CORTE COSTITUZIONALE 27 aprile – 20 maggio 2021 SENTENZA N. 104
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Energia - Incentivi per l'efficientamento energetico o la riduzione del rischio sismico delle costruzioni - Possibilita' di optare, in luogo della detraibilita' fiscale, per uno sconto immediato di pari ammontare praticato dall'esecutore delle opere - Disciplina, nella seconda ipotesi, del relativo credito d'imposta - Ricorsi della Regione Umbria e della Regione Toscana - Successive rinunce, rispettivamente in mancanza di costituzione e con accettazione del resistente - Estinzione dei processi. Impresa e imprenditore - Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese (PMI) - Semplificazione della gestione - Potere della Conferenza unificata di limitare l'operativita' del fondo all'attivita' di controgaranzia dei fondi di garanzia regionali e dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi (c.d. confidi) - Soppressione - Ricorsi della Regione Umbria e della Regione Toscana - Lamentata violazione della competenza regionale nella materia concorrente del sostegno all'innovazione per i settori produttivi e nella materia residuale degli incentivi e aiuti alle imprese, nonche' dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione - Non fondatezza delle questioni. - Decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34, convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, artt. 10, commi 1 e 2, e 18, commi 1 e 2. - Costituzione, artt. 3, 41, 117, commi primo, in relazione all'art. 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, terzo e quarto, e 119; principio di leale collaborazione.
(GU n.21 del 26-5-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 10, commi
1 e 2, e 18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34
(Misure urgenti di crescita economica e per la risoluzione di
specifiche situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella
legge 28 giugno 2019, n. 58, promossi dalla Regione Umbria e dalla
Regione Toscana con ricorsi notificati il 22-27 agosto e il 23-28
agosto 2019, depositati in cancelleria il 23 agosto e il 30 agosto
2019, iscritti, rispettivamente ai numeri 92 e 94 del registro
ricorsi 2019 e pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
numeri 41 e 42, prima serie speciale, dell'anno 2019.
Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nell'udienza pubblica del 27 aprile 2021 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
uditi gli avvocati Massimo Luciani per la Regione Umbria in
collegamento da remoto, ai sensi del punto 1) del decreto del
Presidente della Corte del 16 marzo 2021, Marcello Cecchetti per la
Regione Toscana e l'avvocato dello Stato Maria Letizia Guida per il
Presidente del Consiglio dei ministri in collegamento da remoto, ai
sensi del punto 1) del decreto del Presidente della Corte del 16
marzo 2021;
deliberato nella camera di consiglio del 27 aprile 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ricorso depositato il 23 agosto 2019 (reg. ric. n. 92 del
2019), la Regione Umbria ha impugnato gli artt. 10, commi 1 e 2, e
18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure
urgenti di crescita economica e per la risoluzione di specifiche
situazioni di crisi), convertito, con modificazioni, nella legge 28
giugno 2019, n. 58.
1.1.- La prima disposizione impugnata, di cui all'art. 10, commi
1 e 2, modifica la disciplina degli incentivi per la realizzazione
degli interventi per le costruzioni con ridotto impatto ambientale e
con maggiore sicurezza riguardo agli eventi sismici, rispettivamente
prevista dagli artt. 14 e 16 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63
(Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE
del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla
prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle
procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonche'
altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con
modificazioni, nella legge 3 agosto 2013, n. 90.
Essa introduce la possibilita', per il soggetto che effettua
opere di efficientamento energetico o di riduzione del rischio
sismico, di optare, in sostituzione della detraibilita' fiscale, per
uno sconto immediato praticato dall'esecutore delle opere, il quale
potra' beneficiare a sua volta di un credito di imposta da ripartire
in 5 quote annuali di pari valore, con possibilita' di cessione del
credito stesso ai propri fornitori. Sono vietate ulteriori
trasmissioni delle quote, cosi' come la cessione a istituti di
credito e a intermediari finanziari.
E' denunciata la violazione dell'art. 3 della Costituzione, sia
per la ingiustificata discriminazione in danno delle piccole e medie
imprese, che non avrebbero una «capacita' fiscale» tale da poter
utilizzare in compensazione la cessione dell'incentivo da parte di
chi appalta le opere, sia per contrasto con il principio di
ragionevolezza, perche' sarebbe ostacolata la realizzazione
dell'obiettivo di massima diffusione dell'incentivo.
La disposizione impugnata violerebbe anche l'art. 41 Cost. e il
principio di liberta' d'impresa economica privata, in quanto
l'incentivo, cosi' come disciplinato, sarebbe limitato alle sole
imprese di maggiori dimensioni, e l'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione all'art. 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130,
che sancisce il principio per cui le politiche di regolamentazione
dei mercati devono garantire un livello elevato di protezione dei
consumatori.
E' infine denunciata la violazione dell'art. 117, terzo comma,
Cost. - che riconosce alle Regioni competenze nelle materie
«protezione civile», «governo del territorio» e «sostegno
all'innovazione per i settori produttivi» - nonche' dell'art. 117,
quarto comma, Cost., che riconosce le competenze regionali nelle
materie «incentivi e aiuti alle imprese» e «artigianato e industria».
