CORTE COSTITUZIONALE 23 settembre – 7 ottobre 2021 SENTENZA N. 190
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Documentazione amministrativa - False dichiarazioni sostitutive di atto notorio o di certificazioni - Decadenza automatica dai benefici conseguenti al provvedimento rilasciato in base ad esse - Denunciata violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalita' - Inammissibilita' della questione. - Decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, art. 75. - Costituzione, art. 3.
(GU n.41 del 13-10-2021 )
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
Presidente:Giancarlo CORAGGIO;
Giudici :Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolo'
ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI,
Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANO', Luca ANTONINI, Stefano
PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN
GIORGIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 75 del
decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa (Testo A)», promosso dal
Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di
Lecce, nel procedimento vertente tra Naxos srl e Agenzia delle dogane
e dei monopoli - Ufficio dei monopoli per la Puglia, la Basilicata e
il Molise, con ordinanza del 30 gennaio 2020, iscritta al n. 92 del
registro ordinanze 2020 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 34, prima serie speciale, dell'anno 2020.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 settembre 2021 il Giudice
relatore Giuliano Amato;
deliberato nella camera di consiglio del 23 settembre 2021.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza depositata il 30 gennaio 2020, il Tribunale
amministrativo regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha
sollevato, in riferimento all'art. 3, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 75
del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445,
recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di documentazione amministrativa (Testo A)».
La disposizione censurata disciplina le conseguenze delle false
dichiarazioni sostitutive di atto notorio o di certificazioni. Nel
testo vigente ratione temporis, essa prevede che «[f]ermo restando
quanto previsto dall'articolo 76, qualora dal controllo di cui
all'articolo 71 emerga la non veridicita' del contenuto della
dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione
non veritiera».
E' denunciata la violazione dell'art. 3 Cost., poiche'
l'automatica decadenza dal beneficio e l'impedimento a conseguire lo
stesso, quali «conseguenze [...] lato sensu sanzionatorie» della
dichiarazione mendace, colpirebbero in maniera indiscriminata
condotte di rilievo differente e si porrebbero in contrasto con i
principi di ragionevolezza e proporzionalita', essendo preclusa
qualsiasi valutazione circa la gravita' del fatto, il suo disvalore e
l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del dichiarante.
2.- Nel giudizio a quo e' impugnato il provvedimento di diniego
di un'istanza di rinnovo del patentino per la vendita di prodotti da
fumo. Riferisce il giudice rimettente che tale diniego e' stato
determinato dalla non veridicita' della dichiarazione sostitutiva di
atto notorio che la accompagnava. In particolare, risulta omessa la
dichiarazione, da parte dell'istante, di alcuni debiti verso
l'erario, rappresentati da due cartelle esattoriali emesse
dall'Agenzia delle entrate per il mancato pagamento del canone RAI
per gli anni 2016 e 2017, per complessivi euro 897,92.
Ad avviso del rimettente, la pretesa tributaria avrebbe ormai
carattere definitivo, in considerazione della mancata interposizione
di alcun gravame e dell'acquiescenza prestata dalla parte ricorrente,
che - dopo l'autodichiarazione, ma prima del diniego di rinnovo - ha
provveduto all'integrale pagamento del debito.
Il giudice a quo riferisce, inoltre, di avere accolto l'istanza
cautelare di sospensione del provvedimento impugnato.
Ad avviso del giudice rimettente, la non veridicita' della
dichiarazione costituirebbe l'unico presupposto del provvedimento di
diniego. Pertanto, non sarebbe possibile prescindere dalla
definizione della questione di legittimita' costituzionale dell'art.
75 del d.P.R. n. 445 del 2000 che, in presenza di dichiarazioni
mendaci, prevede la decadenza «dai benefici eventualmente conseguenti
al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non
veritiera».
2.1.- Il giudice a quo evidenzia che, secondo la consolidata
giurisprudenza amministrativa, la dichiarazione non veritiera, al di
la' dei profili penali, preclude al dichiarante il raggiungimento
dello scopo cui la stessa era indirizzata e comporta l'automatica
decadenza dai benefici ottenuti. Al riguardo, sono richiamate le
sentenze del Consiglio di Stato, sezione quinta, 9 aprile 2013, n.
1933, e 27 aprile 2012, n. 2447. Si tratterebbe di una consolidata
interpretazione, tale da assurgere al rango di «diritto vivente».
