Coppia di fatto famiglia
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IL REGOLAMENTO COMUNALE DEI SERVIZI SOCIALI E LA RIMODULAZIONE DELL’INDICATORE SOCIO-ECONOMICO EQUIVALENTE (ISEE).

IL CASO DEI COMUNI DELLA REGIONE VENETO 1

Francesco Svigeli
Segretario Comunale

Sintesi: Uno degli aspetti sicuramente più problematici per un Comune che intenda adottare un Regolamento dei Servizi Sociali risulta essere l’applicazione dell’ISEE quale criterio, stabilito dalla normativa vigente e ribadito dalla giurisprudenza, sia per l’accesso sia per la compartecipazione al costo delle prestazioni sociosanitarie e sociali agevolate, all’erogazione delle quali l’ente locale risulta tenuto. Ciò che è consentito all’Ente è una “rimodulazione in melius” (e non in peius) dell’ISEE finalizzata all’aumento della platea dei beneficiari, attraverso la previsione di livelli di assistenza socio-assistenziale più elevata rispetto ai c.d. LIVeAS (Livelli essenziali di assistenza), riconosciuti dalla nostra Carta Costituzionale.

Abstract: One of the aspects certainly more problematic for a Municipality that intends to adopt a Regulation of Social Service is the application of the ISEE as a criterion, defined in current legislation and confirmed by jurisprudence both for access and sharing the cost of health services provided by Municipality. Local Authorities can provide for a “remodulation in melius“ (not in peius) of ISEE aimed at increasing the pool of beneficiaries providing levels of welfare higher than essential levels of welfare, recognized by our Constitutional Charter.

SOMMARIO: 1. ISEE per le prestazioni sociali agevolate: ricognizione della normativa di riferimento e della relativa interpretazione giurisprudenziale. 2. La rideterminazione dell’ISEE in melius: verso l’applicazione sperimentale del “Fattore Famiglia” per l’accesso agevolato ai servizi alla prima infanzia previsto dalla D.G.R. n. 1609 del 19 novembre 2021 in attuazione della L.R. Veneto n. 20 del 28 maggio 2020. 3. L’ISEE nel Regolamento dei Servizi Sociali dei Comuni del Veneto.

1. ISEE per le prestazioni sociali agevolate: ricognizione della normativa di riferimento e della relativa interpretazione giurisprudenziale.

Il Comune è titolare delle funzioni relative ai servizi sociali in ambito locale, ai sensi dell’articolo 6 della Legge 8 novembre 2000, n. 328 e, nell’esercizio dei propri poteri di autonomia regolamentare, determina le forme di garanzia nonché i criteri di riferimento per la concessione di servizi e prestazioni sociali a soggetti privati, in relazione anche a quanto previsto dalla normativa vigente in materia di procedimento amministrativo, in particolare all’art. 12, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Un regolamento comunale deve disciplinare l’accesso ai servizi “socio-assistenziali” erogati dal Comune, distinti in:

  • interventi sociali erogati dal Comune, quali, ad esempio, il segretariato sociale ed i progetti individualizzati;

  • interventi socio-economici straordinari organizzati per tipologie di carattere generale.

Uno degli aspetti sicuramente più problematici in subiecta materia risulta l’applicazione dell’ISEE quale criterio sia per l’accesso sia, per quanto maggiormente interessa in questa sede, per la compartecipazione al costo delle prestazioni sociosanitarie e sociali agevolate (all’erogazione delle quali l’ente locale risulta tenuto), come ribadito anche dalla giurisprudenza ormai consolidata del Consiglio di Stato.

Ne consegue la necessità per un Comune che intenda approvare un regolamento dei servizi sociali, di procedere ad una ricognizione non solo della normativa al fine di evitare di prevedere, all’interno del Regolamento stesso, norme illegittime per contrasto con la normativa nazionale sull’ISEE in spregio del principio di gerarchia delle fonti normative con conseguente annullamento delle norme del regolamento stesso e di tutti gli atti conseguenti che ne costituiscono applicazione ma anche della giurisprudenza formatasi sul punto e che, anche recentissimamente, ha dichiarato l’illegittimità di atti normativi recepiti o adottati da Comuni.

L’art. 2 del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159 dispone che l’ISEE e’ lo strumento di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate.

La determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonche’ della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni 2, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni.

In relazione a tipologie di prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario e ove non diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni, gli enti erogatori possono prevedere, accanto all’ISEE, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e delle attribuzioni regionali specificamente dettate in tema di servizi sociali e socio-sanitari.

E’ comunque fatta salva la valutazione della condizione economica complessiva del nucleo familiare attraverso l’ISEE.

