Denunciata violazione dei principi in tema di delegazione legislativa, decretazione d’urgenza e deliberazione dello stato di guerra
CORTE COSTITUZIONALE 23 settembre – 22 ottobre 2021 SENTENZA N. 198
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Decreto legge - Contenimento, per mezzo di decreto-legge n. 13 del 2020, dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Conseguente adozione del d.P.C.m. 22 marzo 2020, attuativo del predetto decreto-legge - Denunciata violazione dei principi in tema di delegazione legislativa, decretazione d'urgenza e deliberazione dello stato di guerra - Inammissibilita' delle questioni. Decreto legge - Contenimento, per mezzo di decreto-legge n. 19 del 2020, dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 - Conseguente adozione del d.P.C.m. 10 aprile 2020, attuativo del predetto decreto-legge - Denunciata violazione dei principi in tema di delegazione legislativa, decretazione d'urgenza e deliberazione dello stato di guerra - Non fondatezza delle questioni. - Decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo 2020, n. 13, artt. l, 2 e 3; decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35, artt. l, 2 e 4. - Costituzione, artt. 76, 77 e 78.
(GU n.43 del 27-10-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2 e 3
del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia
di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo 2020,
n. 13, e degli artt. 1, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19
(Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020,
n. 35, promosso dal Giudice di pace di Frosinone nel procedimento
vertente tra E. I. e la Prefettura di Frosinone, con ordinanza del 23
dicembre 2020, iscritta al n. 27 del registro ordinanze 2021 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima
serie speciale, dell'anno 2021.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 settembre 2021 il Giudice
relatore Stefano Petitti;
deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 23 dicembre 2020, iscritta al n. 27 del
registro ordinanze 2021, il Giudice di pace di Frosinone ha sollevato
questioni di legittimita' costituzionale degli artt. l, 2 e 3 del
decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo 2020, n. 13, e
degli artt. l, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19 (Misure
urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020, n. 35.
Il giudice a quo sospetta che le disposizioni censurate violino
gli artt. 76, 77 e 78 della Costituzione, in quanto avrebbero
sostanzialmente delegato la funzione legislativa in materia di
contenimento della pandemia da COVID-19 all'autorita' di Governo per
il suo esercizio tramite meri atti amministrativi - i decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri -, in contrasto «con il
principio indiscusso di tipicita' delle fonti-atto di produzione
normativa», e al di fuori dell'unica ipotesi di emergenza
costituzionalmente rilevante, quella dello stato di guerra.
1.1.- Il rimettente espone di dover giudicare sull'opposizione
proposta da E. I. avverso la sanzione amministrativa di euro 400
inflittagli in seguito ad un verbale di contestazione dei Carabinieri
di Trevi nel Lazio per aver egli violato il giorno 20 aprile 2020 il
divieto di uscire dalla propria abitazione e spostarsi nel territorio
comunale, divieto sancito dal d.P.C.m. 22 marzo 2020 (Ulteriori
disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6,
recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili sull'intero
territorio nazionale).
La rilevanza delle questioni sarebbe assicurata dal fatto che la
declaratoria di illegittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate determinerebbe l'accoglimento dell'opposizione di E. I.,
privando di efficacia il d.P.C.m. 22 marzo 2020, il quale, proprio in
attuazione di quelle disposizioni, avrebbe posto l'obbligo da lui
violato.
1.2.- Ad avviso del Giudice di pace di Frosinone, le norme
censurate avrebbero delegato al d.P.C.m. 22 marzo 2020 la definizione
di nuovi illeciti amministrativi, cosi' attribuendo ad esso la "forza
di legge" necessaria a soddisfare il principio di legalita' delle
sanzioni amministrative, sancito dall'art. 1 della legge 24 novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).
Sarebbe stato in tal modo «aggirato il principio cardine di cui
agli articoli 76 e 77 Cost., per cui la funzione legislativa e'
affidata al Parlamento, che puo' delegarla solo con una legge-delega
e comunque giammai ad atti amministrativi».
1.3.- L'alterazione del sistema delle fonti operata dalle
disposizioni censurate non potrebbe trovare giustificazione
costituzionale nella necessita' di far fronte all'emergenza pandemica
da COVID-19, poiche' l'unica ipotesi emergenziale costituzionalmente
rilevante sarebbe quella dello stato di guerra, considerato dall'art.
