Rinvio del processo penale durante l’emergenza epidemiologica da COVID-19 – sospensione della prescrizione
CORTE COSTITUZIONALE 25 maggio – 6 luglio 2021 SENTENZA N. 140
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 nel settore della giustizia - Sospensione del termine di prescrizione anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020 - Denunciata violazione del divieto di retroattivita' della norma penale sfavorevole - Manifesta infondatezza della questione. Processo penale - Misure urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 nel settore della giustizia - Sospensione del termine di prescrizione anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020 - Termine massimo fissato in base alle misure organizzative adottate dal capo dell'ufficio giudiziario, comunque non oltre il 30 giugno 2020 - Violazione del principio di legalita' della pena - Illegittimita' costituzionale in parte qua. - Decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, commi 4 e 9. - Costituzione, artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma; Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, art. 7.
(GU n.27 del 7-7-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 83, commi 4
e 9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento
del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile
2020, n. 27, promossi complessivamente dal Tribunale ordinario di
Paola con ordinanza del 16 luglio 2020, dal Tribunale ordinario di
Spoleto con ordinanza del 27 maggio 2020, dal Tribunale ordinario di
Roma con ordinanza del 18 giugno 2020 e dal Tribunale ordinario di
Crotone con ordinanza del 19 giugno 2020, ordinanze iscritte,
rispettivamente, ai numeri 133, 152, 159 e 165 del registro ordinanze
2020 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica numeri
40, 45, 47 e 49 prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visti l'atto di costituzione di P. G., nonche' gli atti di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 2021 e nella camera di
consiglio del 26 maggio 2021 (anticipata al giorno precedente) il
Giudice relatore Giovanni Amoroso;
uditi gli avvocati Franco Rossi Galante e Paola Boccardi per P.
G. e l'avvocato dello Stato Massimo Giannuzzi per il Presidente del
Consiglio dei ministri;
deliberato nella camera di consiglio del 25 maggio 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 16 luglio 2020, iscritta al r.o. n. 133 del
2020, il Tribunale ordinario di Paola ha sollevato, in riferimento
agli artt. 3, 25, secondo comma, e 117, primo comma, della
Costituzione, quest'ultimo in relazione all'art. 7 della Convenzione
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta'
fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e
resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, commi 4 e 9, del
decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento del
Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie,
lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da
COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile 2020,
n. 27.
Il rimettente censura innanzi tutto l'art. 83, comma 4, del d.l.
citato, nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione
dei reati commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso, per un
periodo di tempo pari a quello in cui sono sospesi i termini per il
compimento di qualsiasi atto dei procedimenti penali.
Censura, altresi', l'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020,
nella parte in cui prevede che il corso della prescrizione dei reati
commessi prima del 9 marzo 2020 rimanga sospeso per un periodo di
tempo pari a quello in cui il procedimento e' rinviato sulla base
delle misure organizzative adottate dai capi degli uffici giudiziari
ai sensi del precedente comma 7, e, in ogni caso, non oltre il 30
giugno 2020.
Il giudice a quo riferisce di procedere nei confronti di P. G.,
R. M. G., G. M., R. A. R. e C. F., imputati del delitto di cui agli
artt. 113 e 589 del codice penale consumatosi il 19 maggio 2012 in
danno di V. G., nell'esercizio della professione medica.
In via preliminare, il rimettente rileva che la disciplina
prevista ai commi 1 e 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, ruota
attorno a un duplice asse: da una parte, la necessita' di sospendere
tutte le attivita' processuali allo scopo di ridurre al minimo le
forme di contatto personale che favoriscono il propagarsi
dell'epidemia; dall'altra, l'esigenza di neutralizzare ogni effetto
negativo che il massivo differimento delle attivita' processuali
disposto al comma 1 avrebbe potuto dispiegare sulla tutela dei
diritti per effetto del potenziale decorso dei termini processuali.
In particolare, il comma 4 del citato art. 83 prevede che «[n]ei
procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi
del comma 2» e' altresi' sospeso, «per lo stesso periodo, il corso
della prescrizione». Con tale norma il legislatore ha istituito uno
stretto legame tra la sospensione dei termini processuali e la
sospensione del corso della prescrizione, ancorando quest'ultima alla
prima, sia per quel che concerne i presupposti applicativi, sia per
quel che riguarda l'estensione temporale.
Pertanto, laddove siano sospesi i termini per il compimento di
qualsiasi attivita' processuale, e' parimenti sospeso il corso della
prescrizione, per un periodo di tempo, sempre fisso e prestabilito,
che intercorre tra il 9 marzo e l'11 maggio 2020, pari a complessivi
sessantaquattro giorni.
A tale sospensione deve poi essere aggiunta quella prevista
dall'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020. Tale disposizione,
parimenti censurata dal giudice rimettente, prevede che nei
procedimenti penali il corso della prescrizione rimane sospeso per il
tempo in cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7,
lettera g), dello stesso articolo, e, in ogni caso, non oltre un
termine massimo, originariamente individuato nel 30 giugno 2020, poi
differito al 31 luglio 2020, ed, infine, nuovamente fissato al 30
giugno 2020, per effetto dell'abrogazione della disposizione che tale
differimento aveva previsto (legge 25 giugno 2020, n. 70, recante
«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 aprile
2020, n. 28, recante misure urgenti per la funzionalita' dei sistemi
di intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, ulteriori misure
urgenti in materia di ordinamento penitenziario, nonche' disposizioni
integrative e di coordinamento in materia di giustizia civile,
amministrativa e contabile e misure urgenti per l'introduzione del
sistema di allerta Covid-19»).
In particolare, il suddetto comma 7, lettera g), indica, tra le
misure organizzative adottabili dai capi degli uffici giudiziari, per
contrastare l'emergenza epidemiologica per il periodo dal 12 maggio
al 30 giugno 2020, la previsione del rinvio delle udienze a data
successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le
eccezioni indicate al precedente comma 3.
Con riguardo alla non manifesta infondatezza, in riferimento
all'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, il rimettente ritiene
di condividere - richiamandole testualmente - le argomentazioni
espresse dal Tribunale ordinario di Crotone nell'ordinanza del 19
giugno 2020, iscritta al r.o. n. 165 del 2020, con cui e' stata
sollevata analoga questione di legittimita' costituzionale.
Con riguardo, poi, alla questione di costituzionalita' dell'art.
83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020, il rimettente richiama le
considerazioni svolte relativamente all'art. 83, comma 4, del
medesimo d.l., in merito alla violazione degli artt. 25, secondo
comma, e 117, primo comma, Cost. in relazione all'art. 7 CEDU.
Con specifico riferimento alla violazione del parametro
costituzionale dell'art. 3 Cost., afferma inoltre che la norma
censurata determina disparita' di trattamento sul territorio
nazionale, conseguente all'adozione, soltanto eventuale, di misure
organizzative volte al rinvio dei procedimenti da parte dei capi dei
singoli uffici giudiziari; in tal modo la sospensione della
prescrizione sarebbe rimessa alla discrezionalita' degli stessi e dei
giudici che debbano adeguarsi ai detti provvedimenti organizzativi.
1.2.- Con atto del 20 ottobre 2020, e' intervenuto in giudizio il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto alla Corte di
dichiarare le questioni non fondate.
In particolare, la difesa statale rileva che non appare
censurabile la disposizione di cui all'art. 83, comma 4, del d.l. n.
18 del 2020, poiche' e' giustificata dal rinvio dei termini
processuali e delle udienze che, a causa della pandemia da COVID-19,
ha comportato la sostanziale paralisi di fatto dei procedimenti
penali.
Si tratterebbe, infatti, di una causa di sospensione che e' stata
introdotta da una legge eccezionale e temporanea da applicarsi ai
procedimenti penali in corso, forzatamente sospesi, e, in quanto
tale, necessariamente con efficacia retroattiva.
La difesa dello Stato ritiene, altresi', infondato il dubbio di
illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del d.l. n 18
del 2020, in quanto le disparita' di trattamento, asseritamente
derivanti dall'esercizio del potere di rinvio delle udienze
riconosciuto ai capi degli uffici giudiziari dall'art. 83, comma 7,
lettera g), del d.l. n. 18 del 2020, sono funzionali al perseguimento
della finalita', della cui ragionevolezza non e' lecito dubitare, di
approntamento di uno strumento flessibile di controllo permanente
circa la parziale ripresa, in condizioni di relativa sicurezza, delle
attivita' processuali.
1.3.- Con atto depositato il 14 ottobre 2020, si e' costituita in
giudizio P. G., imputata nel giudizio principale, che ha chiesto a
questa Corte di dichiarare l'illegittimita' costituzionale delle
disposizioni censurate.