Come affermato dal Consiglio di Stato, alla luce del complesso quadro normativo e dei principi costituzionali e internazionali in materia, “… l’ISEE resta, dunque, l’indefettibile strumento di calcolo della capacità contributiva dei privati e deve scandire le condizioni e la proporzione di accesso alle prestazioni agevolate, non essendo consentita la pretesa del Comune di creare criteri avulsi dall’ISEE con valenza derogatoria ovvero finanche sostitutiva”.

Il Consiglio di Stato, infatti, ha ritenuto che non sia possibile “accreditare in subiecta materia spazi di autonomia regolamentare in capo ai Comuni in distonia con i vincoli rinvenienti dalla sopra richiamata cornice normativa di riferimento al punto da consentire l’introduzione di criteri ulteriori e derogatori rispetto a quelli che il legislatore riserva, dopo aver accordato preferenza all’indicatore ISEE, in prima battuta, allo Stato e, in via integrativa, alla Regione”, e ha ritenuto illegittimo il regolamento comunale che ha assegnato “un improprio e discriminante rilievo selettivo alla percezione di emolumenti (id est pensione di invalidità ovvero indennità di accompagnamento) che, tanto in ragione delle mentovate sentenze di questo Consiglio, che per le successive modifiche normative, avrebbero dovuto essere considerati normativamente “protetti” e, dunque, con valenza neutra tanto ai fini dell’ISEE che, in via consequenziale, nella definizione della capacità contributiva degli utenti” (C. Stato, n. 6371 del 2018) 3.

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 6926 del 2020 4, dopo aver ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale in materia ed essersi soffermato anche sulla questione relativa al rapporto tra ISEE e indennità di accompagnamento, ha affermato che va quindi ribadito il principio, desumibile dalla giurisprudenza della Sezione, secondo cui non può essere riconosciuta ai Comuni una potestà di deroga alla legislazione statale e regionale, nell’adozione del regolamento comunale, in violazione della disciplina statale dell’ISEE, così come prevista dal DPCM n. 159/2013”.

Anche nella Regione Veneto, pertanto, nonresidua alcuna potestà regolamentare né in capo alle ULSS né in capo ai Comuni” (C. Stato n. 3640/2015; cfr. n. 1505/2020 5), non potendo la normativa regionale e locale in alcun modo derogare “in peius a quanto previsto dalla normativa statuale (cfr. anche Tar Veneto 61/2021 6).

Con particolare riferimento alle persone disabili, la normativa regionale del Veneto prevede, infatti, la gestione integrata delle funzioni sanitarie (di competenza delle Aziende ULSS) e delle funzioni socioassistenziali di competenza dei Comuni: in considerazione della gestione integrata, l’Azienda ULSS garantisce l’erogazione della complessiva prestazione di assistenza residenziale socio-sanitaria a ciclo continuativo e a tempo indeterminato; competono a suo carico, in via diretta, le spese sanitarie, mentre per quanto attiene alla quota socio-alberghiera (di competenza del Comune di residenza del disabile qualora non disponga dei necessari requisiti per pagarla) l’Azienda Sanitaria, delegata dai Comuni del distretto, riceve da questi ultimi le risorse necessarie 7.

Quindi, il Consiglio di Stato, con la predetta sentenza n. 6926/2020, ha confermato l’illegittimità, sancita dalla sentenza di primo grado, delle Linee Guida per l’applicazione dell’ISEE per il sostegno economico alla spesa sociale della retta nell’ambito della residenzialità approvate dalla Conferenza dei Sindaci8.

Nella sentenza impugnata il TAR ha ritenuto che “i criteri di calcolo applicati nel caso di specie hanno portato, in maniera che non può ritenersi rispettosa del criterio di ragionevolezza e proporzionalità, alla determinazione complessiva della quota di retta annuale a carico della ricorrente in una misura oltre che superiore all’ISEE, anche ben superiore alla pensione di invalidità e alla indennità di accompagnamento percepite dalla ricorrente, che costituivano le uniche entrate della ricorrente stessa, e senza tener conto delle spese personali effettivamente sostenute.

Né il Comune potrebbe invocare l’esigenza di garantire la copertura finanziaria o il fatto che tutte le esigenze di vita dell’appellata sarebbero state soddisfatte nella struttura ove risiede.

L’irragionevolezza del sistema di commisurazione previsto nelle Linee Guida – che è frutto di una scelta regolamentare della Conferenza dei Sindaci – produce effetti abnormi e distorsivi in sé, in quanto prevede una quota fissa sganciata dal parametro dell’ISEE (ancorata all’importo della pensione di invalidità e dell’indennità di accompagnamento); a questa quota fissa viene poi aggiunta la quota variabile che è correlata all’ISEE; quest’ultimo, peraltro, come chiarito dalla ricorrente in primo grado, già tiene conto – da un punto di vista patrimoniale – di tali provvidenze (in quanto versate sul c/c), con la conseguenza che, nel caso di specie, tali entrate, che secondo il DPCM 159/2013 non avrebbero dovuto essere prese in considerazione, hanno finito con l’essere valutate due volte.

