MISURE URGENTI ANTI-COVID-19 PER GLI ISTITUTI PENITENZIARI E GLI ISTITUTI PENALI:
COLLOQUI DEI DETENUTI.
CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 9 marzo 2021, n.57 (Data deposito in cancelleria 31 marzo 2021)
Giudizio di legittimita’ costituzionale in via incidentale. Ordinamento penitenziario – Misure urgenti anti-COVID-19 per gli istituti penitenziari e gli istituti penali – Colloqui dei detenuti – Detenuti e internati sottoposti al c.d. carcere duro (art. 41-bis ord. penit.) – Possibilita’ che i colloqui con i figli minorenni possano essere svolti a distanza mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone l’amministrazione penitenziaria e minorile – Asserita omessa previsione – Denunciata disparita’ di trattamento, violazione dei diritti inviolabili idonei a garantire lo sviluppo e il benessere psico-fisico del minore, dei principi a tutela dell’infanzia e della gioventu’, del principio della finalita’ rieducativa della pena, nonche’ dei principi convenzionali a tutela dei minori e del diritto della persona al rispetto della vita privata e familiare, del suo domicilio e della sua corrispondenza e che vietano i trattamenti inumani e degradanti – Inammissibilita’ delle questioni. – Decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29, art. 4; legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo periodo. – Costituzione, artt. 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31, secondo comma, 32 e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle liberta’ fondamentali, artt. 1, 3, 8 e 14; Convenzione sui diritti del fanciullo, art. 3, paragrafo 1; Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, art. 24. (T-210057) (GU n. 14 del 07-04-2021)
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del
decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di
detenzione domiciliare o differimento dell'esecuzione della pena,
nonche' in materia di sostituzione della custodia cautelare in
carcere con la misura degli arresti domiciliari, per motivi connessi
all'emergenza sanitaria da COVID-19, di persone detenute o internate
per delitti di criminalita' organizzata di tipo terroristico o
mafioso, o per delitti di associazione a delinquere legati al
traffico di sostanze stupefacenti o per delitti commessi avvalendosi
delle condizioni o al fine di agevolare l'associazione mafiosa o con
finalita' di terrorismo, nonche' di detenuti e internati sottoposti
al regime previsto dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975,
n. 354, nonche', infine, in materia di colloqui con i congiunti o con
altre persone cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli
imputati) e dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo
periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della liberta'), promossi dal Tribunale per i minorenni di Reggio
Calabria con ordinanze del 23 e del 16 giugno 2020, iscritte,
rispettivamente, ai numeri 124 e 144 del registro ordinanze 2020 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri 39 e 42,
prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visti gli atti di costituzione di G. B., G. D., G.C. D.S. e
quello, fuori termine, di Pasquale Cananzi nella qualita' di curatore
dei minori S. B., C.M. D.S. e R.P. D.S., nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 9 marzo 2021 il Giudice relatore
Franco Modugno;
uditi gli avvocati Carlo Fiorio per G. B., Donatella Nucera per
G. D., G.C. D.S., Marcello Manna per G.C. D.S. e l'avvocato dello
Stato Enrico De Giovanni per il Presidente del Consiglio dei
ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 9 marzo 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con due ordinanze, di analogo tenore, del 16 giugno 2020
(r.o. n. 144 del 2020) e del 23 giugno 2020 (r.o. n. 124 del 2020) il
Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria ha sollevato, in
riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31, secondo comma,
32 e 117, primo comma, della Costituzione, quest'ultimo in relazione
agli artt. 3 e 8 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle liberta' fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4
novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955,
n. 848, questioni di legittimita' costituzionale:
a) dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29 (Misure
urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento
dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della
custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti
domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19,
di persone detenute o internate per delitti di criminalita'
organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di
associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti
o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di
agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo,
nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto
dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche',
infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone
cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), «nella
parte in cui non prevede che i colloqui cui hanno diritto i detenuti
o gli internati sottoposti al regime speciale di cui all'art. 41-bis
della L. 26 luglio 1975, n. 354 possono essere svolti a distanza con
i figli minorenni mediante, ove possibile, apparecchiature e
collegamenti di cui dispone l'amministrazione penitenziaria e
minorile»;
b) dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo periodo,
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della liberta'), «nella parte in cui non prevede che i colloqui
sostitutivi con i figli minorenni possono essere autorizzati a
distanza, in alternativa a quelli telefonici, con modalita'
audiovisive».