Rileva che l'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020,
introdotto nel contesto emergenziale, incide sul regime della
prescrizione, modificandone la disciplina retroattivamente, in quanto
si introduce un'ipotesi di sua sospensione (ex se pregiudizievole per
l'imputato) ulteriore per fatti commessi anche prima dell'entrata in
vigore della norma, in contrasto, attesa la natura sostanziale della
prescrizione, con il principio di legalita' e, nello specifico, di
quello dell'irretroattivita' della legge penale, garantito dall'art.
25, secondo comma, Cost. e dall'art. 7 CEDU.
Quanto alla questione relativa al comma 9 dello stesso art. 83,
nell'atto di costituzione si afferma che tale disposizione presenta
profili di illegittimita' costituzionale analoghi e anche ulteriori
rispetto a quelli argomentati con riferimento al precedente comma 4,
non essendo la fattispecie riconducibile all'art. 159 cod. pen.
perche' non sarebbe ravvisabile alcuna ipotesi di sospensione del
processo prevista dalla legge, ma solo un discrezionale rinvio
d'ufficio del processo.
La norma, inoltre, mostrerebbe ulteriori aspetti critici per la
irragionevole ed illogica discrezionalita' lasciata ai singoli capi
degli uffici giudiziari ed ai singoli giudici circa la possibilita'
di rinviare d'ufficio le udienze con sospensione della prescrizione
addirittura fino al 30 giugno 2020.
La norma censurata, oltre ad incidere retroattivamente sul regime
della prescrizione, affida ai capi degli uffici giudiziari e, poi, ai
singoli giudici, la possibilita' di rinviare, arbitrariamente e in
maniera disomogenea sia su base nazionale, sia nell'ambito del
medesimo ufficio giudiziario, per ragioni meramente organizzative, le
udienze, con contestuale sospensione del decorso del termine di
prescrizione.
Con memoria depositata in data 9 aprile 2021, la difesa di P. G.,
in considerazione della intervenuta sentenza n. 278 del 2020 di
questa Corte, insiste in particolare nell'affermare la fondatezza
delle censure del giudice rimettente con riferimento al comma 9
dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020.
2.- Con ordinanza del 27 maggio 2020, iscritta al r.o. n. 152 del
2020, il Tribunale ordinario di Spoleto ha sollevato, in riferimento
agli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 7 CEDU, questioni di legittimita' costituzionale, dell'art.
83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, convertito nella legge n. 27
del 2020, come modificato dall'art. 36 del decreto-legge 8 aprile
2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di accesso al credito e di
adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori
strategici, nonche' interventi in materia di salute e lavoro, di
proroga di termini amministrativi e processuali) convertito, con
modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40.
Le questioni di legittimita' costituzionale sarebbero, pertanto,
rilevanti poiche' la nuova ipotesi di sospensione della prescrizione
costituisce l'unico ostacolo, nel giudizio a quo, alla possibilita'
di emettere una sentenza di non doversi procedere ex art. 129 del
codice di procedura penale, considerata l'assenza dei presupposti per
l'emissione di una sentenza di immediato proscioglimento nel merito.
In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ritiene il
contrasto della disposizione censurata con gli artt. 25, secondo
comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7 CEDU.
La formulazione della disposizione e' tale da dovere essere
intesa nel senso che la sospensione operi per tutti i procedimenti
penali pendenti e quindi anche per quelli, come quello in esame, che
non hanno subito un rinvio d'ufficio, ai sensi del comma 1 dell'art.
83, o che hanno ad oggetto fatti di reato commessi anteriormente
all'entrata in vigore del d.l. n. 18 del 2020.
Il rimettente, nel richiamare in particolare la sentenza n. 32
del 2020 di questa Corte, afferma che, in mancanza di una
preesistente normativa, la nuova ipotesi di sospensione dei
procedimenti e dei termini per il compimento di atti processuali, a
differenza di quelle disciplinate dall'art. 159 cod. pen., non era
prevedibile e quindi non puo' avere efficacia retroattiva in malam
partem.
Sussiste quindi la violazione del principio di legalita', recato
dal parametro interno al pari di quello convenzionale.
2.1.- Con atto depositato il 24 novembre 2020, e' intervenuto nel
presente giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale, chiedendo alla Corte
di dichiarare la questione manifestamente infondata.
Dopo aver precisato che la disposizione censurata introduce una
vera e propria sospensione dei procedimenti penali, atteso che in
cio' si traduce la sospensione dei termini per il compimento di
qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali, la difesa statale
afferma che non v'e' dubbio, visto il tenore della previsione
censurata, che la sospensione della prescrizione operi anche con
riferimento ai reati commessi in data anteriore all'entrata in vigore
del decreto-legge in parola.
La difesa statale osserva che non vi sono ragioni per escludere
che la previsione legale della sospensione del procedimento,
richiamata dall'art. 159 cod. pen., sia anche quella introdotta dopo
la commissione del fatto, per far fronte a circostanze eccezionali e
imprevedibili, tra cui l'emergenza sanitaria in corso, che
impediscano forzatamente il regolare svolgimento dell'attivita'
giudiziaria. E cio' non comporterebbe alcuna violazione del principio
di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.
La legge vigente al tempo del fatto, ossia l'art. 159 cod. pen.,
gia' prevedeva la possibilita' di una sospensione del corso della
prescrizione nell'eventualita' in cui una disposizione di legge, come
l'art. 83, comma 4, del d.1. n. 18 del 2020, stabilisse la
sospensione del procedimento.
Infine, la circoscritta operativita' dell'indicata sospensione ad
un arco temporale ristretto deporrebbe per l'assoluta ragionevolezza
e proporzionalita' della disciplina.
3.- Con ordinanza del 18 giugno 2020, iscritta al r.o. n. 159 del
2020, il Tribunale ordinario di Roma ha sollevato, in riferimento
all'art. 25, secondo comma, Cost., questione di legittimita'
costituzionale dell'art 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020,
convertito, con modificazioni, nella legge n. 27 del 2020, nonche'
del successivo comma 9 dello stesso art. 83, nella parte in cui
prevede una causa di sospensione della prescrizione sulla base di un
provvedimento giudiziario autorizzato da un provvedimento
organizzativo del capo dell'ufficio giudiziario. Quest'ultima
disposizione e' stata anche censurata, in via subordinata, in
riferimento all'art. 3 Cost., sotto il profilo della violazione del
principio di ragionevolezza, in quanto ricollega la sospensione della
prescrizione al mero provvedimento di rinvio, anziche' alla
sospensione del processo sino alla data di rinvio.
3.1.- In punto di rilevanza, il giudice a quo riferisce di
procedere nei confronti di B. A. per il reato di cui all'art. 648
cod. pen., commesso il 30 marzo 2010 e che, in mancanza del periodo
di sospensione introdotto dalla norma censurata, i termini massimi di
prescrizione del reato sarebbero decorsi il 30 maggio 2020.
Il giudice rimettente rileva, tuttavia, che dal 9 marzo al 12
maggio 2020, il corso della prescrizione e' stato sospeso ai sensi
del comma 4 dell'art. 83 citato, e, inoltre, riferisce che in data 20
aprile 2020 il Presidente del Tribunale ha adottato il provvedimento
organizzativo con il quale e' stato altresi' previsto il rinvio,
oltre il 31 luglio 2020, di tutti i processi non rientranti tra
quelli per i quali e' stata ritenuta possibile la trattazione e con
sospensione dei termini di prescrizione, ai sensi del comma 9 dello
stesso art. 83, sino al 30 giugno 2020 (essendo venuta meno
l'indicazione nel 31 luglio 2020 del dies ad quem della sospensione).
Pertanto, in virtu' dell'applicazione delle due cause di
sospensione della prescrizione (quella prevista dal comma 4 dell'art.
83 e quella contemplata dal successivo comma 9), il rimettente rileva
che e' preclusa una sentenza di non doversi procedere per estinzione
del reato, che invece si imporrebbe in assenza di tali due
disposizioni, della cui legittimita' egli dubita.
Inoltre, il giudice a quo riferisce di non poter pervenire ad una
pronuncia favorevole all'imputato sulla base delle evidenze
processuali sinora emerse dall'istruttoria dibattimentale, di cui da'
conto.
3.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente si
sofferma sul principio di irretroattivita' delle norme penali di
sfavore e della sua incidenza sull'istituto della prescrizione del
reato.
Dopo aver precisato che la ratio dell'istituto e' quella di
stabilire un limite temporale massimo alla punibilita' del reato, si'
da assicurare al reo il cosiddetto diritto all'oblio, rileva che le
norme che disciplinano i termini di prescrizione del reato rientrano
nell'alveo del principio di legalita' di cui all'art. 25, secondo
comma, Cost., che comporta la tassativita' e la precisione della
norma penale e la sua non retroattivita' in mala partem.