1.1.1.- Ad avviso della Regione ricorrente, l'art. 10, commi 1 e
2, del d.l. n. 34 del 2019 non potrebbe essere ascritto
esclusivamente alle materie di competenza esclusiva «tutela della
concorrenza», «sistema tributario dello Stato» o «tutela
dell'ambiente». Sarebbero, infatti, coinvolte plurime competenze
regionali, quali «protezione civile», «governo del territorio» e
«sostegno all'innovazione per i settori produttivi», di cui all'art.
117, terzo comma, Cost., nonche' «incentivi e aiuti alle imprese» e
«artigianato e industria», di cui all'art. 117, quarto comma, Cost.
La norma impugnata violerebbe le competenze regionali in queste
materie, sia perche' essa contiene norme di estremo dettaglio in
materie di competenza concorrente, in cui la legge statale dovrebbe
limitarsi a dettare i principi fondamentali, sia perche' non
riconosce alcuna attribuzione regionale, nemmeno nelle materie di
competenza regionale residuale.
1.1.2.- La Regione Umbria ritiene, inoltre, che le agevolazioni
fiscali previste dalla disposizione impugnata siano di fatto
utilizzabili solo dalle imprese di grandi dimensioni, poiche' - come
segnalato dall'Autorita' garante della concorrenza e del mercato nel
corso dei lavori preparatori della legge di conversione - solo queste
sarebbero in grado di compensare i relativi crediti d'imposta in
ragione del volume dei propri debiti fiscali. Cio' determinerebbe una
ingiustificata discriminazione in danno delle piccole e medie
imprese, in violazione del principio di eguaglianza. Inoltre, sarebbe
ostacolata la realizzazione dell'obiettivo di massima diffusione
dell'incentivo, in contrasto con il principio di ragionevolezza.
1.1.3.- Sarebbe violato anche l'art. 41 Cost., che, nel sancire
la liberta' d'impresa economica privata, esprime il principio della
parita' di trattamento delle imprese concorrenti in un dato settore.
Nel caso di specie, l'incentivo sarebbe limitato alle imprese
maggiori, senza che questa limitazione sia funzionale a un interesse
sociale rilevante.
1.1.4.- Inoltre, la limitazione delle imprese che possono
avvantaggiarsi dell'incentivo determinerebbe una riduzione della
concorrenza e cio' si risolverebbe in un pregiudizio per il
consumatore, per la minore possibilita' di scelta dell'operatore che
offre condizioni piu' vantaggiose. Pertanto, la disposizione
impugnata contrasterebbe anche con l'art. 117, primo comma, Cost.,
per violazione del principio fissato dall'art. 169 TFUE, che sancisce
il principio per cui le politiche di regolamentazione dei mercati
devono garantire un livello elevato di protezione dei consumatori.
1.1.5.- In data 11 novembre 2020 la difesa della Regione Umbria
ha depositato dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso,
relativamente all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n.
34 del 2019 e ha chiesto che - anche in difetto di accettazione della
stessa rinuncia da parte del resistente, non costituito in giudizio -
sia dichiarata la cessazione della materia del contendere,
limitatamente all'impugnazione di tale disposizione.
1.2.- E' impugnato, inoltre, l'art. 18, commi 1 e 2, dello stesso
d.l. n. 34 del 2019. Il primo comma di questa disposizione -
rubricata «Norme in materia di semplificazione per la gestione del
Fondo di garanzia per le PMI» - elimina la previsione dell'art. 18,
comma 1, lettera r), secondo periodo, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi
dello Stato alle Regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo
I della legge 15 marzo 1997, n. 59). Quest'ultima disposizione
affidava alla Conferenza unificata il potere di individuare, «tenuto
conto dell'esistenza di fondi regionali di garanzia, le regioni sul
cui territorio il fondo limita il proprio intervento alla
controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei consorzi di
garanzia collettiva fidi [...]».
Il comma 2 dell'art. 18 stabilisce, d'altra parte, il termine di
efficacia della limitazione dell'intervento del Fondo di garanzia per
le piccole e medie imprese (d'ora in avanti, il Fondo statale),
laddove sia gia' disposta.
Ad avviso della Regione Umbria, queste disposizioni si porrebbero
in contrasto con gli artt. 117 e 119 Cost., per l'illegittima
eliminazione del momento procedimentale di confronto tra Stato e
Regioni nella gestione delle attivita' del Fondo statale.
E' denunciato, altresi' il contrasto delle disposizioni impugnate
con l'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., in quanto sarebbero
violate le attribuzioni regionali nelle materie di competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per i settori produttivi» e
nella materia di competenza residuale «incentivi e aiuti alle
imprese».
1.2.1.- Osserva la difesa regionale che il sistema dei consorzi
di garanzia collettiva fidi (cosiddetti confidi) agevola l'accesso al
credito da parte delle piccole e medie imprese (PMI). La disciplina
in esame dovrebbe ascriversi, dunque, alle materie di competenza
regionale "incentivi e aiuti alle imprese" e "sostegno
all'innovazione per i settori produttivi" (sono richiamate in
particolare le sentenze n. 68 del 2017, n. 77 del 2005 e n. 14 del
2004).
