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TAR

di Carlo Rapicavoli –

Il TAR Friuli Venezia Giulia, con ordinanza n. 495 del 15 ottobre ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 16, 33 e 35 della L. Reg. n. 2 del 2014 ed in genere delle norme che prevedono l’elezione indiretta degli organi della Provincia; in particolare, secondo il TAR, non pare compatibile con il dettato costituzionale una legge regionale che demanda l’elezione della Provincia, elemento costitutivo dello Stato, ad una elezione di secondo grado, prescindendo dall’espressione della volontà popolare e sostituendola con quella di pochi “grandi elettori” espressione, per giunta, di interessi diversi e non omogenei ad essa, come sono quelli dei Sindaci e consiglieri dei Comuni. Si ha perciò un organismo che non sembra di carattere originario e che non è autonomo, venendo costituito con la volontà altrui, di enti da esso diversi e portatori di interessi distinti.

Inoltre, “non è dato pertanto comprendere, se l’obiettivo è l’abolizione delle Province, perché per ora si continui a farle sopravvivere, ma, contemporaneamente, e a Costituzione invariata, le si faccia eleggere gli organi per via indiretta, in spregio ai principi di autonomia (art. 5 Cost.) sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (artt. 114, 118 e 119 Cost.)”.

Di seguito il testo dell’ordinanza.

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N. 00495/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00328/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 328 del 2014, proposto da:

Alessandro Ciriani, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Sbisa’, con domicilio eletto presso Giuseppe Sbisa’ Avv. in Trieste, via Donota 3;

contro
Regione Friuli-Venezia Giulia, rappresentato e difeso per legge dagli avv. Beatrice Croppo, Ettore Volpe, domiciliata in Trieste, piazza Unita’ D’Italia 1; Ministero dell’Interno;
nei confronti di
Provincia di Pordenone, Emanuele Zanon, Loris Zancai;
per l’annullamento

-previo incidente di legittimità costituzionale del decreto n. 12/G/2014 dell’Assessore Regionale alla Funzione Pubblica Autonomie Locali avente ad oggetto la fissazione della data e convocazione dei comizi elettorali per l’elezione del Consiglio Provinciale della Provincia di Pordenone, nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Regione Friuli-Venezia Giulia;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 il dott. Enzo Di Sciascio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Premette la parte istante che il competente Assessore regionale ha convocato per il giorno di domenica 26 ottobre 2014 i comizi elettorali per l’elezione del Consiglio provinciale di Pordenone, in attuazione dell’art. 1 della L.R. 14.2.2014 n. 2, secondo cui “In vista del riordino del sistema delle autonomie locali del Friuli – Venezia Giulia e in attesa del procedimento di modificazione dello Statuto, finalizzato alla soppressione del livello ordinamentale delle province e avviato dal Consiglio regionale a norma dell’art. 63 dello Statuto medesimo, la presente legge, ai sensi dell’art. 4, primo comma, numero 1bis, dello Statuto, disciplina il sistema di elezione degli organi delle province ed il relativo procedimento elettorale”.

Se ne duole, con il ricorso in esame, il ricorrente, attuale Presidente della Provincia, in quanto decadrebbe dalla carica in seguito all’elezione del nuovo Consiglio, non sarebbe, nell’imminente tornata elettorale, più eleggibile e nemmeno elettore, non ricoprendo egli la carica di consigliere comunale, né di Sindaco di uno dei Comuni ricompresi nel territorio provinciale e chiede pertanto che l’atto impugnato sia interinalmente sospeso.

Ora, infatti, ai sensi dell’art. 33 della citata L.R. n. 2 del 2014, “gli organi provinciali …restano in carica fino all’elezione dei nuovi organi effettuata per la prima volta in attuazione della presente legge”.

Come si è detto, l’Assessore regionale alle Autonomie locali, con l’impugnato proprio decreto prot. n. 12/G/2014, comunicatogli il 15.9.2014 e pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione ha fissato per il 26 ottobre 2014 la data delle elezioni della Provincia di Pordenone.

Rammenta il ricorrente che la Regione Friuli Venezia Giulia gode di potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali e relative circoscrizioni in base allo Statuto di autonomia, approvato con L. Cost. 31 gennaio 1963 n.1.

Ora tale potestà si esercita ai sensi dell’art. 4, comma 1 bis, del medesimo Statuto, norma introdotta con l’art. 5 della L. Cost 23.9.1993 n. 2 ed avvalendosene, la Regione ha disposto, con il citato art. 1 della L.R. n. 2 febbraio 2014 n. 2, pubblicata sul BUR il 19.2.2014, un nuovo sistema di elezione degli organi della Provincia, che si sostanzia nell’introduzione di un meccanismo elettivo di secondo grado.