Il rimettente richiama, in particolare, l'orientamento della
Corte EDU secondo cui l'istituto della prescrizione e le norme che ne
regolano il funzionamento hanno natura processuale e come tali non
sono soggette al principio di irretroattivita' della legge penale,
mentre secondo il consolidato orientamento di questa Corte la
prescrizione del reato, afferendo alla punibilita' dello stesso, e'
istituto di diritto penale sostanziale, e pertanto soggetto
all'inderogabile principio di irretroattivita'.
Inoltre, nel condividere la natura sostanziale della
prescrizione, osserva che se, da un lato, non si puo' dubitare che la
definizione in termini chiari ed inequivoci del tempo necessario
perche' il reato si estingua per prescrizione debba essere soggetta
allo statuto di garanzia proprio della norma penale incriminatrice,
d'altro canto l'istituto della sospensione della prescrizione e'
piuttosto correlato alle vicende del processo penale.
In particolare, il rimettente osserva - in riferimento alla
seconda disposizione censurata (comma 9 dell'art. 83 del d.l. n. 18
del 2020) - che, dopo la previsione della sospensione di tutta
l'attivita' giudiziaria prevista dall'art. 83, commi 1 e 2, il comma
6 del medesimo articolo ha previsto il potere-dovere dei capi degli
uffici giudiziari di adottare misure organizzative, «anche relative
alla trattazione degli affari», al fine di contrastare l'emergenza
epidemiologica da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo
svolgimento dell'attivita' giudiziaria per il periodo compreso tra il
12 maggio e il 30 giugno 2020 (essendo venuto meno il differimento al
31 luglio 2020).
Il successivo comma 7 ha espressamente previsto, tra le misure
organizzative che devono essere adottate dai capi degli uffici
giudiziari, la possibilita' di prevedere il rinvio delle udienze, a
data successiva al 30 giugno 2020, nei procedimenti civili e penali,
con le eccezioni di cui al comma 3.
Al riguardo il giudice a quo osserva che la norma censurata
(comma 9 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020) si pone in
irrimediabile contrasto con i principi di riserva di legge, di
tassativita' e di determinatezza della norma penale nella misura in
cui ancora la sospensione del corso della prescrizione ad una
disposizione (eventuale) contenuta nei plurimi e differenziati
provvedimenti organizzativi dei capi degli uffici giudiziari, sulla
scorta dei quali il singolo giudice e' legittimato a rinviare alcuni
procedimenti oltre la data del 30 giugno 2020.
Il rimettente ritiene che la possibilita' di trattazione in
udienza di tutti i procedimenti gia' pendenti nell'arco temporale
compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno, ovvero l'individuazione
della data di rinvio oltre il 30 giugno 2020, sono circostanze legate
ad una serie di fattori contingenti al singolo ufficio giudiziario
(quali le dimensioni degli uffici e il connesso carico di lavoro, la
logistica dell'edilizia giudiziaria che possa piu' o meno consentire
il rispetto delle norme di distanziamento sociale, il carico di ruolo
del singolo ufficio giudicante, nonche' la stessa differente
manifestazione dell'epidemia da COVID-19 sul territorio nazionale),
con inevitabile discrezionalita' del singolo capo dell'ufficio
giudiziario ovvero del singolo giudice: il provvedimento di rinvio
del processo, ancorche' legittimo, scontera' pur sempre un
inevitabile tasso di discrezionalita' per la situazione particolare
del singolo ufficio.
Tale differente trattamento, ad avviso del giudice a quo, se in
astratto puo' sottrarsi alla censura di irragionevolezza, potendo
ritenersi ragionevole una differente gestione dell'emergenza da parte
dei singoli uffici giudiziari, in alcun modo puo' valere quale deroga
al principio di tassativita' e determinatezza della norma penale.
Tale principio - secondo il giudice rimettente - sarebbe violato in
quanto i processi da rinviare non sono previsti in modo preciso e
tassativo per l'inevitabile incidenza di ragioni organizzative in
relazione ai differenti uffici e al carico di ruolo del singolo
magistrato giudicante.
Inoltre, la previsione della sospensione della prescrizione di
cui al censurato comma 9 dell'art. 83, diversamente da quanto
previsto dal precedente comma 4, non sarebbe peraltro neppure legata,
almeno espressamente, ad alcuna ipotesi di sospensione del processo.
3.3.- Con atto depositato il 9 dicembre del 2020, e' intervenuto
in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura, chiedendo a questa Corte di dichiarare le
questioni non fondate.
In primo luogo, si evidenzia che le questioni debbano essere
dichiarate non fondate essendo nel frattempo intervenuta la sentenza
n. 278 del 2020 di questa Corte.
Per quanto concerne l'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020,
l'interveniente richiama la sentenza della Corte di cassazione,
sezione quinta penale, 14 settembre-9 novembre 2020, n. 31269, che ha
ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita'
costituzionale non solo del comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del
2020, ma anche del successivo comma 9. In particolare, la difesa
statale osserva che il potere organizzativo dei capi degli uffici
trova fondamento in una fonte primaria, che vi riconnette una
sospensione del processo riconducibile alla norma generale prevista
dall'art. 159, primo comma, cod. pen.
In altri termini, ad avviso della difesa statale, il comma 7,
lettera g), dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, ha rimesso ai capi
degli uffici la ponderazione del grado di sicurezza per la salute
pubblica, rispetto alla ripresa dell'attivita' giudiziaria e, in caso
di perdurante rischio epidemiologico, ha previsto l'ultrattivita' del
regime di rinvio dei procedimenti penali e della connessa sospensione
della prescrizione, come prevista per la prima fase dal comma 4 del
medesimo articolo. La sospensione della prescrizione censurata
troverebbe la sua fonte nella legge e vede nel provvedimento dei
dirigenti degli uffici la condizione per l'ulteriore estensione
temporale degli istituti emergenziali.
4.- Con ordinanza del 19 giugno 2020, iscritta al n. 165 r.o. del
2020, il Tribunale ordinario di Crotone, ha sollevato, in riferimento
agli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in relazione
all'art. 7 CEDU, questioni di legittimita' costituzionale dell'art.
83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020, convertito, con modificazioni,
nella legge n. 27 del 2020.
Il rimettente riferisce di procedere nei confronti di B. S. e P.
G., imputati del delitto di cui agli artt. 56, 81, 110 e 629 cod.
pen., commessi tra l'estate del 2010 e il novembre del 2011, e, in
punto di rilevanza, afferma che il giudizio non puo' essere definito
indipendentemente dalla risoluzione delle questioni di legittimita'
costituzionale dell'indicato art. 83, comma 4.
In punto di non manifesta infondatezza, il giudice a quo rileva
che il legislatore ha previsto un'ipotesi di sospensione della
prescrizione avente una particolare efficacia retroattiva, in quanto
applicabile anche a tutti i fatti commessi prima della sua entrata in
vigore.
Il rimettente, dopo essersi soffermato sulla natura sostanziale
della prescrizione, ma in ogni caso riconoscendone una natura ibrida,
per le vicende processuali connesse al suo decorso, rileva che questa
causa di estinzione del reato e tutte le sue vicende debbano essere
ricondotte nell'alveo applicativo del principio di legalita' e,
dunque, le modifiche in peius della disciplina della prescrizione
possono essere applicate solo a fatti commessi successivamente
all'entrata in vigore della disposizione censurata.
Ad avviso del rimettente, escludere il divieto di applicazione
retroattiva dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del 2020 potrebbe
sembrare l'unica soluzione ragionevole per evitare di vanificare il
lodevole intento del legislatore; ma per giungere a tale soluzione
sarebbe necessario approdare ad una «processualizzazione» della
sospensione dei termini di prescrizione, limitatamente alla norma
censurata.
Ma l'impossibilita' di individuare un parametro costituzionale di
riferimento a fondamento dell'ipotizzata «processualizzazione» della
sospensione dei termini di prescrizione renderebbe la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma, 4, del d.l. n. 18
del 2020, fondata in riferimento ai parametri sopra indicati.
4.1.- Con atto depositato in data 15 dicembre 2020, e'
intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura, concludendo per
l'inammissibilita' o l'infondatezza delle questioni, sulla base di
argomentazioni gia' espresse con riferimento alle precedenti
ordinanze di rimessione.
4.2.- Con ulteriore memoria del 3 maggio 2021, il Presidente del
Consiglio dei ministri, nel ribadire le argomentazioni gia'
precedentemente formulate, richiama, a sostegno delle ragioni di
inammissibilita' e di non fondatezza della questione, la sentenza n.
278 del 2020 di questa Corte, avente ad oggetto la disposizione
censurata.
Considerato in diritto
1.- Con le ordinanze di rimessione indicate in epigrafe (r.o. n.
