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CORTE DI GIUSTIZIA (Quarta Sezione) 16 marzo 2023 SENTENZA C‑565/21

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

16 marzo 2023  

«Rinvio pregiudiziale – Tutela dei consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Articoli 3, 4 e 5 – Contratti conclusi con i consumatori – Mutui ipotecari – Clausole abusive – Clausola relativa alla commissione di apertura del mutuo – Domanda di annullamento di tale clausola e di restituzione dell’importo pagato a tale titolo – Carattere chiaro e comprensibile delle clausole – Esistenza di una normativa nazionale specifica»

Nella causa C‑565/21,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con decisione del 10 settembre 2021, pervenuta in cancelleria il 14 settembre 2021, nel procedimento

CaixaBank SA

contro

X,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da C. Lycourgos, presidente di sezione, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot, S. Rodin (relatore) e O. Spineanu‑Matei, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per la Caixabank SA, da J. Gutiérrez de Cabiedes Hidalgo de Caviedes, abogado;

– per il governo spagnolo, da A. Gavela Llopis e M.J. Ruiz Sánchez, in qualità di agenti;

– per la Commissione europea, da J. Baquero Cruz e N. Ruiz García, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli da 3 a 5 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Caixabank SA (in prosieguo: l’«istituto bancario») e X (in prosieguo: il «consumatore») in relazione al presunto carattere abusivo di una clausola di un contratto di credito con garanzia ipotecaria relativa a una commissione di apertura del mutuo.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3 L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, dispone quanto segue:

«Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

4 Ai sensi dell’articolo 4, della direttiva in parola:

«1. Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole contrattuali o di un altro contratto da cui esso dipende.

2. La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

5 L’articolo 5 della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono essere sempre redatte in modo chiaro e comprensibile. In caso di dubbio sul senso di una clausola, prevale l’interpretazione più favorevole al consumatore. Questa regola di interpretazione non è applicabile nell’ambito delle procedure previste all’articolo 7, paragrafo 2».

6 La sezione 4, della parte B dell’allegato II della direttiva 2014/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 febbraio 2014, in merito ai contratti di credito ai consumatori relativi a beni immobili residenziali e recante modifica delle direttive 2008/48/CE e 2013/36/UE e del regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 60, pag. 34), al suo punto 3, prima frase, così recita:

«Alla voce “altre componenti del [tasso annuo effettivo globale (TAEG)]” sono elencati tutti gli altri costi contenuti nel TAEG, comprese le spese una tantum come diritti amministrativi e le spese periodiche come i diritti amministrativi annui».

Diritto spagnolo

7 Il paragrafo 4 dell’allegato II dell’Orden del Ministerio de la Presidencia sobre trasparencia de las condiciones financieras de los préstamos hipotecarios (decreto del Ministero della presidenza relativo alla trasparenza delle condizioni finanziarie dei mutui ipotecari), del 5 maggio 1994 (BOE n. 112, dell’11 maggio 1994, pag. 14444), intitolato «Commissioni», è così formulato:

«1. Commissione di apertura – Tutte le spese per lo studio del mutuo, per la concessione o il trattamento del mutuo ipotecario, o altre spese analoghe inerenti all’attività dell’ente mutuante occasionata dalla concessione del mutuo, devono essere obbligatoriamente integrate in una commissione unica, denominata commissione di apertura, ed essa è pagabile una sola volta. Il suo importo, nonché la sua forma e la sua data di regolamento, saranno precisati in tale clausola.

(…)

2. Altre commissioni e ulteriori spese – Oltre alla “commissione di apertura”, possono essere convenute a carico del mutuatario unicamente:

(…)

c) Le commissioni che, debitamente comunicate alla Banca di Spagna conformemente alle disposizioni del decreto del 12 dicembre 1989 e dei suoi regolamenti di applicazione, corrispondono alla prestazione di un servizio specifico da parte dell’istituto, diverso dalla semplice gestione ordinaria del mutuo. (…)».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8 Il 21 settembre 2005 il consumatore ha stipulato con l’istituto bancario un contratto di credito con garanzia ipotecaria, per un importo di EUR 130 000, che prevedeva il pagamento di un importo di EUR 845 a titolo di commissione di apertura per il servizio ricevuto.