Ad avviso del giudice a quo, queste conseguenze, oltre ad avere
valenza lato sensu sanzionatoria, sarebbero irragionevoli e
sproporzionate, in quanto prescindono dall'effettiva gravita' del
fatto e dalla sua incidenza rispetto all'interesse pubblico
perseguito dall'amministrazione. Verrebbe, infatti, riservato il
medesimo trattamento a situazioni oggettivamente diverse, con la
conseguenza che nei casi di non veridicita' su aspetti di minima
rilevanza concreta possono aversi conseguenze abnormi e
sproporzionate rispetto al reale disvalore del fatto.
D'altra parte, le censure non potrebbero essere superate facendo
leva sulla ratio della norma censurata, rinvenibile nel principio di
semplificazione amministrativa, cui si accompagna l'affermazione
dell'autoresponsabilita' del dichiarante. Al riguardo, si fa rilevare
che la norma in esame e' volta a rendere piu' efficiente l'azione
amministrativa, ma e' anche finalizzata a garantire i diritti dei
singoli di volta in volta coinvolti nel procedimento amministrativo
nell'ambito del quale sono rese le dichiarazioni. Il rigido
automatismo in esame sarebbe lesivo dell'equilibrio fra le diverse
esigenze in gioco, poiche' pregiudicherebbe i diritti costituzionali
del singolo. La finalita' di semplificazione si risolverebbe, in
definitiva, nella diminuzione degli adempimenti a carico
dell'amministrazione pubblica, a fronte di un'eccessiva
autoresponsabilita' del privato.
Si fa rilevare, infine, che, in base all'art. 40, comma 01, del
d.P.R. n. 445 del 2000, come modificato dall'art. 15, comma 1,
lettera a), della legge 12 novembre 2011, n. 183, recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato (Legge di stabilita' 2012)», il privato ha l'obbligo, e
non piu' la facolta', di presentare alle amministrazioni le
«dichiarazioni di cui agli articoli 46 e 47». La semplificazione in
esame si risolverebbe essa stessa, quindi, nella diminuzione degli
adempimenti a carico dell'amministrazione pubblica, a fronte di
un'eccessiva autoresponsabilita' del privato.
3.- Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o
comunque non fondata.
3.1.- In via preliminare, e' eccepito il difetto di motivazione
in ordine alla rilevanza della questione, poiche' il giudice a quo
avrebbe omesso di considerare le disposizioni del decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze 21 febbraio 2013, n. 38
(Regolamento recante disciplina della distribuzione e vendita dei
prodotti da fumo), che all'art. 7 detta i criteri per il rilascio di
patentini e, in particolare, al comma 3, dispone che «Ai fini
dell'adozione del provvedimento, gli Uffici competenti in relazione
all'esercizio del richiedente, valutano: [...] g) l'assenza di
eventuali pendenze fiscali e/o di morosita' verso l'Erario o verso
l'Agente della riscossione definitivamente accertate o risultanti da
sentenze non impugnabili».
Nel caso in esame, il diniego del rinnovo e' derivato
dall'assenza del requisito della insussistenza di pendenze fiscali e
non dalla falsita' della dichiarazione. Infatti, laddove fosse stata
accertata l'insussistenza del requisito anche dopo il rinnovo del
patentino, l'Agenzia delle dogane e dei monopoli (d'ora in avanti:
ADM) ne avrebbe comunque disposto il ritiro.
Pertanto, le censure del rimettente avrebbero dovuto riguardare
direttamente il regolamento ministeriale, che preclude il rinnovo del
patentino senza prevedere una graduazione circa la rilevanza delle
pendenze fiscali. Sarebbe stata cosi' omessa la verifica della
rilevanza della questione, con l'effetto di renderla inammissibile.
3.1.1.- Inoltre, l'onere di adeguata motivazione in punto di
rilevanza non sarebbe stato assolto neppure con riguardo alla
descrizione della fattispecie concreta e, in particolare, al
carattere definitivo dell'accertamento delle pendenze fiscali o
morosita' verso l'erario.
Infatti, la sola indicazione dell'anno di riferimento del credito
erariale, senza alcuna indicazione del giorno di notifica della
cartella, non dimostrerebbe che il credito erariale e' stato
accertato in via definitiva, non potendosi escludere l'avvio di una
procedura esecutiva, ne' la proponibilita' del ricorso ai sensi del
decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46 (Riordino della
disciplina della riscossione mediante ruolo, a norma dell'articolo 1
della legge 28 settembre 1998, n. 337), ovvero dell'opposizione agli
atti esecutivi, di cui all'art. 617 del codice di procedura civile.
In effetti, neppure il pagamento da parte del debitore potrebbe
far ritenere che - al momento della dichiarazione - il credito
erariale fosse gia' definitivamente accertato. L'incompleta
descrizione della fattispecie si rifletterebbe, quindi, nel difetto
di motivazione sulla rilevanza, determinando l'inammissibilita' della
questione.