133, n. 152, n. 159 e n. 165 del 2020), i Tribunali ordinari di
Paola, Spoleto, Roma e Crotone sollevano questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 83, comma 4, del decreto-legge 17 marzo
2020, n. 18 (Misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale
e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse
all'emergenza epidemiologica da COVID-19), convertito, con
modificazioni, nella legge 24 aprile 2020, n. 27, nella parte in cui
dispone la sospensione del termine di prescrizione, con riferimento
ai procedimenti penali indicati nel comma 2 della stessa
disposizione, anche per fatti commessi prima del 9 marzo 2020.
Le ordinanze iscritte al n. 133 e al n. 159 r.o. del 2020,
inoltre, sollevano questioni di legittimita' costituzionale anche nei
confronti del comma 9 dello stesso art. 83 del d.l. n. 18 del 2020,
come convertito, nella parte in cui prevede che il corso della
prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il procedimento e'
rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), del medesimo art. 83 del
d.l. n.18 del 2020 e comunque non oltre il 30 giugno 2020.
1.2.- Tutte le ordinanze censurano l'art. 83, comma 4, del d. l.
n. 18 del 2020, in riferimento alla violazione dell'art. 25, secondo
comma, della Costituzione, che vieta la punizione di alcuno in forza
di una legge entrata in vigore dopo il fatto commesso e che, ad
avviso dei rimettenti, preclude l'applicazione retroattiva delle
norme che modificano in senso peggiorativo la disciplina della
prescrizione del reato.
Inoltre, le ordinanze, ad eccezione di quella iscritta al n. 159
r.o. del 2020, prospettano anche la violazione dell'art. 117, primo
comma, Cost., in relazione all'art. 7 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, che pone il divieto di
applicazione della legge penale a fatti commessi prima
dell'introduzione della legge medesima.
1.3.- Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate nei
confronti dell'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020, sono
prospettate, dall'ordinanza iscritta al n. 133 r.o. del 2020, in
riferimento all'art. 3 Cost., per violazione del principio di
ragionevolezza e di uguaglianza in quanto, secondo il rimettente, la
sospensione del corso della prescrizione sarebbe conseguenza
dell'adozione, da parte dei capi dei singoli uffici giudiziari, di
misure organizzative, volte al rinvio dei procedimenti, soltanto
eventuali e, quindi, sarebbe rimessa alla discrezionalita' degli
stessi.
Ad avviso del giudice a quo, inoltre, sussisterebbe il contrasto
anche con gli artt. 25, secondo comma, e 117, primo comma, Cost., in
relazione all'art. 7 CEDU, sotto il profilo della violazione del
divieto di retroattivita' delle norme che modificano in senso
peggiorativo la disciplina della prescrizione, perche' la
disposizione censurata prevede, anche per i fatti commessi prima del
9 marzo 2020, la sospensione del corso della prescrizione nei casi in
cui il procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g),
dell'art. 83 del d. l. n. 18 del 2020.
1.4.- L'ordinanza iscritta al n. 159 r.o. del 2020 censura la
medesima disposizione (art. 83, comma 9, del d. l. n. 18 del 2020) in
riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost., non solo sotto il
profilo della violazione del divieto di retroattivita' della norma
penale sfavorevole, ma anche per la violazione del principio di
legalita'.
Secondo il giudice rimettente, la norma impugnata ancorerebbe la
sospensione del corso della prescrizione ad una disposizione
eventuale, contenuta nelle plurime e differenziate misure
organizzative dei capi degli uffici giudiziari, sulla scorta delle
quali il singolo giudice e' legittimato a rinviare alcuni
procedimenti oltre la data del 30 giugno 2020 (il differimento
ulteriore al 31 luglio 2020 e' venuto meno per abrogazione della
norma che lo prevedeva).
In particolare, e' denunciata la violazione dell'art. 25, secondo
comma, Cost., in riferimento al principio di tassativita' e
determinatezza, in quanto la disposizione censurata introdurrebbe una
causa di sospensione della prescrizione, riconnessa al rinvio delle
udienze di cui all'art. 83, comma 7, lettera g), del d.l. n. 18 del
2020, senza una previsione precisa e tassativa dei processi da
rinviare, stante l'inevitabile incidenza di ragioni organizzative
differenti in base alle esigenze dei singoli uffici e in
considerazione del carico del ruolo del singolo magistrato
giudicante.
La medesima ordinanza inoltre prospetta anche la violazione del
principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) in quanto la norma
censurata ricollega la sospensione della prescrizione al mero
provvedimento di rinvio, anziche' alla sospensione del processo sino
alla data di rinvio.
2.- Tutte le ordinanze sollevano questioni di legittimita'
costituzionale sostanzialmente analoghe e comunque strettamente
connesse, si' da rendere opportuna la riunione dei giudizi per la
loro decisione congiunta, alla quale non e' di ostacolo la fissazione
in un caso in udienza pubblica, negli altri casi in camera di
consiglio.
3.- Le questioni sono state sollevate nell'ambito di procedimenti
penali - aventi ad oggetto imputazioni per i delitti di cui
rispettivamente agli artt. 113 e 589 cod. pen. (r.o. n. 133 del
2020), all'art. 658 cod. pen. (r.o. n. 152 del 2020), all'art. 648
cod. pen. (r.o. n. 159 del 2020) e agli artt. 81 e 629 cod. pen.
(r.o. n. 165 del 2020) - pendenti nella fase del dibattimento, nei
quali, qualora le disposizioni censurate fossero ritenute
costituzionalmente illegittime, i giudici rimettenti dovrebbero
dichiarare l'estinzione dei reati per essere decorso il termine
massimo di prescrizione; laddove, invece, applicando la sospensione
di tale termine come previsto dalle disposizioni censurate, non
sarebbe maturata la prescrizione dei reati.
Sussiste quindi la rilevanza delle questioni di legittimita'
costituzionale, sollevate tutte in giudizi di primo grado, che vedono
ormai pressoche' esaurito l'intero termine massimo di prescrizione e
quindi compromessa una risposta di giustizia in tempi compatibili con
il canone della ragionevole durata del processo (art. 111, secondo
comma, Cost.).
4.- Va in primo luogo rilevato che le disposizioni censurate -
sia il comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, come convertito,
sia il successivo comma 9 - appartengono all'articolata disciplina
introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 con
riguardo al settore della giustizia; disposizioni che, con
particolare riferimento al procedimento penale, hanno entrambe
previsto - ma sulla base di significativi differenti presupposti e
secondo la scansione temporale di seguito indicata - una stasi
dell'attivita' giudiziaria, salvo le eccezioni di cui si dira' piu'
innanzi, stabilendo, altresi', la sospensione del corso della
prescrizione dei reati, senza distinzione tra procedimenti aventi ad
oggetto condotte consumate prima o dopo l'introduzione di tali norme.
Il censurato art. 83 e' gia' stato scrutinato da questa Corte,
limitatamente al suo comma 4, con la sentenza n. 278 del 2020, alla
quale si fara' ripetuto riferimento.
Le doglianze rivolte al successivo comma 9 della stessa
disposizione presentano, invece, significativi elementi di novita'.
5.- Vanno innanzi tutto esaminate le questioni di legittimita'
costituzionale che investono il comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18
del 2020, sollevate da tutte le ordinanze di rimessione; questioni
che - come si e' appena rilevato - recano censure analoghe a quelle
gia' esaminate da questa Corte nella pronuncia sopra richiamata.
6.- Le questioni sollevate in riferimento all'art. 25, secondo
comma, Cost., sono manifestamente infondate.
Questa Corte ha gia' dichiarato non fondate le medesime questioni
di costituzionalita', sollevate in riferimento all'art. 25, secondo
comma, Cost., sotto il profilo della violazione del divieto di
retroattivita' della norma penale sfavorevole (sentenza n. 278 del
2020).
6.1.- In tale pronuncia ha posto in evidenza come la disciplina
emergenziale, di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del
2020, abbia dato luogo - come puntualizzato dalla giurisprudenza di
legittimita' - ad un caso di sospensione del procedimento e del
processo penale, in ragione dell'integrale sospensione dell'attivita'
giurisdizionale nel periodo emergenziale, conseguente alla previsione
sia del rinvio delle udienze, sia della sospensione dei termini
processuali di qualsiasi atto del procedimento.
La Corte, quindi, ha ritenuto non fondata la denunciata
violazione dell'art. 25, secondo comma, Cost., rilevando che la
sospensione del processo, da cui consegue la sospensione della
prescrizione, ai sensi dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, e' prevista «da una norma che impon[e] una "stasi" del giudizio
basata su elementi certi ed oggettivi». Sicche' la «riconducibilita'
della fattispecie in esame alla disciplina di cui all'art. 159, primo
comma, cod. pen. esclude [...] che si sia in presenza di un
intervento legislativo» in contrasto con il principio di
irretroattivita' della norma penale sostanziale sfavorevole, sancito
dall'evocato parametro.