9 Il 24 aprile 2018 il consumatore ha proposto ricorso nei confronti dell’istituto bancario, chiedendo la nullità della clausola relativa alla commissione di apertura e la restituzione della somma versata. Tale domanda è stata accolta dal Juzgado de Primera Instancia (Tribunale di primo grado, Spagna), che ha dichiarato tale clausola nulla e non avvenuta e ha ordinato all’istituto bancario di rimborsare al consumatore l’importo pagato.

10 L’istituto bancario ha proposto appello presso l’Audiencia Provincial de Palma de Mallorca (Corte provinciale di Palma di Maiorca, Spagna) che è stato respinto per il motivo che l’istituto bancario non avrebbe dimostrato che l’importo della commissione corrispondesse alla prestazione di un servizio effettivo. Successivamente, l’istituto bancario ha proposto ricorso per cassazione dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), giudice del rinvio.

11 Tale giudice ritiene che la risposta fornita dalla Corte nella sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), alle questioni che le erano state sottoposte relativamente alla commissione di apertura nei mutui e nei crediti ipotecari nonché alla giurisprudenza stabilita dalla Corte in materia sarebbe stata determinata dal fatto che i giudici del rinvio hanno presentato la normativa e la giurisprudenza nazionali in modo distorto. Ciò avrebbe fatto sì che un numero rilevante di giudici spagnoli interpretasse tale sentenza della Corte nel senso che essa dichiara la giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema) relativa alla commissione di apertura contraria al diritto dell’Unione.

12 Ciò premesso, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se sia in contrasto con gli articoli 3, paragrafo 1, 4 e 5 della direttiva [93/13] una giurisprudenza nazionale che, tenuto conto della disciplina specifica della commissione di apertura nel diritto nazionale come remunerazione dei servizi connessi allo studio, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario o di altri servizi analoghi inerenti all’attività del mutuante occasionata dalla concessione del mutuo o del credito, che viene pagata una sola volta e generalmente al momento della conclusione del contratto, considera che la clausola che prevede tale commissione disciplini un elemento essenziale del contratto, in quanto detta commissione costituisce una componente principale del prezzo, e non possa essere ritenuta abusiva qualora sia redatta in modo chiaro e comprensibile nel senso ampio stabilito dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea.

2) Se sia in contrasto con l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva [93/13] una giurisprudenza nazionale che, per valutare il carattere chiaro e comprensibile di una clausola che disciplina un elemento essenziale del contratto di mutuo o di credito ipotecario, prende in considerazione elementi quali la conoscenza generalizzata di tale clausola tra i consumatori, le informazioni obbligatorie che l’istituto finanziario deve fornire al potenziale mutuatario conformemente alla disciplina sui prospetti informativi standardizzati, la pubblicità degli istituti bancari, la particolare attenzione prestata al riguardo dal consumatore medio in quanto si tratta di una componente del prezzo che deve essere pagata interamente al momento della concessione del mutuo e costituisce una parte sostanziale del sacrificio economico che comporta per il consumatore l’ottenimento del mutuo, e il fatto che la redazione, la collocazione e la struttura della clausola permettano di concludere che essa costituisce un elemento essenziale del contratto.

3) Se sia in contrasto con l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva [93/13] una giurisprudenza nazionale secondo la quale una clausola contrattuale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, relativa alla commissione di apertura di un contratto di mutuo o di credito, avente ad oggetto la remunerazione dei servizi connessi allo studio, alla configurazione e al trattamento personalizzato di una richiesta di mutuo o di credito (verifica della fattibilità del mutuo, della solvibilità del debitore, dello stato dei gravami sul bene sul quale ricadrà l’ipoteca, ecc.), come presupposti per la sua concessione, e che è espressamente prevista dalla normativa nazionale come remunerazione delle attività inerenti alla concessione del mutuo o del credito, non provoca, in violazione dei requisiti di buona fede e a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

13 In via preliminare, occorre rilevare che, nei limiti in cui dalla domanda di pronuncia pregiudiziale risulta che il giudice del rinvio, con la sua prima questione, intende sapere se la clausola di cui trattasi nel procedimento principale possa essere considerata sottratta al meccanismo di controllo delle clausole abusive quale previsto all’articolo 3, paragrafo 1 e all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, per il motivo che una commissione di apertura è una delle componenti principali del prezzo e, pertanto, un elemento essenziale del contratto, la prima questione verte, nonostante la menzione degli articoli da 3 a 5, di tale direttiva, unicamente sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva.