1.1.- Secondo quanto riferito nelle ordinanze di rimessione, gli
incidenti di costituzionalita' si collocano nell'ambito di
procedimenti de potestate, che hanno portato il Tribunale rimettente
a dichiarare decaduti dalla responsabilita' genitoriale due detenuti
condannati a lunghe pene detentive per reati di stampo mafioso e
sottoposti allo speciale regime previsto dall'art. 41-bis, comma 2,
ordin. penit.; a co-affidare i rispettivi figli minorenni al servizio
sociale - anche a supporto delle capacita' educative della madre; ed
a impartire una serie di ulteriori disposizioni intese ad assicurare
il benessere psico-fisico e il regolare sviluppo della personalita'
dei minori.
In questo contesto, il giudice a quo si trova investito di
istanze con le quali i due detenuti chiedono di essere autorizzati ad
effettuare colloqui audiovisivi a distanza con i figli tramite la
piattaforma Skype, lamentando (in particolare, nel caso di cui
all'ordinanza r.o. n. 144 del 2020) di non poter avere altrimenti
contatti con loro a causa delle stringenti limitazioni introdotte al
fine di fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19.
Ad avviso del rimettente, l'effettuazione di tali colloqui
risponderebbe al preminente interesse dei minori al mantenimento di
un rapporto affettivo con il genitore detenuto.
L'accoglimento delle istanze risulterebbe, tuttavia, precluso
alla luce di quanto disposto, in relazione all'emergenza sanitaria,
dall'art. 4 del d.l. n. 29 del 2020.
1.2.- Ad illustrazione dell'assunto, il rimettente osserva come
plurime disposizioni dell'ordinamento penitenziario e del relativo
regolamento di esecuzione attribuiscano rilievo ai legami familiari,
specialmente al fine di salvaguardare il figlio minorenne dai
pregiudizi che la detenzione del genitore puo' provocargli.
In questo contesto, viene in precipua considerazione l'istituto
dei colloqui, la cui disciplina generale e' dettata principalmente
dall'art. 18 ordin. penit. e dall'art. 37 del d.P.R. 30 giugno 2000,
n. 230 (Regolamento recante norme sull'ordinamento penitenziario e
sulle misure privative e limitative della liberta'), i quali
riconoscono il diritto del recluso ad avere colloqui con i congiunti
e, per ragionevoli motivi, con altre persone, previa autorizzazione
del direttore dell'istituto o, per gli imputati fino alla sentenza di
primo grado, dell'autorita' giudiziaria che procede. Particolare
favore viene accordato ai colloqui con i familiari (art. 18, quarto
comma, ordin. penit.): e cio' soprattutto nell'ottica di preservare
«il mantenimento di un valido rapporto con i figli, specie di eta'
minore» (art. 61, comma 2, del d.P.R. n. 230 del 2000).
Il diritto in questione subisce, tuttavia, significative
limitazioni per i detenuti e gli internati sottoposti al regime
speciale di cui all'art. 41-bis, comma 2, ordin. penit., introdotto
con obiettivi di neutralizzazione della pericolosita' degli
appartenenti alla criminalita' organizzata. Il comma 2-quater,
lettera b), terzo periodo, del citato articolo prevede, infatti, per
i detenuti e gli internati in regime speciale un solo colloquio al
mese con i familiari e i conviventi, da svolgere ad intervalli di
tempo regolari e con particolari modalita' (locali attrezzati per
impedire il passaggio di oggetti, controllo audiovisivo), mentre i
colloqui con persone diverse sono possibili solo in «casi eccezionali
determinati volta per volta dal direttore dell'istituto». Solo per
coloro che non abbiano effettuato colloqui visivi puo' essere,
inoltre, autorizzato un colloquio telefonico mensile di dieci minuti
con i familiari, sottoposto a registrazione.
In questo panorama e' venuta, peraltro, recentemente a calarsi la
normativa introdotta in via d'urgenza al fine di fronteggiare
l'epidemia da COVID-19.
L'art. 4 del d.l. n. 29 del 2020 ha, infatti, stabilito che,
«[a]l fine di consentire il rispetto delle condizioni
igienico-sanitarie idonee a prevenire il rischio di diffusione del
COVID-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per
minorenni, a decorrere dal 19 maggio 2020 e sino alla data del 30
giugno 2020, i colloqui con i congiunti o con altre persone cui hanno
diritto i condannati, gli internati e gli imputati a norma degli
articoli 18 della legge 26 luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del
Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230, e 19 del decreto
legislativo 2 ottobre 2018, n. 121, possono essere svolti a distanza,
mediante, ove possibile, apparecchiature e collegamenti di cui
dispone l'amministrazione penitenziaria e minorile o mediante
corrispondenza telefonica, che puo' essere autorizzata oltre i limiti
di cui all'articolo 39, comma 2, del predetto decreto del Presidente
della Repubblica n. 230 del 2000 e all'articolo 19, comma 1, del
decreto legislativo n. 121 del 2018».