La parte ricorrente ritiene che la gestione del Fondo statale di
garanzia, regolata dall'art. 2, comma 100, della legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
rappresenti una chiamata in sussidiarieta' di una funzione pubblica
di spettanza regionale, ai sensi dell'art. 119 Cost. Questa e'
consentita quando l'allocazione della funzione pubblica a livello
centrale costituisce imprescindibile attuazione dei principi di
adeguatezza e differenziazione nello svolgimento delle funzioni
pubbliche. Cio' impone al legislatore statale di predisporre adeguati
meccanismi di partecipazione delle Regioni all'esercizio delle
funzioni pubbliche accentrate, al fine di evitare l'integrale
soppressione delle attribuzioni regionali. Nel caso in esame,
l'intervento della Conferenza unificata rappresentava lo strumento
per coinvolgere le Regioni e garantirne le attribuzioni.
Con la soppressione di questo momento procedimentale di confronto
tra Stato e Regioni, sarebbero violati i principi di sussidiarieta' e
leale collaborazione, di cui agli artt. 117 e 119 Cost. Sarebbe,
inoltre, violato l'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., per la
compressione delle attribuzioni regionali nella materia di competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per i settori produttivi» e
nella materia di competenza residuale «incentivi e aiuti alle
imprese».
Attraverso l'intervento della Conferenza unificata, era
riconosciuta una modalita' di compartecipazione delle Regioni a un
procedimento connesso alla gestione del Fondo statale e incidente
sulle loro attribuzioni costituzionali. Oltre ad assicurare
l'efficiente coordinamento degli strumenti di accesso al credito a
livello nazionale e territoriale, questo meccanismo avrebbe permesso
alle Regioni di pianificare in modo razionale l'esercizio delle
proprie competenze in materia di «incentivi e aiuti alle imprese»,
perseguendo politiche pubbliche piu' adeguate.
D'altra parte, con specifico riguardo agli incentivi alle
imprese, neppure l'esigenza dell'uniforme tutela della concorrenza
sul territorio nazionale potrebbe giustificare la completa
estromissione delle Regioni in questa materia.
Al solo scopo di realizzare un accentramento decisionale, la
disposizione impugnata avrebbe irragionevolmente irrigidito la
gestione del Fondo statale e avrebbe, inoltre, invaso la sfera di
competenza regionale. Oltre a violare il principio di leale
collaborazione, sarebbero state illogicamente parificate situazioni
regionali del tutto diverse. Infatti, al dichiarato scopo di
prevenire ipotetici abusi da parte di alcune Regioni, il legislatore
statale avrebbe soppresso la partecipazione delle autonomie
regionali, finendo per colpire e danneggiare anche quelle virtuose.
La Regione Umbria ritiene, dunque, che la disposizione impugnata
contrasti con gli artt. 117 e 119 Cost., poiche' essa avrebbe
eliminato qualsiasi forma di coinvolgimento regionale nella gestione
degli incentivi alle imprese e nei processi decisionali che incidono
sull'esercizio delle competenze costituzionali delle Regioni.
Si evidenzia, inoltre, che la Commissione bicamerale per le
questioni regionali, nel parere reso sul disegno di legge di
conversione del d.l. n. 34 del 2019, aveva ritenuto opportuno «un
approfondimento al fine di individuare modalita' alternative a quella
della disposizione abrogata per garantire forme di coinvolgimento del
sistema delle autonomie territoriali nella gestione del fondo».
1.2.2.- La difesa regionale deduce, infine, che il successivo
art. 13, comma 3, del decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure
urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per
le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonche'
interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini
amministrativi e processuali), convertito con modificazioni, nella
legge 5 giugno 2020, n. 40, non sarebbe satisfattivo dell'interesse
regionale fatto valere con il ricorso, poiche' si limiterebbe ad
anticipare - dal 31 dicembre 2020 al 10 aprile 2020 - il termine
della limitazione dell'intervento del Fondo statale. La questione
dovrebbe, quindi, ritenersi «trasferita» sulla nuova disposizione.
1.2.3.- Nelle memorie depositate il 27 ottobre 2020 ed il 6
aprile 2021, la difesa regionale ha ribadito gli argomenti gia'
illustrati nei propri atti e ha insistito nell'accoglimento delle
conclusioni ivi formulate.
1.3.- Il Presidente del Consiglio dei ministri non si e'
costituito nel giudizio promosso dalla Regione Umbria e non ha svolto
alcuna attivita' difensiva.
2.- Con ricorso depositato il 30 agosto 2019, anche la Regione
Toscana ha impugnato, in primo luogo, l'art. 10, commi 1 e 2, del
d.l. n. 34 del 2019, in relazione all'art. 117, terzo e quarto comma,
Cost. e al principio di leale collaborazione.