78 Cost.
Secondo il rimettente, «[n]essuna altra ipotesi di emergenza, nel
nostro ordinamento costituzionale, puo' essere fonte di poteri
speciali o legittimanti fonti di produzione normativa diverse da
quelle previste».
2.- E' intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, che ha chiesto dichiararsi le questioni inammissibili o non
fondate.
2.1.- Le questioni aventi ad oggetto il d.l. n. 6 del 2020
sarebbero inammissibili per difetto di rilevanza, poiche', essendo
stato commesso in data 20 aprile 2020, l'illecito contestato
all'opponente non ricadrebbe nella sua sfera applicativa, ma in
quella del d.l. n. 19 del 2020, abrogativo del precedente; a tale
illecito non sarebbe quindi applicabile il d.P.C.m. 22 marzo 2020,
bensi' il d.P.C.m. 10 aprile 2020 (Ulteriori disposizioni attuative
del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per
fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili
sull'intero territorio nazionale), sostitutivo del precedente.
L'inammissibilita' delle questioni deriverebbe in ogni caso dalla
non pertinenza dei parametri evocati, atteso che il principio di
legalita' delle sanzioni amministrative non troverebbe la propria
copertura negli artt. 76 e 77 Cost., bensi' negli artt. 23 e 25 Cost.
2.2.- Le questioni sarebbero comunque non fondate, in riferimento
a tutti gli evocati parametri, anche alla luce della sentenza n. 37
del 2021 di questa Corte.
Non sarebbe stato violato l'art. 76 Cost., poiche' il d.l. n. 19
del 2020 «stabilisce con precisione e in via preventiva i
comportamenti vietati, la misura della sanzione, l'organo deputato ad
irrogarla», sicche' non vi sarebbe stata alcuna impropria delega di
funzione legislativa, essendosi il d.P.C.m. limitato ad attuare
quanto previsto dalla fonte primaria.
La conversione in legge del d.l. n. 19 del 2020 escluderebbe la
violazione dell'art. 77 Cost., essendo peraltro indiscussa la
sussistenza dei presupposti di necessita' e urgenza.
Infine, non vi sarebbe stata un'assunzione di poteri emergenziali
in violazione dell'art. 78 Cost., avendo il Presidente del Consiglio
dei ministri esercitato il potere di ordinanza conferitogli dall'art.
5 del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della
protezione civile), previa deliberazione dello stato di emergenza di
rilievo nazionale, adottata in conformita' all'art. 24 del medesimo
decreto legislativo.
3.- In qualita' di amicus curiae, l'associazione "Generazioni
future societa' cooperativa di mutuo soccorso Stefano Rodota'" ha
depositato un'opinione scritta, che reca argomenti favorevoli
all'accoglimento delle questioni.
Vi si sostiene che le censurate disposizioni del d.l. n. 6 del
2020 abbiano attribuito all'autorita' governativa una «delega in
bianco», sicche', «[d]i fatto, la riserva di legge assoluta che, a
determinate condizioni, legittima la limitazione dei diritti
fondamentali, a partire dalla liberta' di circolazione, si trasforma
in una "riserva di atto amministrativo"».
I dubbi di legittimita' costituzionale permarrebbero per le
censurate disposizioni del d.l. n. 19 del 2020, riguardo
«all'adozione di atti extra ordinem, anche in ordine al rispetto
della riserva di legge assoluta e del principio di legalita'
sostanziale», trattandosi peraltro di un testo normativo che ha
operato una «reiterazione implicita» del precedente.
3.1.- Secondo l'amicus curiae, dichiarate costituzionalmente
illegittime le norme primarie, questa Corte dovrebbe dichiarare
l'illegittimita' costituzionale anche dei d.P.C.m. ad esse
riconducibili, attesa la loro «illegittimita' derivata».
3.2.- L'opinione dell'amicus e' stata ammessa con decreto
presidenziale del 5 luglio 2021.
Considerato in diritto
1.- Il Giudice di pace di Frosinone (reg. ord. n. 27 del 2021) ha
sollevato questioni di legittimita' costituzionale degli artt. l, 2 e
3 del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6 (Misure urgenti in materia
di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 5 marzo 2020,
n. 13, e degli artt. l, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19
(Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020,
n. 35.