14 Occorre considerare che, con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che osta a una giurisprudenza nazionale la quale, alla luce di una normativa nazionale che prevede che la commissione di apertura remuneri i servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario o altri servizi analoghi, considera che la clausola che stabilisce una siffatta commissione rientra nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi di tale disposizione, per il motivo che essa rappresenta una delle componenti principali del prezzo.

15 Ai sensi di detta disposizione, la valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile.

16 Di conseguenza, nell’ambito del procedimento principale, il controllo del carattere abusivo della clausola relativa alla commissione di apertura potrebbe essere limitato conformemente a detto articolo 4, paragrafo 2, soltanto qualora tale clausola rientri in una delle due categorie menzionate al punto precedente. Nel caso di specie, il giudice del rinvio interroga la Corte sulla portata della prima di tali categorie, ossia quella relativa all’«oggetto principale del contratto».

17 A tale riguardo, la Corte ha dichiarato che le clausole contrattuali rientranti nella nozione di «oggetto principale del contratto», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, devono intendersi come quelle che fissano le prestazioni essenziali dello stesso contratto e che, come tali, lo caratterizzano. Per contro, le clausole che rivestono un carattere accessorio rispetto a quelle che definiscono l’essenza stessa del rapporto contrattuale non possono rientrare nella suddetta nozione (sentenze del 20 settembre 2017, Andriciuc e a., C‑186/16, EU:C:2017:703, punti 35 e 36, nonché del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 32).

18 Nell’ambito di un contratto di credito, il mutuante si impegna, principalmente, a mettere a disposizione del mutuatario una determinata somma di denaro, mentre quest’ultimo si impegna, da parte sua, principalmente a rimborsare, generalmente con gli interessi, detta somma secondo le scadenze previste (sentenza del 10 giugno 2021, BNP Paribas Personal Finance, da C‑776/19 a C‑782/19, EU:C:2021:470, punto 57 e giurisprudenza ivi citata).

19 Nella sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 64), la Corte ha dichiarato che una commissione di apertura non può essere considerata una prestazione essenziale di un mutuo ipotecario per il solo fatto che essa sia compresa nel costo totale di quest’ultimo.

20 Nel caso di specie, il giudice del rinvio menziona, nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la sentenza 44/2019 del 23 gennaio 2019, nella quale è stato dichiarato che la commissione di apertura costituisce, unitamente agli interessi corrispettivi, il prezzo del contratto di mutuo o di credito ipotecario e, pertanto, rientrerebbe nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. Tale constatazione sarebbe stata formulata tenendo conto, in particolare, della normativa nazionale pertinente, la quale definisce tale commissione di apertura come remunerazione dei servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito o di altri servizi analoghi, ma sempre inerenti all’attività del mutuante.

21 A tal proposito, occorre ricordare che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 sancisce un’eccezione al meccanismo di controllo nel merito delle clausole abusive quale previsto nell’ambito del sistema di tutela dei consumatori attuato da tale direttiva e che, pertanto, occorre fornire un’interpretazione restrittiva della disposizione in parola [sentenza del 12 gennaio 2023, D.V. (Compenso dell’avvocato – Principio della tariffa oraria), C‑395/21, EU:C:2023:14, punto 30 e giurisprudenza ivi citata].

22 Dalle spiegazioni fornite dal giudice del rinvio nonché dai termini della prima questione risulta che la commissione di apertura copre la remunerazione dei servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito o di altri servizi analoghi inerenti all’attività del mutuante occasionata dalla concessione del mutuo o del credito.

23 Orbene, in considerazione dell’obbligo di interpretare restrittivamente l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, l’obbligo di remunerare siffatti servizi non può essere considerato come rientrante negli impegni principali risultanti da un contratto di credito quali identificati dalla giurisprudenza ricordata al punto 18 della presente sentenza, vale a dire, da un lato, la messa a disposizione di una somma di denaro da parte del mutuante e, dall’altro, il rimborso di tale somma, generalmente con gli interessi, secondo le scadenze previste. Infatti, sarebbe contrario a tale obbligo di interpretazione restrittiva includere nella nozione di «oggetto principale del contratto» tutte le prestazioni che sono semplicemente connesse all’oggetto principale stesso e che rivestono pertanto carattere accessorio, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 17 della presente sentenza.