3.1.2.- D'altra parte, secondo l'interveniente, sarebbe erroneo
il presupposto interpretativo su cui si fonda l'ordinanza di
rimessione. Infatti, la decadenza prevista dalla disposizione
censurata andrebbe riferita ai benefici gia' entrati nella sfera
giuridica del dichiarante. Il rimettente non spiegherebbe i motivi
per cui essa debba estendersi anche a benefici non ancora ottenuti,
come quello connesso al rinnovo del patentino, che si sostanzia in un
rinnovato rilascio del provvedimento ampliativo. Anche da queste
considerazioni discenderebbe il difetto di rilevanza della questione.
3.1.3.- L'Avvocatura generale dello Stato eccepisce, inoltre, il
mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme.
L'esegesi del censurato art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000,
richiamata dal giudice a quo e considerata alla stregua di diritto
vivente, sarebbe tutt'altro che consolidata. Di recente, infatti, la
giurisprudenza del Consiglio di Stato avrebbe offerto una lettura
costituzionalmente orientata dell'autocertificazione, che valorizza
la sostanza dell'attestazione e consente la regolarizzazione delle
dichiarazioni sostitutive di atto di notorieta', quando si e' in
presenza di vizi meramente formali (sono richiamate le sentenze del
Consiglio di Stato, sezione quinta, 17 gennaio 2018, n. 257 e 23
gennaio 2018, n. 418, che hanno, rispettivamente, confermato le
decisioni dello stesso TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, sezione
seconda, 21 dicembre 2015, n. 3664, e 18 febbraio 2016, n. 335).
Secondo questa interpretazione, per la decadenza o per il diniego
del beneficio non sarebbe determinante il profilo formale della
falsita' della dichiarazione, bensi' quello sostanziale, costituito
dalla mancanza del requisito falsamente dichiarato.
Tale rilievo troverebbe conferma nell'orientamento
giurisprudenziale che fonda il diniego o la revoca del visto o del
permesso di soggiorno a cittadini extracomunitari, non sulla falsita'
dell'attestazione allegata all'istanza, bensi' sul difetto oggettivo
del requisito falsamente attestato (e' richiamata la sentenza del
Consiglio di Stato, sezione terza, 30 agosto 2018, n. 5086). Per
converso, ove l'istante abbia dimostrato, anche per vicende
sopravvenute, di essere in possesso del requisito, la falsita' della
dichiarazione non avrebbe effetti preclusivi (Consiglio di Stato,
sezione terza, sentenza 30 dicembre 2015, n. 5880).
D'altra parte, l'interveniente evidenzia che, laddove l'istanza
di rinnovo del patentino si presenti incompleta, la giurisprudenza
amministrativa ha ammesso il soccorso istruttorio e ha riconosciuto,
inoltre, che l'amministrazione e' tenuta a valutare compiutamente la
portata, il peso e l'attualita' delle pendenze fiscali sussistenti al
momento dell'esame dell'istanza e quindi a tenere conto, ad esempio,
della rateizzazione del pagamento del debito fiscale (e' richiamata
la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,
Palermo, sezione prima, 29 ottobre 2018, n. 2190).
Piu' di recente, il provvedimento di rigetto dell'istanza di
rinnovo del patentino e' stato annullato sul rilievo che non sarebbe
qualificabile come pendenza fiscale, ai sensi dell'art. 8 del d.m. n.
38 del 2013, quella situazione di fatto che, alla luce della
normativa tributaria, non possiede i relativi caratteri come, ad
esempio, il mancato superamento della soglia minima di rilevanza
fiscale, fissata dall'art. 3, comma 10, del decreto-legge 2 marzo
2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni
tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di
accertamento), convertito, con modificazioni, nella legge 26 aprile
2012, n. 44. Ai fini di cui all'art. 75 del d.P.R. n. 445 del 2000,
e' stata esclusa la non veridicita' di una dichiarazione
intrinsecamente corrispondente a detta normativa (Tribunale
amministrativo regionale per la Basilicata, sezione prima, sentenza 7
gennaio 2019, n. 31; nello stesso senso, e' richiamata anche la
sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Molise,
sezione prima, 28 dicembre 2019, n. 478).
Vi sarebbero, quindi, percorsi ermeneutici che consentono
un'interpretazione adeguatrice della disposizione censurata, idonea a
sottrarla al contrasto con il parametro costituzionale evocato.
Dall'omessa sperimentazione di un tentativo di lettura secundum
Constitutionem conseguirebbe l'inammissibilita' della questione.