Ad avviso del rimettente, le norme censurate avrebbero
sostanzialmente delegato la funzione legislativa in materia di
contenimento della pandemia da COVID-19 all'autorita' di Governo per
il suo esercizio tramite meri atti amministrativi - i decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri - in violazione degli artt. 76,
77 e 78 della Costituzione, atteso che, al di fuori dell'unica
ipotesi di emergenza costituzionalmente rilevante, quella dello stato
di guerra di cui all'art. 78 Cost., sarebbe stato alterato il
principio di tipicita' delle fonti di produzione normativa,
segnatamente «il principio cardine di cui agli articoli 76 e 77
Cost., per cui la funzione legislativa e' affidata al Parlamento, che
puo' delegarla solo con una legge-delega e comunque giammai ad atti
amministrativi».
1.1.- Il rimettente espone di dover giudicare sull'opposizione
proposta da un cittadino avverso la sanzione amministrativa di euro
400 inflittagli per avere l'opponente violato il giorno 20 aprile
2020 il divieto di uscire dalla propria abitazione e spostarsi nel
territorio comunale senza giustificato motivo, divieto sancito dal
d.P.C.m. 22 marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del
decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in
materia di contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da
COVID-19, applicabili sull'intero territorio nazionale).
Le sollevate questioni sarebbero rilevanti poiche' la
declaratoria di illegittimita' costituzionale delle disposizioni
censurate priverebbe di efficacia il d.P.C.m. 22 marzo 2020, quale
atto "a valle", determinando per riflesso l'illegittimita' della
sanzione e quindi l'accoglimento dell'opposizione.
2.- Intervenuto in giudizio tramite l'Avvocatura generale dello
Stato, il Presidente del Consiglio dei ministri ha eccepito
l'inammissibilita' delle questioni sotto due distinti profili.
2.1.- La prima eccezione denuncia un difetto di rilevanza,
poiche', essendo stato commesso in data 20 aprile 2020, l'illecito
non ricadrebbe nella sfera applicativa del d.l. n. 6 del 2020, ma in
quella del d.l. n. 19 del 2020, abrogativo del precedente; esso,
pertanto, non sarebbe soggetto al d.P.C.m. 22 marzo 2020 ma al
d.P.C.m. 10 aprile 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del
decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, recante misure urgenti per
fronteggiare l'emergenza epidemiologica da COVID-19, applicabili
sull'intero territorio nazionale), sostitutivo del precedente.
2.2.- L'altra eccezione assume l'inconferenza dei parametri
evocati, atteso che il principio di legalita' delle sanzioni
amministrative - al quale, in definitiva, il giudice a quo si
richiama - non troverebbe la propria copertura negli artt. 76 e 77
Cost., bensi' negli artt. 23 e 25 Cost.
3.- Occorre premettere all'esame di queste eccezioni una breve
ricostruzione della sequenza normativa mediante la quale Governo e
Parlamento hanno affrontato l'emergenza epidemiologica da COVID-19,
con specifico riguardo al d.l. n. 6 e al d.l. n. 19 del 2020, oggetto
delle questioni di legittimita' costituzionale.
3.1.- In data 30 gennaio 2020 il Direttore generale
dell'Organizzazione mondiale della sanita' dichiarava la diffusione
del nuovo coronavirus (2019-nCoV) «emergenza di salute pubblica di
rilevanza internazionale»; in data 11 marzo 2020 seguira' la piu'
severa dichiarazione di «pandemia», attesa la diffusivita' globale
del virus.
In data 31 gennaio 2020 il Consiglio dei ministri, ai sensi degli
artt. 7, comma 1, lettera c), e 24, comma 1, del decreto legislativo
2 gennaio 2018, n. 1 (Codice della protezione civile), dichiarava lo
stato di emergenza sul territorio nazionale per la durata di sei
mesi, «in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza
di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili».
3.2.- Nel definire la tipologia degli eventi emergenziali di
protezione civile, l'art. 7, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 1 del
2018 descrive l'ipotesi di maggiore gravita': «emergenze di rilievo
nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o
derivanti dall'attivita' dell'uomo che in ragione della loro
intensita' o estensione debbono, con immediatezza d'intervento,
essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare
durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi
dell'articolo 24».