2.1.- La parte ricorrente ritiene che la disposizione in esame,
nel favorire i soli operatori economici di grandi dimensioni, che
possono avere la liquidita' necessaria per applicare lo sconto ivi
previsto, restringa la concorrenza nell'offerta dei servizi di
riqualificazione energetica e dei lavori antisismici e danneggi cosi'
le piccole e medie imprese. Limitando la fruibilita' dei benefici
alle sole imprese di grandi dimensioni, l'art. 10, commi 1 e 2, del
d.l. n. 34 del 2019 interferirebbe con le materie affidate dall'art.
117, quarto comma, Cost. alla potesta' residuale delle Regioni, con
particolare riferimento all'industria, alle attivita' produttive,
all'artigianato e alla promozione del sistema produttivo regionale.
2.1.1.- In secondo luogo, la Regione Toscana impugna l'art. 18,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2019, come convertito, facendo rilevare
di avere richiesto, sin dal 2002, la limitazione dell'intervento del
Fondo statale alla sola prestazione di controgaranzia. La richiesta
e' stata accolta dalla Conferenza unificata e, pertanto, nella
Regione Toscana il Fondo statale ha operato solo nella forma della
controgaranzia.
La ricorrente ritiene che l'abrogazione del suindicato secondo
periodo della lettera r) dell'art. 18, comma 1, del d.lgs. n. 112 del
1998 si rifletta negativamente sull'attivita' dei confidi e sul
tessuto regionale delle PMI. Infatti, grazie al loro legame diretto e
profondo con il tessuto imprenditoriale, i confidi hanno svolto una
vera e propria funzione sociale, contribuendo allo sviluppo economico
e sociale del territorio, a supporto di tutte le PMI.
La Regione Toscana riferisce che, dai dati sulle operazioni che i
confidi presentano con la controgaranzia del Fondo statale,
risulterebbe che l'onere di copertura sostenuto dallo Stato per
queste operazioni e' del 45 per cento, rispetto al 72 per cento di
quelle realizzate con la garanzia diretta. Inoltre, attraverso
l'attivita' dei confidi, l'effetto leva finanziaria delle risorse
pubbliche sarebbe superiore rispetto a quello delle banche del 70 per
cento. A parita' di risorse messe a disposizione, per le PMI sarebbe,
dunque, molto piu' efficiente l'accesso al credito tramite i confidi,
rispetto all'intervento diretto da parte delle banche.
Ad avviso della ricorrente, la soppressione di uno strumento che
il d.lgs. n. 112 del 1998 aveva riconosciuto alle Regioni - e che era
vitale per lo sviluppo del sistema produttivo regionale - lederebbe
le competenze regionali in materia di industria, attivita'
produttive, sviluppo economico, accesso al credito e sostegno
all'innovazione per i settori produttivi, materie tutte riconducibili
alle competenze concorrenti e residuali delle Regioni, ai sensi
dell'art. 117, terzo e quarto comma, Cost.
2.1.2.- D'altra parte, ad avviso della Regione Toscana, sarebbero
pretestuose ed infondate le argomentazioni con cui e' stata motivata
la scelta normativa in esame.
In particolare, il meccanismo di cui alla richiamata lettera r)
non sarebbe stato affatto utilizzato al fine di sostenere i confidi
in difficolta', assicurando loro una sorta di monopolio nell'accesso
alla garanzia del Fondo. Al contrario, grazie a questo meccanismo,
nella Regione Toscana si sarebbe consolidato un sistema che ha
consentito negli anni di attivare un numero di operazioni di
controgaranzia proporzionalmente superiore alla quota storica di
risorse attribuite nell'ambito del decentramento, ai sensi del d.lgs.
n. 112 del 1998.
La Regione Toscana contesta, inoltre, l'affermazione secondo la
quale, nelle Regioni che hanno fatto ricorso alla lettera r), si
sarebbe osservato un calo dell'operativita' del Fondo statale. La
diversita' dei sistemi produttivi e dei mercati locali del credito si
riflette nella diversita' di funzionamento del Fondo statale. Ne',
d'altra parte, nelle Regioni in cui non e' stata data applicazione
all'art. 18, comma 1, lettera r), secondo periodo, del decreto n. 112
del 1998, le imprese avrebbero avuto maggiore facilita' di accesso al
credito grazie al Fondo statale.
La scelta introdotta dalla norma impugnata determinerebbe
un'opzione privilegiata a favore del Fondo statale, che e' il solo a
potere offrire una garanzia illimitata a valere sul bilancio dello
Stato, a differenza di qualsiasi operatore privato o fondo di
garanzia regionale. Questa situazione dovrebbe indurre il Fondo
statale a operare come garante di ultima istanza, favorendo sistemi
di garanzia territoriali o settoriali, di carattere privato o
mutualistico.
La difesa della parte ricorrente evidenzia, inoltre, che
l'eventuale incremento dell'operativita' del Fondo statale nelle
Regioni che avevano aderito alla limitazione di cui all'art. 18,
comma 1, lettera r), secondo periodo, del d.lgs. n. 112 del 1998,
avverra' nell'ambito della medesima dotazione finanziaria del Fondo
stesso. Pertanto, - a parita' di domanda di garanzia - non si
produrrebbe alcun beneficio, ma solo lo spostamento a favore del
Fondo statale di operazioni che prima transitavano attraverso i
confidi o i fondi regionali.