24 Alla luce dei suesposti motivi, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che osta a una giurisprudenza nazionale la quale, alla luce di una normativa nazionale che prevede che la commissione di apertura remuneri i servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario o altri servizi analoghi, considera che la clausola che stabilisce una siffatta commissione rientra nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi di tale disposizione, per il motivo che essa rappresenta una delle componenti principali del prezzo.

Sulla seconda questione

25 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che esso osta a una giurisprudenza nazionale che, ai fini della valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una clausola che disciplina un elemento essenziale del contratto di mutuo o di credito ipotecario, prende in considerazione elementi quali la conoscenza diffusa di una clausola del genere tra i consumatori, le informazioni che l’istituto finanziario è tenuto a fornire al potenziale mutuatario conformemente alla normativa relativa ai prospetti informativi standardizzati, la pubblicità degli istituti bancari e la particolare attenzione che il consumatore medio presta a tale clausola nonché il fatto che la formulazione, la collocazione e la struttura di detta clausola consentono di constatare che la stessa costituisce un elemento essenziale del contratto.

26 In via preliminare, occorre rilevare che tale seconda questione riguarda la valutazione del carattere chiaro e comprensibile, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, di una clausola che stabilisce una commissione di apertura quale quella di cui trattasi nel procedimento principale. Orbene, dalla risposta fornita alla prima questione risulta che una clausola del genere non rientra nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi di tale disposizione.

27 Alla luce di tale risposta, occorre intendere l’ultimo elemento menzionato dal giudice del rinvio nella seconda questione come riguardante il fatto che la formulazione, la collocazione e la struttura della clausola che stabilisce la commissione di apertura consentono di constatare che quest’ultima costituisce un elemento «importante» del contratto di mutuo o di credito ipotecario, in quanto la qualificazione come elemento «essenziale» è riservata agli elementi rientranti nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, come risulta dalla giurisprudenza richiamata al punto 17 della presente sentenza.

28 Ciò precisato, lo stesso requisito di trasparenza previsto all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 è contenuto anche nell’articolo 5 di tale direttiva, ai sensi del quale le clausole contrattuali scritte devono essere «sempre» redatte in modo chiaro e comprensibile. Come la Corte ha già dichiarato, il requisito di trasparenza che figura nella prima disposizione ha la stessa portata di quello previsto dalla seconda (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 36 nonché giurisprudenza ivi citata).

29 Pertanto, al fine di dare una risposta utile al giudice del rinvio, occorre considerare che, con la sua seconda questione, quest’ultimo chiede, in sostanza, se l’articolo 5 della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che, ai fini della valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una clausola di un contratto di mutuo o di credito ipotecario che prevede la riscossione di una commissione di apertura, siano pertinenti elementi quali la conoscenza diffusa di una clausola siffatta tra i consumatori, le informazioni che l’istituto finanziario è tenuto per legge a fornire al potenziale mutuatario, la pubblicità degli istituti bancari, la particolare attenzione che il consumatore medio può prestare a tale clausola, nella misura in cui essa prevede il pagamento integrale di una somma considerevole sin dal momento della concessione di tale mutuo o di detto credito, nonché il fatto che la formulazione, la collocazione e la struttura della clausola consentirebbero di constatare che si tratta di un elemento importante del contratto.

30 La Corte ha sottolineato che il requisito di trasparenza di cui all’articolo 5 della direttiva 93/13 non può essere limitato unicamente al carattere comprensibile sui piani formale e grammaticale di tali clausole, ma che, al contrario, poiché il sistema di tutela istituito da tale direttiva poggia sull’idea che il consumatore versi in una situazione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda, in particolare, il livello di informazione, detto obbligo di redazione chiara e comprensibile delle clausole contrattuali e, pertanto, di trasparenza, sancito da detta direttiva, deve essere inteso in maniera estensiva (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata).

31 Pertanto, detto obbligo deve essere inteso nel senso non soltanto che la clausola in questione deve essere intelligibile per il consumatore su un piano grammaticale, ma anche che il contratto deve esporre in maniera trasparente il funzionamento concreto del meccanismo al quale si riferisce la clausola di cui trattasi nonché, se del caso, il rapporto tra tale meccanismo e quello prescritto da altre clausole, di modo che il consumatore sia posto in grado di valutare, sulla base di criteri precisi e intelligibili, le conseguenze economiche che gliene derivano (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 67 nonché giurisprudenza ivi citata).