L'art. 24, comma 1, del medesimo testo normativo stabilisce
appunto che, al verificarsi degli eventi rientranti nella previsione
dell'art. 7, comma 1, lettera c), il Consiglio dei ministri delibera
lo stato di emergenza di rilievo nazionale, ne fissa la durata, ne
determina l'estensione territoriale «e autorizza l'emanazione delle
ordinanze di protezione civile di cui all'articolo 25».
A norma del successivo art. 25, comma 1, «[p]er il coordinamento
dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di
emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di
protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione
vigente, nei limiti e con le modalita' indicati nella deliberazione
dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali
dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea»; tali
ordinanze, «ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere
l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e
devono essere specificamente motivate».
Il comma 4 del medesimo art. 25 prescrive che queste ordinanze
siano pubblicate in Gazzetta Ufficiale e il comma 9 assicura avverso
di esse la tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo.
I poteri di ordinanza in materia di protezione civile sono
attribuiti dall'art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 1 del 2018 al
Presidente del Consiglio dei ministri, «che puo' esercitar[li], salvo
che sia diversamente stabilito con la deliberazione di cui
all'articolo 24, per il tramite del Capo del Dipartimento della
protezione civile».
3.3.- Il d.l. n. 6 del 2020 stabiliva, al comma 1 dell'art. 1,
che, «[a]llo scopo di evitare il diffondersi del COVID-19, nei comuni
o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la
quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi
e' un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un'area
gia' interessata dal contagio del menzionato virus, le autorita'
competenti, con le modalita' previste dall'articolo 3, commi 1 e 2,
sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento e gestione
adeguata e proporzionata all'evolversi della situazione
epidemiologica»; il comma 2 del medesimo art. 1 conteneva
un'elencazione non tassativa delle misure adottabili, in quanto
disponeva che, «[t]ra le misure di cui al comma 1, possono essere
adottate anche le seguenti [...]».
Il successivo art. 2, comma 1, prevedeva inoltre, mediante
formulazione "aperta", che «[l]e autorita' competenti, con le
modalita' previste dall'articolo 3, commi 1 e 2, possono adottare
ulteriori misure di contenimento e gestione dell'emergenza, al fine
di prevenire la diffusione dell'epidemia da COVID-19 anche fuori dei
casi di cui all'articolo 1, comma 1».
L'art. 3 regolava quindi l'attuazione delle misure di
contenimento, affidandola essenzialmente allo strumento del d.P.C.m.:
«[l]e misure di cui agli articoli 1 e 2 sono adottate [...] con uno o
piu' decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta
del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell'interno, il
Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze e
gli altri Ministri competenti per materia, nonche' i Presidenti delle
regioni competenti, nel caso in cui riguardino esclusivamente una
regione o alcune specifiche regioni, ovvero il Presidente della
Conferenza delle regioni e delle province autonome, nel caso in cui
riguardino il territorio nazionale» (comma 1); l'adozione delle
misure di contenimento tramite ordinanze contingibili e urgenti del
Ministro della salute, dei Presidenti delle Regioni o dei sindaci era
prevista in termini puramente interinali e residuali, essendo
consentita solo «[n]elle more dell'adozione dei decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 1» e solo «nei
casi di estrema necessita' ed urgenza» (comma 2).
L'art. 3, comma 4, del medesimo d.l. n. 6 del 2020 attribuiva
rilevanza penale all'inosservanza delle misure di contenimento,
qualificandola come contravvenzione di polizia: «[s]alvo che il fatto
non costituisca piu' grave reato, il mancato rispetto delle misure di
contenimento di cui al presente decreto e' punito ai sensi
dell'articolo 650 del codice penale».
3.4.- L'art. 5, comma 1, lettera a), del d.l. n. 19 del 2020,
entrato in vigore il 26 marzo 2020, ha abrogato il d.l. n. 6 del 2020
(ad eccezione delle disposizioni civilistiche di cui all'art. 3,
comma 6-bis, e delle disposizioni finanziarie di cui all'art. 4, che
qui non vengono in rilievo).
Per la clausola di salvezza di cui all'art. 2, comma 3, del
medesimo d.l. n. 19 del 2020, «[s]ono fatti salvi gli effetti
prodotti e gli atti adottati sulla base dei decreti e delle
ordinanze» emanati ai sensi del d.l. n. 6 del 2020 e «[c]ontinuano ad
applicarsi nei termini originariamente previsti le misure gia'
adottate» - tra gli altri - con il d.P.C.m. 22 marzo 2020, «come
ancora vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto».