Nella citata sentenza n. 6926/2020, il Collegio ha ricostruito il quadro normativo di riferimento.

La Sezione è quindi partita dalla legge n. 328/2000 (Legge Quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) che, in base al combinato disposto degli artt. 25, comma 8; 8, comma 3, lett. l), e 18, comma 3, lett. g), riserva al Governo il compito di predisporre un piano nazionale dei servizi sociali in cui indicare i criteri generali per la disciplina del concorso al
costo dei servizi sociali da parte degli utenti, tenuto conto dei principi stabiliti per l’ISEE, mentre spetta alle Regioni la definizione dei criteri per la determinazione del concorso da parte degli utenti al costo delle prestazioni, sulla base dei criteri determinati dal Piano nazionale servizi 9
(cfr. Cons. Stato Sez. III, 23-07-2015, n. 3640).

In tali decisioni la Sezione ha rilevato che “L’Indicatore ISEE (art. 2) costituisce lo strumento “…di valutazione, attraverso criteri unificati, della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni sociali agevolate. La determinazione e l’applicazione dell’indicatore ai fini dell’accesso alle prestazioni sociali agevolate, nonché della definizione del livello di compartecipazione al costo delle medesime, costituisce livello essenziale delle prestazioni, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, fatte salve le competenze regionali in materia di normazione, programmazione e gestione delle politiche sociali e socio-sanitarie e ferme restando le prerogative dei comuni”.

Tra le predette prestazioni economiche agevolate, cui l’ISEE si riferisce, l’art.1, comma 1, lettera e) richiama le «Prestazioni sociali agevolate» e la successiva lett. f) del DPCM annovera, tra le altre, le “Prestazioni agevolate di natura sociosanitaria”, definite quali “prestazioni sociali agevolate assicurate nell’ambito di percorsi assistenziali integrati di natura sociosanitaria rivolte a persone con disabilità e limitazioni dell’autonomia, ovvero interventi in favore di tali soggetti:

1) di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l’autonomia e la permanenza nel proprio domicilio;

2) di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali, incluse le prestazioni strumentali ed accessorie alla loro fruizione, rivolte a persone non assistibili a domicilio;

3) atti a favorire l’inserimento sociale, inclusi gli interventi di natura economica o di buoni spendibili per l’acquisto di servizi;”.

Successivamente, però, con decisioni nn. 838, 841 e 842 del 2016, il Consiglio di Stato ha annullato le norme regolamentari del D.P.C.M. 5 dicembre 2013, n. 159, nella parte in cui computavano, nella definizione di reddito imponibile, anche voci aventi natura indennitaria o compensativa, erogate al fine di attenuare una situazione di svantaggio (indennità di accompagnamento o misure risarcitorie per inabilità che prescindono dal reddito).

A seguito e per effetto delle suindicate statuizioni il legislatore, con l’art. 2-sexies, co. 3, del decreto legge n. 42/2016 convertito in L. 26 maggio 2016, n. 89, ha previsto che “Nelle more dell’adozione delle modifiche al regolamento di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, volte a recepire le sentenze del Consiglio di Stato, sezione IV, nn. 00841, 00842 e 00838 del 2016, nel calcolo dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) del nucleo familiare che ha tra i suoi componenti persone con disabilità o non autosufficienti, come definite dall’allegato 3 al citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 159 del 2013, anche ai fini del riconoscimento di prestazioni scolastiche agevolate, sono apportate le seguenti modificazioni:
a)
sono esclusi dal reddito disponibile di cui all’articolo 5 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i trattamenti assistenziali, previdenziali e indennitari, comprese le carte di debito, a qualunque titolo percepiti da amministrazioni pubbliche in ragione della condizione di disabilità, laddove non rientranti nel reddito complessivo ai fini dell’IRPEF.10

Mutatis mutandis, cioè con particolare riferimento agli anziani ricoverati in struttura (R.S.A.), le coordinate normative e giurisprudenziali sono le stesse

Al riguardo, un Comune del Veneto, ha necessariamente dovuto tener conto della recente sentenza n. 583/2021 del T.A.R. Veneto – Sezione Terza, che, aderendo in toto proprio agli insegnamenti della summenzionata sentenza del Consiglio di Stato n. 6926/2020, ha annullato le disposizioni del “Regolamento dei ricoveri delle persone anziane nelle strutture residenziali di accoglienza” del Comune resistente e la relativa delibera di approvazione del Consiglio Comunale.