La norma mira, in sostanza, a limitare il rischio di contagio
connesso all'ingresso di soggetti esterni nelle strutture
penitenziarie, garantendo il diritto dei reclusi al mantenimento
delle relazioni affettive tramite l'ampliamento dei contatti
telefonici e audiovisivi.
La disposizione risulta, tuttavia, riferita ai soli colloqui
previsti dagli artt. 18 ordin. penit. e 37 del d.P.R. n. 230 del
2000. Essa opererebbe, quindi, esclusivamente in rapporto ai detenuti
in regime ordinario, e non anche per quelli sottoposti al regime
speciale, i cui colloqui sono regolati in modo distinto dall'art.
41-bis, comma 2-quater, lettera b), ordin. penit. Tale preciso dato
testuale escluderebbe che della norma di emergenza in questione possa
darsi un'interpretazione diversa, costituzionalmente orientata.
1.3.- Su questa premessa, il giudice a quo dubita, peraltro,
della legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.l. n. 29 del
2020, nella parte in cui non prevede che i colloqui con i figli
minorenni cui hanno diritto i detenuti e gli internati sottoposti al
regime speciale possano essere svolti a distanza mediante, ove
possibile, apparecchiature e collegamenti di cui dispone
l'amministrazione penitenziaria e minorile.
Le questioni sarebbero rilevanti, in quanto la norma censurata
imporrebbe, allo stato, il rigetto dell'istanza del detenuto: istanza
sulla quale il rimettente si ritiene, d'altro canto, competente a
provvedere.
Il divieto dei colloqui audiovisivi a distanza posto dalla norma
denunciata inciderebbe, infatti, non soltanto sui diritti del
detenuto (contro la cui lesione possono attivarsi i rimedi previsti
dall'ordinamento penitenziario davanti alla magistratura di
sorveglianza), ma anche sul diritto soggettivo del minore a mantenere
rapporti affettivi con il genitore, anche se detenuto: posizione,
questa seconda, da reputare anzi preminente, alla luce di precise
indicazioni delle fonti sovranazionali (quali, in specie, l'art. 3
della Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20
novembre1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991,
n. 176, e l'art. 24, paragrafo 2, Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea - CDFUE -, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000
e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007), e la cui tutela
risulterebbe affidata al giudice civile minorile, «quale giudice
naturale de potestate (art. 25 Cost.)».
Le azioni esercitabili innanzi al giudice minorile e al giudice
di sorveglianza sarebbero, d'altra parte, distinte. Tra esse vi
sarebbe coincidenza solo quanto a «personae (il genitore detenuto e
il figlio minore), petitum mediato (il colloquio a distanza, per la
realizzazione del diritto ai rapporti affettivi), causa petendi
passiva (dal punto di vista e nei confronti dell'Amministrazione
penitenziaria, nella sua posizione di esecutore del dictum della
legge, cosi' come interpretato dal giudice)». Diversi risulterebbero
invece «il petitum immediato (la pronuncia giurisdizionale di
autorizzazione ai colloqui a distanza tra le due personae anzidette
da parte del giudice minorile civile; la pronuncia di annullamento di
eventuale diniego amministrativo penitenziario da parte del
magistrato di sorveglianza in sede di reclamo) e la causa petendi
attiva (essendo distinta e prevalente la posizione giuridica del
figlio minorenne rispetto a quella del genitore detenuto)».
Osserva ancora il giudice a quo che, quando il legislatore ha
inteso ripartire la competenza «in materia di diritti del minore alla
genitorialita' (anche affettiva)» secondo uno specifico criterio, e'
intervenuto con norme apposite, quale, ad esempio, quella dell'art.
38 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per
l'attuazione del Codice civile e disposizioni transitorie), che
definisce i rapporti tra la competenza del giudice minorile e quella
del giudice civile investito di un giudizio avente ad oggetto anche
lo status coniugalis. In assenza di previsioni di tal fatta,
l'eventuale concorso tra le competenze del giudice minorile e del
magistrato di sorveglianza non potrebbe essere, quindi, risolto nel
senso dell'esclusivita' di una di esse.
