con  una
ordinanza, e cioe' con un provvedimento che, ex art. 134  cod.  proc.
civ., comunque assicura una, sia pur succinta, motivazione. 
    Detta ordinanza «e' impugnabile nelle forme e nei termini di  cui
all'articolo 617», senza  che  sia  prevista  una  limitazione  delle
ragioni impugnatorie a soli vizi formali; e (come nel caso  dell'art.
512 cod.  proc.  civ.)  e'  soggetta  al  ricorso  straordinario  per
cassazione (Corte di cassazione, sezione terza,  sentenza  20  luglio
2011, n. 15903). 
    Avverso  l'esecuzione,  che  venga  poi   proposta   sulla   base
dell'ordinanza di assegnazione, il terzo puo' ancora avvalersi  della
opposizione ex art. 617 cod. proc. civ. (Corte di cassazione, sezione
terza civile, 28 ottobre 2018, n. 26702). 
    Va,  infine,  considerato  che  -  come  testualmente   precisato
nell'ultimo  periodo  dello  stesso  art.  549  cod.  proc.  civ.   -
l'ordinanza  in  questione  «produce  effetti  ai  [soli]  fini   del
procedimento in corso e dell'esecuzione fondata sul provvedimento  di
assegnazione» e non da' quindi luogo alla formazione di un  giudicato
sull'an  o  sul  quantum  del  debito   del   terzo   nei   confronti
dell'esecutato. Per cui resta in facolta' del terzo  pignorato  anche
il successivo esercizio di  un'azione  di  ripetizione  per  indebito
oggettivo. 
    5.4.- La normativa scrutinata neppure contrasta con gli artt. 2 e
3 Cost. 
    Le considerazioni gia' svolte, in tema di  attuata  garanzia  del
principio del contraddittorio e del diritto di difesa e con  riguardo
ai rimedi impugnatori a disposizione del terzo, escludono che questi,
in quanto debitor debitoris, possa dirsi  discriminato  (rispetto  ad
ogni altro debitore esecutato), per il solo fatto  che  il  creditore
che agisce nei suoi confronti si avvalga di un titolo esecutivo  gia'
ottenuto nei confronti di un altro soggetto. 
    5.5.- Infine, la censura di violazione dell'art. 81 Cost. - priva
di giuridica consistenza nei confronti dell'art. 1, comma 20,  numeri
3) e 4), della cosiddetta legge di stabilita' n.  228  del  2012,  in
quanto trattavasi di norma non incidente sul bilancio dello  Stato  -
e' poi comunque non pertinente nei confronti dell'art. 13,  comma  1,
lettera m-ter), della legge 132  del  2015,  che  e'  legge  (non  di
stabilita' ma) propriamente  attinente  alla  materia  processuale  e
all'amministrazione giudiziaria. 
    6.-  Da  cio',  appunto,  la  non  fondatezza   della   questione
sollevata, sotto ognuno dei suoi prospettati profili. 
      
 
                          per questi motivi 
                       LA CORTE COSTITUZIONALE 
 
    riuniti i giudizi, 
    1) dichiara la  manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 548  del  codice  di  procedura
civile, come modificato dall'art. 1, comma 20, numero 4), della legge
24 dicembre 2012, n. 228, recante «Disposizioni per la formazione del
bilancio annuale e  pluriennale  dello  Stato  (Legge  di  stabilita'
2013)», e come successivamente riformulato  dall'art.  13,  comma  1,
lettera m-bis), del decreto-legge  27  giugno  2015,  n.  83  (Misure
urgenti in materia fallimentare, civile e  processuale  civile  e  di
organizzazione  e  funzionamento  dell'amministrazione  giudiziaria),
convertito, con modificazioni, nella legge 6  agosto  2015,  n.  132,
sollevata dal giudice  dell'esecuzione  del  Tribunale  ordinario  di
Viterbo, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, commi primo  e  secondo,
81 e 111, commi primo, secondo, sesto e settimo, della  Costituzione,
con le ordinanze indicate in epigrafe; 
    2)  dichiara   non   fondata   la   questione   di   legittimita'
costituzionale  dell'art.  549  cod.  proc.  civ.,  come   modificato
dall'art. 1, comma 20, numero 3), della legge n. 228 del 2012, e come
successivamente riformulato dall'art. 13, comma  1,  lettera  m-ter),
del d.l. n. 83 del 2015, convertito, con modificazioni,  nella  legge
n. 132 del 2015, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, commi
primo e secondo, 81 e 111, commi primo,  secondo,  sesto  e  settimo,
Cost., con le medesime ordinanze. 
    Cosi' deciso in Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 2019. 
 
                                F.to: 
                    Giorgio LATTANZI, Presidente 
                  Mario Rosario MORELLI, Redattore 
                     Roberto MILANA, Cancelliere 
 
    Depositata in Cancelleria il 10 luglio 2019. 
 
                   Il Direttore della Cancelleria 
                        F.to: Roberto MILANA 
 

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