2.1.3.- Infine, posto che l'abrogazione dell'art. 18, comma 1,
lettera r), secondo periodo, del d.lgs. n. 112 del 1998 incide su
molteplici competenze regionali, essa avrebbe dovuto essere disposta
nel rispetto del principio di leale collaborazione, che guida i
rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie. Viceversa, la
disposizione impugnata e' stata emanata in assenza di alcuna intesa
con le Regioni.
2.2.- Con atto depositato il 7 ottobre 2019, si e' costituito in
giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni promosse con il ricorso della Regione Toscana siano
dichiarate inammissibili o comunque infondate.
2.2.1.- Con riferimento all'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n. 34
del 2019, la difesa statale ha eccepito l'inammissibilita' del
ricorso, poiche' le censure di parte ricorrente relative alla
violazione dell'art. 117, quarto comma, Cost. sarebbero sfornite di
idonee argomentazioni.
Il ricorso non fornirebbe alcuna dimostrazione in ordine al
pregiudizio per gli artigiani e per le piccole e medie imprese, ne'
circa il nocumento che deriverebbe alla Regione dalla disposizione
impugnata. In definitiva, la lamentata restrizione della concorrenza
si baserebbe su elementi meramente indiziari e controvertibili, in
contrasto con l'onere del ricorrente di definire il petitum e di
indicare gli argomenti necessari a sorreggerlo.
2.2.1.1.- Nel merito, le disposizioni impugnate costituirebbero
legittimo esercizio della competenza statale esclusiva in materia di
«sistema tributario e contabile dello Stato» di cui all'art. 117,
secondo comma, lettera e), Cost. Non vi sarebbe, quindi, alcuna
invasione di ambiti di competenza regionale, poiche' spetta
unicamente al legislatore statale disciplinare in modo uniforme la
materia delle detrazioni fiscali. Ne', d'altra parte, sarebbe
possibile evocare concorrenti competenze regionali connesse alla
realta' produttiva locale poiche', sia il mercato dell'efficienza
energetica, sia quello della riqualificazione sismica, hanno rilievo
nazionale.
L'Avvocatura generale dello Stato sottolinea, inoltre, che la
disciplina delle agevolazioni fiscali o dei benefici tributari
costituisce esercizio di un potere ampiamente discrezionale del
legislatore, censurabile solo per la sua palese arbitrarieta' o
irrazionalita' (sono richiamate le sentenze n. 17 del 2018, n. 117
del 2017 e l'ordinanza n. 46 del 2009).
D'altra parte, gli interventi "promozionali", come quello in
esame, intersecano, sotto vari profili, la materia della tutela della
concorrenza e rientrano anche per questo aspetto nella competenza
legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost. L'impatto complessivo di queste misure
incide, infine, sul sistema economico generale, determinandone un
assetto equilibrato, e non lede l'autonomia finanziaria della
Regione.
2.2.2.- La difesa statale ritiene, altresi', non fondate le
censure relative all'art. 18, comma 1, del d.l. n. 34 del 2019.
Con l'intervento normativo in esame il legislatore statale ha
disciplinato l'operativita' di un fondo costituito con risorse
proprie, senza disconoscere alle Regioni la possibilita' di
effettuare interventi finanziari aggiuntivi a sostegno delle imprese
operanti nel loro territorio. L'intervento in esame sarebbe volto a
realizzare obiettivi di politica economica che coinvolgono aspetti
riconducibili ai rapporti con l'Unione europea ed alla materia della
concorrenza, riservata alla potesta' legislativa statale, ai sensi
dell'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. Cio' non
pregiudicherebbe, peraltro, la potesta' regionale di assumere
iniziative di carattere finanziario a sostegno dell'imprenditoria
presente sul proprio territorio.
L'Avvocatura generale dello Stato osserva, d'altra parte, che
l'efficacia della disposizione impugnata non potrebbe essere limitata
alla realta' produttiva regionale, in quanto la previsione di
interventi promozionali rientra nella tutela della concorrenza e
l'intervento legislativo statale e' legittimato dalla finalita' di
incidere sull'equilibrio economico generale (al riguardo, sono
richiamate le sentenze n. 83 del 2018; n. 63 del 2008 e n. 14 del
2004).
Infine, non sarebbe riscontrabile la violazione del principio di
leale collaborazione, che verrebbe in rilievo soltanto in caso di
concorrenza di competenze e non in caso di competenze distinte, come
in quello in esame (e' richiamata la sentenza n. 251 del 2016).
2.3.- Il 14 ottobre 2020, la Regione Toscana ha depositato
un'istanza di rinvio dell'udienza pubblica per la discussione del
ricorso, al fine di permettere alla nuova Giunta regionale, nominata
dal nuovo Presidente, eletto a seguito delle elezioni amministrative
regionali del 20 - 21 settembre 2020, di valutare la permanenza
dell'interesse a coltivare il ricorso.