Tale legge, per quanto qui interessa, modifica gli organi della Provincia, che sono ora l’Assemblea dei Sindaci, il Consiglio provinciale, il Presidente della Provincia e la Giunta provinciale (art. 2) dispone che l’Assemblea dei Sindaci è costituita dai Sindaci dei Comuni appartenenti alla Provincia e ne disciplina i poteri e la convocazione (art. 3) e, per quanto qui primariamente interessa, all’art. 5 disciplina le modalità di elezione degli organi.

In particolare stabilisce in detta ultima norma che “Il Consiglio provinciale è eletto dai Sindaci e dai consiglieri comunali dei Comuni della Provincia” i quali si esprimono con voto libero e segreto su liste concorrenti in un unico collegio, e detto Consiglio, così eletto elegge a sua volta il Presidente della Provincia e la Giunta provinciale.

All’art. 12 si specifica che “Sono elettori del consiglio provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica nei comuni della provincia alla data delle elezioni. Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica alla data delle elezioni”.

Per l’elezione del Consiglio provinciale pertanto provvede soltanto l’Assemblea dei Sindaci e dei consiglieri comunali della Provincia, secondo liste c.d. bloccate (art. 16) e con il meccanismo del voto ponderato (art. 22).

Sottolinea il ricorrente, per illustrare la rilevanza dell’eccezione di costituzionalità che intende proporre con il presente gravame che, con tale meccanismo egli non potrà, come si è detto sopra, essere né eletto né elettore nella Provincia di cui ora è Presidente, in seguito ad elezione a suffragio universale e in via di prorogatio.

Ha chiesto pertanto a questo TAR l’annullamento, previa sospensione interinale in sede cautelare, della fissazione della data e della convocazione dei comizi per le elezioni provinciali indetta per il 26 ottobre p.v.

Il fatto che il pregiudizio del ricorrente, che le impugna, derivi direttamente da norme di una legge regionale, espressione della potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento di enti locali e dall’atto di indizione, in termini brevi, delle elezioni provinciali di Pordenone, induce questo giudice, concordando sulla rilevanza della questione, non essendovi altro mezzo, ad adire il giudice delle leggi, ponendo le questioni di legittimità costituzionale delle norme, di seguito specificate, della legge regionale sopravvenuta.

Al riguardo, anche per rispondere, in punto rilevanza, all’eccezione della difesa regionale, essendo il presente giudizio incardinato con istanza cautelare, esso non manca di incidentalità, non essendo esso affatto risolto con una pronuncia del giudice delle leggi che fa venir meno la materia del contendere dinanzi al TAR.

Questo Collegio, infatti, onde conciliare le esigenze del controllo accertato di costituzionalità con il danno proveniente dall’imminenza delle elezioni provinciali impugnate, si propone di adottare contestualmente, con separata ordinanza, una misura cautelare interinale che non incida in senso decisorio sulla materia del contendere, facendola venir meno, ma consenta a questo giudice la decisione definitiva solo dopo aver conosciuto la sentenza della Corte.

Per le ragioni appena indicate la questione è rilevante, perché a tali elezioni, come si è detto, il ricorrente, pur essendo l’attuale Presidente di detta Provincia, non potrà partecipare.

Il Collegio ritiene altresì, per i motivi che saranno di seguito indicati, detta questione non manifestamente infondata, nei limiti di cui in motivazione.

Va rammentato, innanzitutto, che le norme censurate col primo motivo così rispettivamente dispongono:
“art. 1 In vista del riordino del sistema delle autonomie locali del Friuli – Venezia Giulia e in attesa della conclusione del procedimento di modi0ficazione dello Statuto, finalizzato alla soppressione del livello ordinamentale delle Province e avviato su iniziativa del Consiglio regionale a norma dell’art. 63, 2° comma, dello Statuto medesimo, la presente legge, ai sensi dell’art. 4, 1° comma, numero 1-bis) dello Statuto, disciplina il sistema di elezione degli organi delle Province e il relativo procedimento elettorale.

art.2 Sono organi della Provincia l’assemblea dei Sindaci, il consiglio provinciale, il presidente della Provincia e la giunta provinciale

art. 3 L’assemblea dei Sindaci è costituita dai sindaci dei comuni appartenenti alla provincia.
Con i voti che rappresentano almeno un terzo dei comuni compresi nella provincia e la maggioranza della popolazione complessivamente residente, l’assemblea dei sindaci esprime il parere obbligatorio sullo schema di bilancio dalla giunta provinciale e adotta o respinge le modifiche dello statuto proposte dal consiglio provinciale-
L’assemblea dei sindaci esercita gli altri poteri propositivi, consultivi e di controllo eventualmente previsti dallo statuto.
L’assemblea dei sindaci è convocata e presieduta dal presidente della provincia.