L'art. 4, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020 ha infine
depenalizzato l'inosservanza delle misure di contenimento,
assoggettandola a sanzione amministrativa pecuniaria, escluse quindi
le sanzioni contravvenzionali di cui all'art. 650 del codice penale.
4.- E' ora possibile esaminare le eccezioni di inammissibilita'
sollevate dalla difesa statale.
4.1.- La prima eccezione, che assume il difetto di rilevanza
delle questioni concernenti il d.l. n. 6 del 2020, e' fondata.
La fattispecie oggetto del giudizio principale viene riferita
dall'ordinanza di rimessione alla contestata inosservanza del
d.P.C.m. 22 marzo 2020, l'ultimo adottato in base al d.l. n. 6 del
2020.
Tuttavia, la violazione di che trattasi e' stata commessa -
sempre per indicazione dell'ordinanza di rimessione - il 20 aprile
2020, e a tale data il d.P.C.m. 22 marzo 2020 non aveva piu'
efficacia, avendola perduta in data 14 aprile 2020, a norma dell'art.
8, commi 1 e 2, del d.P.C.m. 10 aprile 2020, attuativo del d.l. n. 19
del 2020.
La fattispecie oggetto del giudizio a quo non e' quindi in alcun
modo interessata dalle disposizioni del d.l. n. 6 del 2020, poiche'
verificatasi in un momento nel quale esse erano gia' state abrogate
dal d.l. n. 19 del 2020 e, in attuazione di quest'ultimo, era gia'
stato emanato un d.P.C.m. sostitutivo.
La riprova e' fornita dal contenuto stesso del provvedimento
opposto, che ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria
stabilita - nel contesto della depenalizzazione delle violazioni -
dall'art. 4, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020 («da euro 400 a euro
1.000»).
Un'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale degli
artt. l, 2 e 3 del d.l. n. 6 del 2020 non avrebbe, quindi, alcuna
incidenza sul giudizio a quo, nel quale tali disposizioni sono
inapplicabili ratione temporis.
Le questioni sollevate nei riguardi dei citati articoli vanno
pertanto dichiarate inammissibili per difetto di rilevanza (ex
plurimis, sentenze n. 85 del 2020, n. 159 e n. 20 del 2019, n. 36 del
2016, n. 192 del 2015 e n. 294 del 2011; ordinanze n. 57 del 2018 e
n. 38 del 2017).
4.2.- Sono rilevanti dunque le sole questioni aventi ad oggetto
gli artt. l, 2 e 4 del d.l. n. 19 del 2020, e per esse occorre
procedere allo scrutinio di merito, in quanto l'eccezione formulata
dall'Avvocatura dello Stato circa la pertinenza degli evocati
parametri non e' fondata.
Tramite l'evocazione degli artt. 76, 77 e 78 Cost., il giudice a
quo ha inteso denunciare la violazione del principio di legalita'
delle sanzioni amministrative non in se', ma quale riflesso
dell'alterazione del sistema delle fonti, a suo dire determinata
dall'impropria sequenza tra decreti-legge e d.P.C.m.
Il nucleo della denuncia e' chiaro: le norme primarie censurate
(decreti-legge) avrebbero "delegato" le fonti subprimarie (d.P.C.m.)
a definire nuovi illeciti amministrativi, sicche' - come recita
l'ordinanza di rimessione - sarebbe stato «aggirato il principio
cardine di cui agli articoli 76 e 77 Cost., per cui la funzione
legislativa e' affidata al Parlamento, che puo' delegarla solo con
una legge-delega e comunque giammai ad atti amministrativi».
Come questa Corte ha avuto modo di sottolineare, quando e' ben
individuato il nucleo essenziale della censura, l'eventuale
inconferenza dei parametri costituzionali evocati non integra un
motivo di inammissibilita' della questione, semmai una ragione di non
fondatezza (sentenze n. 286 del 2019 e n. 290 del 2009).
Ovviamente, la selezione dei parametri operata dal giudice a quo,
mentre non rende inammissibili le questioni cosi' come sollevate, ne
delimita tuttavia l'oggetto, che resta pertanto circoscritto al
sistema delle fonti, quale delineato dagli artt. 76, 77 e 78 Cost.,
senza attingere specificamente il problema delle riserve di legge,
ne' quelle poste dagli artt. 23 e 25 Cost., cui l'Avvocatura fa
esplicito riferimento, ne' le altre potenzialmente incise dalle
singole misure di contenimento.