Questa Corte ha, dunque, affermato che il principio di legalita'
e' rispettato perche' la sospensione del corso della prescrizione, di
cui alla disposizione censurata, essendo riconducibile alla
fattispecie della «particolare disposizione di legge» di cui al primo
comma dell'art. 159 cod. pen., puo' dirsi essere anteriore alle
condotte contestate agli imputati nei giudizi a quibus.
La regola di cui all'art. 159 cod. pen. - secondo cui, quando il
procedimento o il processo penale e' sospeso in applicazione di una
particolare disposizione di legge, lo e' anche il corso della
prescrizione - e', infatti, certamente anteriore alle condotte
penalmente rilevanti proprio perche' contenuta nel codice penale del
1930 e ribadita dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (Modifiche al
codice penale e alla legge 26 luglio 1975, n. 354, in materia di
attenuanti generiche, di recidiva, di giudizio di comparazione delle
circostanze di reato per i recidivi, di usura e di prescrizione), che
ha modificato, sostituendolo, il citato art. 159 cod. pen.
La riconducibilita' della sospensione della prescrizione, di cui
alla disposizione censurata, alla regola generale stabilita dall'art.
159 cod. pen. assicura, dunque, che al momento della commissione del
fatto il suo autore ha potuto avere consapevolezza ex ante che, in
caso di sospensione del procedimento o del processo in applicazione
di una particolare disposizione di legge, anche il decorso del
termine di prescrizione sarebbe stato sospeso.
6.2.- Tutte le ordinanze di rimessione non prospettano profili di
censura che non siano gia' stati esaminati nella richiamata pronuncia
n. 278 del 2020, sicche', in mancanza di argomentazioni nuove e
diverse, le questioni sollevate in riferimento alla violazione del
principio di retroattivita' (art. 25, secondo comma, Cost.) devono
essere dichiarate manifestamente infondate.
7.- Anche le questioni prospettate nei confronti del medesimo
comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, in riferimento alla
violazione dell'art. 7 CEDU per il tramite dell'art. 117, primo
comma, Cost., sono analoghe a quelle gia' scrutinate - e ritenute
inammissibili - da questa Corte nella richiamata pronuncia.
Esse sono, quindi, manifestamente inammissibili.
7.1.- Tutti i rimettenti, ad eccezione del Tribunale di Roma
(r.o. n. 159 del 2020), hanno evocato - come parametro interposto in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost. - l'art. 7 CEDU, che
prevede che nessuno puo' essere condannato per una azione o una
omissione che, al momento in cui e' stata commessa, non costituiva
reato secondo il diritto interno o internazionale; ne' puo' essere
inflitta una pena piu' grave di quella applicabile al momento in cui
il reato e' stato commesso.
I rimettenti richiamano la tesi della natura processuale
dell'istituto della prescrizione accolta dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti dell'uomo, che implica una garanzia di
portata meno estesa di quella affermata dal costante orientamento di
questa Corte.
Deve al riguardo ribadirsi, in relazione al principio di
legalita', che «gli stessi principi o analoghe previsioni si
rinveng[o]no nella Costituzione e nella CEDU, cosi' determinandosi
una concorrenza di tutele, che pero' possono non essere perfettamente
simmetriche e sovrapponibili; vi puo' essere uno scarto di tutele,
rilevante soprattutto laddove la giurisprudenza della Corte EDU
riconosca, in determinate fattispecie, una tutela piu' ampia»
(sentenza n. 25 del 2019). Quindi in questa ipotesi di «concorrenza
di tutele» si ha che l'invocato parametro convenzionale (art. 7 CEDU)
ben puo' offrire talora, in riferimento a determinate fattispecie,
una tutela piu' ampia del parametro nazionale (art. 25, secondo
comma, Cost.). Ed e' quanto accaduto allorche' la questione, ritenuta
inizialmente non fondata in riferimento a quest'ultimo (sentenza n.
282 del 2010), e' poi risultata invece fondata in riferimento al
parametro interposto (ancora sentenza n. 25 del 2019).
Ma, sotto tale specifico profilo, i rimettenti, pur consapevoli
della natura sostanziale che l'istituto della prescrizione riveste
nell'ordinamento italiano, hanno omesso di chiarire in quali termini
il parametro convenzionale offrirebbe una protezione del principio di
legalita' maggiore di quella dell'art. 25, secondo comma, Cost.,
laddove invece la «predicata natura processuale della prescrizione
riduce il perimetro della non retroattivita' della norma penale
rispetto alla ricostruzione dell'istituto, quale presente nella
giurisprudenza di questa Corte, che [...] ne afferma invece la natura
sostanziale» (sentenza n. 278 del 2020).
Anzi, le ordinanze di rimessione evidenziano «l'impossibilita' di
individuare un parametro costituzionale di riferimento per
l'orientamento della "processualizzazione" della sospensione dei
termini di prescrizione» (r.o. n. 133 e r.o. n. 165 del 2020) e
rimarcano che, con riferimento all'istituto della prescrizione, e' il
parametro nazionale ad avere un ambito di applicazione piu' ampio di
quello convenzionale (r.o. n. 152 del 2020).
7.2.- Va pertanto dichiarata la manifesta inammissibilita' delle
questioni sollevate nei confronti dell'art. 83, comma 4, del d.l. n.
18 del 2020, per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione all'art. 7 CEDU.
8.- Si puo' ora passare all'esame delle questioni di legittimita'
costituzionale sollevate nei confronti del comma 9 dell'art. 83 del
d.l. n.18 del 2020; disposizione questa che invece non e' stata
oggetto della sentenza n. 278 del 2020.
9.- Giova innanzi tutto richiamare brevemente il quadro normativo
in cui si colloca la norma censurata, distinguendo una prima e una
seconda fase di contrasto dell'emergenza epidemiologica.
9.1.- Il primo intervento legislativo concernente l'attivita'
giurisdizionale posto in essere per rispondere all'emergenza
determinata dall'epidemia da Covid-19 si e' avuto con il
decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9 (Misure urgenti di sostegno per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica
da COVID-19), il quale, all'art. 10, ha riguardato esclusivamente i
procedimenti penali (e civili) pendenti presso gli uffici giudiziari
dei circondari dei tribunali cui appartenevano i Comuni indicati
all'Allegato 1 al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
1° marzo 2020 (Ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23
febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di
contenimento e gestione dell'emergenza epidemiologica da COVID-19).
Tale provvedimento aveva previsto - limitatamente ai territori
indicati - la sospensione dei termini processuali e il rinvio delle
udienze, ma si era altresi' stabilito che, a partire dal 3 marzo
2020, il corso della prescrizione fosse sospeso per il tempo in cui
il processo fosse rinviato o i termini procedurali fossero sospesi e
comunque fino al 31 marzo 2020 (art. 10, comma 10, del citato
decreto-legge).
E' seguito il decreto-legge 8 marzo del 2020, n. 11 (Misure
straordinarie ed urgenti per contrastare l'emergenza epidemiologica
da COVID-19 e contenere gli effetti negativi sullo svolgimento
dell'attivita' giudiziaria), per disciplinare, sull'intero territorio
nazionale, il rinvio delle udienze e la sospensione dei termini per
tutti i procedimenti (civili, penali, tributari e militari).
In particolare, all'art. 1, comma 1, si e' previsto che a
decorrere dal giorno successivo al 9 marzo 2020, data di entrata in
vigore del decreto medesimo, e sino al 22 marzo 2020, le udienze dei
procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici
giudiziari (fatti salvi alcuni procedimenti di particolare urgenza)
fossero rinviate d'ufficio a data successiva al 22 marzo 2020.
Contestualmente, al comma 2 dello stesso art. 1, si e' prevista
anche la sospensione dei termini per il compimento di qualsiasi atto
dei detti procedimenti, fatti salvi quelli gia' richiamati.
E' poi intervenuto il decreto-legge n. 18 del 2020, cui
appartengono le norme censurate, e, prima che maturassero i termini
di decadenza dei decreti-legge n. 9 e n. 11 del 2020 per mancata
conversione, detti provvedimenti sono stati abrogati, con salvezza
degli effetti, dall'art. 1, comma 2, della legge 24 aprile 2020, n.
27 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 17
marzo 2020, n. 18, recante misure di potenziamento del Servizio
sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori
e imprese connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19. Proroga
dei termini per l'adozione di decreti legislativi).
Come gia' sopra rilevato, l'art. 83, ai commi 1 e 2, del d.l. n.