art. 5 Il consiglio provinciale è eletto dai sindaci e dai consiglieri comunali dei comuni della provincia con voto diretto, libero e segreto, attribuito a liste concorrenti di candidati, in un unico collegio corrispondente al territorio della provincia.
Il presidente della provincia e la giunta provinciale sono eletti dal consiglio provinciale nel suo ambito, nella prima seduta.

art. 12 Sono elettori del consiglio provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica nei comuni della provincia alla data delle elezioni.
Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica dei comuni della provincia alla data delle elezioni.

art. 16 Le liste per l’elezione del consiglio provinciale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore al quindici per cento, con arrotondamento all’unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella lista contenga una cifra decimale superiore ai cinquanta centesimi (omissis) Le liste sono contraddistinte da una denominazione e devono essere sottoscritte da almeno il tre per cento degli aventi diritto al voto, con arrotondamento all’unità superiore qualora tale numero contenga una cifra decimale superiore ai cinquanta centesimi.
Ciascun elettore può sottoscrivere una sola lista di candidati. I sottoscrittori possono essere candidati della lista che sottoscrivono.

Art. 33, 1° comma Gli organi provinciali alla scadenza naturale del rispettivo mandato restano in carica sino all’elezione dei nuovi organi effettuata per la prima volta in attuazione della presente legge. Dopo la pubblicazione del decreto di convocazione dei comizi elettorali i consigli provinciali adottano solamente gli atti urgenti e improrogabili. Dopo l’elezione del consiglio provinciale il presidente della provincia e la giunta provinciale adottano solamente gli atti di ordinaria amministrazione.

art.35 Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:
La legge regionale 9 marzo 1995 n. 14 (Norme per le elezioni comunali nel territorio della Regione Friuli – Venezia Giulia
La legge regionale 21 aprile 1999 n. 10 (Norme in materia di elezioni comunali e provinciali, nonché modifiche alla legge regionale 9 marzo 1995 n. 14
Il comma 7 dell’art. 1 della legge regionale 3 luglio 2000 n. 13 (Norme collegate alla legge finanziaria 2000
La legge regionale n. 15 marzo 2001 n. 9 (Disposizioni in materia di elezioni comunali e provinciali, nonché modifiche e integrazioni alla legge regionale n. 14/1995. Modifica all’art. 29 della legge regionale n. 49/1991 concernente le deliberazioni soggette al controllo di legittimità
Il comma 40 dell’art. 1 della legge regionale 11 dicembre 2003 n. 21 (Norme urgenti in materia di enti locali, nonché uffici di segreteria degli assessori regionali)
I commi 35, 36, 37, 38 e 40 dell’art. 12 della legge regionale 29 dicembre 2010 n. 22 (legge finanziaria 2011)
L’art. 37 della legge regionale 21 dicembre 2012 n. 26 (legge di manutenzione dell’ordinamento regionale 2012)

In dettaglio va ricordato che la tesi sollevata dinanzi a questo TAR come incompatibile con la Costituzione è che non sia ammissibile trasformare gli organi delle Province da direttamente in indirettamente elettivi e che non sia ammissibile, di conseguenza, privarlo della carica di Presidente della Provincia di Pordenone, conseguita mediante elezione a suffragio universale e diretto e privarlo dell’elettorato attivo e passivo nelle elezioni provinciali, non essendo egli né sindaco né consigliere comunale di un Comune di detta Provincia.

Le norme regionali appena indicate appaiono, in maniera non manifestamente infondata e nei limiti di cui in motivazione, lesive dell’art. 59, 1° comma, dello Statuto regionale secondo cui “Le Province e i Comuni della Regione sono Enti autonomi ed hanno funzioni stabilite dalle leggi dello Stato e della Regione” e pertanto si sottopongono al giudizio di questa Corte.

Invero la qualifica di ente autonomo nella Regione Friuli – Venezia Giulia appare desunta dall’art, 2 del D. Lgs. 2 gennaio 1997 n. 9 (Norme di attuazione dello statuto speciale per la Regione Friuli – Venezia Giulia in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni) che recita: “La regione, nel rispetto degli artt. 5 e 128 della Costituzione nonché dell’art. 4 dello Statuto di autonomia, fissa i principi dell’ordinamento locale e ne determina le funzioni, per favorire la piena realizzazione dell’autonomia degli enti locali”.