5.- Nel merito, le questioni di legittimita' costituzionale degli
artt. l, 2 e 4 del d.l. n. 19 del 2020 non sono fondate.
6.- Come afferma la relazione illustrativa al disegno di legge di
conversione, il d.l. n. 19 del 2020 si e' posto l'obiettivo di
«sottoporre a una piu' stringente interpretazione del principio di
legalita' la tipizzazione delle misure potenzialmente applicabili per
la gestione dell'emergenza», e tale obiettivo ha perseguito «con una
compilazione che riconduce a livello di fonte primaria il novero di
tutte le misure applicabili all'emergenza stessa, nel cui ambito i
singoli provvedimenti emergenziali attuativi potranno discernere,
momento per momento e luogo per luogo, quelle di cui si ritenga
esservi concretamente maggiore bisogno per fronteggiare nel modo piu'
efficace l'emergenza stessa».
In effetti, l'art. 1, comma 1, del d.l. n. 19 del 2020 stabilisce
che, «[p]er contenere e contrastare i rischi sanitari derivanti dalla
diffusione del virus COVID-19, su specifiche parti del territorio
nazionale ovvero, occorrendo, sulla totalita' di esso, possono essere
adottate, secondo quanto previsto dal presente decreto, una o piu'
misure tra quelle di cui al comma 2»; e il comma 2 precisa, appunto,
che, «[a]i sensi e per le finalita' di cui al comma 1, possono essere
adottate, secondo principi di adeguatezza e proporzionalita' al
rischio effettivamente presente su specifiche parti del territorio
nazionale ovvero sulla totalita' di esso», una o piu' tra le misure
ivi elencate, da intendersi come tipiche, per l'assenza di una
clausola di apertura verso indefinite «ulteriori misure», analoga a
quella contenuta nell'art. 2, comma 1, del d.l. n. 6 del 2020.
6.1.- La tipizzazione delle misure di contenimento - coerente con
l'esigenza di assicurare il corretto rapporto tra fonti primarie e
fonti secondarie, soprattutto in relazione alla natura delle censure
proposte dal rimettente - e' stata accompagnata nell'economia del
d.l. n. 19 del 2020 da ulteriori garanzie, sia per quanto attiene
alla responsabilita' del Governo nei confronti del Parlamento, sia
sul versante della certezza dei diritti dei cittadini.
Il d.l. n. 19 del 2020 ha invero disposto la temporaneita' delle
misure restrittive, adottabili solo «per periodi predeterminati», e
reiterabili non oltre il termine finale dello stato di emergenza
(art. 1, comma 1); ha quindi stabilito che «[i]l Presidente del
Consiglio dei ministri o un Ministro da lui delegato riferisce ogni
quindici giorni alle Camere sulle misure adottate ai sensi del
presente decreto» (art. 2, comma 5), previsione, questa, alla quale
si e' anteposto in sede di conversione che, salve ragioni di urgenza,
«[i]l Presidente del Consiglio dei ministri o un Ministro da lui
delegato illustra preventivamente alle Camere il contenuto dei
provvedimenti da adottare ai sensi del presente comma, al fine di
tenere conto degli eventuali indirizzi dalle stesse formulati» (art.
2, comma 1); ha infine prescritto la pubblicazione dei d.P.C.m. nella
Gazzetta Ufficiale e la comunicazione alle Camere entro il giorno
successivo alla pubblicazione (art. 2, comma 5).
6.2.- La tipizzazione delle misure di contenimento operata dal
d.l. n. 19 del 2020 e' stata corredata dall'indicazione di un
criterio che orienta l'esercizio della discrezionalita' attraverso i
«principi di adeguatezza e proporzionalita' al rischio effettivamente
presente su specifiche parti del territorio nazionale ovvero sulla
totalita' di esso» (art. 1, comma 2).
In tal senso assume rilievo - giacche' supporta sul piano
istruttorio la messa in atto della disciplina primaria, rendendone
piu' concreta ed effettiva la verifica giudiziale - quanto stabilito
dall'ultimo periodo dell'art. 2, comma 1, dello stesso d.l. n. 19 del
2020, cioe' che, «[p]er i profili tecnico-scientifici e le
valutazioni di adeguatezza e proporzionalita', i provvedimenti di cui
al presente comma sono adottati sentito, di norma, il Comitato
tecnico-scientifico di cui all'ordinanza del Capo del dipartimento
della Protezione civile 3 febbraio 2020, n. 630, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 32 dell'8 febbraio 2020».