18 del 2020, per quanto attiene ai processi penali, ha disposto in
via generale e obbligatoria, salvo alcune eccezioni, il rinvio di
ufficio delle udienze a data successiva al 15 aprile 2020 e la
sospensione dei «termini per il compimento di qualsiasi atto dei
procedimenti civili e penali» dal 9 marzo al 15 aprile 2020.
Su tali disposizioni e', poi, intervenuto l'art. 36 del
decreto-legge 8 aprile 2020, n. 23 (Misure urgenti in materia di
accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri
speciali nei settori strategici, nonche' interventi in materia di
salute e lavoro, di proroga di termini amministrativi e processuali),
convertito, con modificazioni, nella legge 5 giugno 2020, n. 40, che
ha stabilito che il termine del 15 aprile 2020, previsto dai commi 1
e 2 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, fosse prorogato all'11
maggio 2020.
In relazione a tali fattispecie, la prima delle disposizioni
oggetto di censura (il comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020)
ha disposto la sospensione dei termini di prescrizione, oltre che dei
termini di durata massima delle misure cautelari personali.
Per effetto, dunque, della proroga disposta dall'art. 36 del d.l.
n. 23 del 2020, la sospensione dei termini prescrizionali, di cui al
comma 4 dell'art. 83, ha operato dal 9 marzo 2020 all'11 maggio 2020.
9.2.- Quanto alla seconda fase di contrasto dell'emergenza
epidemiologica, deve rilevarsi che il d.l. n. 18 del 2020 ha
confermato il potere dei capi degli uffici giudiziari - gia' previsto
dal d.l. n. 11 del 2020 - di adottare misure organizzative connesse
alle esigenze sanitarie, derivanti dall'epidemia in atto.
Si e' con cio' consentita una graduale ripresa delle udienze
penali (e anche civili), rimessa alla valutazione dei capi degli
uffici giudiziari, funzionale al controllo della diffusione del
contagio.
In particolare, l'art. 83, comma 6, del d.l. n. 18 del 2020 -
dando inizio a tale seconda fase successiva all'11 maggio 2020 e
ferma la necessita' di contrastare l'emergenza epidemiologica da
COVID-19 e contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento
dell'attivita' giudiziaria - ha previsto, per il periodo compreso tra
il 12 maggio e il 30 giugno 2020 che «i capi degli uffici giudiziari,
sentiti l'autorita' sanitaria regionale, per il tramite del
Presidente della Giunta della Regione, e il Consiglio dell'ordine
degli avvocati, adottano le misure organizzative, anche relative alla
trattazione degli affari giudiziari, necessarie per consentire il
rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie fornite dal Ministero
della salute, anche d'intesa con le Regioni, dal Dipartimento della
funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dal
Ministero della giustizia e delle prescrizioni adottate in materia
con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, al fine di
evitare assembramenti all'interno dell'ufficio giudiziario e contatti
ravvicinati tra le persone. Per gli uffici diversi dalla Corte
suprema di cassazione e dalla Procura generale presso la Corte di
cassazione, le misure sono adottate d'intesa con il Presidente della
Corte d'appello e con il Procuratore generale della Repubblica presso
la Corte d'appello dei rispettivi distretti».
Tale disposizione, rimasta invariata nel suo contenuto
sostanziale, e' stata piu' volte modificata in relazione all'ambito
temporale di esplicazione del potere da essa conferita ai capi degli
uffici giudiziari.
La formulazione originaria prevedeva, infatti, che i capi degli
uffici potessero adottare tali misure organizzative nel periodo
compreso tra il 16 aprile e il 30 giugno 2020; tale periodo veniva
sostituito, per effetto dell'art. 3, comma 1, lettere b) e i), del
decreto-legge 30 aprile 2020, n. 28 (Misure urgenti per la
funzionalita' dei sistemi di intercettazioni di conversazioni e
comunicazioni, ulteriori misure urgenti in materia di ordinamento
penitenziario, nonche' disposizioni integrative e di coordinamento in
materia di giustizia civile, amministrativa e contabile e misure
urgenti per l'introduzione del sistema di allerta Covid-19),
convertito, con modificazioni, nella legge 25 giugno 2020, n. 70, con
quello compreso tra il 12 maggio ed il 31 luglio; l'art. 3, comma 1,
lettera i) del d.l. n. 28 del 2020 disponeva, poi, che la data del 31
luglio sostituisse quella del 30 giugno, ovunque questa si trovasse
indicata nell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020; successivamente, di
seguito alla conversione del d.l. n. 28 del 2020, la lettera i)
veniva soppressa e, con l'introduzione della lettera b-bis), il
termine del 30 giugno veniva espressamente ripristinato.
Di seguito a tali modifiche normative il potere dei capi degli
uffici giudiziari di adottare misure organizzative, di cui al comma 6
dell'art. 83 del d.l. n. 18 del 2020, e' rimasto riferito al periodo
compreso tra il 12 maggio e il 30 giugno 2020.
Proprio per consentire la ripartenza dell'attivita' giudiziaria,
nel rispetto della finalita' di cui al comma 6 dell'art. 83 del d.l.
n. 18 del 2020, si e' stabilito che i capi degli uffici giudiziari
potessero adottare misure organizzative, come la limitazione
dell'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, restrizioni
dell'orario di apertura al pubblico degli uffici, prevedendo anche la
chiusura degli stessi (salvo che per servizi urgenti) e piu' in
generale, la regolamentazione dell'accesso ai servizi, tramite una
previa prenotazione, da effettuarsi anche con mezzi di comunicazione
telefonica o telematica, in ogni caso predisponendo misure volte ad
evitare forme di assembramento (art. 83, comma 7, lettere a, b e c,
del d.l. n. 18 del 2020).
Ma accanto a tali misure generali, di carattere strettamente
organizzativo-amministrativo, e' stato conferito ai capi degli uffici
giudiziari il potere di adottare provvedimenti riguardanti
l'attivita' giudiziaria in senso stretto.
Si e', infatti, prevista l'adozione da parte loro di linee guida
con carattere vincolante per la fissazione e la trattazione delle
udienze.
Segnatamente ai capi degli uffici giudiziari e' stato conferito
il potere di prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al
30 giugno 2020, peraltro con alcune eccezioni. Sono stati esclusi i
casi contemplati dal comma 3 dell'art. 83 citato, ossia quegli stessi
procedimenti in relazione ai quali anche la sospensione ex lege di
cui ai commi 1 e 2 dell'art. 83 non trovava applicazione; quali, tra
gli altri, i procedimenti a carico di persone detenute, quelli in cui
erano applicate misure cautelari o di sicurezza o di prevenzione,
nonche' i procedimenti che presentavano carattere di urgenza per la
necessita' di assumere prove indifferibili.
Al di fuori di tali procedimenti, per assicurare l'attuazione
delle misure dirette alla prevenzione del contagio, i capi degli
uffici giudiziari - come accaduto in relazione ai procedimenti a
quibus - alla luce delle specifiche esigenze sanitarie e
organizzative dell'ufficio, valutate ai sensi del precedente comma 6
- hanno potuto prevedere il rinvio delle udienze a data successiva al
30 giugno 2020.
In tale evenienza, qualora il magistrato non avesse ritenuto di
trattare il processo nel periodo 12 maggio-30 giugno 2020, la
disposizione censurata ha stabilito che per il tempo in cui il
procedimento e' stato rinviato, e in ogni caso non oltre il 30 giugno
2020, e' sospeso il decorso del termine di prescrizione. Tale e'
infatti il contenuto precettivo della disposizione censurata (art.
83, comma 9, del d.l. n. 18 del 2020): nei procedimenti penali il
corso della prescrizione rimane sospeso per il tempo in cui il
procedimento e' rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni
caso, non oltre il 30 giugno 2020.
10.- Cio' premesso, deve, in primo luogo, essere dichiarata la
manifesta inammissibilita' della questione di costituzionalita'
sollevata dal Tribunale ordinario di Paola (r.o. n. 133 del 2020), in
riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in relazione all'art. 7
CEDU.
Il rimettente, a sostegno della sua censura di lesione del
parametro convenzionale, ha replicato argomentazioni identiche a
quelle svolte nei confronti del comma 4 dell'art. 83 del d.l. n. 18
del 2020 e, pertanto, non chiarendo, anche in questo caso, in quali
termini tale parametro interposto offrirebbe una protezione del
principio di legalita' piu' estesa di quella dell'art. 25, secondo
comma, Cost., vanno ribadite - anche con riferimento al comma 9 dello
stesso art. 83 - le medesime ragioni di inammissibilita' manifesta
(vedi supra, punti 7. e seguenti).