Ritenere che, in materia di rapporti affettivi tra figlio
minorenne e genitore detenuto, sussista un'implicita preferenza
legislativa per la competenza del giudice di sorveglianza, capace di
attrarre per connessione anche la cognizione sulla posizione del
minore, apparirebbe d'altronde soluzione contraria alla logica stessa
della specializzazione della magistratura minorile, tale da generare
sospetti di incostituzionalita', sotto il profilo della menomazione
della tutela giurisdizionale del minore. Tale soluzione non
consentirebbe, tra l'altro, di dar voce alle istanze di cui sono
portatori il pubblico ministero minorile e il curatore speciale dei
minori, nominato nell'ambito dei procedimenti a quibus, trattandosi
di soggetti non legittimati ad intervenire nel procedimento davanti
al magistrato di sorveglianza.
1.4.- Quanto, poi, alla non manifesta infondatezza delle
questioni, il censurato art. 4 del d.l. n. 29 del 2020 violerebbe
anzitutto l'art. 3 Cost., introducendo una disparita' di trattamento
fra i figli minorenni dei detenuti sottoposti al regime speciale e i
figli minorenni dei detenuti in regime ordinario, non giustificabile
con le finalita' proprie del regime detentivo differenziato.
Come chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, infatti,
sebbene la disciplina del cosiddetto "carcere duro" possa essere
ritenuta conforme a Costituzione in ragione della specificita' dei
reati per i quali viene applicata e dell'esigenza di recidere legami
criminali tanto stretti da non essere destinati a cessare con la
carcerazione, come quelli di stampo mafioso, pur tuttavia, e proprio
per questo, deve escludersi che essa possa contemplare misure che,
per il loro contenuto, non siano riconducibili a concrete esigenze di
ordine e sicurezza: misure che si tradurrebbero in ingiustificate
deroghe all'ordinario regime carcerario, assumendo una portata
puramente afflittiva.
Da questo punto di vista, l'applicazione generalizzata e
indistinta del divieto di colloqui audiovisivi a distanza sconterebbe
il limite di essere frutto di un bilanciamento operato ex ante dal
legislatore, a prescindere da una verifica in concreto dell'esistenza
delle esigenze di sicurezza e senza possibilita' di adattamenti
calibrati sulle peculiarita' dei singoli casi: rappresentando, con
cio', una misura sproporzionata.
La norma censurata si porrebbe, altresi', in contrasto con gli
artt. 2 e 30 Cost., comprimendo il diritto inviolabile del minore a
intrattenere rapporti affettivi con il genitore detenuto, idonei a
garantire un corretto sviluppo della sua personalita' e una
condizione di benessere psico-fisico: violazione apprezzabile,
peraltro, anche dalla prospettiva del condannato, tra i cui diritti
fondamentali parimente rientra quello al mantenimento delle relazioni
familiari.
Sarebbero violati, ancora, l'art. 31, secondo comma, Cost.,
secondo cui la Repubblica «[p]rotegge la maternita', l'infanzia e la
gioventu', favorendo gli istituti necessari a tale scopo»; l'art. 32
Cost., posto che l'impossibilita' di avere, per un lungo lasso di
tempo, contatti audiovisivi con il padre sarebbe fonte di sicuro
pregiudizio per l'«integrita' psico-fisica» del minore; nonche'
l'art. 27, terzo comma, Cost., in forza del quale la pena non deve
tradursi in trattamenti contrari al senso di umanita' e deve avere
una finalita' rieducativa, consentendo trattamenti idonei al recupero
sociale del reo: obiettivo in relazione al quale va attribuita
centrale rilevanza al mantenimento dei rapporti familiari e,
soprattutto, genitoriali.
La norma denunciata si porrebbe, infine, in contrasto con l'art.
117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 3 e 8 CEDU, che,
rispettivamente, vietano pene inumane e degradanti e garantiscono il
diritto al rispetto alla vita familiare.
1.5.- Il giudice a quo estende, peraltro, tale complesso di
censure anche all'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo
periodo, ordin. penit., nella parte in cui non prevede che i colloqui
sostitutivi del colloquio visivo tra il detenuto in regime speciale e
i figli minorenni possano svolgersi - in alternativa alla
corrispondenza telefonica - nella forma del colloquio audiovisivo a
distanza.