Induce a tale interpretazione l’art. 5 Cost. secondo cui “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali” che appare rimarcare il carattere originario dei soggetti dell’autonomia locale, che lo Stato, così come la Regione anche ad autonomia speciale, non crea, ma soltanto riconosce, e che è tenuto a promuovere.

Per questo l’art. 114 Cost. per quanto qui interessa, stabilisce che:
“La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato.
I Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi, con propri statuti, poteri e funzioni, secondo i principi fissati dalla Costituzione”.

L’autonomia locale, nota per parte sua il Collegio, ha trovato riconoscimento legislativo anche in campo elettorale, così collegando l’art. 5 con l’art. 1 della Costituzione, secondo cui “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro”

La riforma costituzionale, attuata con la L. Cost. n. 3 del 2001 ha sviluppato il principio autonomistico nell’ambito della stessa Costituzione, trovando esso piena espressione proprio nel citato art. 114, con cui tutti gli enti territoriali costituzionalmente previsti sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni, con la conseguenza che la loro autonomia appare tradursi in una comune natura rappresentativa diretta degli organi di ciascun ente territoriale che per nessuno di essi può essere compressa.

Se così è l’autonomia trova indispensabile espressione nella rappresentatività diretta degli enti locali costituzionalmente garantiti.

Al riguardo va ricordato che questa medesima Corte costituzionale, con sentenza n. 6 del 2002 ha statuito che la sovranità popolare non può esaurirsi nell’elezione del Parlamento, ma deve esprimersi anche negli enti territoriali autonomi che, ai sensi dell’art. 114 Cost sono elementi costitutivi della Repubblica e si collocano a fianco dello Stato per comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranità popolare.

Tali principi valgono anche nelle Regioni a statuto speciale, come ha riconosciuto la stessa Corte costituzionale nella sentenza 26 luglio 2007 n. 238, che ha ricordato, richiamando la sua precedente sentenza n. 83 del 1997, che, pur potendo dette Regioni articolare diversamente i poteri di amministrazione locale, devono rispettare quelli di cui all’art. 5 Cost. che impegnano la Repubblica, e perciò anche le autonomie speciali, a riconoscere e promuovere le autonomie e non comprimerle fino a negarle.

Pertanto pare conseguenza obbligata di quanto si è venuti finora dicendo che gli artt. 5 e 12 della L.R. n. 2 del 2014, negando ai cittadini il diritto di elettorato attivo ed attribuendolo solo ai Sindaci e ai consiglieri comunali “in carica nei Comuni della Provincia alla data delle elezioni” violino il principio generale dell’ordinamento della Repubblica, vincolante anche per le Regioni a statuto speciale, costituito nel principio di autonomia degli enti locali territoriali, di cui agli artt. 5, 114 e 118 Cost.

L’elettorato sarebbe consentito, per quanto riguarda il Consiglio provinciale, solo a detti sindaci e consiglieri comunali, espressione di collettività politicamente diverse e disomogenee rispetto a quelle che dovrebbero esprimere la Provincia, ed il Presidente della provincia verrebbe espresso dal Consiglio provinciale così eletto e del pari non diretta espressione della comunità di riferimento, ma di altre collettività.

Con ciò verrebbe meno il carattere di ente autonomo e rappresentativo della propria collettività territoriale della Provincia.

Verrebbe in tal modo altresì meno la pari ordinazione degli enti locali territoriali, affermata dal combinato disposto degli artt. 5 e 114 Cost. che presuppone la Provincia come organo a rappresentanza diretta della collettività di riferimento, con violazione del principio democratico e rappresentativo di cui all’art. 1 Cost.

Tale principio viene eluso anche dall’art. 3 della citata legge regionale, che istituisce un nuovo organo, denominato Assemblea dei Sindaci, costituito dai sindaci dei comuni della provincia, che non garantisce rappresentatività ed è vincolato a interessi comunali.

Se la Repubblica è costituita da un popolo, stanziato su un territorio, che si organizza, secondo Costituzione, in enti che svolgono determinate funzioni pubbliche, le persone giuridiche che rappresentano detti enti rappresentano una parte del popolo organizzato in essi e non un consorzio di enti, ossia, nel caso, un consorzio di Comuni tramite i loro amministratori.

Pertanto, essendo in base all’art. 1 Cost. la Repubblica italiana democratica anche le sue componenti debbono avere, in quanto anch’esse necessariamente democratiche, organi elettivi in via diretta.

Se così è l’elezione indiretta degli organi provinciali e l’istituzione dell’Assemblea dei Sindaci, vincolata ad interessi comunali, non può non violare il principio per cui le Province sono enti autonomi, rappresentativi della propria popolazione e non espressione di un‘associazione di Comuni.