11.- Nuova e' invece la questione sollevata dal Tribunale di Roma
(r.o. n. 159 del 2020), in riferimento al principio di legalita'
(art. 25, secondo comma, Cost.), sotto il profilo della denunciata
sua violazione per insufficiente determinatezza della fattispecie
legale dalla quale consegue la sospensione della durata del termine
di prescrizione dei reati nel periodo dal 12 maggio al 30 giugno
2020.
La questione e' fondata.
12.- Va ribadito che la concreta determinazione della durata del
tempo di prescrizione dei reati appartiene alla discrezionalita' del
legislatore, censurabile solo in caso di manifesto difetto di
ragionevolezza o proporzionalita'.
E' il legislatore che - secondo scelte di politica criminale
legate alla gravita' dei reati - valuta l'affievolimento progressivo
dell'interesse della collettivita' alla punizione del comportamento
penalmente illecito e determina quando il decorso del tempo, in
riferimento ad ogni fattispecie di reato, ne comporti l'estinzione.
Ossia stabilisce la «durata, per cosi' dire "tabellare", prevista in
generale dall'art. 157 cod. pen., ma talora fissata con norme
speciali in riferimento a particolari reati (ad esempio, in caso di
delitti in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto) -
entro la quale sussistera', in ogni caso, la punibilita' della
condotta contestata» (sentenza n. 278 del 2020).
E' questa l'intrinseca natura sostanziale della prescrizione che
chiama in causa la garanzia del principio di legalita' (art. 25,
secondo comma, Cost.); principio questo che costituisce caposaldo del
complessivo sistema punitivo - il cosiddetto "diritto sanzionatorio"
- trovando esso applicazione alle fattispecie di reato (sentenza n.
25 del 2019) e alle sanzioni amministrative di carattere
sostanzialmente punitivo (sentenza n. 5 del 2021).
Una persona accusata di un reato deve poter conoscere ex ante
(ossia al momento della commissione del fatto), sia la fattispecie di
reato, sia l'entita' della pena con proiezione, entro certi limiti,
anche alle modalita' della sua espiazione in regime carcerario
(sentenza n. 32 del 2020), sia la durata della prescrizione (art. 157
cod. pen.).
Ma la garanzia della natura sostanziale della prescrizione si
estende anche alle possibili ricadute che sulla sua durata possono
avere norme processuali.
Se da una parte per queste ultime trova, invece, applicazione di
per se', in quanto regola del processo, il diverso canone del tempus
regit actum, dall'altra le conseguenze in termini di possibile
allungamento della durata del termine di prescrizione sono attratte
alla dimensione sostanziale, che connota tale istituto, e quindi al
rispetto del principio di legalita': anch'esse devono essere previste
dalla legge del tempus commissi delicti. Rileva, sotto questo
profilo, soprattutto la disciplina della sospensione e
dell'interruzione della prescrizione (artt. 159 e 160 cod. pen.).
Coniugando l'uno e l'altro aspetto, si ha che la garanzia del
principio di legalita' richiede che la persona incolpata di un reato
deve poter avere previa consapevolezza della disciplina della
prescrizione concernente sia la definizione della fattispecie legale,
sia la sua «dimensione temporale»; quest'ultima risultante dalla (ben
precisa) durata tabellare della prescrizione (art. 157 cod. pen.) e
dalla (possibile) incidenza su di essa di regole processuali, quali
quelle dell'interruzione e della sospensione (amplius, sentenza n.
278 del 2020). Cio' comporta - come gia' rilevato - non gia' l'esatta
prevedibilita' ex ante del dies ad quem in cui maturera' la
prescrizione e il reato sara' estinto, stante l'applicazione solo
eventuale di siffatte regole processuali con ricadute sostanziali
sulla durata del termine di prescrizione, ma la predeterminazione per
legge del termine entro il quale sara' possibile l'accertamento nel
processo, con carattere di definitivita', della responsabilita'
penale.
13.- Il rispetto del principio di legalita' richiede, quindi, che
la norma, la quale in ipotesi ampli la durata del termine di
prescrizione (art. 157 cod. pen.), ovvero ne preveda il prolungamento
come conseguenza dell'applicazione di una regola processuale, sia
«sufficientemente determinata» (sentenza n. 278 del 2020), e, ove
tale, sia anche non retroattiva (e pertanto applicabile solo a reati
commessi successivamente alla data della sua entrata in vigore).
Con riferimento alla cosiddetta "regola Taricco" di derivazione
europea, che significava il prolungamento, in alcuni casi, della
durata del termine di prescrizione di reati tributari, dapprima la
stessa Corte di giustizia dell'Unione europea (sentenza 5 dicembre
2017, in causa C-42/17, M. A. S. e M. B.) ha affermato che l'obbligo
per il giudice nazionale di disapplicare la normativa interna in
materia di prescrizione, sulla base di tale regola, viene meno quando
cio' comporta una violazione del principio di legalita' dei reati e
delle pene, a causa dell'insufficiente determinatezza della legge
applicabile oppure dell'applicazione retroattiva di una normativa che
preveda un regime di punibilita' piu' severo di quello vigente al
momento della commissione del reato.
Successivamente questa Corte (sentenza n. 115 del 2018), proprio
richiamando tale pronuncia, ha ritenuto assorbente il «deficit di
determinatezza» che caratterizzava la "regola Taricco" «a causa della
genericita' dei concetti di "grave frode" e di "numero considerevole
di casi"», intorno ai quali essa ruotava; e quindi ha concluso
affermando, in via interpretativa, che «la violazione del principio
di determinatezza in materia penale sbarra la strada senza eccezioni
all'ingresso della "regola Taricco" nel nostro ordinamento», e non
gia', soltanto, che essa non poteva avere efficacia retroattiva.
Parimenti si e' affermato che «il tempo necessario per la
prescrizione di un reato e le operazioni giuridiche da compiersi per
calcolarlo devono essere il frutto dell'applicazione, da parte del
giudice penale, di regole legali sufficientemente determinate»
(ordinanza n. 24 del 2017).
Piu' recentemente, questa Corte, esaminando la questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, ha ribadito innanzi tutto che la fissazione della durata del
tempo di prescrizione deve essere - come gia' ricordato -
«sufficientemente determinata» (sentenza n. 278 del 2020). E tale e'
stata ritenuta la disposizione allora censurata che ha previsto la
sospensione del termine di prescrizione in riferimento
all'applicazione della regola processuale contenuta nella congiunta
applicazione dei commi 1 e 2 dello stesso art. 83; i quali hanno
disposto il rinvio d'ufficio di tutti i procedimenti penali (oltre
che civili) a data successiva all'11 maggio 2020 e la sospensione del
decorso di tutti i termini per il compimento di qualsiasi atto.
Tale generalizzata stasi processuale identifica, secondo la
giurisprudenza di legittimita', una fattispecie legale - nella
specie, integralmente legale - di sospensione del procedimento o del
processo imposta da una particolare disposizione di legge.
Sicche', in quel caso, la Corte e' passata ad esaminare la
denunciata violazione del principio di non retroattivita', parimenti
contenuto nell'art. 25, secondo comma, Cost., ritenendola, nella
specie, non sussistente - come gia' sopra ricordato - perche' la
sospensione del procedimento o del processo, recata dai primi due
commi del censurato art. 83, poteva dirsi rientrare nella fattispecie
di cui al primo comma dell'art. 159 cod. pen., costituendo cosi'
esplicitazione di una regola gia' contenuta in quest'ultima norma
codicistica, come «causa generale di sospensione».
14.- Al contrario, con riguardo alla questione in esame - quella
che investe il comma 9 dell'art. 83 - la valutazione del rispetto del
principio di legalita' sotto il profilo della sufficiente
determinazione della fattispecie legale conduce ad una diversa
conclusione, dovendo ritenersi che esso sia violato per le ragioni
che si vengono ora ad esporre; conclusione questa che e' assorbente
si' da non richiedere che si debba procedere anche alla verifica del
rispetto del canone di non retroattivita' della legge che in ipotesi
prolunghi la durata del termine di prescrizione.
15.- La norma censurata (art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del
2020) prescrive che nei procedimenti penali il corso della
prescrizione rimanga sospeso per il tempo in cui il procedimento e'
rinviato ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e, in ogni
caso, non oltre il 30 giugno 2020.
La formulazione testuale della norma e' apparentemente simile a
quella del comma 4 dello stesso art. 83, gia' scrutinato da questa
Corte, ma in realta' vi e' una radicale differenza.
Il comma 4 ancora la sospensione del termine di prescrizione a
presupposti compiutamente definiti nei precedenti commi 1 e 2,
talche' - come si e' gia' sottolineato - la fattispecie e'
sufficientemente determinata per legge.