Le questioni di legittimita' costituzionale inerenti a tale
disposizione "a regime" sarebbero anch'esse rilevanti, in quanto il
problema della tutela dei minorenni nei giudizi a quibus si
continuerebbe a porre anche dopo il 30 giugno 2020 (termine finale di
operativita' dell'art. 4 del d.l. n. 29 del 2020). L'emergenza
epidemiologica sarebbe destinata, infatti, a protrarsi anche
successivamente a tale data, rendendo rischiosi gli spostamenti sul
territorio nazionale (e cio' particolarmente per uno dei minori
coinvolti nel procedimento di cui all'ordinanza r.o. n. 144 del 2020,
affetto da una patologia cronica).
A prescindere, peraltro, dai motivi di carattere sanitario,
occorrerebbe considerare che le trasferte per i colloqui visivi
comportano oneri economici non facilmente sostenibili e, quanto ai
minorenni, anche problemi legati alle assenze scolastiche, tenuto
conto del fatto che i penitenziari ospitanti i detenuti in regime
speciale sono collocati quasi tutti nel Nord, nel Centro dell'Italia
e in Sardegna: donde un'ingiustificata discriminazione tra i
minorenni, in relazione alle condizioni economiche e di salute, alle
condizioni familiari e alla distanza chilometrica dall'istituto
penitenziario che ospita il genitore.
La possibilita' - gia' prevista per la sola fase dell'emergenza
sanitaria e unicamente per i detenuti comuni - di colloqui
sostituitivi audiovisivi a distanza consentirebbe di superare tali
difficolta', garantendo il superiore interesse del minore e
condizioni di uguaglianza sostanziale.
Il rimettente esclude, anche in questo caso, che sia praticabile
un'interpretazione costituzionalmente orientata della norma censurata
- pur prospettata, in precedenza, da una parte della giurisprudenza
di legittimita' e di merito - rilevando che i colloqui audiovisivi a
distanza sono stati previsti espressamente, per i soli detenuti in
regime ordinario, dall'art. 4 del d.l. n. 29 del 2020: cio', a
riprova del fatto che essi non possono ritenersi insiti nel disposto
del previgente art. 41-bis ordin. penit.
2.- Si sono costituiti, nei due giudizi di costituzionalita', i
detenuti istanti e, in quello relativo all'ordinanza r.o. n. 124 del
2020, anche la madre dei minori, parte del procedimento a quo, i
quali hanno svolto deduzioni adesive alla prospettazione del
Tribunale rimettente, chiedendo l'accoglimento delle questioni.
Le parti costituite nel giudizio relativo all'ordinanza r.o. n.
124 del 2020 hanno limitato, peraltro, tale richiesta alle sole
questioni concernenti la norma "a regime", ritenendo che l'interesse
per le questioni relative all'art. 4 del d.l. n. 29 del 2020 sia
venuto meno a seguito della mancata conversione in legge di tale
decreto.
3.- E' intervenuto, altresi', in entrambi i giudizi, il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale ha rilevato, in via
preliminare, come successivamente alle ordinanze di rimessione, il
censurato art. 4 del d.l. n. 29 del 2020 sia stato abrogato dall'art.
1, comma 3, della legge 25 giugno 2020, n. 70 (Conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28, recante
misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di
conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di
ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di
coordinamento in materia di giustizia civile, amministrativa e
contabile e misure urgenti per l'introduzione del sistema di allerta
Covid-19) e trasfuso nell'art. 2-quater del citato d.l. n. 28 del
2020.
Una norma analoga e' stata indi inserita nell'art. 221, comma 10,
del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34 (Misure urgenti in materia di
salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonche' di politiche
sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito, con modificazioni, in legge 17 luglio 2020, n. 77.
Sussisterebbero, pertanto, ad avviso dell'Avvocatura generale
dello Stato, i presupposti per il trasferimento delle questioni su
quest'ultima disposizione.
Nel merito, tutte le questioni sarebbero, peraltro, infondate.
La scelta legislativa di mantenere il trattamento restrittivo in
tema di colloqui per i detenuti in regime speciale non sarebbe,
infatti, irragionevole, rispondendo all'esigenza - cui tale regime e'
preordinato - di garantire la sicurezza pubblica, evitando che i
membri detenuti di organizzazioni criminali mantengano contatti con
gli affiliati in liberta' e continuino a impartire loro direttive:
esigenza difficilmente salvaguardabile ove si permettesse alle
persone sottoposte a tale regime di collegarsi esternamente da
remoto, sia pure con accorgimenti e controlli particolari.
Per altro verso, se e' vero che i detenuti in regime speciale
possono aver subito una compressione del diritto ai colloqui con i
figli nel periodo di emergenza, a causa delle limitazioni agli
spostamenti, e' altrettanto vero che tali limitazioni hanno colpito,
in termini di compressione dei diritti fondamentali, la generalita'
dei cittadini.