3.2.- Nel merito, la questione sarebbe comunque non fondata.
Non sarebbero violati i principi di ragionevolezza,
proporzionalita' ed imparzialita' di cui all'art. 3 Cost., poiche' la
disciplina in esame non sarebbe volta a sanzionare la falsita' delle
dichiarazioni, quanto piuttosto a garantire la certezza dei rapporti
giuridici, facendo applicazione del principio di autoresponsabilita'
del dichiarante, con evidenti vantaggi per l'amministrazione e per il
cittadino.
D'altra parte, la concessione del beneficio anche in presenza di
false attestazioni porterebbe ad effetti irragionevoli e contrastanti
con l'art. 3 Cost., finendo per incentivare comportamenti volti
all'attestazione del falso, a danno di chi, invece, operando con
correttezza e buona fede, si assume la responsabilita' di una
dichiarazione, pur sfavorevole, ma veritiera. La scelta del
legislatore risponde, quindi, ad esigenze di efficacia dell'azione
amministrativa, le quali sarebbero frustrate laddove fosse attribuita
all'amministrazione una valutazione in ordine alla gravita' del fatto
contestato ed all'elemento soggettivo del dichiarante.
Considerato in diritto
1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione
staccata di Lecce, con ordinanza del 30 gennaio 2020, ha sollevato,
in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 75 del decreto del Presidente
della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa (Testo A)».
La disposizione censurata disciplina le conseguenze delle false
dichiarazioni sostitutive di atto notorio o di certificazioni. Nel
testo vigente ratione temporis essa prevede che «[f]ermo restando
quanto previsto dall'articolo 76, qualora dal controllo di cui
all'articolo 71 emerga la non veridicita' del contenuto della
dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente
conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione
non veritiera».
E' denunciata la violazione dell'art. 3 Cost., poiche'
l'automatica decadenza dal beneficio e l'impedimento a conseguire lo
stesso, quali «conseguenze [...] lato sensu sanzionatorie» della
dichiarazione mendace, colpirebbero in maniera indiscriminata
condotte di rilievo differente e si porrebbero in contrasto con i
principi di ragionevolezza e proporzionalita', essendo preclusa
qualsiasi valutazione circa la gravita' del fatto, il suo disvalore e
l'elemento soggettivo del dolo o della colpa del dichiarante.
2.- La questione e' inammissibile.
2.1.- Nell'ordinanza di rinvio il giudice a quo riferisce che
l'impugnato provvedimento di diniego ha ad oggetto un'istanza di
rinnovo del patentino per la vendita di prodotti da fumo e che tale
diniego e' stato determinato dalla non veridicita' della
dichiarazione sostitutiva di atto notorio che la accompagnava. La
falsita' della dichiarazione sarebbe consistita nell'omessa
indicazione di pendenze nei confronti dell'erario o dell'agente per
la riscossione. Dalle verifiche effettuate dall'amministrazione,
sarebbe emerso, infatti, che nei confronti della societa' ricorrente
erano state emesse alcune cartelle di pagamento, non dichiarate al
momento della presentazione dell'istanza.
2.2.- La disciplina del rilascio e del rinnovo dei patentini per
la vendita di prodotti da fumo e' contenuta nel decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze 21 febbraio 2013, n. 38 (Regolamento
recante disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da
fumo), che agli artt. 7 e 8 stabilisce i requisiti per il rilascio
del titolo.
In particolare, l'art. 7 (Criteri per il rilascio di patentini)
prevede, al comma 3, che, «[a]i fini dell'adozione del provvedimento,
gli Uffici competenti in relazione all'esercizio del richiedente,
valutano: [...] g) l'assenza di eventuali pendenze fiscali e/o di
morosita' verso l'Erario o verso l'Agente della riscossione
definitivamente accertate o risultanti da sentenze non impugnabili».
Il successivo art. 8 (Rilascio dei patentini), al comma 3, prevede
parimenti che «[l]a dichiarazione sostitutiva di atto notorio indica:
[...] f) la sussistenza di eventuali pendenze fiscali e/o di
morosita' verso l'Erario o verso il concessionario della riscossione
definitivamente accertate o risultanti da sentenze non impugnabili».