In data 8 gennaio 2021, la Regione Toscana ha depositato la
dichiarazione di rinuncia parziale al ricorso, limitatamente
all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2019.
Il 18 febbraio 2021 l'Avvocatura generale dello Stato ha
depositato la dichiarazione di accettazione, da parte del Presidente
del Consiglio dei ministri, della rinuncia parziale al ricorso
promosso dalla Regione Toscana.
2.4.- Nelle memorie depositate in prossimita' dell'udienza
pubblica, le parti hanno ribadito le argomentazioni gia' illustrate
nei propri scritti difensivi e hanno insistito per l'accoglimento
delle conclusioni ivi rispettivamente formulate.
Considerato in diritto
1.- La Regione Umbria e la Regione Toscana (reg. ric. n. 92 e n.
94 del 2019) hanno impugnato, in primo luogo, l'art. 10, commi 1 e 2,
del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita
economica e per la risoluzione di specifiche situazioni di crisi),
convertito, con modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, in
riferimento agli artt. 3, 41, 117, primo comma, quest'ultimo in
relazione all'art. 169 del Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (TFUE), come modificato dall'art. 2 del Trattato di Lisbona
del 13 dicembre 2007 e ratificato dalla legge 2 agosto 2008, n. 130,
nonche' in riferimento all'art. 117, terzo e quarto comma, della
Costituzione.
E' altresi' impugnato l'art. 18, commi 1 e 2, del medesimo d.l.
n. 34 del 2019, come convertito, per violazione degli artt. 117,
terzo e quarto comma, 119 Cost. e del principio di leale
collaborazione.
2.- I ricorsi sollevano analoghe questioni, sicche' i relativi
giudizi vanno riuniti per essere definiti con un'unica decisione.
3.- Nelle more del giudizio, entrambe le Regioni ricorrenti hanno
dichiarato di rinunciare all'impugnazione dell'art. 10, commi 1 e 2,
del d.l. n. 34 del 2019.
Con riferimento al ricorso proposto dalla Regione Umbria, in
mancanza di costituzione in giudizio della parte resistente,
l'intervenuta rinuncia al ricorso in via principale determina
l'estinzione del processo, ai sensi dell'art. 23 delle Norme
integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Anche la Regione Toscana ha dichiarato di rinunciare al ricorso,
limitatamente all'impugnazione del medesimo art. 10, commi 1 e 2, del
d.l. n. 34 del 2019. La rinuncia e' stata accettata dal Presidente
del Consiglio dei ministri e, di conseguenza, il processo va
dichiarato estinto, ai sensi dell'art. 23 delle norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
4.- Le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 18,
commi 1 e 2, del d.l. n. 34 del 2019 non sono fondate.
4.1.- Il comma 1 di questa disposizione - rubricata «Norme in
materia di semplificazione per la gestione del Fondo di garanzia per
le PMI» - elimina la previsione dell'art. 18, comma 1, lettera r),
secondo periodo, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15
marzo 1997, n. 59).
Con essa era affidata alla Conferenza unificata il potere di
individuare, «tenuto conto dell'esistenza di fondi regionali di
garanzia, le regioni sul cui territorio il fondo limita il proprio
intervento alla controgaranzia dei predetti fondi regionali e dei
consorzi di garanzia collettiva fidi [...]».
Il comma 2 dell'art. 18, impugnato dalla sola Regione Umbria,
stabilisce il termine di efficacia della limitazione dell'intervento
del predetto Fondo di garanzia nelle Regioni sul cui territorio essa
e' gia' disposta.
Le parti ricorrenti denunciano la violazione degli artt. 119 e
117, terzo e quarto comma, Cost., e del principio di leale
collaborazione, per l'illegittima eliminazione del momento
procedimentale di confronto tra Stato e Regioni nella gestione delle
attivita' del fondo di garanzia per le PMI. E' inoltre denunciata la
violazione delle attribuzioni regionali nella materia di competenza
concorrente «sostegno all'innovazione per i settori produttivi» e in
quella di competenza residuale «incentivi e aiuti alle imprese».
4.2.- Nella individuazione degli ambiti cui afferiscono le
disposizioni impugnate occorre rilevare, in via preliminare, che le
stesse attengono ad una pluralita' di materie rispetto alle quali
variamente si atteggia la competenza legislativa dello Stato e delle
Regioni.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, ai fini
dell'individuazione della materia, si deve tener conto dell'oggetto,
della ratio e della finalita' della disciplina in questione,
tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, cosi' da
identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse tutelato
(ex plurimis, sentenze n. 56 del 2020, n. 116 del 2019, n. 108 del
2017, n. 175 del 2016 e n. 245 del 2015).
Nel caso in esame, e' impugnata la disposizione che abolisce la
possibilita' per la Conferenza unificata di limitare in alcune
Regioni l'operativita' del Fondo statale di garanzia per le PMI ai
soli interventi in funzione di controgaranzia. Infatti, l'art. 18,
comma 1, del d.l. n. 34 del 2019 modifica le modalita' di
funzionamento del Fondo statale istituito dalla legge 23 dicembre
1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),
mettendo gli operatori di tutte le Regioni in grado di accedervi a
parita' di condizioni. Esso costituisce uno strumento di politica
economica, finanziato con risorse proprie dello Stato, che ne ha
conservato la gestione in via esclusiva - stabilita dall'art. 18,
comma 1, lettera r), primo periodo, del d.lgs. n. 112 del 1998 - e lo
stesso art. 18 del d.l. n. 34 del 2019 ha lasciato intatta questa
previsione.