Nel caso di specie, il Comune resistente aveva adottato il Regolamento dei Ricoveri delle persone anziane nelle strutture residenziali di accoglienza.

Il regolamento di cui sopra prevedeva, per quanto in questa sede di interesse e specificamente censurato da parte ricorrente:

– art. 5 (Condizioni soggettive e fasi della presa in carico), <<… e) messa a disposizione dell’utente dei propri beni e delle proprie risorse economiche per le spese di ospitalità nella struttura residenziale; …>>;

– art. 11 (individuazione delle categorie di obbligazioni) per la determinazione delle relazioni economiche presupposte e derivanti dalla presa in carico si individuano:

a) … il soggetto fruitore utilizza tutti i suoi beni al fine di sostenere le spese di ricovero …;

– art. 16 (attivazione delega alla riscossione delle pensioni; somme e beni personali relitti) <<per regolare in modo puntuale i rapporti economici con la struttura ospitante, l’utente titolare di pensioni conferisce mandato all’incasso al Comune di […] o, su indicazione dell’ente, alla struttura ospitante; conferisce inoltre assegni economici, indennità, rendite, vitalizi, arretrati e conguagli erogati …>>;

– art. 19 (uscita dal carico): << … la compartecipazione alle spese da parte dei familiari e dei soggetti collegati – in via di prima attuazione – è così determinata: a) l’utente utilizza prioritariamente i propri mezzi e risorse economiche, patrimoniali, reddituali e finanziarie per il pagamento delle spese del ricovero;

b) … per la presa in carico si attua il trasferimento a titolo gratuito al Comune (o su decisione del Comune alla struttura ospitante, per costituire la provvista di pagamento delle rette di ospitalità, cumulativamente a pensioni, assegni, indennità, arretrati e conguagli e comunque ai redditi percepiti in modo continuativo, con le modalità previste all’art. 13)>>.

Le disposizioni regolamentari che precedono, si pongono manifestamente in contrasto con la normativa e gli insegnamenti giurisprudenziali più sopra esposti in quanto:

– contengono una disciplina che non è conforme alla normativa Isee vigente;
– in contrasto con la disciplina in materia di Isee considerano, ai fini anche della compartecipazione autonomamente e integralmente, tutte le somme percepite dal ricorrente, compresa l’indennità di accompagnamento e invalidità, nonché il patrimonio mobiliare e immobiliare dell’interessato, al di là di quanto, a tale riguardo, rileva ai fini della determinazione dell’ISEE;

– impongono a parte ricorrente una serie di obblighi strumentali relativi al proprio patrimonio finalizzati a mettere a disposizione del Comune i cespiti attivi sempre in violazione della disciplina dell’ISEE.

Ne consegue, altresì, l’illegittimità derivata degli atti e provvedimenti comunali impugnati laddove viene disposta una quantificazione di compartecipazione avulsa dai corretti criteri di calcolo.

L’annullamento parziale delle disposizioni regolamentari che precedono e delle conseguenti determinazioni Comunali comportano l’obbligo a carico del Comune di procedere ad una nuova rideterminazione della compartecipazione della spesa.

2. La rideterminazione dell’ISEE in melius: verso l’applicazione sperimentale del “Fattore Famiglia” per l’accesso agevolato ai servizi alla prima infanzia previsto dalla D.G.R. n. 1609 del 19 novembre 2021 in attuazione della L.R. Veneto n. 20 del 28 maggio 2020.


I Comuni della Regione Veneto possono
avvalersi dell’indicatore sintetico “Fattore Famiglia” 11 per l’accesso agevolato ai servizi alla prima infanzia previsto dalla D.G.R. n. 1609 del 19 novembre 2021 in attuazione della L.R. Veneto n. 20 del 28 maggio 2020, avvalendosi di una parte dei 5.000.000,00 di euro di trasferimenti regionali di cui sopra, per incidere, mediante la concessione di un contributo finanziato dalla Regione Veneto, ad esempio sul costo delle tariffe dei servizi pubblici di refezione scolastica e trasporto scolastico erogati dai Comuni stessi, come determinate dall’All. F alla Delibera di Giunta n. 120 del 09/12/2021 (All. 1).

Nell’ambito dei servizi sociali, ai sensi dell’articolo 118 della Costituzione, le funzioni amministrative in generale sono attribuite ai Comuni, salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di “sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”. In base all’articolo 1 della legge 328 del 2000, la programmazione ed organizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali compete agli enti locali, alle Regioni e allo Stato, secondo alcuni principi, primo fra tutti il già enunciato principio di “sussidiarietà”, che comprende anche la “sussidiarietà verticale”.