Le misure adottate per fronteggiare l'emergenza sanitaria - tra
le quali e' ricompresa la disciplina in questione - apparirebbero,
d'altronde, del tutto congrue e proporzionate, in quanto finalizzate
alla salvaguardia del bene primario della salute collettiva.
L'Avvocatura generale dello Stato ricorda, infine, come la Corte
europea dei diritti dell'uomo, con indirizzo consolidato, abbia
ritenuto compatibili con l'art. 8 CEDU le restrizioni ai colloqui e
alle visite dei familiari per i detenuti in regime speciale, in
quanto giustificate dalle finalita' proprie di tale regime.
Considerato in diritto
1.- Con due ordinanze di rimessione di analogo tenore, il
Tribunale per i minorenni di Reggio Calabria dubita della
legittimita' costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio
2020, n. 29 (Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o
differimento dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di
sostituzione della custodia cautelare in carcere con la misura degli
arresti domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da
COVID-19, di persone detenute o internate per delitti di criminalita'
organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di
associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti
o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di
agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo,
nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto
dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche',
infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone
cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati), il
quale stabilisce che, al fine di prevenire il rischio di diffusione
del COVID-19, negli istituti penitenziari e negli istituti penali per
minorenni, dal 19 maggio 2020 e sino al 30 giugno 2020, «i colloqui
con i congiunti o con altre persone cui hanno diritto i condannati,
gli internati e gli imputati a norma degli articoli 18 della legge 26
luglio 1975, n. 354, 37 del decreto del Presidente della Repubblica
30 giugno 2000, n. 230, e 19 del decreto legislativo 2 ottobre 2018,
n. 121, possono essere svolti a distanza, mediante, ove possibile,
apparecchiature e collegamenti di cui dispone l'amministrazione
penitenziaria e minorile o mediante corrispondenza telefonica», la
quale puo' essere autorizzata oltre i limiti stabiliti dalla
normativa vigente.
Sul presupposto che, a fronte dei riferimenti normativi in essa
contenuti, la disposizione debba ritenersi applicabile esclusivamente
ai colloqui dei detenuti in regime ordinario, il rimettente la
censura nella parte in cui non consente che si svolgano tramite
collegamento audiovisivo a distanza anche i colloqui con i figli
minorenni cui hanno diritto i detenuti e gli internati sottoposti al
regime speciale di cui all'art. 41-bis, comma 2, della legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla
esecuzione delle misure privative e limitative della liberta').
La norma di emergenza denunciata violerebbe, per tal verso,
l'art. 3 della Costituzione, introducendo una disparita' di
trattamento fra i figli minorenni dei detenuti sottoposti al regime
speciale e i figli minorenni dei detenuti in regime ordinario, non
giustificabile con le finalita' proprie del cosiddetto "carcere
duro", le quali non possono legittimare, comunque sia, misure che,
per il loro contenuto, non siano riconducibili a concrete esigenze di
ordine e sicurezza: profilo sotto il quale il divieto indiscriminato
dei colloqui audiovisivi a distanza, a prescindere da una verifica in
concreto dell'esistenza delle esigenze di sicurezza e senza
possibilita' di adattamenti calibrati sulle peculiarita' dei singoli
casi, rappresenterebbe una misura sproporzionata.
Sarebbero violati, altresi', gli artt. 2 e 30 Cost., per la
compressione del diritto inviolabile del minore a mantenere rapporti
affettivi con il genitore detenuto e del reciproco diritto
fondamentale di quest'ultimo al mantenimento delle relazioni
familiari; l'art. 31, secondo comma, Cost., che impone alla
Repubblica di proteggere l'infanzia; l'art. 32 Cost., posto che
l'impossibilita' di fruire per un lungo lasso di tempo di contatti
audiovisivi con il genitore detenuto - stanti gli ostacoli ai
colloqui in presenza connessi all'emergenza epidemiologica da
COVID-19 - sarebbe fonte di pregiudizio per l'integrita' psico-fisica
del minore; e, ancora, l'art. 27 Cost., terzo comma, per cui la pena
non puo' contrastare con il senso di umanita' e deve mirare al
recupero sociale del reo, al qual fine assume centrale rilievo il
mantenimento dei rapporti familiari, e genitoriali in specie.
Viene denunciata, infine, la violazione dell'art. 117, primo
comma, Cost., in relazione agli artt. 3 e 8 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, i quali, rispettivamente,
vietano pene inumane e degradanti e garantiscono il diritto al
rispetto alla vita familiare.