32 Certo, da tale giurisprudenza non discende che il mutuante sia tenuto a specificare nel contratto in questione la natura di tutti i servizi forniti in cambio delle spese previste da una o più clausole contrattuali. Tuttavia, alla luce della tutela che la direttiva 93/13 è intesa ad accordare al consumatore in ragione del fatto che quest’ultimo si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto riguarda sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, occorre che la natura dei servizi effettivamente forniti possa essere ragionevolmente compresa o dedotta a partire dal contratto considerato nel suo complesso. Inoltre, il consumatore deve essere in grado di verificare che non vi sia sovrapposizione tra le diverse spese o tra i servizi remunerati da queste ultime (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 43).

33 Come risulta da una giurisprudenza costante, la chiarezza e la comprensibilità della clausola di cui al procedimento principale devono essere esaminate dal giudice del rinvio alla luce dell’insieme degli elementi di fatto rilevanti, tra cui la pubblicità e l’informazione fornite dal mutuante nell’ambito della negoziazione di un contratto di mutuo, e tenendo conto del livello di attenzione che ci si può aspettare da un consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 68 nonché giurisprudenza ivi citata).

34 Al punto 69 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), la Corte ha dichiarato che il requisito di trasparenza, risultante sia dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 sia dall’articolo 5 di quest’ultima, osta a una giurisprudenza nazionale secondo la quale una clausola contrattuale è considerata di per sé trasparente, senza che sia necessario che il giudice competente proceda ad un esame come quello descritto ai punti da 31 a 33 della presente sentenza.

35 A tale riguardo, al punto 70 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), la Corte ha precisato che spetta al giudice nazionale verificare se l’istituto finanziario abbia comunicato al consumatore gli elementi sufficienti affinché quest’ultimo venga a conoscenza del contenuto e del funzionamento della clausola che gli impone il pagamento di una commissione di apertura, nonché del suo ruolo nel contratto di mutuo. In tal modo, il consumatore avrà accesso ai motivi che giustificano la remunerazione corrispondente a tale commissione (v., per analogia, sentenza del 26 febbraio 2015, Matei, C‑143/13, EU:C:2015:127, punto 77), potendo così valutare la portata del suo impegno e, in particolare, il costo totale di detto contratto.

36 Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha sottolineato che, contrariamente alle informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio nell’ambito delle cause Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19), non risulta in alcun modo dalla sua giurisprudenza che si debba ritenere che una clausola contrattuale che stabilisce una commissione di apertura, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, soddisfi «automaticamente», in particolare alla luce degli obblighi imposti dalla normativa nazionale pertinente, il requisito di trasparenza risultante sia dall’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 sia dall’articolo 5 della stessa. È in tale contesto che il Tribunal Supremo (Corte suprema) interroga la Corte sulla possibilità di prendere in considerazione gli elementi menzionati nella seconda questione, ai fini della valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una siffatta clausola.

37 A tale riguardo, occorre ricordare che, nell’ambito del procedimento di cui all’articolo 267 TFUE, basato sulla netta separazione delle funzioni tra i giudici nazionali e la Corte, ogni valutazione dei fatti e del diritto nazionale rientra nella competenza esclusiva del giudice nazionale (v., in particolare, sentenza del 19 settembre 2019, Lovasné Tóth, C‑34/18, EU:C:2019:764, punto 42). Inoltre, la Corte ha ripetutamente dichiarato che non le compete, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, pronunciarsi sull’interpretazione delle disposizioni nazionali e giudicare se l’interpretazione che ne dà il giudice nazionale sia corretta, poiché un’interpretazione del genere rientra nella competenza esclusiva dei giudici nazionali (v., in particolare, sentenza del 25 novembre 2020, Sociálna poisťovňa, C‑799/19, EU:C:2020:960, punto 45).

38 Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione fondandosi sulle informazioni fornite dal giudice del rinvio, da cui risulta che, in forza della giurisprudenza nazionale pertinente, non si ritiene che una clausola contrattuale che stabilisce una commissione di apertura, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, soddisfi automaticamente il requisito di trasparenza di cui all’articolo 5 della direttiva 93/13.