Se si vuole avere una chiara visione di che cosa sono gli enti autonomi, bisogna, ritiene il Collegio, combinare le disposizioni dell’art. 5 Cost. con quelle dell’art. 1, che, com’è noto, recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro”.

Questa Repubblica è dunque democratica, dove cioè il potere proviene dalla volontà popolare, che deve espandersi in tutti i suoi elementi costitutivi, Stato, Regioni, Comuni e anche Province.

Non pare compatibile con il dettato costituzionale una legge regionale che demanda l’elezione della Provincia, elemento costitutivo dello Stato, ad una elezione di secondo grado, prescindendo dall’espressione della volontà popolare e sostituendola con quella di pochi “grandi elettori” espressione, per giunta, di interessi diversi e non omogenei ad essa, come sono quelli dei Sindaci e consiglieri dei Comuni.

Si ha perciò un organismo che non sembra di carattere originario e che non è autonomo, venendo costituito con la volontà altrui, di enti da esso diversi e portatori di interessi distinti.

Rafforza, ad avviso del Collegio, detta conclusione, il fatto che la giurisprudenza di questa Corte, fin da tempi risalenti (cfr. Corte costit. n. 107/76; 876 del 26.7.1988; 26.7.1988) occupandosi “a contrariis” del problema qui in esame, cioè della legittimità di leggi regionali di Regioni a statuto speciale che prevedono la costituzione di organismi dipendenti dagli enti locali, eletti a suffragio universale diretto, ne ha negato la costituzionalità, rilevando che tale modalità di elezione è propria degli organismi previsti dall’art. 114 Cost., cioè dalle Regioni, Province e Comuni, essendo propria degli enti autonomi, cioè di quelli la cui autonomia è costituzionalmente garantita.

Uno di tali enti, in cui è obbligatorio il suffragio universale diretto, è la Provincia, onde sembra che non si possa decampare da detta regola costituzionale, prevedendone l’elezione in secondo grado, dato che, come notato, essi fanno parte della Repubblica democratica, come prescrive il combinato disposto degli artt. 1 e 114. Analoghe considerazioni debbono farsi prendendo in esame la natura degli organi previsti dalle norme censurate-

L’art. 3 della L.R. n. 2/2014, che riduce le funzioni della citata Assemblea così eletta:
All’approvazione o non delle modifiche allo statuto provinciale proposte dal Consiglio:
Al parere obbligatorio sullo schema di bilancio;
Ai poteri propositivi, consultivi e di controllo che saranno previsti dallo statuto;
Essa non può approvare lo statuto e il bilancio né può togliere la fiducia o revocare l’organo che è chiamata ad eleggere, per cui i compiti per essa previsti dal citato art. 3 non configurano un organo deliberativo.

Né il consiglio provinciale né il Presidente della Provincia sono eletti dai cittadini, ai sensi dell’art. 5 della L.R. n. 2/2014, ma rispettivamente dai consiglieri comunali dei Comuni del territorio provinciale e dal consiglio così eletto, così marcando la distanza dal corpo elettorale di riferimento, cioè dagli elettori della Provincia stessa.

Una volta eletti nel modo descritto gli organi provinciali non mantengono alcun collegamento con gli organi rappresentativi di primo grado, recidendosi così ogni legame con la loro investitura.

E’ da ritenersi quindi, nei limiti di una valutazione di non manifesta infondatezza, illogica e irragionevole la legislazione regionale che fa sì che il Presidente della Provincia e il Consiglio provinciale non rispondono nemmeno all’organo di primo grado, che li ha eletti.

Nessun soggetto, pertanto, potrà far valere, né direttamente né indirettamente, un giudizio di responsabilità politica sulle modalità con cui gli organi citati esercitano le funzioni di rispettiva competenza.

La funzione amministrativa appare pertanto scissa dalla responsabilità politica, che appare tipica di ogni sistema democratico, anche nelle autonomie locali.

Il risultato, che, in tesi, appare in violazione della Costituzione, è una Provincia ostaggio delle amministrazioni comunali, in quanto svuotata dei caratteri propri di ente autonomo, riconosciuto dalla Costituzione, carattere che, come si ritiene e sopra argomentato, dipende dall’investitura diretta da parte dei cittadini.

La Provincia, infatti, è un ente rappresentativo di una collettività territoriale ed in quanto tale di necessità direttamente elettivo, il che ne assicura la responsabilità, la rappresentatività e l’autonomia.