Il giudice a quo estende, peraltro, tali censure anche alla norma
"a regime" di cui all'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo
periodo, ordin. penit., nella parte in cui non prevede che i colloqui
sostitutivi di quelli visivi con i figli minorenni, cui in base ad
essa hanno diritto i detenuti in regime speciale, possano essere
svolti - in alternativa alla corrispondenza telefonica - con
modalita' audiovisive a distanza.
Esclusa, anche in questo caso, la praticabilita' di una
interpretazione conforme a Costituzione della norma censurata, il
rimettente osserva come, a prescindere dai motivi di carattere
sanitario, le trasferte per i colloqui visivi possano comportare
oneri economici non facilmente sostenibili e, quanto ai minorenni,
anche problemi legati alle assenze scolastiche, legati alla distanza
tra il loro luogo di residenza e l'istituto penitenziario che ospita
il genitore: situazione, questa, generatrice essa pure di
ingiustificate disparita' di trattamento.
2.- Le ordinanze di rimessione sollevano questioni identiche,
concernenti le medesime disposizioni. I relativi giudizi vanno
pertanto riuniti per essere definiti con unica decisione.
3.- In via preliminare, deve essere dichiarata l'inammissibilita'
della costituzione in giudizio (qualificata come atto di intervento)
dell'avv. Pasquale Cananzi, nella qualita' di curatore speciale dei
minori S. B., C.M. D.S. e R.P. D.S., da considerare parti dei giudizi
a quibus (sentenza n. 1 del 2002; Corte di cassazione, sezione prima
civile, 25 gennaio 2021, n. 1471), in quanto avvenuta solo il giorno
prima dell'udienza pubblica, e dunque largamente oltre il termine,
stabilito dall'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla
costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale) e
dall'art. 3 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale, di venti giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale dell'atto introduttivo del giudizio: termine che, secondo
la costante giurisprudenza di questa Corte, ha natura perentoria (ex
plurimis, sentenze n. 222 e n. 24 del 2018, e n. 219 del 2016).
4.- Cio' posto, l'esame nel merito delle questioni risulta
precluso da un assorbente profilo di inammissibilita' delle medesime,
legato al difetto di competenza del giudice a quo.
Per costante giurisprudenza di questa Corte, stante l'autonomia
del giudizio di costituzionalita' rispetto a quello dal quale la
questione proviene, il difetto di competenza del giudice a quo - al
pari del difetto di giurisdizione - determina l'inammissibilita'
della questione, per irrilevanza, solo quando sia palese, ossia
riscontrabile ictu oculi (ex plurimis, sentenza n. 136 del 2008,
ordinanze n. 144 del 2011, n. 318 e n. 252 del 2010, e n. 82 del
2005; con particolare riguardo a questioni attinenti allo stesso art.
41-bis ordin. penit., sentenza n. 349 del 1993).
Tale ipotesi ricorre nel caso in esame.
Il giudice a quo e', infatti, un Tribunale per i minorenni
investito di procedimenti civili de potestate, che lo hanno portato a
dichiarare decaduti dalla responsabilita' dei genitori, a sensi
dell'art. 330 del codice civile, due detenuti in regime speciale,
condannati a lunghe pene per reati di stampo mafioso, e ad impartire
una serie di disposizioni a tutela del benessere psico-fisico e del
corretto sviluppo della personalita' dei loro figli minorenni. In
questo ambito, il rimettente si trova investito di istanze con le
quali i due detenuti chiedono di essere autorizzati ad effettuare
colloqui audiovisivi a distanza con i figli, tramite strumenti
informatici: istanze in rapporto alla cui decisione il giudice a quo
reputa rilevanti le questioni sollevate.
Il rimettente appare, tuttavia, palesemente privo di qualsiasi
competenza in materia di autorizzazione dei colloqui dei detenuti:
competenza che non puo' essere in alcun modo fatta discendere da
quella per la dichiarazione di decadenza dalla responsabilita' dei
genitori, riconosciuta al tribunale per i minorenni dall'art. 38 del
regio decreto 30 marzo 1942, n. 318 (Disposizioni per l'attuazione
del Codice civile e disposizioni transitorie).