Tenuto conto di questo principio, l’ente gerarchicamente inferiore svolge tutte le funzioni e i compiti di cui esso è capace, mentre all’ente sovraordinato viene lasciata la possibilità di intervenire per surrogarne l’attività, laddove le risorse e le capacità dell’ente sottordinato non consentano di raggiungere pienamente e con efficacia ed efficienza l’effettuazione di un servizio: quindi, in primis, l’intervento deve essere realizzato dall’ente più vicino al cittadino.

La Regione del Veneto, nell’osservanza dei principi sanciti dagli articoli 2, 29, 30 e 31 della Costituzione, dall’articolo 6, comma 1, lettera n) dello Statuto e dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, firmata a New York il 20 novembre 1989, ratificata ai sensi della legge 27 maggio 1991, numero 176, promuove e persegue una politica organica ed integrata volta a riconoscere e a sostenere la famiglia nel libero svolgimento delle sue funzioni sociali ed ha approvato, a tal fine, la Legge Regionale numero 20 del 28 maggio 2020, “Interventi a sostegno della famiglia e della natalità”.

La medesima legge regionale prevede, fra l’altro, la definizione degli ambiti di applicazione, dei criteri e delle modalità attuative del “Fattore Famiglia”, previsto all’articolo 3 – Prestazioni sociali dei comuni.

La norma qualifica il “Fattore Famiglia” come strumento integrativo per definire le condizioni economiche e sociali della famiglia che accede alle prestazioni sociali ed ai servizi a domanda individuale, specificando che il suo uso, da parte dei Comuni, è facoltativo.

Nella prassi, è uno strumento già in uso da parte di alcuni Comuni del territorio regionale veneto, applicato per determinare le tariffe di accesso ai servizi alla prima infanzia, al trasporto scolastico e agli impianti sportivi.

Si presenta come un indicatore sintetico della situazione reddituale e patrimoniale, che garantisce condizioni migliorative, integrando ogni altro indicatore, coefficiente e quoziente di premialità per le famiglie, al fine di individuare, in questo modo, eque modalità di accesso alle prestazioni sociali ed ai servizi a domanda individuale erogati dai Comuni.

Rispetto allo strumento ISEE, il “Fattore Famiglia” presenta scale di equivalenza più articolate, in grado di cogliere in modo più preciso le molteplici dimensioni del bisogno.

In particolare:

1. incrementa i pesi dei figli, che non sono considerati come dei componenti generici e, per essi, considera anche la fascia di età di appartenenza;
2. tiene in maggiore considerazione il peso della presenza di
disabilità, valutando anche il grado della stessa;

3. considera maggiormente il caso di un genitore solo, madre/padre con i figli;
4. considera il caso di
perdita di reddito derivante da problemi di lavoro;
5. riconosce
maggiore peso alla persona che vive da sola (per esempio, al costo della vita più elevato dei padri separati);

6. considera la presenza di figli gemelli.

Operativamente, il “Fattore Famiglia” è una rideterminazione dell’ISEE nazionale fatta sulla base delle seguenti scale di equivalenza:

COMPOSIZIONE FAMILIARE FATTORE FAMIGLIA

1 ° componente

1.0

Single o monogenitore

0.6

se Monogenitore con figli minori

0.4

se anche vedovo/a con figli minori

0.2

Coppia

2.0

Figlio 0-5

0.7

Figlio 6-13

0.6

Figlio 14-18

0.5

Figlio studente 19-26

0.4

Adulto aggiuntivo

0.3

Coppia giovane con capofamiglia <40 anni

0.4

Gemelli fino a 10 anni

0.3x(N gemelli-1)

Condizione lavorativa dei genitori (con figli minori)

Entrambi i genitori lavorano (scala x ogni coniuge)

0.1

Monogenitore lavoratore

0.2

Entrambi i genitori disoccupati (scala x ogni coniuge)

0.2

Monogenitore non lavoratore

0.4

Invalidità

Media

0.5

Grave

0.85

Non autosufficiente

1.2

Minorenne disabile

0.2

Grave esclusione abitativa

Senza tetto o senza casa

0.6

Sistemazioni insicure o sistemazioni inadeguate

0.3

Oggi, l’assegnazione degli aiuti e gli accessi alle famiglie a beni e servizi pubblici (per esempio, asili-nido, assegni per il nucleo familiare con 3 figli minori, assegni di maternità, mense e prestazioni scolastiche, agevolazioni per tasse universitarie, prestazioni del diritto allo studio, servizi socio-sanitari domiciliari e contributi di locazione) è percepita come ingiusta e spesso, poi, i cittadini chiedono alle Amministrazioni Locali di attuare un severo controllo sui fruitori di tali servizi.
L’esclusione per varie ragioni dal contributo di un nucleo familiare in stato di bisogno, comporta, per la società, un danno nemmeno minimamente paragonabile con l’ammontare del contributo negato.