Il venir meno di questo carattere rappresentativo, attraverso una elezione di secondo grado, sembra violare gli artt. 5 e 114 Cost. ed altresì, in quanto principio fondamentale dell’ordinamento, alla cui osservanza è tenuta anche la Regione Friuli – Venezia Giulia che deve ad esso conformarsi, altrimenti viola gli artt. 5, 114 e 116 Cost.

Invero la Provincia, come si è detto, è un ente autonomo rappresentativo di una collettività territoriale e non un ente associativo o rappresentativo di interessi di altri enti, onde si ritiene che i suoi organi non possono essere eletti da rappresentanti di altri enti.

Lo vieta, si ritiene, altresì l’art. 48, 3° comma, Cost. che vieta la limitazione del diritto di voto, riconosciuto a tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età, dal 1° comma, se non in caso di incapacità civile, indegnità morale nei casi previsti dalla legge o per sentenza penale irrevocabile.

Viene inoltre opportunamente richiamata la sentenza della Corte costituzionale n. 198 dd. 20.7.2012, secondo cui, garantendo gli statuti delle Regioni a statuto speciale la loro autonomia, essa non può essere incisa dalla legge ordinaria che li modifichi.

Nel caso della Regione Friuli – Venezia Giulia l’art. 59, 1° comma, garantisce che le Province della Regione sono enti autonomi, al pari dei Comuni.
Ne sembra necessariamente conseguire che non può ammettersi, mediante la legge regionale qui impugnata, una disparità di trattamento nei diritti di partecipazione politica dei cittadini a livello locale a seconda che essi vengano in considerazione ora come appartenenti alla comunità comunale, che elegge direttamente i propri rappresentanti, ora come rappresentanti della comunità provinciale, che possono nominarli solo in via mediata in secondo grado.

Tale ultimo sistema elettorale a carattere indiretto non sembra a questo giudice pertanto compatibile con il principio di autonomia comunale e provinciale, di cui all’art. 114, 1° e 2° comma Cost.

Invero la Corte costituzionale, con la già citata sentenza n. 106 del 2002, ha sottolineato che esiste una comune derivazione dal principio democratico e dalla sovranità popolare degli enti territoriali, e quindi anche delle Province.

Il loro carattere rappresentativo di una comunità può essere pertanto garantito solo con l’elezione popolare.

Il principio democratico costituisce dunque una caratteristica comune ed indefettibile di tutti gli enti che costituiscono la Repubblica e ciò anche nella Regione Friuli – Venezia Giulia che, pura vendo, ai sensi dell’art. 4 dello Statuto, potestà legislativa esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, è tenuto a esercitarla, in base alla stessa norma “in armonia con la Costituzione (e) con dei principi generali dell’ordinamento giuridico della Repubblica”.

Inoltre l’art. 59 del medesimo Statuto dispone che “le Province e i Comuni della Regione sono enti autonomi ed hanno ordinamenti stabiliti dalle leggi dello Stato e della Regione”.

Tale prerogativa è stata più volte riconosciuta dalla Corte costituzionale (sentenze 6.7.2001 n. 229; n. 51/2006, n. 447/2006, n. 226/2009 e n. 45/2012).
Pertanto il riconoscimento della competenza regionale in materia di legislazione elettorale degli enti locali costituzionalmente garantiti deve confrontarsi con l’art. 114 Cost. onde gli artt. 1,4 e 10 della L.R. n. 1 del 2014 non possono sostenersi solo sul richiamo all’art. 4, 1° comma bis, dello Statuto regionale, in quanto la Regione non può riscrivere le norme costituzionali che fondano l’autonomia di Comuni, Province e Regioni.

Invero il declassamento, attraverso le censurate norme regionali, delle Province ad enti di secondo grado, avrebbe pertanto comportato, con tesi che non appare manifestamente infondata, la modifica dello Statuto regionale, attraverso l’apposito procedimento di revisione costituzionale ex art. 138 Cost, al fine di ridisegnare l’assetto istituzionale di detto ente, del tutto diverso a quello previsto dallo Statuto.

Invero a tale modifica istituzionale, ad avviso del Collegio, palesemente mirano gli artt. 1, 3, 5 e 12 della L.R. n. 2 del 2014, in via pertanto del tutto surrettizia, con ciò violando le disposizioni dell’art. 4, 1° comma bis, dell’art. 59 della L. Cost. 31.1.1963 n. 1 e dell’art. 138 Cost. (che ha autonoma valenza: v. C. Cost. n. 23 del 2011).