La fonte primaria, pertanto, non soltanto ha tipizzato le misure
adottabili dal Presidente del Consiglio dei ministri, in tal modo
precludendo all'autorita' di Governo l'assunzione di provvedimenti
extra ordinem, ma ha anche imposto un criterio tipico di esercizio
della discrezionalita' amministrativa, che e' di per se' del tutto
incompatibile con l'attribuzione di potesta' legislativa ed e' molto
piu' coerente con la previsione di una potesta' amministrativa,
ancorche' ad efficacia generale.
6.3.- In sostanza, il d.l. n. 19 del 2020, lungi dal dare luogo a
un conferimento di potesta' legislativa al Presidente del Consiglio
dei ministri in violazione degli artt. 76 e 77 Cost., si limita ad
autorizzarlo a dare esecuzione alle misure tipiche previste.
7.- La tipizzazione operata dal d.l. n. 19 del 2020 rivela la sua
importanza sul piano del sistema delle fonti proprio riguardo alla
misura di contenimento la cui violazione e' oggetto del giudizio a
quo, cioe' il divieto di allontanamento dall'abitazione senza
giustificato motivo.
7.1.- Il d.l. n. 19 del 2020, a differenza del d.l. n. 6 del
2020, ha infatti specificamente previsto quali misure di contenimento
le «limitazioni alla possibilita' di allontanarsi dalla propria
residenza, domicilio o dimora se non per spostamenti individuali
limitati nel tempo e nello spazio o motivati da esigenze lavorative,
da situazioni di necessita' o urgenza, da motivi di salute o da altre
specifiche ragioni» (art. 1, comma 2, lettera a).
Il d.P.C.m. 10 aprile 2020, nel prevedere, all'art. 1, comma 1,
lettera a), che «sono consentiti solo gli spostamenti motivati da
comprovate esigenze lavorative o situazioni di necessita' ovvero per
motivi di salute», e nello stabilire, all'art. 8, comma 1, che tutte
le disposizioni in esso contenute «producono effetto dalla data del
14 aprile 2020 e sono efficaci fino al 3 maggio 2020», si e' dunque
limitato ad adattare all'andamento della pandemia quanto stabilito in
via generale dalla fonte primaria.
Il contenuto tipizzato del decreto del Presidente del Consiglio
dei ministri smentisce l'ipotesi del rimettente circa il conferimento
di potesta' legislativa da parte del decreto-legge. Risulta in tal
modo rispettato quanto da questa Corte affermato a proposito
dell'individuazione delle fonti primarie, e cioe' che, «in
considerazione della particolare efficacia delle fonti legislative,
delle rilevanti materie ad esse riservate, della loro incidenza su
molteplici situazioni soggettive, nonche' del loro raccordo con il
sistema rappresentativo, una siffatta individuazione puo' essere
disposta solo da fonti di livello costituzionale» (sentenza n. 361
del 2010).
8.- Al riguardo, non puo' non ricordarsi che, nel dichiarare non
fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20 del
regio decreto 3 marzo 1934, n. 383 (Approvazione del testo unico
della legge comunale e provinciale), sollevata in riferimento - tra
gli altri - agli artt. 76 e 77 Cost., a proposito delle ordinanze
prefettizie contingibili e urgenti, questa Corte ha fatto richiamo
alla distinzione corrente tra «"atti" necessitati» e «"ordinanze"
necessitate», aventi entrambi come presupposto l'urgente necessita'
del provvedere, «ma i primi, emessi in attuazione di norme
legislative che ne prefissano il contenuto; le altre,
nell'esplicazione di poteri soltanto genericamente prefigurati dalle
norme che li attribuiscono e percio' suscettibili di assumere vario
contenuto, per adeguarsi duttilmente alle mutevoli situazioni»
(sentenza n. 4 del 1977).
Ebbene, la tassativita' delle misure urgenti di contenimento
acquisita dal d.l. n. 19 del 2020 induce ad accostare le stesse, per
certi versi, agli «"atti" necessitati», in quanto «emessi in
attuazione di norme legislative che ne prefissano il contenuto»,
sicche' non e' dato riscontrare quella delega impropria di funzione
legislativa dal Parlamento al Governo che il rimettente ipotizza nel
denunciare la violazione degli artt. 76 e 77 Cost.