È il caso, ad esempio, di una famiglia alla quale non sia stato riconosciuto un contributo e che è costretta a non iscrivere, per problemi economici, il figlio ai servizi all’infanzia:

– verosimilmente, un componente familiare sarà costretto a chiedere una posizione lavorativa part-time, per via dell’impossibilità di garantire al proprio figlio un’adeguata sistemazione durante l’orario di lavoro.

Per rispondere a queste problematiche, il “Fattore Famiglia” consente di:
1.
stimare la retta/il contributo personalizzato di ogni singolo nucleo familiare, eliminando i classici sistemi a scaglioni a favore, per questo motivo, di una maggiore equità;

2. verificare ex-ante i budget di spesa per il rispetto dei vincoli di bilancio;

3. effettuare la verifica dei mezzi (mini-riccometro/redditometro), individuando possibili autodichiarazioni non veritiere;

4. comunicare direttamente con il cittadino (via e-mail o sistemi di messaggistica istantanea), relativamente all’esito della procedura;

5. costituire, nel corso degli anni, un’importantissima base-dati sulle fasce “fragili” della popolazione.

Con il “Fattore Famiglia”, si vuole accompagnare le scelte dei decisori pubblici nell’erogazione dei contributi sociali e degli aiuti assistenziali, semplificando il processo decisionale e rispondendo ad una domanda di maggiore equità nella distribuzione delle risorse per i programmi di welfare, nella convinzione che un uso attento del denaro pubblico richieda che l’accesso ai beni e ai servizi sociali venga dato solo a coloro che sono in stato di effettivo bisogno.

A tal fine, la Giunta Regionale, con la deliberazione numero 1251 dell’1 settembre 2020, ha previsto un accordo-quadro con l’Università degli Studi di Verona – Dipartimento di Scienze Economiche (sottoscritto il primo di luglio 2021) volto alla definizione di una proposta inerente agli ambiti di applicazione, dei criteri e delle modalità attuative del “Fattore Famiglia”, impegnando l’Università, a tal fine, nella produzione di una migliore e più approfondita conoscenza relativa al tema del “Fattore Famiglia”.

Allo scopo di favorirne il ricorso e la diffusione, si è inteso approvare una sperimentazione del “Fattore Famiglia” ai servizi alla prima infanzia, tenuto conto della rilevanza di questo genere di servizi e dei costi che le famiglie devono sostenere per fruirne, individuando negli “Ambiti territoriali sociali” (di cui alla deliberazione numero 1191 del 18 agosto 2020 della Giunta regionale e alla comunicazione protocollo numero 556920 del 31 dicembre 2020 alla Regione per quanto attiene alla Federazione dei Comuni del Camposampierese di Camposampiero – PD) la forma organizzativa idonea per una corretta ed omogenea attuazione della sperimentazione in oggetto.

Infatti, è cambiata la consapevolezza dell’importanza dei servizi per la prima infanzia: da strutture utilizzate per la mancanza di un familiare disponibile per l’accudimento a contesti organizzativi strutturati per lo sviluppo socio-affettivo del bambino, quindi “supporto alle attività di cura genitoriale ed impulso verso la socializzazione”. Relativamente ai costi e alla sostenibilità, le famiglie dichiarano spese in aumento, motivo per il quale il reddito netto delle famiglie che usufruiscono del “nido” è mediamente più alto di quello delle famiglie che non ne usufruiscono.

Questo fattore rischia di escludere le famiglie a basso reddito e a rischio di povertà dall’accesso ai servizi educativi per la prima infanzia, incidendo su quegli aspetti che influiscono sulle disuguaglianze educative e, quindi, sullo sviluppo del bambino. Sebbene alcuni contributi statali abbiano aumentato l’utilizzo dei servizi, ciò deve andare di pari passo con una maggiore accessibilità omogenea.

Per questo motivo, è stato previsto un trasferimento economico di complessivi euro 5.000.000,00 a favore degli “Ambiti Territoriali Sociali”, per la sperimentazione del “Fattore Famiglia” nel rispettivo territorio, secondo quanto riportato nell’Allegato A alla D.G.R. n. 1609/2021.

Il finanziamento per ogni singolo “Ambito Territoriale Sociale” è stato calcolato tenendo conto della capacità ricettiva dei servizi 0-3 anni riconosciuti dalla Regione del Veneto (ai sensi della L.R. n. 32/1990, L.R. 22/2002 e L.R. 2/2006 e di cui al decreto 44 del 12 agosto 2021 del Direttore u.o. Famiglia, Minori, Giovani e Servizio Civile – BUR 122 del 10 settembre 2021) e del relativo peso percentuale rispetto al totale dei posti disponibili per tutto il territorio regionale.