Riguardo al meccanismo eliminato dalla disposizione impugnata,
questa Corte ha gia' osservato che esso «presuppone che i sistemi
regionali costituiti dai fondi regionali di garanzia a favore delle
PMI, ove esistenti, e dai confidi possano avere caratteristiche tali
da giustificare la limitazione dell'intervento del fondo statale alla
sola controgaranzia, che opera come una garanzia di secondo livello
prestata a favore dei garanti» (sentenza n. 83 del 2018).
4.2.1.- Con la soppressione della possibilita' prevista dal
secondo periodo della citata lettera r), risulta valorizzato
l'intervento pubblico di garanzia centralizzato a livello nazionale,
che ha recuperato la pienezza della sua operativita', anche nei
territori nei quali in precedenza era stata consentita la sua
limitazione alla sola attivita' di controgaranzia a favore dei fondi
regionali e dei consorzi di garanzia collettiva dei fidi, i
cosiddetti confidi.
L'abolizione di questo meccanismo si colloca all'interno di un
intervento normativo volto a perseguire gli obiettivi dello sviluppo
di canali alternativi per il finanziamento delle imprese e di
promozione di operazioni finanziarie innovative. Proprio al fine di
realizzare questi obiettivi, lo stesso art. 18 del d.l. n. 34 del
2019, al successivo comma 3, abilita il Fondo statale a intervenire
in garanzia a favore di soggetti che finanziano, tramite piattaforme
di social lending e di crowdfunding (cosi' nell'art. 18 comma 3
teste' citato), progetti di investimento realizzati da micro, piccole
e medie imprese, comunque operanti nei settori di attivita' che
possono essere ammesse all'intervento dello stesso Fondo.
Dal punto di vista sistematico, la disposizione censurata si
inserisce nell'ambito di un complessivo intervento destinato a
realizzare una manovra funzionale allo sviluppo dell'economia e del
sistema produttivo. A questi fini, essa si accompagna ad una generale
revisione delle modalita' di intervento del sopra indicato Fondo
statale, che conferma e valorizza l'intervento pubblico di garanzia
centralizzato a livello nazionale e, al contempo, introduce in
relazione ad esso nuovi spazi di operativita' per i confidi, al fine
di rilanciarne il ruolo e l'attivita' (come evidenziato nella
relazione governativa al disegno di legge di conversione del d.l. n.
34 del 2019, A. C. n. 1807, presentato il 30 aprile 2019). Tali spazi
sono stati poi codificati nell'art. 13, comma 1, lettere d), e), n) e
n-bis) del successivo decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure
urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per
le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonche'
interventi in materia di salute e lavoro, di proroga di termini
amministrativi e processuali), convertito, con modificazioni, nella
legge 5 giugno 2020, n. 40.
4.3.- In effetti, anche la limitata operativita' del Fondo di
garanzia era ispirata alla finalita' di facilitare l'accesso al
credito delle PMI, attraverso il potenziamento del ruolo svolto dai
confidi. Con l'attivazione della lettera r), infatti, le PMI
regionali potevano accedere al Fondo statale solo rivolgendosi a un
confidi (di cui dovevano sostenere i costi), mentre rimaneva precluso
l'intervento in garanzia diretta, a favore di banche e altri soggetti
finanziatori.
Tuttavia, nel corso degli anni in cui questo meccanismo ha avuto
applicazione, si e' osservato - come del resto traspare anche dai
lavori preparatori della disposizione impugnata - che questa limitata
operativita' del Fondo statale in alcune Regioni, anziche' facilitare
l'accesso al credito delle PMI, puo' produrre effetti
controproducenti, limitando la concorrenza tra gli intermediari e,
con essa, la ricerca di maggiori livelli di efficienza.
La ratio sottesa all'intervento normativo in esame e'
espressamente individuata nella eliminazione di «anacronistiche
barriere di accesso e limitazioni della concorrenza» (cosi' definite
nella relazione al gia' richiamato d.d.l. di conversione, A. C. n.
1807), suscettibili di risolversi in danno delle PMI. La scelta di
evitare la precedente limitata operativita' del Fondo statale ha
dunque l'obiettivo di favorire la dinamica concorrenziale nel settore
del credito alle PMI. Si tratta di un intervento che aspira a
realizzare il corretto funzionamento del mercato, impedendo che si
continuino a determinare le condizioni per una sua alterazione,
attraverso l'ampliamento dell'operativita' del fondo in tutte le
Regioni.