39 Per quanto riguarda la valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una siffatta clausola, dalla giurisprudenza richiamata ai punti da 31 a 33 della presente sentenza risulta che il giudice competente è tenuto a verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti, che il mutuatario sia stato effettivamente posto in grado di valutare le conseguenze economiche che gliene derivano, di comprendere la natura dei servizi forniti in cambio delle spese previste da detta clausola e di verificare che non vi sia sovrapposizione tra le diverse spese previste dal contratto o tra i servizi remunerati da queste ultime.

40 Nell’ambito di tale valutazione devono, in particolare, essere prese in considerazione la formulazione della clausola esaminata, le informazioni che l’istituto finanziario ha fornito al mutuatario, comprese quelle che è tenuto a fornire conformemente alla normativa nazionale pertinente, nonché la pubblicità effettuata da tale istituto in relazione al tipo di contratto sottoscritto, e ciò tenendo conto del livello di attenzione che ci si può aspettare da un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 33 della presente sentenza.

41 A tale riguardo, per quanto riguarda gli elementi indicati alla seconda questione, occorre constatare, in primo luogo, che la conoscenza diffusa tra i consumatori di una clausola che prevede una commissione di apertura è indipendente dal modo in cui una siffatta clausola è redatta nell’ambito di un contratto specifico, come quello di cui trattasi nel procedimento principale. Pertanto, la notorietà di una siffatta clausola non è un elemento che può essere preso in considerazione nell’ambito della valutazione del suo carattere chiaro e comprensibile.

42 In secondo luogo, le informazioni che l’istituto finanziario è tenuto a fornire al potenziale mutuatario conformemente alla normativa nazionale sono elementi pertinenti, al fine di valutare il carattere chiaro e comprensibile, come, in generale, le informazioni che tale istituto ha fornito a detto mutuatario nell’ambito della negoziazione di un contratto sulle condizioni contrattuali e le conseguenze della conclusione di tale contratto. Infatti, siffatte informazioni rivestono un’importanza fondamentale per un consumatore, poiché è segnatamente in base a queste ultime che esso decide se desidera vincolarsi contrattualmente a un professionista aderendo alle condizioni preventivamente redatte dallo stesso (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 70).

43 In terzo luogo, la pubblicità di un istituto finanziario in relazione al tipo di contratto sottoscritto deve parimenti essere presa in considerazione in quanto informazione fornita dal mutuante nell’ambito della negoziazione del contratto (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2014, Kásler e Káslerné Rábai, C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 74, nonché del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 44).

44 In quarto luogo, la particolare attenzione che il consumatore medio presta a una clausola relativa a una commissione di apertura, nella misura in cui tale clausola prevede il pagamento integrale di una somma considerevole sin dal momento della concessione del mutuo o del credito, può essere presa in considerazione al fine di valutare il carattere chiaro e comprensibile di una siffatta clausola. Conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 33 della presente sentenza, infatti, occorre tener conto, nell’ambito di tale valutazione, del livello di attenzione che ci si può aspettare da un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto.

45 Infine, per quanto riguarda, in quinto luogo, la caratteristica secondo cui la formulazione, la collocazione e la struttura di una clausola consentirebbero di constatare che si tratta di un elemento essenziale del contratto, occorre constatare che, tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, da cui risulta che, in linea di principio, una clausola come quella di cui trattasi nel procedimento principale non è un elemento essenziale di un contratto di mutuo ipotecario, tale caratteristica corrisponde ad un’ipotesi inesatta, cosicché non può trattarsi di un elemento pertinente nell’ambito del procedimento principale.

46 Per contro, la collocazione e la struttura della clausola in questione consentono di accertare se essa costituisca un elemento importante del contratto. Infatti, siffatti elementi potranno consentire al mutuatario di valutare le conseguenze economiche che gli derivano da tale clausola.

47 Alla luce dei suesposti motivi, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 5 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che, ai fini della valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una clausola contrattuale che prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una commissione di apertura, il giudice competente è tenuto a verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti, che il mutuatario sia stato effettivamente posto in grado di valutare le conseguenze economiche che gliene derivano, di comprendere la natura dei servizi forniti in cambio delle spese previste da detta clausola e di verificare che non vi sia sovrapposizione tra le varie spese previste dal contratto o tra i servizi remunerati da queste ultime.