Va notato che la stessa Regione Friuli – Venezia Giulia, come risulta dalla sentenza del giudice delle leggi 19.7.2013 n. 220 punto 9.2) ha sostenuto che la norma impugnata in quella occasione (art. 23, 15° comma, della L. 201 del 2011) “eliminando il rapporto diretto tra elettori e componenti delle istituzioni provinciali, sebbene le Province siano parte della Repubblica, come tali fondate su principi di rappresentanza e di sovranità popolare, violerebbe direttamente il primo comma dell’art. 114 Cost.”.

Ai sensi dell’art. 118, 2° comma, Cost, inoltre, le Province sono dotate di funzioni amministrative proprie nei confronti delle quali hanno potestà regolamentare ai sensi del precedente art. 117, 6° comma, e per l’esercizio delle quali hanno entrate e riscuotono tributi propri (art. 119, 2° comma) che concorrono al finanziamento di dette funzioni (art. 119, 4° comma).

Ciò significa che le Province sono titolari di attribuzioni di loro esclusiva pertinenza, in favore della propria comunità territoriale, con ciò escludendo il concorso di altri enti nel loro esercizio, con una propria competenza, cui non concorrono altri enti.

Un tanto presuppone l’esistenza di interessi generali, di competenza della Provincia, la cui cura è propria e non coincide con quelli di competenza dei Comuni, né singolarmente intesi né nel loro insieme, onde la loro soddisfazione richiede la presenza di un ente che è legittimato a provvedervi, ripetendo la sua legittimazione direttamente dalla collettività che li esprime.

Al contrario l’elezione di secondo grado, di cui ai censurati articoli 5 e 12 della L.R. n. 2 del 2014 affida, il che non sembra ragionevole né corrispondente alle disposizioni indicate, gli interessi provinciali ai rappresentanti degli interessi dei Comuni, ontologicamente diversi quando non contrapposti, che sono i consiglieri e i sindaci dei Comuni, con ciò obliterando un dato qualificante dell’autonomia costituzionalmente garantita alla Provincia, cioè il non dipendere da nessuno dei Comuni, a cui si rapporta.

Così appaiono venir inficiate le funzioni provinciali di indirizzo e coordinamento delle attività dei Comuni nelle materie di sua competenza, dato che da detti Comuni trae la propria legittimazione.

Verrebbero, di conseguenza, così meno le funzioni proprie della Provincia, in quanto determinate da altri enti e, di conseguenza, sarebbe inutile e superata la funzione dei principi di sussidiarietà, di differenziazione e di adeguatezza, sanciti dall’art. 118 Cost. in quanto le necessità della collettività provinciale non potrebbero trovare un riferimento né bisogni da ritenere propri, non potendosi identificare in un organo rappresentativo che se ne occupi.

Del pari sfuggirebbe, con l’introduzione delle elezioni di secondo grado, il controllo democratico diretto delle popolazioni interessate sul governo delle funzioni provinciali e sull’utilizzo dei relativi tributi, non avendo i nuovi organi provinciali autonomia di spesa, in violazione dell’art. 119 Cost. perché detti tributi propri sarebbero stabiliti ed applicati da organi eletti da rappresentanti di altri enti.

Il complessivo meccanismo di elezione di secondo grado, di cui agli artt. 4, 10, 14, e 15 della L.R. n. 2 del 2014 pertanto contrasta con l’art. 4 dello Statuto regionale, perché frutto di una potestà esclusiva che non è, come richiesto dalla norma, “in armonia con la Costituzione” e, in particolare, con gli artt. 114, 2° comma e 118, 2° comma Cost. da cui si ricava che le Province sono titolari di funzioni proprie, non comprimibili dal legislatore anche regionale.

E’ violato anche l’art. 118, primo comma, Cost. perché è in contrasto con i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, che limitano la potestà legislativa, anche esclusiva, della Regione in materia di enti locali, attribuendo ai rappresentanti dei Comuni le funzioni attinenti ad aree extra comunali, che dovrebbero rimanere conferite alle Province, perché riguardano interessi che trascendono la dimensione comunale e pertanto riferite all’ente locale intermedio fra Comune e Regione, rappresentativo di una distinta comunità di riferimento.

Si ritengono altresì non manifestamente infondate le questioni dedotte in ordine alla violazione dell’art. 3 Cost. in quanto espressione del principio di ragionevolezza, che verrebbe violato dalla normativa sull’elezione e i compiti della Provincia nel Friuli – Venezia Giulia, qui censurate.

L’art. 3 della L.R. n. 2 del 2014 e in genere l’impianto della legge, sono,infatti, palesemente volte all’immediata e drastica riduzione della rappresentanza, che diviene indiretta e di secondo grado, che viene giustificata con il taglio dei c.d. “costi della politica” in un momento di crisi economica.