4.4.- A tale riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha da
tempo chiarito che la nozione di concorrenza comprende sia le misure
legislative di tutela in senso proprio, intese a contrastare gli atti
e i comportamenti delle imprese che incidono negativamente
sull'assetto concorrenziale dei mercati, sia le misure legislative di
promozione, dirette a eliminare limiti e vincoli alla libera
esplicazione della capacita' imprenditoriale e della competizione tra
imprese (concorrenza "nel mercato"), ovvero a prefigurare procedure
concorsuali che assicurino la piu' ampia apertura del mercato a tutti
gli operatori economici (concorrenza "per il mercato"). In questa
accezione promozionale, attraverso la «tutela della concorrenza»,
vengono perseguite finalita' di ampliamento dell'area di libera
scelta dei cittadini e delle imprese, queste ultime anche quali
fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi (sentenze n. 83 del
2018, n. 299 del 2012, n. 401 del 2007 e n. 14 del 2004).
La disciplina degli aiuti pubblici, compatibili con il mercato
interno, rientra, quindi, in questa accezione dinamica di
concorrenza, che contempla le misure pubbliche dirette a ridurre
squilibri e a favorire le condizioni di un sufficiente sviluppo degli
assetti concorrenziali.
In tale ambito, l'intervento dello Stato si giustifica quando -
per l'accessibilita' a tutti gli operatori e per l'impatto
complessivo - e' volto ad incidere sull'equilibrio economico
generale. Appartengono, invece, alla competenza legislativa
concorrente o residuale delle Regioni «gli interventi sintonizzati
sulla realta' produttiva regionale», tali comunque da non creare
ostacolo alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le
Regioni e da non limitare l'esercizio del diritto al lavoro in
qualunque parte del territorio nazionale (ex plurimis, sentenze n. 83
del 2018, n. 259 del 2013, n. 242 del 2005 e n. 14 del 2004).
4.5.- Sulla base di queste considerazioni, la disposizione
impugnata - in quanto inserita in un complessivo disegno di politica
economica e, al contempo, destinata a correggere una possibile
distorsione nel settore del credito alle PMI - va ricondotta alla
materia della tutela della concorrenza, di cui all'art. 117, secondo
comma, lettera e), Cost., e risulta, quindi, conforme al riparto
costituzionale di competenze.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, dato il
carattere «finalistico» della competenza attribuita in materia allo
Stato, «la tutela della concorrenza assume [...] carattere prevalente
e funge da limite alla disciplina che le Regioni possono dettare
nelle materie di loro competenza, concorrente o residuale [...],
potendo influire su queste ultime fino a incidere sulla totalita'
degli ambiti materiali entro cui si estendono, sia pure nei limiti
strettamente necessari per assicurare gli interessi alla cui garanzia
la competenza statale esclusiva e' diretta» (sentenza n. 56 del 2020;
nello stesso senso ex plurimis, sentenze n. 287 del 2016, n. 2 del
2014, n. 291 e n. 18 del 2012, n. 150 del 2011, n. 288 e n. 52 del
2010, n. 452, n. 431, n. 430 e n. 401 del 2007 e n. 80 del 2006).
In quanto riconducibile ad un ambito materiale di competenza
esclusiva trasversale dello Stato e non eccedendo rispetto ai limiti
di quanto necessario a perseguire i propri obiettivi, la norma
impugnata e' dunque espressione di attribuzioni statali destinate a
prevalere anche sulle competenze regionali, delle quali le ricorrenti
lamentano la lesione. Infatti, se e' pur vero che l'intervento
statale si riflette su diverse competenze regionali, si tratta, a ben
vedere, di un'incidenza mediata, inevitabilmente connessa al
carattere trasversale della competenza statale cui tale intervento e'
comunque riconducibile in via prevalente. Pertanto, non puo' essere
accolta la censura delle Regioni relativa alla Conferenza unificata.
D'altra parte, il principio di leale collaborazione non e'
invocabile neppure in funzione della chiamata in sussidiarieta',
poiche', sin dalla sua istituzione, la gestione del Fondo centrale di
garanzia rientra tra le funzioni amministrative riservate in via
esclusiva allo Stato, ai sensi dello stesso art. 18, comma 1, del
d.lgs. n. 112 del 1998.
Peraltro, tenendo conto delle interazioni che comunque ci sono
fra il predetto Fondo centrale, i fondi regionali e le realta'
produttive locali, la previsione di meccanismi collaborativi, pur non
essendo costituzionalmente dovuta, rimane nondimeno un'opzione che il
legislatore statale puo' opportunamente considerare.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 18, commi 1 e 2, del decreto-legge 30 aprile
2019, n. 34 (Misure urgenti di crescita economica e per la
risoluzione di specifiche situazioni di crisi), convertito, con
modificazioni, nella legge 28 giugno 2019, n. 58, promosse, in
riferimento agli artt. 117, terzo e quarto comma, e 119 della
Costituzione, nonche' al principio di leale collaborazione, dalla
Regione Umbria e dalla Regione Toscana con i ricorsi indicati in
epigrafe;
2) dichiara estinto il processo relativamente alle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 1 e 2, del d.l. n. 34
del 2019, promosse dalla Regione Umbria e dalla Regione Toscana con
ricorsi indicati in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 27 aprile 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 20 maggio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