Con riferimento al modello di intervento, si evidenzia che l’accesso agevolato ai servizi alla prima infanzia prevede, per minore, un contributo una-tantum minimo di euro 200,00 ed uno massimo di 600,00, da utilizzarsi per la frequenza dei servizi 0-3 anni riconosciuti dalla Regione del Veneto ai sensi della L.R. n. 32/1990, L.R. 22/2002 e L.R. 2/2006 (di cui al decreto 44 del 12 agosto 2021 del Direttore della unità organizzativa Famiglia, Minori, Giovani e Servizio Civile, BUR 122 del 10 settembre 2021). Inoltre, si sottolinea che l’importo del contributo è in funzione dell’applicazione del “Fattore Famiglia” e decresce linearmente da euro 600,00 fino ad un minimo di euro 200,00: euro 200,00 sono corrisposti per i redditi con un valore ISEE di euro 15.000,00 (come rideterminato dall’applicazione del “Fattore Famiglia”), mentre euro 600,00 sono corrisposti per i redditi con un valore ISEE massimo di euro 3.000,00 (come rideterminato dall’applicazione del “Fattore Famiglia”).

Le domande con valore ISEE superiore ad euro 15.000,00 (come rideterminato dall’applicazione del “Fattore Famiglia”) non avranno accesso al contributo.

I contributi sono cumulabili con eventuali altri contributi disposti per i medesimi fini. Per consentire un’applicazione efficace ed efficiente del “Fattore Famiglia”, viene prevista, nell’ambito dell’accordo-quadro sottoscritto con l’Università di Verona – Dipartimento di Scienze Economiche, la collaborazione con il medesimo istituto universitario, che seguirà l’attuazione del “Fattore Famiglia” nel territorio degli “Ambiti Territoriali Sociali”, fornendo agli stessi adeguato supporto organizzativo e curando, successivamente, la valutazione degli esiti, in stretto raccordo con la Regione del Veneto.

Infatti, a questo proposito, l’Università degli Studi di Verona – Dipartimento di Scienze Economiche ha manifestato l’interesse ad operare con la Regione, in considerazione dell’importanza attribuita, da parte dell’istituto universitario, all’innovazione, alla progettazione e alla valutazione “sociale”, proponendo, per il periodo 2021-2023, un accordo ai sensi della legge 7 agosto 1990, numero 241 “Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”, in particolare dell’articolo 15 “Accordi fra pubbliche amministrazioni”, che stabilisce la possibilità di concludere, per le amministrazioni pubbliche, accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune.

D’altra parte, la Regione del Veneto intende cogliere l’opportunità offerta dalla collaborazione con l’Università – Dipartimento di Scienze Economiche per sperimentare una misura di accesso agevolato a primari servizi per la comunità, quali sono i servizi alla prima infanzia, in considerazione del prestigio di cui gode l’Università degli Studi di Verona, quale istituzione pubblica dialta cultura che promuove e organizza l’istruzione superiore e la ricerca scientifica nonché il trasferimento delle conoscenze nel territorio.12

Nei confronti della Regione, l’Università degli Studi di Verona – Dipartimento di Scienze Economiche opererà per la valutazione degli esiti, in aggiunta alle rendicontazioni che la Regione chiederà agli “Ambiti Territoriali Sociali” con riferimento al rispettivo territorio, e per l’elaborazione di una proposta per la rilevazione periodica e sistematica di elementi di valutazione di interesse della Regione in ambito di politiche di intervento verso le famiglie.

E’ stato dunque dalla Regione Veneto determinato in euro 5.300.000,00 l’importo massimo delle obbligazioni di spesa, di natura non commerciale.

La spesa ha trovato copertura, per un ammontare di euro 5.300.000,00 nei trasferimenti statali dal Fondo nazionale per le politiche sociali.

3. L’ISEE nel Regolamento dei Servizi Sociali dei Comuni del Veneto.

All’esito della ricostruzione normativa e giurisprudenziale sull’applicazione dell’ISEE alla compartecipazione, i Comuni del Veneto hanno la possibilità di rideterminare in melius l’ISEE, inserendo nel Regolamento dei Servizi Sociali, una norma del seguente tenore:

  1. Il Comune, nel rispetto della normativa nazionale sul calcolo dell’Indicatore Socio-Economico Equivalente (ISEE) e della legislazione regionale vigente, promuove iniziative, anche sperimentali e facoltative e comunque nei limiti della disponibilità di bilancio, volte ad introdurre strumenti integrativi per definire le condizioni economiche e sociali della famiglia che accede alle prestazioni sociali ed ai servizi a domanda individuale, quali, a mero titolo esemplificativo, i servizi alla prima infanzia, al trasporto scolastico e agli impianti sportivi.