Tale spiegazione appare del tutto insoddisfacente, in quanto lo stravolgimento dell’assetto della Provincia si risolve in una assai ridotta limitazione dei costi, a fronte del sacrificio della rappresentanza diretta e di una forte riduzione dei componenti dei Consigli provinciali di secondo grado (al massimo 10).

Si tratta quindi di un intervento legislativo regionale che sembra in violazione dell’art. 3 Cost. per la sua incongruità, dato che lo stesso risultato si sarebbe potuto raggiungere rimodulando la rappresentanza e la stessa forma di governo provinciale, senza negare alla collettività provinciale il diritto di concorrere direttamente all’elezione degli organi rappresentativi.

Lo scopo dichiarato appare pertanto inidoneo a spiegare perché tutti i cittadini residenti, dotati di capacità elettorale non possono essere elettori, mentre tale prerogativa spetta ai titolari degli organi comunali presenti nel territorio provinciale.

Si produce così un‘irrazionale disparità di trattamento nel territorio regionale nell’elezione solo dei rappresentanti provinciali, che dimostra una evidente perplessità ed una discriminazione nell’esercizio dei diritti politici nei confronti del ricorrente.

Qualche spiegazione la si ritrova nella relazione accompagnatoria, che si richiama alle linee guida della Giunta regionale e al programma di governo della Presidente della Regione.

Sul punto esso mirerebbe al “superamento dell’ente provincia” ma, siccome allo scopo sarebbe necessaria “una modifica dello statuto di autonomia” caratterizzata, da un alto, dalla lunghezza dei procedimenti legislativi e, dall’altro, dalla necessità di inserire tale modifica in una più ampia riforma dell’intero sistema delle autonomie locali, si è deciso che tale riforma “deve necessariamente essere attuata per passaggi intermedi”.

Si intende perciò cominciare dalla “sostituzione dell’elezione diretta degli organi provinciali in un sistema di elezione di secondo grado” e, considerando che nel 2014 scadono gli organi della Provincia di Pordenone il provvedere con la normativa vigente “risulterebbe incoerente con il concreto avvio della riforma del sistema Regione – Autonomie locali”.

Invero si argomenta che i cittadini della Provincia di Pordenone non comprenderebbero l’azione di una Regione che si propone, con le citate Linee Guida e la legge voto di modifica dello Statuto, l’obiettivo del superamento delle province e si muovono passi concreti in questa direzione e contemporaneamente, si continua a chiamare gli elettori a eleggere gli organi provinciali.

Non è dato pertanto comprendere, se l’obiettivo è l’abolizione delle Province, perché per ora si continui a farle sopravvivere, ma, contemporaneamente, e a Costituzione invariata, le si faccia eleggere gli organi per via indiretta, in spregio ai principi di autonomia (art. 5 Cost.) sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza (artt. 114, 118 e 119 Cost.).

Ma appare ancora più irragionevole la disciplina transitoria di cui all’art. 33 della qui contestata L.R. n. 2 del 14.2.2014, che trasforma il sistema di elezione provinciale a seconda della data di scadenza degli organi, con il risultato che, fino all’entrata a regime della divisata riforma, si avranno Province, come quella di Pordenone, i cui organi saranno eletti da organi dai consigli comunali il prossimo 26 ottobre, e altre, come quella, ad esempio, di Udine, che manterranno l’originaria rappresentanza diretta fino alla scadenza naturale nel 2018.

Inoltre vi saranno Presidenti della Provincia, come il ricorrente, o consiglieri provinciali uscenti che non potranno partecipare a dette elezioni solo perché residenti in Comuni che non sono chiamati all’imminente rinnovo dei consigli comunali.

Cosicché i provvedimenti impugnati, meramente applicativi della censurata legge n. 2 del 2014, assumeranno il carattere di irragionevolezza ed illogicità che è propria di tale normativa, connotata da eccesso di potere legislativo.

Alla luce delle predette considerazioni si chiede a codesta Ecc.ma Corte voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale degli artt. 1,2,3,4,5,12,16,33 e 35 della L.R. n. 2 del 2014 ed in genere delle norme che prevedono l’elezione indiretta degli organi della Provincia.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) chiede che la Corte costituzionale, in accoglimento delle censure di cui alla presente ordinanza, voglia dichiarare l’illegittimità costituzionale delle norme appena sopra indicate per violazione degli artt. 4, 1° comma bis, 5, 59 1° comma dello Statuto speciale della Regione Friuli – Venezia Giulia, e 1,3,5,8 3° comma, 113, 117,118 e 119 Cost. .

Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l’intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Enzo Di Sciascio, Consigliere, Estensore
Alessandra Tagliasacchi, Referendario

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)

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