Invece il comma 9 fa riferimento al precedente comma 7, lettera
g), che contiene un rinvio alle «misure organizzative» che i capi
degli uffici giudiziari - in ragione della generale previsione del
comma 6 del medesimo art. 83 - sono facoltizzati ad adottare per
contrastare l'emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli
effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria; misure
che - secondo la catalogazione contenuta nel comma 7 - possono
consistere in una serie di prescrizioni riguardanti non solo
l'accesso del pubblico agli uffici giudiziari, ma anche «l'adozione
di linee guida vincolanti per la fissazione e la trattazione delle
udienze» (lettera d) e «la previsione del rinvio delle udienze a data
successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le
eccezioni indicate al comma 3» (lettera g).
Quindi, in particolare, la previsione del rinvio delle udienze,
cui si ricollega la sospensione del decorso della prescrizione,
costituisce il contenuto possibile di una misura organizzativa che il
capo dell'ufficio giudiziario puo' adottare ai sensi del comma 6 del
medesimo art. 83; facolta' questa che solo genericamente e'
delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalita' da
perseguire.
E' sufficiente che il capo dell'ufficio giudiziario abbia di mira
il contrasto dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 per contenerne
gli effetti negativi sullo svolgimento dell'attivita' giudiziaria e
il contenuto delle misure organizzative puo' riguardare anche la
trattazione degli affari giudiziari, se cio' e' ritenuto necessario
per consentire il rispetto delle indicazioni igienico-sanitarie
fornite dal Ministero della salute, anche d'intesa con le Regioni,
dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del
Consiglio dei ministri, dal Ministero della giustizia e delle
prescrizioni adottate in materia con decreti del Presidente del
Consiglio dei ministri, al fine di evitare contatti ravvicinati tra
persone all'interno dell'ufficio giudiziario.
Il rinvio delle udienze - con il limite dei procedimenti
indifferibili tassativamente elencati al comma 3 dell'art. 83 del
d.l. n. 18 del 2020 - e' disposto sulla base di «linee guida
vincolanti» che il capo dell'ufficio giudiziario e' facoltizzato ad
adottare per la fissazione e per la trattazione delle udienze.
In tale quadro, questa normativa speciale e temporanea introduce
si' una fattispecie di rilievo processuale, in quanto essa puo'
comportare il rinvio delle udienze penali per alcuni processi e non
per altri, secondo quanto prescritto nelle linee guida del capo
dell'ufficio; ma da essa conseguono significativi effetti di natura
sostanziale nella misura in cui il comma 9 dell'art. 83 dispone la
sospensione del corso della prescrizione per il tempo in cui il
processo e' rinviato, non oltre comunque il 30 giugno 2020.
All'eventuale provvedimento generale del capo dell'ufficio, che
risponde a esigenze organizzative legate all'andamento della
pandemia, la norma censurata riconnette l'effetto in malam partem
recato dalla previsione della sospensione del decorso del termine di
prescrizione nel caso di rinvio del processo, determinando cosi' un
allungamento complessivo del termine entro il quale la fattispecie
estintiva della punibilita' si realizza.
Per la sua valenza sostanziale, pur mediata dalla regola
processuale, tale previsione normativa ricade comunque nell'area di
applicazione del principio di legalita', il quale richiede - come si
e' detto sopra - che essa, incidendo sulla punibilita' del reato, sia
determinata nei suoi elementi costitutivi si' da assicurare un
sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilita'.
Invece, la misura organizzativa del dirigente dell'ufficio, cui
consegue il censurato effetto in malam partem (per l'imputato) in
caso di rinvio del processo, non trova nelle disposizioni di cui
all'art. 83, commi 6, 7 e 9, del d.l. n. 18 del 2020 adeguata
specificazione circa le condizioni e i limiti legittimanti l'adozione
del provvedimento di rinvio, cui appunto consegue tale effetto
sfavorevole sul piano della punibilita' del reato in ragione
dell'allungamento del termine di prescrizione.
Il presupposto, il contenuto e le finalita' di tali misure
organizzative, consistenti in linee guida vincolanti per la
fissazione e la trattazione delle udienze, sono solo genericamente
fissate dalla legge (art. 83, commi 6 e 7, del d.l. n. 18 del 2020).
Inoltre, tale vincolo per il giudice del processo, chiamato poi a
disporne, caso per caso, il rinvio sulla base di siffatte linee guida
(e non gia' a richiesta della difesa dell'imputato), non e' neppure
assoluto, perche' e' sempre possibile che egli ritenga invece che il
processo abbia carattere d'urgenza per la necessita' di assumere
prove indifferibili (art. 83, comma 3, lettera c), con l'effetto di
rendere non operante la regola posta nelle linee guida del capo
dell'ufficio.
16.- In sostanza, e' solo al momento dell'adozione del
provvedimento di rinvio del processo che si completa e si integra,
caso per caso, la fattispecie legittimante il rinvio stesso: in tal
modo la regola speciale finisce per avere un'imprevedibile
variabilita' in sostanza non dissimile da quella che avrebbe avuto il
contenuto della "regola Taricco"; contenuto «deciso da un tribunale
caso per caso, cosa che e' senza dubbio vietata dal principio di
separazione dei poteri di cui l'art. 25, secondo comma, Cost. declina
una versione particolarmente rigida nella materia penale» (ordinanza
n. 24 del 2017).
La fattispecie del rinvio del processo, prevista dalla
disposizione censurata, e' integrata completamente con il richiamo di
provvedimenti privi di natura normativa, quali appunto sono le misure
organizzative del capo dell'ufficio giudiziario e le sue linee guida
per la fissazione e la trattazione delle udienze. Cio' non inficia
certo la legittimita' della previsione di tale richiamo come regola
processuale, ma non soddisfa il canone della sufficiente
determinatezza per legge della fattispecie da cui consegue l'effetto
sostanziale dell'allungamento della durata del termine di
prescrizione.
Ne' l'integrazione eteronoma della regola processuale che reca la
sospensione del processo, prevista dalla norma censurata, puo'
ricondursi al mero completamento della fattispecie legale, come in
altre ipotesi previste dall'art. 159 cod. pen. Tali sono quelle per
cui la sospensione della prescrizione opera rispettivamente nei casi
di autorizzazione a procedere; di deferimento della questione ad
altro giudizio; di sospensione del procedimento o del processo penale
per ragioni di impedimento delle parti e dei difensori o su richiesta
dell'imputato o del suo difensore; di sospensione del procedimento
penale per assenza dell'imputato; o, infine, di rogatorie all'estero.
In tutte queste ipotesi il principio di legalita', sotto il
profilo della sufficiente determinatezza della fattispecie, e'
rispettato perche' la disciplina della sospensione del processo - e
conseguentemente anche del corso della prescrizione - trova una
descrizione chiara e precisa nella medesima disposizione che la
prevede (art. 159 cod. pen.), oppure, ferma restando la
riconducibilita' alla disposizione codicistica, essa e' integrata dal
richiamo a una «particolare disposizione di legge».
Invece la norma attualmente censurata, nel prevedere una
fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una
regola processuale, recante la sospensione del processo, il cui
contenuto e' definito integralmente dalle misure organizzative del
capo dell'ufficio giudiziario, cosi' esibendo un radicale deficit di
determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione
del principio di legalita' limitatamente alla ricaduta di tale regola
sul decorso della prescrizione.
17.- Pertanto - assorbite le questioni di legittimita'
costituzionale sollevate in riferimento, sia all'art. 3 Cost., sia
allo stesso art. 25, secondo comma, Cost., sotto il profilo della
irretroattivita' della legge penale sfavorevole - deve dichiararsi
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del d.l. n.18
del 2020, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della
prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati
ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non
oltre il 30 giugno 2020.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, comma
9, del decreto-legge 17 marzo 2020, n. 18 (Misure di potenziamento
del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per
famiglie, lavoratori e imprese connesse all'emergenza epidemiologica
da COVID-19), convertito, con modificazioni, nella legge 24 aprile
2020, n. 27, nella parte in cui prevede la sospensione del corso
della prescrizione per il tempo in cui i procedimenti penali sono
rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso,
non oltre il 30 giugno 2020;
2) dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 9, del d.l. n. 18 del
2020, sollevata, in riferimento all'art. 117, primo comma, della
Costituzione, in relazione all'art. 7 della Convenzione per la
salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali
(CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa
esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Tribunale ordinario di
Paola, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
3) dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, sollevate, in riferimento all'art. 117, primo comma, Cost., in
relazione all'art. 7 CEDU, dai Tribunali ordinari di Spoleto, Roma e
Crotone, con le ordinanze indicate in epigrafe;
4) dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di
legittimita' costituzionale dell'art. 83, comma 4, del d.l. n. 18 del
2020, sollevate, in riferimento all'art. 25, secondo comma, Cost.,
dai Tribunali ordinari di Paola, Spoleto, Roma e Crotone, con le
ordinanze indicate in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 25 maggio 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giovanni AMOROSO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