Sulla terza questione

48 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che osta a una giurisprudenza nazionale che considera che una clausola contrattuale la quale preveda, conformemente alla normativa nazionale pertinente, il pagamento da parte del mutuatario di una commissione di apertura, destinata a remunerare i servizi connessi all’esame, alla configurazione e al trattamento personalizzato di una richiesta di mutuo o di mutuo ipotecario, non determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

49 Secondo una costante giurisprudenza, la competenza della Corte verte sull’interpretazione della nozione di «clausola abusiva», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, nonché sui criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale alla luce delle disposizioni della medesima direttiva, fermo restando che spetta al suddetto giudice pronunciarsi, in base ai criteri succitati, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in funzione delle circostanze proprie del caso di specie. Ne risulta che la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio indicazioni che quest’ultimo dovrà prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 73).

50 Quanto alla questione se sia rispettato il requisito della buona fede, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13, occorre constatare che, alla luce del sedicesimo considerando della stessa, a tale fine il giudice nazionale deve verificare se il professionista, trattando in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse a una simile clausola nell’ambito di un negoziato individuale (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 74).

51 Per quanto riguarda l’esame della sussistenza di un eventuale significativo squilibrio, esso non può limitarsi ad una valutazione economica di natura quantitativa che si basi su un confronto tra il valore complessivo dell’operazione oggetto del contratto, da un lato, e i costi posti a carico del consumatore da tale clausola, dall’altro. Infatti, un significativo squilibrio può risultare dal mero fatto di un pregiudizio sufficientemente grave alla situazione giuridica in cui il consumatore, quale parte del contratto di cui trattasi, viene collocato in forza delle disposizioni nazionali applicabili, sia esso in forma di restrizione al contenuto dei diritti che, ai sensi di tali disposizioni, egli trae da tale contratto o di ostacolo all’esercizio dei medesimi o ancora dell’imposizione di un obbligo ulteriore, non previsto dalla disciplina nazionale (sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank, C‑621/17, EU:C:2019:820, punto 51).

52 Inoltre, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o dei servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano la sua conclusione e a tutte le altre clausole contrattuali o di un altro contratto da cui esso dipende (sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria, C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578, punto 76).

53 Il giudice del rinvio e l’istituto bancario ritengono che i punti 78 e 79 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), siano stati influenzati da una presentazione erronea, nella domanda di pronuncia pregiudiziale relativa alla causa C‑224/19, tanto della normativa spagnola quanto della giurisprudenza del Tribunal Supremo (Corte suprema), in quanto il giudice del rinvio in tale causa non avrebbe descritto la norma che disciplina specificamente la commissione di apertura e che stabilisce per quest’ultima un regime distinto da quello delle altre commissioni bancarie.

54 Inoltre, nella decisione di rinvio, il giudice del rinvio rileva che potrebbe sussistere una tensione tra, in sostanza, i punti 78 e 79 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), e il punto 55 della sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank (C‑621/17, EU:C:2019:820).

55 A tale riguardo, occorre ricordare che la Corte ha rilevato, al punto 78 della sentenza del 16 luglio 2020, Caixabank e Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑224/19 e C‑259/19, EU:C:2020:578), che, secondo le indicazioni fornite da uno dei giudici del rinvio in tali cause, la legge 2/2009 richiedeva che le commissioni o le spese trasferite sul cliente corrispondessero a servizi effettivamente forniti o a costi sostenuti.

56 Sulla base di tali indicazioni, e in applicazione dei principi ricordati al punto 51 della presente sentenza, la Corte ha dichiarato, in sostanza, che una clausola che abbia l’effetto di esonerare il professionista dall’obbligo di dimostrare che le condizioni stabilite da tale normativa nazionale sono soddisfatte in relazione a una commissione di apertura poteva, fatta salva una verifica da parte del giudice del rinvio alla luce di tutte le clausole del contratto, incidere in modo sfavorevole sulla posizione giuridica del consumatore come prevista dal diritto nazionale e, di conseguenza, determinare, a danno di quest’ultimo, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto.

57 Ciò precisato, la valutazione dell’eventuale esistenza di un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti, per quanto riguarda la riscossione di una commissione di apertura destinata a coprire il costo delle attività connesse all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario, conformemente alla normativa nazionale pertinente, deve essere effettuata dal giudice competente alla luce di tutti i criteri stabiliti dalla giurisprudenza costante richiamata ai punti da 49 a 52 della presente sentenza.