A tal fine, promuove l’applicazione di indicatori sintetici della situazione reddituale e patrimoniale, previsti dalla normativa vigente, che garantiscano condizioni migliorative e che integrino ogni altro indicatore, coefficiente e quoziente di premialità per le famiglie, al fine di individuare, in questo modo, eque modalità di accesso alle prestazioni sociali ed ai servizi a domanda individuale erogati dal Comune.

  1. Affinché l’assegnazione degli aiuti e gli accessi delle famiglie a beni e servizi pubblici (per esempio, asili-nido, servizi socio-sanitari domiciliari, contributi di locazione, ecc.), non sia percepita come ingiusta il Comune promuove, rispetto allo strumento dell’ISEE, in conformità alla normativa vigente e nei limiti della disponibilità di bilancio, scale di equivalenza più articolate, in grado di cogliere in modo più preciso le molteplici dimensioni del bisogno, tenendo conto, ad esempio, della fascia di età di appartenenza dei figli, della presenza e del grado di disabilità, della maggiore considerazione di un genitore solo, madre/padre con figli”.

Trattasi di una norma regolamentare conforme alla normativa nazionale sull’ISEE, in quanto lo ridetermina non in peius, chiedendo all’utente di corrispondere emolumenti la cui corresponsione è vietata ai fini della compartecipazione, ma in melius, applicando indicatori sintetici della situazione reddituale e patrimoniale, previsti dalla normativa vigente, che garantiscano condizioni migliorative.

Visto poi il carattere meramente esemplificativo dell’applicazione di tali indicatori sintetici ai servizi alla prima infanzia, al trasporto scolastico e agli impianti sportivi, il Comune troverà, anche in futuro, una forte legittimazione giuridica all’adesione non solo all’iniziativa sperimentale denominata “Fattore Famiglia” ma anche ad altre nuove iniziative, sia pur sperimentali e facoltative e comunque nei limiti della disponibilità di bilancio, volte ad introdurre strumenti integrativi per definire le condizioni economiche e sociali della famiglia.

Note:

1 Il presente lavoro costituisce tesi conclusiva, sottoposta a revisione ed aggiornamento da parte dell’autore, del corso-concorso per Segretari Comunali e Provinciali Coa 6

2https://temi.camera.it/leg18/temi/tl18_aggiornamento_dei_livelli_essenziali_di_assistenza__lea_.html

3 https://www.giustizia-amministrativa.it/

4 ibidem

5 ibidem

6 ibidem

7 https://www.regione.veneto.it/web/sanita/origini-e-storia

8 Deliberazione del Direttore Generale n. 1867 del 29-10-2020 – Atto Aziendale con DDG n. 1867 del 29-10-2020

9 La riforma dei servizi sociali in Italia. A cura di Cristiano Gori. L’attuazione della legge 328 e le sfide future.

10 Isee e prestazioni sociali e socio-sanitarie. Compartecipazione, riparto degli oneri, contenzioso. M. Gioncada, Francesco Trebaschi, Paolo Achille Mirri, Alessandro Candido.

11 F. Pesaresi “Il “Fattore Famiglia” e l’ISEE” in https://francopesaresi.blogspot.com/2020/09/il-fattore-famiglia-e-lisee.html

12 A tal riguardo, l’Università di Verona – Dipartimento di Scienze Economiche opererà nel limite di euro 300.000,00 a favore degli “Ambiti Territoriali Sociali” e della Regione, curando l’impostazione organizzativa dell’applicazione del “Fattore Famiglia”, in base a quanto previsto dall’accordo di cui all’Allegato B, parte integrante e sostanziale della presente deliberazione, con particolare riguardo a: conoscenza del “Fattore” presso gli operatori; attivazione di una piattaforma web dedicata; raccolta delle istanze di accesso; analisi delle domande; applicazione del “Fattore Famiglia”, approntamento della graduatoria; integrazione dei dati raccolti tramite la piattaforma web dedicata e le banche-dati previste dal D.lgs. 15-9-2017 numero 147 “Disposizioni per l’introduzione di una misura nazionale di contrasto alla povertà”, specificamente all’articolo 24 “Sistema informativo unitario dei servizi sociali”, rendendo disponibili all’ “Ambito Territoriale Sociale” ulteriori estrapolazioni ed elaborazioni statistiche per le necessità dell’ “Ambito”; integrazione della piattaforma web dedicata con le piattaforme informatiche e i software applicativi gestionali utilizzati dall’ “Ambito Territoriale Sociale” per l’attuazione del procedimento amministrativo inerente alla presente iniziativa, in un’ottica di efficienza ed efficacia.