Per precisa indicazione della legge penitenziaria (art. 18,
decimo comma, ordin. penit., art. 37, commi 1 e 2, del d.P.R. 30
giugno 2000, n. 230, recante «Regolamento recante norme
sull'ordinamento penitenziario e sulle misure privative e limitative
della liberta'»), i colloqui - ma anche la corrispondenza telefonica
e «gli altri tipi di comunicazione» - dei detenuti sono autorizzati,
per gli imputati fino alla sentenza di primo grado, dall'autorita'
giudiziaria che procede (individuata ai sensi dell'art. 11, comma 4,
ordin. penit.); dopo tale sentenza e per i condannati in via
definitiva (quali i detenuti istanti nei giudizi a quibus), dal
direttore dell'istituto, i cui provvedimenti sono suscettibili di
reclamo davanti al magistrato di sorveglianza, ai sensi degli artt.
35-bis e 69, comma 6, lettera b), ordin. penit.
Nelle ordinanze di rimessione, il giudice a quo svolge, in
verita', ampie argomentazioni per dimostrare di fruire anch'esso di
un potere autorizzatorio, quando si discuta dei colloqui con figli
minorenni.
Il nucleo del suo ragionamento e' che la preclusione dei colloqui
audiovisivi a distanza, posta (in assunto) dalle norme censurate nei
confronti dei detenuti in regime speciale, sarebbe, per cosi' dire,
"bivalente": inciderebbe, cioe', non solo sui diritti del detenuto
(la cui tutela spetta alla magistratura di sorveglianza), ma anche
sui diritti del minore, la cui tutela - che assumerebbe, anzi, un
rilievo preminente, alla luce di note indicazioni delle fonti
sovranazionali - resterebbe affidata al tribunale per i minorenni,
quale «giudice naturale de potestate». In assenza di specifiche
disposizioni che regolino i rapporti tra tali competenze, sarebbe
giocoforza ritenere che le stesse concorrano.
La tesi appare, peraltro, ictu oculi insuscettibile di avallo. La
legge di ordinamento penitenziario reca plurime disposizioni nelle
quali viene in rilievo l'interesse dei figli minorenni del detenuto:
basti pensare, ad esempio, agli istituti - finanche piu' pregnanti,
in tal ottica, di quello dei colloqui - della detenzione domiciliare
speciale della madre (o, quando questa sia deceduta o
impossibilitata, del padre) per accudire figli in tenera eta' (art.
47-quinquies, ordin. penit.), o dell'assistenza all'esterno dei figli
stessi (art. 21-bis ordin. penit.). Il solo fatto che siano coinvolti
interessi dei minori non significa affatto che alla competenza dei
giudici di sorveglianza, specificamente prevista per l'accesso a tali
misure dall'ordinamento penitenziario (artt. 21, comma 4, 21-bis,
comma 1, 70, primo comma), possa sovrapporsi una concorrente
competenza del tribunale civile minorile.
L'idea di una competenza concorrente di due diverse autorita' in
rapporto al medesimo provvedimento - con conseguente rischio di
decisioni contrastanti - si presenta, d'altronde, palesemente
confliggente con una logica di sistema.
5.- Per tali ragioni, e a prescindere da ogni altro possibile
rilievo - anche quanto alle premesse ermeneutiche che fondano i dubbi
di costituzionalita' - le questioni vanno dichiarate inammissibili.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara inammissibile la costituzione in giudizio dell'avv.
Pasquale Cananzi, nella qualita' di curatore dei minori S. B., C.M.
D.S. e R.P. D.S., parti dei giudizi a quibus;
2) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 4 del decreto-legge 10 maggio 2020, n. 29
(Misure urgenti in materia di detenzione domiciliare o differimento
dell'esecuzione della pena, nonche' in materia di sostituzione della
custodia cautelare in carcere con la misura degli arresti
domiciliari, per motivi connessi all'emergenza sanitaria da COVID-19,
di persone detenute o internate per delitti di criminalita'
organizzata di tipo terroristico o mafioso, o per delitti di
associazione a delinquere legati al traffico di sostanze stupefacenti
o per delitti commessi avvalendosi delle condizioni o al fine di
agevolare l'associazione mafiosa o con finalita' di terrorismo,
nonche' di detenuti e internati sottoposti al regime previsto
dall'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nonche',
infine, in materia di colloqui con i congiunti o con altre persone
cui hanno diritto i condannati, gli internati e gli imputati) e
dell'art. 41-bis, comma 2-quater, lettera b), terzo periodo, della
legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e
sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'),
sollevate, in riferimento agli artt. 2, 3, 27, terzo comma, 30, 31,
secondo comma, 32 e 117, primo comma, della Costituzione,
quest'ultimo in relazione agli artt. 3 e 8 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale per i
minorenni di Reggio Calabria con le ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
palazzo della Consulta, il 9 marzo 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Franco MODUGNO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 31 marzo 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