2.2.1.- Entrambe le disposizioni sono state modificate,
successivamente all'ordinanza di rimessione, dal decreto del Ministro
dell'economia del 12 febbraio 2021, n. 51 (Regolamento recante
modifiche al decreto ministeriale 21 febbraio 2013, n. 38, recante
disciplina della distribuzione e vendita dei prodotti da fumo). Per
effetto di queste modifiche, la competente amministrazione e' tenuta
a valutare «la sussistenza di eventuali violazioni fiscali e
situazioni di morosita' verso l'Erario o verso l'Agente della
riscossione di importo superiore a quello previsto dall'articolo 80,
comma 4, del decreto legislativo n. 50 del 2016, definitivamente
accertate o risultanti da sentenze non piu' impugnabili». E' stato
quindi escluso il rilievo - ai fini del rilascio del patentino - di
obbligazioni tributarie, definitivamente accertate, di importo
inferiore alla soglia indicata.
La novella e' entrata in vigore in epoca successiva all'atto
impugnato nel giudizio a quo, il quale rimane regolato dalla
precedente disciplina, in applicazione del principio tempus regit
actum. Essa appare comunque indicativa dell'evoluzione del quadro
normativo di riferimento, nel senso della graduazione del rilievo
delle pendenze fiscali.
2.3.- Dalla considerazione degli artt. 7 e 8 del d.m. n. 38 del
2013 - nel testo vigente ratione temporis - discende che, nel caso in
esame, la mancanza del requisito della regolarita' fiscale era
suscettibile di precludere il rinnovo del titolo anche se la
dichiarazione fosse stata veritiera e avesse puntualmente riferito la
sussistenza delle pendenze fiscali e, quindi, anche a prescindere
dalla falsita' della dichiarazione resa ai sensi del d.P.R. n. 445
del 2000.
Gli effetti irragionevoli e sproporzionati lamentati dal giudice
a quo, in quanto vi siano, sarebbero da ricondurre alle disposizioni
di rango regolamentare che prevedono i criteri per il rilascio di
patentini. Sono queste ultime, infatti, che, nel testo applicabile
ratione temporis, precludevano il rinnovo del titolo per la mancanza
del requisito della regolarita' fiscale.
D'altra parte, il carattere non veridico della dichiarazione resa
dall'interessato non poteva esimere il rimettente dalla necessita' di
fare applicazione delle disposizioni del d.m. n. 38 del 2013, alla
cui stregua doveva essere formulato il giudizio di verita' o falsita'
della dichiarazione in esame.
L'omessa considerazione di questi argomenti si traduce nel vizio
di motivazione dell'ordinanza, in riferimento al requisito della
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale.
2.4.- Peraltro, nell'escludere il rilievo delle disposizioni del
d.m. n. 38 del 2013, l'iter argomentativo del rimettente denota
un'ulteriore carenza.
Va infatti posto in evidenza che e' lo stesso art. 7, comma 3,
del d.m. n. 38 del 2013 a prevedere che, ai fini del rilascio dei
patentini, «gli Uffici competenti [...] valutano» le specifiche
condizioni di operativita' degli esercizi interessati, tra le quali
e' espressamente prevista anche la loro regolarita' fiscale. Lo
spazio per l'apprezzamento discrezionale da parte
dell'amministrazione in ordine allo specifico rilievo delle pendenze
o morosita' definitivamente accertate si colloca, quindi, nella
precedente fase di verifica dei requisiti, anziche' in quella delle
conseguenze delle false dichiarazioni, come prospettato dal
rimettente.
La natura discrezionale dell'apprezzamento compiuto
dall'amministrazione in ordine a tali condizioni e' avvalorata anche
dal raffronto con il tenore del successivo comma 4 dello stesso art.
7, che stabilisce le condizioni assolutamente («[i]n ogni caso»)
ostative al rilascio dei patentini (prossimita' a una rivendita in
cui risulti installato un distributore automatico di tabacchi
lavorati).
Il giudice rimettente, ritenendo assorbente il rilievo della
falsita' della dichiarazione, ha escluso l'applicazione di questa
disciplina di rango regolamentare. Viceversa - come gia' rilevato da
questa Corte nella sentenza n. 199 del 2019 - la stessa appare
suscettibile di definire il contenzioso instaurato dal ricorrente.
2.5.- Il difetto di motivazione sulla rilevanza della questione
inficia, dunque, l'ordinanza in esame, determinandone
l'inammissibilita' (ex plurimis, sentenze n. 259, n. 41 e n. 30 del
2020; n. 266, n. 199, n. 179 e n. 73 del 2019; n. 204, n. 194, n.
114, n. 102 e n. 18 del 2018).
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 75 del decreto del Presidente della
Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, recante «Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione
amministrativa (Testo A)», sollevata, in riferimento all'art. 3 della
Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Puglia,
sezione staccata di Lecce, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 23 settembre 2021.
F.to:
Giancarlo CORAGGIO, Presidente
Giuliano AMATO, Redattore
Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria
Depositata in Cancelleria il 7 ottobre 2021.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Roberto MILANA