8.1.- Quali atti a contenuto tipizzato, le misure attuative del
d.l. n. 19 del 2020 si distaccano concettualmente dal modello delle
ordinanze contingibili e urgenti, che viceversa rappresentano il
paradigma delle "ordinanze necessitate" (a contenuto libero), seguito
dal codice della protezione civile.
Malgrado il punto di intersezione rappresentato dalla
dichiarazione dello stato di emergenza, le misure attuative del d.l.
n. 19 del 2020 non coincidono, infatti, con le ordinanze di
protezione civile, l'emanazione delle quali compete pure al
Presidente del Consiglio dei ministri, a norma degli artt. 5 e 25 del
d.lgs. n. 1 del 2018.
Lo stesso d.P.C.m. 10 aprile 2020, applicabile nel caso di
specie, pur richiamando nella premessa la dichiarazione dello stato
di emergenza, fin dal titolo definisce le proprie disposizioni
«attuative» del d.l. n. 19 del 2020, e non del codice della
protezione civile.
8.1.1.- L'alternativita' dei modelli di regolazione non solleva
tuttavia un problema di legittimita' costituzionale.
Invero, nel riconoscere che la competenza legislativa per il
contenimento della pandemia spetta in esclusiva allo Stato giacche'
attinente alla «profilassi internazionale» ex art. 117, secondo
comma, lettera q), Cost., questa Corte ha osservato che il modello
tradizionale di gestione delle emergenze affidato alle ordinanze
contingibili e urgenti, culminato nell'emanazione del codice della
protezione civile, «se da un lato appare conforme al disegno
costituzionale, dall'altro non ne costituisce l'unica attuazione
possibile», essendo «ipotizzabile che il legislatore statale, se
posto a confronto con un'emergenza sanitaria dai tratti del tutto
peculiari, scelga di introdurre nuove risposte normative e
provvedimentali tarate su quest'ultima», come appunto accaduto «a
seguito della diffusione del COVID-19, il quale, a causa della
rapidita' e della imprevedibilita' con cui il contagio si spande, ha
imposto l'impiego di strumenti capaci di adattarsi alle pieghe di una
situazione di crisi in costante divenire» (sentenza n. 37 del 2021).
8.1.2.- D'altronde, come rilevato anche dal Consiglio di Stato in
sede consultiva su ricorso straordinario al Presidente della
Repubblica per l'annullamento di alcuni d.P.C.m. attuativi del d.l.
n. 19 del 2020 (parere 13 maggio 2021, n. 850), la legislazione sulle
ordinanze contingibili e urgenti e lo stesso codice della protezione
civile non assurgono al rango di leggi "rinforzate", sicche' il
Parlamento ben ha potuto coniare un modello alternativo per il
tramite della conversione in legge di decreti-legge che hanno
rinviato la propria esecuzione ad atti amministrativi tipizzati.
9.- Per tutto quanto esposto, le questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. l, 2 e 4 del d.l. n. 19 del 2020 vanno
dichiarate non fondate, poiche' le disposizioni oggetto di censura
non hanno conferito al Presidente del Consiglio dei ministri una
funzione legislativa in violazione degli artt. 76 e 77 Cost., ne'
tantomeno poteri straordinari da stato di guerra in violazione
dell'art. 78 Cost., ma hanno ad esso attribuito unicamente il compito
di dare esecuzione alla norma primaria mediante atti amministrativi
sufficientemente tipizzati.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara inammissibili le questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. l, 2 e 3 del decreto-legge 23 febbraio
2020, n. 6 (Misure urgenti in materia di contenimento e gestione
dell'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con
modificazioni, nella legge 5 marzo 2020, n. 13, sollevate dal Giudice
di pace di Frosinone, in riferimento agli artt. 76, 77 e 78 della
Costituzione, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
2) dichiara non fondate le questioni di legittimita'
costituzionale degli artt. l, 2 e 4 del decreto-legge 25 marzo 2020,
n. 19 (Misure urgenti per fronteggiare l'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 22 maggio 2020,
n. 35, sollevate dal Giudice di pace di Frosinone, in riferimento
agli artt. 76, 77 e 78 Cost., con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Stefano PETITTI, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 22 ottobre 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