58 A tale riguardo, in relazione a clausole di contratti di mutuo relative a commissioni parimenti previste dal diritto nazionale, la Corte ha applicato detti criteri al punto 55 della sentenza del 3 ottobre 2019, Kiss e CIB Bank (C‑621/17, EU:C:2019:820), dichiarando che, a meno che i servizi forniti in cambio non rientrino ragionevolmente tra le prestazioni svolte nell’ambito della gestione o dell’esborso del prestito, o che gli importi posti a carico del consumatore a titolo di tali spese e di detta commissione siano sproporzionati rispetto all’importo del prestito, non appare, salvo verifica da parte del giudice competente, che tali clausole incidano in modo sfavorevole sulla posizione giuridica del consumatore, come prevista da tale diritto nazionale.

59 Per gli stessi motivi, una clausola contrattuale disciplinata dal diritto nazionale e che stabilisce una commissione di apertura, avente ad oggetto la remunerazione di servizi connessi all’esame, alla configurazione e al trattamento personalizzato di una richiesta di mutuo o di credito ipotecario necessari per ottenere un siffatto mutuo o credito, non appare, fatta salva una verifica da parte del giudice competente, idonea ad incidere in modo sfavorevole sulla posizione giuridica del consumatore come prevista dal diritto nazionale, a meno che i servizi forniti in cambio non rientrino ragionevolmente nelle prestazioni sopra descritte o l’importo addebitato al consumatore a titolo di detta commissione sia sproporzionato rispetto all’importo del mutuo.

60 Occorre inoltre precisare che una giurisprudenza nazionale dalla quale risulti che una clausola che stabilisce una commissione di apertura non possa, in ogni caso, essere considerata abusiva per il semplice fatto che essa abbia ad oggetto servizi inerenti all’attività dell’istituto mutuante occasionata dalla concessione del mutuo che siano previsti dalla normativa nazionale sarebbe contraria all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Infatti, una siffatta giurisprudenza limiterebbe i poteri dei giudici nazionali di procedere, anche d’ufficio, all’esame del carattere potenzialmente abusivo delle clausole considerate conformemente a tale disposizione e, di conseguenza, non garantirebbe la piena efficacia delle norme previste da tale direttiva.

61 Alla luce dei suesposti motivi, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che non osta a una giurisprudenza nazionale che considera che una clausola contrattuale la quale preveda, conformemente alla normativa nazionale pertinente, il pagamento da parte del mutuatario di una commissione di apertura destinata a remunerare i servizi connessi all’esame, alla configurazione e al trattamento personalizzato di una richiesta di mutuo o di credito ipotecario può, se del caso, non determinare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, a condizione che l’eventuale esistenza di un siffatto squilibrio sia soggetta a un controllo effettivo da parte del giudice competente, conformemente ai criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte.

Sulle spese

62 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori,

deve essere interpretato nel senso che:

osta a una giurisprudenza nazionale la quale, alla luce di una normativa nazionale che prevede che la commissione di apertura remuneri i servizi connessi all’esame, alla concessione o al trattamento del mutuo o del credito ipotecario o altri servizi analoghi, considera che la clausola che stabilisce una siffatta commissione rientra nell’«oggetto principale del contratto», ai sensi di tale disposizione, per il motivo che essa rappresenta una delle componenti principali del prezzo.

2) L’articolo 5 della direttiva 93/13

deve essere interpretato nel senso che:

ai fini della valutazione del carattere chiaro e comprensibile di una clausola contrattuale che prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una commissione di apertura, il giudice competente è tenuto a verificare, alla luce di tutti gli elementi di fatto pertinenti, che il mutuatario sia stato effettivamente posto in grado di valutare le conseguenze economiche che gliene derivano, di comprendere la natura dei servizi forniti in cambio delle spese previste da detta clausola e di verificare che non vi sia sovrapposizione tra le varie spese previste dal contratto o tra i servizi remunerati da queste ultime.

3) L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13

deve essere interpretato nel senso che:

non osta a una giurisprudenza nazionale che considera che una clausola contrattuale la quale preveda, conformemente alla normativa nazionale pertinente, il pagamento da parte del mutuatario di una commissione di apertura destinata a remunerare i servizi connessi all’esame, alla configurazione e al trattamento personalizzato di una richiesta di mutuo o di credito ipotecario può, se del caso, non determinare, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto, a condizione che l’eventuale esistenza di un siffatto squilibrio sia soggetta a un controllo effettivo da parte del giudice competente, conformemente ai criteri derivanti dalla giurisprudenza della Corte.

Firme